------------------------Principi di educazione cristiana PEC 5 1 Prefazione PEC 9 1 Capitolo 1 -- Fonte e scopo della formazione PEC 13 1 Capitolo 2 -- La scuola dell'Eden PEC 15 1 Capitolo 3 -- Conoscenza del bene e del male PEC 18 1 Capitolo 4 -- Relazione tra educazione e redenzione PEC 22 1 Capitolo 5 -- L'educazione in Israele PEC 29 1 Capitolo 6 -- Scuole dei profeti PEC 33 1 Capitolo 7 -- Vita di grandi uomini PEC 44 1 Capitolo 8 -- Gesù, l'inviato di Dio PEC 50 1 Capitolo 9 -- I metodi di Gesù PEC 58 1 Capitolo 10 -- Dio nel creato PEC 60 1 Capitolo 11 -- Lezioni di vita PEC 66 1 Capitolo 12 -- Altri insegnamenti PEC 72 1 Capitolo 13 -- Cultura mentale e spirituale PEC 75 1 Capitolo 14 -- Scienza e Bibbia PEC 79 1 Capitolo 15 -- Princìpi e metodi negli affari PEC 83 1 Capitolo 16 -- Esempi di fede PEC 90 1 Capitolo 17 -- Poesia e canto PEC 95 1 Capitolo 18 -- Misteri della Bibbia PEC 98 1 Capitolo 19 -- Storia e profezia PEC 104 1 Capitolo 20 -- Ricerca e studio della Bibbia PEC 110 1 Capitolo 21 -- Studio della fisiologia PEC 114 1 Capitolo 22 -- Temperanza e alimentazione PEC 117 1 Capitolo 23 -- Ricreazione PEC 122 1 Capitolo 24 -- Lavoro manuale PEC 128 1 Capitolo 25 -- Sviluppo e carattere PEC 131 1 Capitolo 26 -- Metodi di insegnamento PEC 138 1 Capitolo 27 -- Comportamento PEC 142 1 Capitolo 28 -- Carattere e abbigliamento PEC 145 1 Capitolo 29 -- Il sabato PEC 147 1 Capitolo 30 -- Fede e preghiera PEC 152 1 Capitolo 31 -- Scopo della vita PEC 160 1 Capitolo 32 -- Preparazione PEC 165 1 Capitolo 33 -- Partecipazione PEC 168 1 Capitolo 34 -- Disciplina PEC 176 1 Capitolo 35 -- La scuola del cielo ------------------------Prefazione PEC 5 1 La ristampa di Princìpi di educazione cristiana, libro pubblicato in inglese per la prima volta nel 1903, potrebbe non solo stupire ma essere considerata inutile. Le pubblicazioni che trattano argomenti psicologici e pedagogici invecchiano così in fretta che dopo un decennio sono considerate superate. E allora perché ripresentare un libro che sta per compiere cento anni? Che cosa rende così diverso questo libro? Ci sono almeno due ragioni che ci hanno incoraggiato a riproporre questo volume a genitori, insegnanti e studenti. PEC 5 2 Prima di tutto, perché l'autrice più che sull'esperienza pratica e sulle leggi della psicopedagogia, si basa completamente sulla Scrittura. La Bibbia, infatti, non è solo il libro che rivela il carattere di Dio, ma è anche il mezzo che consente all'uomo di conoscere se stesso e di ancorare la propria esperienza di vita a idee e verità così universali da consentire, anche dopo anni, di mantenerne vivida l'originalità e la freschezza. PEC 5 3 Ellen G. White, ripercorrendo le vicende di uomini e donne della storia dei tempi biblici, invita il lettore a riscoprire i valori che formano il carattere dei giovani da un punto di vista culturale e intellettuale e li aiuta a capire come ottenere una maggiore preparazione per la vita, sviluppando armoniosamente l'aspetto fisico, sociale, personale e spirituale. Infatti, il processo educativo non può esaurirsi nel privilegiare esclusivamente gli elementi cognitivi o intellettivi. L'uomo è una realtà psicosomatica complessa e unitaria. La sua vita potrà essere armoniosa se comprende la realtà fisica, il metodo intellettivo, la grammatica emotiva e la ricchezza spirituale. PEC 5 4 La seconda regione è legata alla crisi del sistema educativo occidentale. Alcuni episodi di violenza sull'infanzia o di adolescenti violenti mostrano come la cosiddetta "normalità" possa trarre in inganno genitori e insegnanti, incapaci di percepire i segnali di allarme. Il dramma si compie lasciando attoniti tutti, i vicini e la società civile. Per paura di cadere in un sistema pedagogico troppo dirigista, la tendenza finora è stata quella di non interferire più del necessario, credendo, in questo modo, di educare alla libertà. La White rifiuta un'educazione al ribasso e ritiene che il comportamento possa essere modificato anche con l'esercizio della disciplina, intesa non come punizione ma come mezzo per raggiungere un maggior autocontrollo. Per formare cittadini liberi e responsabili, occorre, quindi, recuperare tutti quei fattori che costituiscono il vero fondamento per una preparazione completa. PEC 5 5 I princìpi generali esposti in questo volume ne hanno fatto un "manuale" per decine di migliaia di genitori e insegnanti. Grazie ai suoi consigli, molti giovani hanno imparato ad affrontare con successo le realtà della vita quotidiana, confrontandosi non solo con opportunità, responsabilità e vittorie ma anche con sconfitte e delusioni. PEC 5 6 I princìpi generali esposti in questo volume ne hanno fatto un "manuale" per decine dimigliaia di genitori e insegnanti. Grazie ai suoi consigli, molti giovani hanno imparatoad affrontare consuccesso le realtà della vita quotidiana, confrontandosi non solo con opportunità, responsabilità e vittorie ma anche consconfitte e delusioni. PEC 5 7 I processi della formazione, come verrà ampiamente precisato in questo volume, devono essere il risultato di uno sviluppo armonioso di tutte le facoltà dell'essere umano che, grazie alle indicazioni ricevute in famiglia nei primi anni di vita, nell'ambiente scolastico poi e alla scuola della vita, aiuteranno l'individuo a sviluppare una precisa e completa realizzazione di sé. L'autrice, distinguendo tra valori relativi e valori duraturi, indica la via che conduce a riconoscere Dio come sorgente di ogni sapienza e intelligenza. Gli Editori. ------------------------Capitolo 1: Fonte e scopo della formazione PEC 9 1 La vera educazione è più che la frequenza di un qualsiasi corso di studi; essa ha a che fare con l'intera persona per tutta la durata dell'esistenza umana: è lo sviluppo armonioso delle facoltà fisiche, mentali e spirituali. PEC 9 2 La sorgente di una simile educazione è rivelata in queste parole ispirate che si riferiscono all'Essere infinito; in lui "...tutti i tesori della sapienza e della conoscenza sono nascosti". Colossesi 2:3. Il mondo ha avuto i suoi grandi maestri: uomini e donne dall'intelligenza sconfinata e dall'enorme capacità di ricerca, persone che hanno stimolato il pensiero e aperto vasti orizzonti alla conoscenza. C'è qualcuno, però, che sta più in alto di loro. Come la luna e i pianeti del nostro sistema solare risplendono per la luce riflessa del sole, così i grandi pensatori del mondo, finché il loro insegnamento risponde a verità, riflettono i raggi del Sole di giustizia. Ogni pensiero illuminato, ogni lampo d'intelligenza provengono dalla Luce del mondo. PEC 9 3 In questi giorni si parla molto della natura e dell'importanza di una "preparazione superiore", ma la vera "preparazione superiore" è quella impartita da colui dalla cui bocca "...provengono la scienza e l'intelligenza". Proverbi 2:6. PEC 9 4 Ogni vera conoscenza e ogni reale sviluppo hanno sempre origine nella conoscenza di Dio. Ovunque ci volgiamo, nel campo fisico, mentale o spirituale, qualunque cosa osserviamo e studiarne, eccetto la macchia del peccato, scopriamo questa conoscenza. Qualsiasi tipo di ricerca portata avanti con il sincero proposito di giungere alla verità, ci mette in contatto con l'invisibile e potente Intelligenza che agisce in tutti e per mezzo di tutti. La mente umana entra in comunione con la mente di Dio, il finito con l'Infinito. PEC 9 5 In questa comunione si attua l'educazione più elevata: si tratta del metodo di sviluppo usato da Dio stesso. "Orsù, prendi familiarità con lui (Dio)" (Giobbe 22:21, Concordata), è il suo messaggio alla famiglia umana. Il metodo delineato in queste parole è stato quello seguito nell'educazione di Adamo ed Eva. Il glorioso proposito di Dio PEC 9 6 Per capire che cosa includa l'attività educativa, dobbiamo considerare sia la natura degli esseri umani sia il proposito di Dio nel crearli. Dobbiamo anche tenere presenti il cambiamento avvenuto nella loro condizione a causa della sopraggiunta conoscenza del male, e il piano di Dio di realizzare il suo glorioso proposito nell'educazione dell'umanità. PEC 10 1 Quando Adamo ed Eva uscirono dalle mani del Creatore somigliavano, nella loro natura fisica, mentale e spirituale, al loro Padre. "Dio creò l'uomo a sua immagine" (Genesi 1:27), ed era suo proposito che, quanto più a lungo l'uomo e la donna fossero vissuti, tanto più pienamente avrebbero dovuto manifestare questa immagine, cioè tanto più compiutamente avrebbero dovuto riflettere la gloria del Creatore. Tutte le loro facoltà erano suscettibili di sviluppo; le loro potenzialità e il loro vigore dovevano via via aumentare. Vasto era il raggio d'azione offerto per esercitarle; glorioso il campo che si apriva alla loro ricerca. I misteri dell'universo visibile, "le meraviglie di colui la cui scienza è perfetta" (Giobbe 37:16), li invitavano allo studio. La comunione a faccia a faccia con Dio e in intimità di cuore era il loro alto privilegio. PEC 10 2 Se essi fossero rimasti fedeli a Dio, questa situazione sarebbe durata per sempre. Nel corso delle ère eterne essi avrebbero continuato ad acquisire nuovi tesori di conoscenza, a scoprire fresche sorgenti di felicità, a formarsi un concetto sempre più chiaro della saggezza, della potenza e dell'amore di Dio. Raggiungendo sempre più pienamente lo scopo per il quale erano stati creati, sempre di più avrebbero riflettuto la gloria del Creatore. PEC 10 3 Però, a causa della disubbidienza, tutto ciò è andato perduto. Per il peccato, la somiglianza divina fu deturpata e quasi cancellata; le forze fisiche degli esseri umani s'indebolirono, le loro capacità mentali diminuirono, la visione spirituale si offuscò: erano diventati soggetti alla morte. Tuttavia, la razza umana non fu lasciata senza speranza, con misericordia e amore infiniti fu concessa loro una vita di prova: restaurare nell'uomo e nella donna l'immagine del Creatore e ricondurli alla perfezione di quando erano stati creati. Questa doveva essere l'opera della redenzione. Questo è l'obiettivo dell'educazione, il grande obiettivo della vita. Il posto dell'amore PEC 10 4 L'amore, fondamento della creazione e della redenzione, è anche la base su cui si poggia la formazione del carattere. Ciò è evidente nella legge che Dio ha dato come guida di vita. PEC 10 5 Il primo e grande comandamento è: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua". Luca 10:27. Amare Dio, l'Infinito, l'Onnisciente, con tutta la forza della mente e del cuore, vuoi dire sviluppare al massimo grado ogni facoltà, vuoi dire che l'immagine di Dio deve essere restaurata nella mente e nell'anima. PEC 11 1 Il secondo comandamento è simile al primo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Matteo 22:39. La legge dell'amore esige consacrazione di corpo, mente e spirito al servizio di Dio e dei nostri simili. E questo servizio, mentre ci fa diventare una benedizione per gli altri, reca a noi stessi un gran beneficio. L'altruismo sta alla base di ogni vero sviluppo: per mezzo di un servizio disinteressato noi riceviamo la più elevata formazione di ogni facoltà, diventando sempre più compiutamente partecipi della natura divina. PEC 11 2 Dal momento che Dio è la sorgente di ogni vera conoscenza, il fine primo dell'educazione è di dirigere la nostra mente verso la rivelazione che Dio ha fatto di se stesso. Adamo ed Èva ricevettero la conoscenza attraverso una diretta comunione con Dio e anche attraverso le sue opere. Tutte le cose create, nella loro perfezione originale, erano un'espressione del pensiero di Dio. Per Adamo ed Eva, la natura traboccava della saggezza di Dio ma, a causa della disubbidienza, è stata preclusa agli esseri umani la possibilità di conoscere Dio, attraverso una comunione diretta con lui e, in gran parte, attraverso le sue opere. La terra, rovinata e contaminata dal peccato, riflette soltanto debolmente la gloria del Creatore. La natura parla ancora del suo Creatore, ma queste rivelazioni sono parziali e imperfette e, nel nostro stato decaduto, con le potenzialità indebolite e una visione ristretta, noi siamo incapaci di interpretarle giustamente. Abbiamo bisogno della rivelazione più completa di Dio, che lui stesso ha dato nella sua Parola scritta. PEC 11 3 Le Scritture rappresentano l'eccellenza della verità e, come tali, dovrebbero occupare il primo posto nell'opera educativa. Per ottenere una formazione degna di tale nome, dobbiamo avere la conoscenza di Dio, il Creatore, e di Gesù, il Redentore, come sono rivelati nella Parola. La capacità di pensare e di agire PEC 11 4 Ogni essere umano, creato all'immagine di Dio, è dotato di una facoltà simile a quella del Creatore: l'individualità, la capacità cioè di pensare e di agire. Gli uomini e le donne nei quali è sviluppata questa facoltà, sono persone di grande responsabilità, che promuovono iniziative, che esercitano un influsso sul carattere dei loro simili. È compito della vera educazione sviluppare questa facoltà, aiutare i giovani a pensare e non a riflettere semplicemente il pensiero degli altri. Se gli studenti saranno invogliati a ricercare le sorgenti della verità, a esplorare i vasti campi di ricerca offerti dalla natura e dalla rivelazione, se studieranno le grandi realtà che fanno parte del dovere e del destino, allora la loro mente si svilupperà e si rafforzerà. PEC 11 5 Invece di persone colte, ma deboli di carattere e di salute, le istituzioni scolastiche dovrebbero formare uomini e donne forti nel pensiero e nell'azione, padroni e non schiavi delle circostanze, che possiedono apertura mentale, chiarezza di pensiero e coraggio delle proprie convinzioni. PEC 12 1 Una tale educazione rafforza il carattere in modo che la verità e la rettitudine non siano sacrificate al desiderio egoistico o all'ambizione umana. Invece di lasciare che qualche passione dominante diventi una forza distruttrice, ogni movente e ogni desiderio devono essere mossi dall'ubbidienza ai grandi principi della giustizia. Quando la mente si sofferma sulla perfezione del carattere di Dio ne è rinnovata, e lo spirito è ricreato all'immagine divina. PEC 12 2 Quale educazione può essere più nobile di questa? Quale può eguagliarne il valore? PEC 12 3 "Non la si ottiene in cambio d'oro, né la si compra a peso d'argento. Non la si acquista con l'oro di Ofir,... la saggezza vale più delle perle". Giobbe 28:15-18. L'ideale di Dio per noi PEC 12 4 L'ideale di Dio per i suoi figli è più alto di quello al quale potrebbe giungere il più elevato pensiero umano. La comunione con Dio e la somiglianzà con lui sono la mèta da raggiungere. Davanti all'allievo si apre così un sentiero di continuo progresso, con un obiettivo da conseguire e un modello di vita da imitare che include ogni cosa buona, pura e nobile. Egli allora avanzerà il più speditamente possibile nella vera conoscenza e i suoi sforzi saranno diretti verso obiettivi tanto al di sopra dei semplici interessi egoistici e temporali, quanto i cieli lo sono dalla terra. PEC 12 5 Gli insegnanti che cooperano con il progetto di Dio nel comunicare al giovane questa conoscenza e nel plasmarne il suo carattere affinché sia in armonia con quello divino, compiono un'opera nobile ed eletta. Risvegliando il desiderio di raggiungere l'ideale proposto da Dio, propongono un'educazione elevata come il cielo e vasta come l'universo; un'educazione che non può essere completata in questa vita, ma che proseguirà in quella futura; un'educazione che, all'allievo che studia con profitto, assicura il passaggio dalla scuola preparatoria di questa terra alla "scuola superiore", la scuola del cielo. ------------------------Capitolo 2: La scuola dell'Eden PEC 13 1 Il sistema educativo istituito all'inizio del mondo doveva servire di modello all'essere umano in tutti i secoli. Per illustrarne i princìpi fu stabilita una scuola in Eden. Il giardino era l'aula; la natura, il libro di testo; il Creatore stesso, l'insegnante; i genitori della famiglia umana, gli allievi. PEC 13 2 Creati per essere "immagine e gloria di Dio" (1 Corinzi 11:7), Adamo ed Eva avevano ricevuto doti adeguate al loro alto destino. Aggraziati e armoniosi nelle forme, con un'espressione luminosa che esprimeva salute, gioia e speranza, essi portavano nell'immagine esteriore la somiglianza con il loro Creatore. Questa somiglianza non si manifestava solo nella natura fisica: ogni facoltà della mente e dello spirito rifletteva la gloria di Dio. Adamo ed Eva furono fatti "di poco inferiori agli angeli" (Ebrei 2:7), per poter discernere non solo le meraviglie dell'universo visibile, ma anche per comprendere le responsabilità e gli obblighi morali. PEC 13 3 Il nostro Padre si occupò personalmente della loro educazione. Spesso essi erano visitati dai suoi messaggeri, i santi angeli, e da loro ricevevano consiglio e istruzione. Molte volte, mentre camminavano nel giardino sul far della sera, udivano la voce di Dio e, faccia a faccia con il Signore, godevano della sua comunione. I suoi pensieri per loro erano "pensieri di pace e non di male". Geremia 29:11. Ogni suo proposito era per il loro massimo bene. PEC 13 4 Ad Adamo ed Eva fu affidata la cura del giardino, perché lo lavorassero e lo custodissero. Cfr. Genesi 2:15. Fu loro assegnata un'occupazione utile per fortificare il corpo, allargare la mente e sviluppare il carattere e ciò fu fonte di benedizione. PEC 13 5 Il libro della natura offriva una fonte inesauribile d'istruzione e di piacere. Ogni foglia del bosco, ogni pietra del monte, ogni stella splendente, la terra, il mare, il cielo, portavano scritto il nome, di Dio. Con la foglia, il fiore e l'albero e con ogni creatura vivente, gli abitanti dell'Eden mantenevano un contatto intimo, penetrando nel segreto della vita di ogni cosa. La gloria di Dio nei cicli, i mondi innumerevoli nelle loro ordinate rivoluzioni, "l'equilibrio delle nuvole" (cfr. Giobbe 37:16), i misteri della luce e del suono, del giorno e della notte, tutto era oggetto di studio da parte degli allievi della prima scuola della terra. PEC 13 6 Le leggi e i fenomeni della natura, i grandi princìpi di verità che governano l'universo spirituale, venivano rivelati alla loro mente dall'infinito Autore di tutte le cose. Nella "luce della conoscenza della gloria di Dio" (cfr. 2 Corinzi 4:6), le loro facoltà mentali e spirituali si sviluppavano, ed essi sperimentavano le più grandi soddisfazioni della loro esistenza. PEC 14 1 Uscita dalla mano del Creatore, non solo il giardino d'Eden, ma la terra tutta, era immensamente bella: nessuna macchia di peccato, nessuna ombra di morte rovinava il creato. La gloria di Dio copriva "i cicli, e la terra era piena della sua lode" (Abacuc 3:3), "le stelle del mattino cantavano tutte assieme e tutti i figli di Dio alzavano gridi di gioia". Giobbe 38:7. In questo modo la terra era il giusto simbolo di colui che è "ricco in bontà e fedeltà" (Esodo 34:6), argomento di studio adatto per coloro che erano stati fatti alla sua immagine. PEC 14 2 Il giardino d'Eden era una rappresentazione di quello che Dio voleva che diventasse tutta la terra; era suo proposito che la famiglia umana, a mano a mano che cresceva di numero, stabilisse altre dimore e scuole come quella che egli aveva fondato. Così, con il passare del tempo, la terra si sarebbe riempita di case e scuole dove si sarebbero studiate le parole e le opere di Dio, e dove gli studenti sarebbero stati formati in modo da riflettere sempre meglio, per l'eternità, la luce della conoscenza della sua gloria. ------------------------Capitolo 3: Conoscenza del bene e del male PEC 15 1 Sebbene creati innocenti e santi, i nostri progenitori non furono messi nell'impossibilità di sbagliare. Dio avrebbe potuto crearli privi della facoltà di trasgredire le sue richieste, però in tal caso il loro carattere non si sarebbe sviluppato e il servizio non sarebbe stato volontario, ma forzato. Fu per questo motivo che egli dette loro il potere di scegliere, accettando o rifiutando l'ubbidienza. Prima che essi potessero godere appieno delle benedizioni che egli desiderava elargire, era necessario che il loro amore e la loro fedeltà fossero messi alla prova. PEC 15 2 Nel giardino d'Eden c'era "l'albero della conoscenza del bene e del male... Dio, il Signore, ordinò all'uomo: 'Mangia pure da ogni albero del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare... '". Genesi 2:9, 16, 17. La volontà di Dio era che Adamo ed Eva non conoscessero il male. La conoscenza del bene era stata data liberamente ma, per amore, voleva che fosse impedita loro la conoscenza del male, del peccato e delle sue conseguenze. PEC 15 3 Mentre Dio cercava il bene dell'uomo, Satana ne cercava la rovina. Quando Eva, disprezzando l'avvertimento del Signore circa l'albero proibito, si arrischiò ad avvicinarsi ad esso, si trovò in contatto con il nemico. Avendo suscitato l'interesse e la curiosità di Eva, Satana smentì le parole di Dio e insinuò la sfiducia nella sua saggezza e bontà. All'affermazione della donna: "...Dio ha detto: 'Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete'", il tentatore rispose: "No, non morirete affatto; ma Dio sa che nel giorno che ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male". Genesi 3:3-5. PEC 15 4 Satana voleva far credere che la conoscenza del bene e del male fosse un benedizione e che, impedendo ad Adamo ed Eva di prendere il frutto, Dio li volesse privare di un grande vantaggio. Egli insistette dicendo che il frutto era stato proibito perché possedeva la facoltà di donare saggezza e potere, e che Dio in questo modo voleva impedire loro di raggiungere una crescita superiore e una felicità maggiore. Dichiarò di aver mangiato egli stesso del frutto proibito e di aver acquisito, così, il dono della parola; se l'avessero imitato, sarebbero pervenuti a una sfera superiore di esistenza e sarebbero entrati in un più vasto campo di conoscenza. PEC 15 5 Nel pretendere di aver ricevuto un cosìgrande beneficio per aver mangiato il fruto dell'albero proibito, Satana si guardò bene dal lasciar trapelare che, a causa della trasgressione, era stato espulso dal ciclo. La falsità, celata sotto il manto di apparente verità, confuse Eva che infatuata, lusingata e sedotta, non riuscì però a scorgere l'inganno. Essa desiderò intensamente ciò che Dio aveva proibito, non ebbe fiducia nella saggezza dell'Altissimo e respinse la fede, che è la chiave della conoscenza. Mancanza di fiducia in Dio PEC 16 1 Quando Eva osservò "...che l'albero era buono per nutrirsi, che era bello da vedere e che l'albero era desiderabile per acquistare conoscenza; prese del frutto, ne mangiò". Genesi 3:6. Il frutto era gustoso, e la donna, nel mangiarlo, credette di sentire in sé un potere vivificante che le fece immaginare di essere entrata in una superiore fase dell'esistenza. Avendo trasgredito l'ordine divino, Eva diventò a sua volta una tentatrice per suo marito, "...ed egli ne mangiò...". Genesi 3:6. PEC 16 2 "I vostri occhi si apriranno", aveva detto il nemico, "e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male". Genesi 3:5. I loro occhi, infatti, si aprirono, ma come fu triste la realtà! La conoscenza del male e la maledizione del peccato furono tutto ciò che essi guadagnarono. Nel frutto in se stesso non c'era nulla di velenoso, e il peccato non consisteva solo nell'aver ceduto all'appetito; furono piuttosto la mancanza di fiducia nella bontà di Dio, lo scetticismo verso la sua parola, e il rigetto della sua autorità, che resero trasgressori Adamo ed Eva, e fecero entrare nel mondo la conoscenza del male. Questo spalancò la porta a ogni sorta di falsità ed errore. PEC 16 3 I nostri progenitori persero tutto perché scelsero di prestare ascolto al seduttore anziché a colui che è Verità e che, solo, possiede intelligenza. Mescolando il bene e il male, la loro mente si confuse e le percezioni mentali e spirituali si paralizzarono. Non poterono più apprezzare il bene che Dio aveva elargito con tanta generosità. PEC 16 4 Avendo scelto la conoscenza del male, Adamo ed Eva non potevano più abitare in Eden, perché quel giardino, nella sua perfezione, non poteva insegnare le lezioni che erano ormai loro indispensabili. Con indicibile tristezza dissero addio a quell'ambiente meraviglioso e andarono ad abitare in quella parte della terra segnata ormai dalla maledizione del peccato. PEC 16 5 Dio aveva detto ad Adamo: "Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall'albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l'erba dei campi; mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai". Genesi 3:17-19. PEC 17 1 Per quanto la terra fosse stata guastata dal peccato, la natura continuava a essere il libro di testo dell'uomo, che ora però non poteva più parlare solo di bene, perché il male era presente ovunque. Là, dove una volta erano scritti solo il carattere di Dio e la conoscenza del bene, si leggeva ormai anche il carattere di Satana ed era evidente la conoscenza del male. Gli uomini avrebbero ricevuto d'ora in poi continui avvertimenti circa i risultati del peccato proprio da quella natura che ora rivelava la conoscenza del bene e del male. PEC 17 2 Adamo ed Eva notarono i primi segni di deterioramento nei fiori che appassivano e nelle foglie che cadevano. In modo vivido compresero la triste realtà che ogni essere vivente doveva morire. Perfino l'aria, dalla quale dipendeva la loro vita, recava in se i germi della morte. PEC 17 3 Ogni cosa ricordava loro continuamente il dominio perduto. Fra le creature inferiori, Adamo aveva occupato la posizione di re e, finché era rimasto fedele a Dio, la natura tutta aveva riconosciuto la sua sovranità; in seguito alla disubbidienza, però, egli perse tale predominio. Lo spirito di ribellione, al quale egli stesso aveva aperto la via, si estese a tutto il regno animale. Non solo la vita dell'uomo, ma la stessa natura delle bestie, gli alberi della foresta, l'erba dei campi, e addirittura l'aria, tutto rivelava la triste lezione della conoscenza del male. PEC 17 4 L'uomo, tuttavia, non fu abbandonato alle conseguenze del male da lui stesso scelto. Nella condanna pronunciata su Satana, fu dato l'annuncio della redenzione: "Io porrò inimicizia fra te e la donna", disse Dio "e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno". Genesi 3:15. Questa sentenza, che i nostri progenitori udirono distintamente pronunciata da Dio, fu per loro una promessa. Prima di udire parlare delle spine e dei cardi, del lavoro faticoso e del dolore che dovevano costituire il loro retaggio, o della polvere alla quale dovevano ritornare, essi udirono delle parole che dettero loro speranza. Tutto quello che era stato perduto cedendo a Satana poteva essere riconquistato per mezzo di Cristo. PEC 17 5 Questo annuncio viene ripetuto anche dalla natura. Sebbene danneggiata dal peccato, essa ci parla non solo della creazione ma anche della redenzione. La terra, sebbene testimoni della maledizione, è tuttora ricca e bella nel ricordo della forza creatrice. In ogni manifestazione della potenza creativa ci è offerta la certezza di poter essere, anche noi, creati di nuovo "...nella giustizia e nella santità che procedono dalla verità". Efesini 4:24. Così, proprio quelle cose e quei processi della natura che più ci ricordano la nostra grande perdita, diventano messaggeri di speranza. PEC 17 6 Fin dove si estende il male, si ode anche la voce del Padre che esorta i suoi figli, li avverte di allontanarsi dal male e li invita ad accettare il bene. ------------------------Capitolo 4: Relazione tra educazione e redenzione PEC 18 1 A causa del peccato gli esseri umani furono esclusi dalla presenza di Dio. Se non fosse stato per il piano di redenzione, una separazione eterna e le tenebre di una notte senza fine avrebbero costituito la nostra eredita. Grazie, però al sacrificio di Gesù, la comunione con il Signore è stata resa di nuovo possibile. Non possiamo più presentarci personalmente a lui e vedere il suo viso, però possiamo contemplarlo e metterci in comunione con lui attraverso il Salvatore. "La luce della conoscenza della gloria di Dio" è rivelata "nel volto di Gesù Criso". Dio è "in Cristo, nel riconciliare con sé il mondo". Cfr. 2 Corinzi 4:6; 2 Corinzi 5:19. PEC 18 2 "E la parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità". Giovanni 1:14. "In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini". Giovanni 1:4. La vita e la morte di Gesù, prezzo della nostra liberazione, non sono per noi solo promessa e pegno di vita, non solo costituiscono il mezzo per avere di nuovo accesso ai tesori della conoscenza: essi sono la più ampia ed eccelsa rivelazione del suo carattere, perfino superiore a quella conosciuta nell'Eden prima del peccato. PEC 18 3 Mentre Gesù ci apre il cielo, la vita che egli comunica apre i nostri cuori al cielo. Il peccato non solo ci allontana da Dio, ma distrugge nell'animo umano il desiderio e la capacità di conoscerlo. La missione di Cristo consiste perciò nel distruggere quest'opera malefica. Egli ha il potere di rinvigorire e di risanare le potenzialità dell'animo paralizzato dal peccato, della mente ottenebrata e della volontà alterata. Egli spalanca davanti a noi le ricchezze dell'universo e ci da la facoltà di penetrare il senso di questi tesori e di farli nostri. PEC 18 4 Gesù è "la luce che illumina ogni uomo". Giovanni 1:9. Come per mezzo suo ogni essere umano ha vita, così per mezzo suo ogni persona riceve alcuni raggi della luce divina. In ogni cuore risiede non solo la capacità intellettuale ma anche quella spirituale, la percezione di ciò che è giusto e il desiderio del bene. Contro questi princpi lotta, però, un potere contrario. Nell'esperienza di ogni persona si manifestano le conseguenze del primo peccato: c'è nella natura umana un'inclinazione al male, una forza alla quale noi, se non aiutati, non possiamo resistere. Per opporsi a essa e raggiungere quell'ideale che nel più profondo dell'anima sentiamo essere l'unico veramente nobile, dobbiamo ricevere l'aiuto unicamente da Gesù. La collaborazione con la sua potenza è il nostro più grande bisogno, e dovrebbe rappresentare quindi la mèta ultima di ogni sforzo educativo. Il vero insegnante ha lo scopo di ispirare PEC 19 1 Il vero insegnante non è soddisfatto di un lavoro di qualità scadente; non si accontenta di portare i suoi allievi a un livello inferiore a quello che le loro possibilità gli permettono. Egli non può limitarsi a impartire loro una semplice conoscenza tecnica che ne faccia abili artigiani, esperti ragionieri o professionisti di successo. La sua ambizione deve essere quella di ispirare in loro princìpi di verità, di ubbidienza, di onore, d'integrità e di purezza; princìpi che contribuiranno a farne una forza positiva per la stabilità e il progresso della società. Egli deve desiderare che essi imparino, soprattutto, la grande lezione di un servizio disinteressato. PEC 19 2 Questi princìpi diventano una forza vivente che modella il carattere attraverso l'unione della mente con Cristo e l'accettazione della sua saggezza come unica guida, della sua potenza come forza per il cuore e per la vita. Una volta stabilita questa unione, gli studenti troveranno la fonte della conoscenza e avranno a disposizione il potere per realizzare i più nobili ideali. Con la preparazione raggiunta quaggiù, potranno intraprendere quel corso che abbraccia l'eternità. PEC 19 3 Nel senso più elevato l'opera dell'educazione e quella della redenzione sono una stessa cosa, perché tanto nell'educazione quanto nella redenzione "...nessuno può porre altro fondamento oltre a quello già posto, cioè Cristo Gesù". 1 Corinzi 3:11. PEC 19 4 Nonostante le mutate condizioni, la vera educazione è tuttora conforme al piano del Creatore, il piano della scuola dell'Eden. Adamo ed Eva ricevettero la conoscenza dalla diretta comunione con Dio; noi contempliamo la luce della conoscenza della sua gloria nel volto di Cristo. PEC 19 5 I grandi princìpi dell'educazione sono immutati. Essi sono stabili in eterno (cfr. Salmi 111:8), perché sono alla base del carattere di Dio. Aiutare gli studenti a comprenderli, e a entrare nella giusta relazione con Gesù, in modo che tali princìpi diventino la forza che dirige la vita, dovrebbe rappresentare il primo impegno e il costante obiettivo dell'insegnante. Colui che si pone questa mèta è un vero collaboratore di Cristo, un operaio che lavora con Dio. ------------------------Capitolo 5: L'educazione in Israele PEC 22 1 Il sistema educativo stabilito in Eden era fondato sulla famiglia. Adamo era figlio di Dio (cfr. Luca 3:38), ed è dal loro Padre che i figli dell'Altissimo ricevevano l'istruzione. La loro scuola era, nel senso più vero, una scuola di famiglia. PEC 22 2 Nel piano divino dell'educazione, adattato alla condizione degli esseri umani dopo la caduta, Gesù è il rappresentante del Padre, l'anello di congiunzione fra Dio e l'umanità. Egli ha voluto che gli uomini e le donne fossero i suoi rappresentanti. La famiglia è la scuola e i genitori sono gli insegnanti. PEC 22 3 Il sistema educativo avente il suo fulcro nella famiglia era quello più in uso all'epoca dei patriarchi. Quanti si trovarono sotto la guida di Dio si attennero sempre al piano di vita che egli aveva stabilito al principio. Coloro che invece se ne allontanarono, edificarono delle città e si raggnipparono in esse, gloriandosi dello splendore, del lusso e del vizio che sempre hanno fatto delle città moderne l'orgoglio e la maledizione del mondo. Le famiglie rimaste attaccate ai princpi divini continuarono ad abitare nei campi o sulle colline, coltivando il suolo e pascolando le greggi. In questa vita libera e indipendente che permetteva loro di lavorare, studiare e meditare, essi imparavano da Dio e insegnavano ai figli le sue opere e le sue vie. PEC 22 4 Era questo il metodo educativo che Dio intendeva stabilire in Israele. Quando però il popolo fu tratto fuori dell'Egitto, pochi israeliti erano preparati per essere suoi collaboratori nell'educazione dei loro figli; i genitori stessi avevano bisogno di educazione e di disciplina. Vittime di una schiavitù durata in pratica tutta una vita, erano ignoranti, senza cultura e degradati. Avevano scarsa conoscenza di Dio e poca fede in lui; erano confusi da falsi insegnamenti e corrotti dal prolungato contatto con il paganesimo. Dio desiderava innalzarli a un livello morale più alto e per questo cercò di dar loro una migliore conoscenza di se stesso. PEC 22 5 Nei rapporti con gli israeliti, erranti nel deserto, durante le marce, quando giungeva il momento della fame, della sete, della stanchezza, quando il pericolo incombeva a causa della presenza dei nemici pagani, come pure nella manifestazione della provvidenza soccorritrice, Dio interveniva cercando di fortificare la loro fede e mostrando la sua potenza che era sempre in azione per il loro bene. Dopo aver insegnato a confidare nel suo amore e nella sua forza, egli pose all'attenzione dei suoi figli, esemplificato nei precetti della legge, l'ideale di carattere che dovevano raggiungere per sua grazia. PEC 23 1 Preziose furono le lezioni insegnate a Israele durante il suo soggiorno al Sinai. Fu quello un periodo di speciale preparazione e l'ambiente naturale favorì la realizzazione del programma di Dio. Sulla cima del monte Sinai, che adombrava la pianura dove il popolo aveva piantato le tende, c'era la colonna di nubi che aveva diretto la marcia d'Israele. Di notte una colonna di fuoco dava la certezza della protezione divina e mentre il popolo dormiva, il pane dal ciclo scendeva dolcemente sull'accampamento. Da ogni lato la solenne grandezza di quelle vette montane aspre e scoscese parlava dell'eternità e della maestà di Dio. Il popolo si rendeva conto della propria ignoranza e debolezza in presenza di colui che ha "pesato le montagne con la stadera e i colli con la bilancia". Isaia 40:12. Manifestandosi in gloria, Dio cercava di far capire a Israele la santità del suo carattere e delle sue esigenze, come pure l'estrema gravità della trasgressione. PEC 23 2 Il popolo però era lento a imparare. Abituato in Egitto a rappresentazioni materialistiche della deità, sotto forma di immagini degradanti, gli era difficile concepire l'esistenza e il carattere del Dio invisibile. Consapevole della debolezza di questo popolo, Dio volle dare un simbolo della sua presenza e disse: Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro. Esodo 25:8. PEC 23 3 Per la costruzione del santuario come dimora di Dio, a Mosè fu indicato di fare tutte le cose sul modello di quelle celesti. Per questo motivo Dio lo chiamò sul monte e gli rivelò le cose del cielo. Il santuario fu costruito secondo questo progetto. PEC 23 4 In questo modo Dio riverlò il glorioso ideale del suo carattere a Israele in mezzo al quale egli desiderava abitare. Il modello fu da lui mostrato sul monte Sinai, quando diede la legge e passò davanti a Mosè proclamando: Il Signore! il Signore! il Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in bontà e fedeltà. Esodo 34:6. PEC 23 5 Gli israeliti, da soli, non erano capaci di raggiungere questo ideale, e la grande rivelazione del Sinai poteva solo rendere chiare le loro necessità e la loro impotenza. Doveva essere insegnata un'altra lezione: il tabernacolo, con il suo servizio basato sul sacrificio, mostrava loro il perdono dei peccati e la capacità, nel Salvatore, di ubbidire e vivere. PEC 23 6 Nel Cristo doveva trovare adempimento il proposito di cui il tabernacolo era il simbolo. Di quel glorioso edificio, le pareti coperte d'oro scintillante riflettevano i colori delle tende inghirlandate con disegni di cherubini; il profumo dell'incenso si diffondeva ovunque; i sacerdoti, vestiti di bianco candido, servivano il Signore; nel profondo mistero del luogo più interno, al di sopra del propiziatorio, fra gli angeli che chinavano la fronte in segno di adorazione, si trovava la gloria del Santissimo. Dio voleva che in ogni cosa il popolo leggesse qual era il suo piano per l'animo umano. Era lo stesso piano che, molti secoli dopo, l'apostolo Paolo avrebbe indicato, ispirato dallo Spirito Santo: Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è santo; e questo tempio siete voi. 1 Corinzi 3:16, 17. Un'impresa colossale PEC 24 1 Grandi furono l'onore e il privilegio accordati a Israele nella preparazione del santuario; e grande fu anche la sua responsabilità. Nel deserto, da un popolo che usciva dalla schiavitù, doveva essere eretto un edificio di incommensurabile splendore che esigeva per la sua costruzione il materiale più costoso e la più grande abilità artistica. Questa sembrava un'impresa colossale; però colui che aveva fornito il piano della costruzione s'impegnò a collaborare con i costruttori. PEC 24 2 "Il Signore parlò ancora a Mosè dicendo: 'Vedi, io ho chiamato per nome Besaleel, figlio di Uri, figlio di Cur, della tribù di Giuda; l' ho riempito dello Spirito di Dio, per dargli sapienza, intelligenza e conoscenza per ogni sorta di lavori... Ed ecco, gli ho dato per aiutante Ooliab, figlio di Aisamac, della tribù di Dan; ho messo sapienza nella mente di tutti gli uomini abili, perché possano fare tutto quello che ti ho ordinato'". Esodo 31:1-3, 6. PEC 24 3 Nel deserto ci fu, così, una scuola di formazione artistica nella quale Cristo e gli angeli erano gli istruttori. Tutto il popolo doveva collaborare alla preparazione del tabernacolo e del suo arredamento: vi era lavoro per la mente e per il braccio. Siccome occorreva grande quantità di materiale, tutti furono invitati a contribuire secondo il desiderio del loro cuore. In tal modo, gli israeliti impararono a collaborare con Dio e con i propri simili, come pure a preparare l'edificio spirituale: il tempio di Dio nelle persone umane. PEC 24 4 Già prima di lasciare la terra d'Egitto era stata istituita un'organizzazione temporanea: il popolo era stato suddiviso in schiere sotto la guida di capi scelti. Al Sinai ciò venne perfezionato, e così l'ordine già rivelato da tutte le opere di Dio si manifestò nell'economia giudaica: Dio era il centro dell'autorità e del governo; Mosè, suo rappresentante, doveva amministrare la legge nel suo nome. Vennero, poi, il consiglio dei settanta, i sacerdoti, i principi, i capi di migliaia, di centinaia, di cinquantine, di decine e, infine, gli addetti a uffici speciali. Cfr. Numeri 11:16, 17; Deuteronomio 1:15. Il campo era sistemato in modo ordinato: al centro il tabernacolo, la dimora di Dio, circondato dalle tende dei sacerdoti e dei leviti; più lontano, ogni tribù accampata sotto la propria bandiera. PEC 25 1 Furono inoltre prese in considerazione alcune leggi di carattere sanitario molto dettagliate. Queste non erano solo necessarie alla salute, ma anche per assicurarsi la presenza di colui che solo è il Santo. Per divina autorità, Mosè dichiarò: "Infatti il Signore, il tuo Dio, cammina in mezzo al tuo accampamento per proteggerti...; perciò il tuo accampamento dovrà essere santo". Deuteronomio 23:14. PEC 25 2 L'educazione degli israeliti includeva tutte le loro abitudini di vita. Tutto quello che riguardava il loro benessere era oggetto della sollecitudine divina e perciò fu incluso nell'ambito della sua legge. Perfino nel provvedere al cibo, Dio si preoccupò del loro bene maggiore. La manna con la quale egli li nutrì nel deserto era di tale qualità da contribuire a fortificare le loro energie fisiche, mentali e morali. Quantunque molti di loro si ribellassero a questa restrizione alimentare, la saggezza della scelta di Dio si manifestò in modo tale che nessuno poté negarla. Infatti, nonostante la dura vita nel deserto, nessuno era fiacco. PEC 25 3 L'arca, che conteneva la legge di Dio, doveva guidarli nelle loro peregrinazioni. Il luogo per accamparsi era indicato dalla discesa della colonna di nuvola, e fino a quando questa rimaneva sul tabernacolo, essi restavano in quell'accampamento; quando la nube si alzava, il popolo si rimetteva in cammino. Sia la sosta sia la partenza erano accompagnate da una solenne invocazione. "Quando l'arca partiva, Mosè diceva: 'Sorgi, o Signore, e siano dispersi i tuoi nemici, e fuggano davanti alla tua presenza quelli che ti odiano!'. Quando l'arca si posava, diceva: 'Torna, o Signore, alle miriadi di migliaia d'Israele!'" Numeri 10:35-36. Lezioni di grande valore PEC 25 4 Mentre il popolo si spostava nel deserto apprese molte preziose lezioni dal canto. Liberato dall'esercito del faraone, tutto Israele intonò un canto di trionfo. Nel deserto e sul mare risuonò la gioiosa melodia, e le montagne riecheggiarono di accenti di lode: "Cantate al Signore, perché è sommamente glorioso". Esodo 15:21. Questo cantico fu spesso ripetuto durante il cammino e contribuì a rallegrare i cuori e a ravvivare la fede dei pellegrini. I comandamenti che Dio diede al Sinai, uniti alla promessa del suo favore e al ricordo delle sue opere meravigliose per la loro liberazione, dietro consiglio divino furono espressi con il canto e intonati al suono di strumenti musicali: il popolo camminava accompagnato dalle voci che si univano in accenti di lode. PEC 25 5 Il pensiero degli israeliti, così, era distolto dalle prove e dalle difficoltà del cammino; gli spiriti turbolenti venivano tranquillizzati, i principi di verità fissati nella memoria e la fede ne era rinvigorita. L'azione di gruppo insegnava ordine e unità, e il popolo era messo in intima comunione con Dio e con il prossimo. PEC 26 1 Circa l'atteggiamento di Dio verso Israele durante i quarantanni di permanenza nel deserto, Mosè dichiarò: "Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge suo figlio, così il Signore, il tuo Dio, corregge te... per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandamenti". Deuteronomio 8:5; Deuteronomio 8:2. PEC 26 2 "Egli lo trovò in una terra deserta, in una solitudine piena d'urli e di desolazione. Egli lo circondò, ne prese cura, lo custodì come la pupilla dei suoi occhi. Come un'aquila che desta la sua nidiata, svolazza sopra i suoi piccini, spiega le sue ali, li prende e li porta sulle penne. Il Signore solo l'ha condotto e nessun dio straniero era con lui". Deuteronomio 32:10-12. PEC 26 3 Dio circondò Israele d'ogni comodità e gli diede tutti i privilegi possibili perché potesse onorare il suo nome ed essere una benedizione per tutte le nazioni vicine. Se avesse camminato nelle vie dell'ubbidienza, si sarebbe realizzata la promessa secondo la quale Dio lo avrebbe messo "al di sopra di tutte le nazioni che ha fatte, quanto a gloria, rinomanza e splendore". Deuteronomio 26:19. "Tutti i popoli della terra vedranno che tu porti il nome del Signore, e ti temerano". Deuteronomio 28:10. Le nazioni udendo le leggi che Dio aveva dato al suo popolo, avrebbero detto: "Questa grande nazione è il solo popolo savio e intelligente". Deuteronomio 4:6. Nelle leggi affidate a Israele, esplicite istruzioni furono date in merito all'educazione. Sul monte Sinai Dio, rivelandosi a Mosè si autodefin: "...misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in bontà e fedeltà". Esodo 34:6. Questi princìpi, incorporati nella sua legge, dovevano essere insegnati ai figli dai padri e dalle madri in Israele. Mosè, per incarico di Dio, dichià loro: "Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai". Deuteronomio 6:6, 7. PEC 26 4 Tutto cià non doveva essere insegnato come arida teoria. Coloro che insegnavano la verità dovevano essere i primi a metterla in pratica. Solo riflettendo nella propria vita il carattere di Dio in giustizia, nobità e altruismo, si potevano imprimere queste virtù negli altri. PEC 26 5 La vera educazione non consiste nell'imporre l'istruzione a una mente non preparata e non ricettiva. Le facoltà della mente devono essere risvegliate, e l'interesse deve essere suscitato. È a questo che provvedono i divini metodi d'insegnamento. In casa e nel santuario, per mezzo della natura e dell'arte, mediante riti e simboli innumerevoli, Dio impartì a Israele delle lezioni che illustravano i suoi principi e che avrebbero conservato la memoria delle sue opere meravigliose. Così, quando sorgeva una domanda, le istruzioni date come risposta rimanevano impresse nella mente e nel cuore. PEC 27 1 Dalle disposizioni date per la formazione del popolo, risulta evidente che una vita centrata su Dio è una vita completa. È Dio, infatti, che provvede a soddisfare ogni desiderio e impulso dell'animo umano e a sviluppare ogni facoltà della mente. PEC 27 2 L'Autore di ogni bellezza, amante egli stesso di ciò che è bello, si preoccupò di appagare nei suoi figli l'amore per la bellezza. Provvide anche ai loro bisogni sociali, incrementando quelle utili relazioni che contribuiscono a coltivare la simpatia e a rendere la vita più dolce e più luminosa. Educazione attraverso feste religiose PEC 27 3 In Israele, un posto notevole fu dato alle feste come mezzo di educazione. Nella vita quotidiana la famiglia era una scuola e una chiesa: ai genitori era affidato il compito dell'insegnamento secolare e religioso. Tre volte l'anno erano messi da parte brevi periodi per l'adorazione e per la formazione sociale del popolo. In un primo tempo questi raduni ebbero luogo a Silo; in seguito si tennero a Gerusalemme. Solo i padri e i figli erano tenuti a parteciparvi, però nessuno voleva rinunciare alla festa e così, nella misura del possibile, tutta la famiglia vi andava. In quell'occasione, lo straniero, il levita e il povero godevano di grande ospitalità. PEC 27 4 Il viaggio a Gerusalemme, fatto in forma semplice e patriarcale, in mezzo agli splendori della primavera, alle ricchezze dell'estate e alle glorie dell'autunno, diventava una vera delizia. Tutti, dall'uomo canuto al bambino, giungevano portando le loro offerte di gratitudine per incontrare Dio nella sua santa dimora. Lungo la strada si narravano ai bambini le esperienze del passato, storie che grandi e piccoli ancora prediligono. Si cantavano gli inni che avevano rallegrato le peregrinazioni nel deserto. Anche i comandamenti di Dio erano cantati e, uniti al benefico influsso della natura e delle relazioni umane, rimanevano per sempre impressi nella mente dei giovani e dei bambini. PEC 27 5 Le cerimonie che si celebravano a Gerusalemme in occasione del servizio pasquale erano tali da colpire l'immaginazione e il cuore. Si teneva la riunione notturna alla quale gli uomini si presentavano con i fianchi cinti, le calzature ai piedi e col bastone in mano; frettolosamente si consumava il frugale pasto: agnello, pane azzimo, erbe amare; e nel solenne silenzio si ascoltava il racconto del sangue spruzzato, dell'angelo sterminatore e della partenza dal paese della schiavitù. PEC 27 6 La festa delle Capanne, o della Mietitura, con le offerte del frutteto e del campo, con la settimana trascorsa sotto capanne di frasche, con le riunioni, le funzioni, la generosa ospitalità offerta agli operai del Signore, ai leviti del santuario, agli stranieri e ai poveri, invogliava ogni mente a pensare con gratitudine a colui che aveva coronato l'annata con i suoi benefici. Il fedele israelita trascorreva circa un intero mese ogni anno in questo modo. Durante questo periodo egli era libero da pensieri e lavori, e quasi del tutto consacrato, nel senso più vero, a scopi educativi. Possesso della terra PEC 28 1 Nel distribuire l'eredità al suo popolo, Dio intendeva insegnargli, e per mezzo di esso insegnare alle future generazioni, princìpi corretti circa il possesso della terra. Il paese di Canaan fu suddiviso fra tutto il popolo, a esclusione dei leviti, ministri del santuario. Sebbene una famiglia potesse disporre per un po' di tempo a proprio piacere della sua terra, non poteva vendere l'eredità dei figli. Se anche vendeva, poteva dopo un certo tempo riscattare le sue terre. Ogni sette anni i debiti erano rimessi e il cinquantesimo anno, o anno giubilare, tutta la proprietà terriera ritornava al proprietario originario. In tal modo ogni famiglia era sicura dei propri beni e ciò costituiva una salvaguardia contro gli estremi della ricchezza e della povertà. PEC 28 2 Nell'assegnare la terra al popolo, Dio gli fornì, come già aveva fatto in Eden, un'occupazione che fosse la più adatta al suo sviluppo: la cura degli animali e delle piante. Un'ulteriore misura educativa fu adottata con l'istituzione della sospensione del lavoro agricolo ogni settimo anno. La terra, quell'anno, rimaneva incolta, e il suo prodotto spontaneo era lasciato al povero. C'era così l'opportunità per approfondire lo studio, per gli incontri sociali, per il culto e per l'esercizio della beneficenza, attività spesso impedite dalle preoccupazioni e dalle fatiche quotidiane. Se anche ai nostri giorni fossero attuati i princìpi di Dio circa la ripartizione delle proprietà, quanto diversa sarebbe la condizione della gente! L'attuazione di queste regole eviterebbe quei mali terribili che in tutti i tempi sono stati causa di oppressione del povero da parte del ricco, e di odio verso il ricco da parte del povero. Contribuirebbe, inoltre, a far trovare soluzioni pacifiche a quei problemi che minacciano di riempire il mondo di anarchia e di sangue. PEC 28 3 La consacrazione a Dio di un decimo di ogni rendita sia del frutteto sia dei campi, sia del gregge sia della mandria, sia dell'attività cerebrale sia di quella fisica, oltre alla consacrazione di una seconda decima per aiutare il povero e per altre forme di beneficenza, avevano lo scopo di mantenere viva nel popolo la verità secondo cui tutto appartiene a Dio e che all'uomo è offerta l'opportunità di essere lo strumento delle sue benedizioni. Si trattava di una forma di educazione che si prefiggeva di annullare ogni manifestazione di gretto egoismo e coltivare, invece, larghezza e nobiltà di carattere. PEC 28 4 La conoscenza di Dio, la comunione con lui nello studio e nel lavoro, la somiglianza con il suo carattere, dovevano costituire la fonte, il mezzo, e lo scopo dell'educazione d'Israele che era impartita da Dio ai genitori e che questi, a loro volta, dovevano inculcare nei propri figli. ------------------------Capitolo 6: Scuole dei profeti PEC 29 1 Dovunque in Israele venisse seguito il piano educativo di Dio, i risultati attestavano chi ne fosse l'autore. In moltissime famiglie, però, il metodo formativo stabilito dal cielo fu raramente adottato e, di conseguenza, altrettanto rari furono gli uomini il cui carattere fu modellato con quel metodo. Il piano di Dio fu attuato soltanto in modo parziale e imperfetto. PEC 29 2 Gli israeliti, per incredulità e negligenza verso le direttive impartite dal Signore, si circondarono di tentazioni tali che solo pochi ebbero la forza di fronteggiare. Quando si stabilirono in Canaan "non distrussero i popoli, come il Signore aveva loro comandato; ma si mescolarono con le nazioni e impararono le loro opere. Servirono i loro idoli, che divennero un laccio per essi". Salmi 106:34-36. "Il loro cuore non era sincero con lui e non erano fedeli al suo patto. Ma egli, che è pietoso, perdona l'iniquità e non distrugge il peccatore. Più volte trattenne la sua ira... ricordando ch'essi erano carne, un soffio che va e non ritorna". Salmi 78:37-39. PEC 29 3 Padri e madri in Israele divennero indifferenti ai loro obblighi verso Dio e verso i propri figli. A motivo dell'infedeltà domestica e dell'idolatria di cui erano circondati, molti giovani ebrei ricevettero un'educazione sostanzialmente diversa da quella voluta dal Signore e appresero abitudini pagane. PEC 29 4 Per arginare questo male dilagante, Dio ricorse ad altri mezzi per aiutare i genitori nella loro opera di educazione. Fin dai tempi più remoti, i profeti erano stati riconosciuti come istruttori designati da Dio. Nel senso più alto, il profeta era uno che parlava per diretta ispirazione divina e che comunicava al popolo i messaggi ricevuti. Il titolo di profeta, però, fu dato anche a coloro che, sebbene non direttamente ispirati, erano stati chiamati da Dio a istruire il popolo nelle sue opere e nelle sue vie. Per la preparazione di questa categoria di maestri, Samuele, su indicazione del Signore, stabilì le scuole dei profeti. PEC 29 5 Queste scuole dovevano rappresentare una barriera contro la crescente corruzione e provvedere al benessere mentale e spirituale della gioventù, come pure dovevano incrementare la prosperità della nazione, preparando degli uomini, timorati di Dio, a svolgere un compito di guida e consigliere. A questo scopo Samuele riunì alcuni giovani devoti, intelligenti e studiosi che furono chiamati "figli dei profeti". Studiando la Parola e le opere di Dio, le loro energie mentali e spirituali erano acuite dal suo potere vivificante, e così gli studenti ricevevano la sapienza che viene dall'alto. PEC 30 1 Gli istruttori, poi, oltre che essere preparati nelle verità divine, avevano essi stessi sperimentato la comunione con Dio, ricevendo una particolare effusione dello Spirito Santo; avevano la fiducia e il rispetto del popolo per la loro conoscenza e consacrazione. Al tempo di Samuele vi erano due scuole: una a Rama, la patria del profeta, e una a Chiriat-Iearim. In seguito ne furono stabilite altre. PEC 30 2 In queste scuole gli studenti si mantenevano con il proprio lavoro, coltivando il suolo oppure esercitando un mestiere. Anche diversi insegnanti si mantenevano grazie al lavoro manuale. In Israele si stimava fosse peccato permettere ai ragazzi di crescere ignorando il lavoro pratico. PEC 30 3 A scuola e in casa gran parte dell'insegnamento era impartito in forma orale; i giovani, però, imparavano anche a leggere gli scritti ebraici, e i rotoli di pergamena dell'Antico Testamento che erano a loro disposizione. I principali argomenti di studio erano la legge di Dio, le istruzioni impartite a Mosè, la storia sacra, la musica sacra, la poesia. Nei racconti della storia sacra si notava l'impronta di Dio. Le grandi verità messe in luce dai "tipi" nel servizio del santuario erano manifestati, e così la fede comprendeva il tema principale dell'intero sistema: l'Agnello di Dio che doveva togliere il peccato del mondo. Si coltivava uno spirito di devozione. Agli studenti si insegnava non solo il dovere della preghiera, ma anche come pregare, come avvicinarsi al Creatore, come avere fede in lui, come capire e ubbidire agli insegnamenti del suo Spirito. PEC 30 4 Queste scuole dimostrarono di essere uno dei mezzi più efficaci nel promuovere quella giustizia che "innalza una nazione". Cfr. Proverbi 14:34. Infatti contribuirono in gran parte a gettare le basi della prosperità straordinaria che distinse i regni di Davide e di Salomone. Princìpi che plasmarono il carattere di Davide PEC 30 5 I princìpi insegnati nelle scuole dei profeti furono gli stessi che plasmarono il carattere di Davide e modellarono la sua vita. La Parola di Dio fu il suo istruttore. "Mediante i tuoi precetti", egli disse, "io divento intelligente; ... ho messo il mio impegno a praticare i tuoi statuti". Salmi 119:104, 112. Fu questo che spinse il Signore a definire Davide, chiamato al trono quando era ancora giovane, "uomo secondo il mio cuore". Cfr. Atti 13:22. PEC 30 6 Anche nella prima parte della vita di Salomone si notano i risultati del metodo di Dio nell'opera di educazione. In gioventù, fece sua la scelta di Davide: al di sopra di ogni bene terreno chiese a Dio un cuore saggio e intelligente. Il Signore gli diede non solo questo, ma anche ricchezza e onore. La forza del suo intelletto, la vastità del suo sapere, la gloria del suo regno, costituirono la meraviglia del mondo. PEC 31 1 Durante il regno di Davide e di Salomone, Israele raggiunse il culmine della sua grandezza. La promessa fatta prima ad Abramo e poi ripetuta a Mosè si adempì in pieno: "Se osservate diligentemente tutti questi comandamenti che vi do, e li mettete in pratica, amando il Signore, il vostro Dio, camminando in tutte le sue vie e tenendovi stretti a lui, il Signore scaccerà davanti a voi tutte quelle nazioni e voi v'impadronirete di nazioni più grandi e più potenti di voi. Ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà sarà vostro; i vostri confini si estenderanno dal deserto al Libano, dal fiume, il fiume Eufrate, al mare occidentale. Nessuno vi potrà resistere". Deuteronomio 11:22-25. PEC 31 2 In mezzo a questa prosperità si celava, però, il pericolo. Il peccato che Davide più tardi commise, anche se fu seguito da sincero pentimento e da severa punizione, incoraggiò il popolo a trasgredire i comandamenti di Dio. La vita di Salomone, dopo un mattino pieno di grandi promesse, fu oscurata dall'apostasia. L'ambizione politica e il desiderio di grandezza lo spinse all'alleanza con popoli pagani. L'argento di Tarsis e l'oro di Ofir furono procurati sacrificando l'integrità e tradendo la fiducia che era stata riposta in lui. L'unione con idolatri e il matrimonio con donne pagane logorarono la sua fede. Le barriere che Dio aveva innalzate per garantire la sicurezza del suo popolo furono così abbattute, e lo stesso Salomone si abbandonò al culto di falsi dèi. PEC 31 3 Sulla cima del monte degli Ulivi, di fronte al tempio del Signore, furono innalzate gigantesche immagini e altari per il culto delle divinità pagane. Infrangendo l'alleanza con Dio, Salomone perse il dominio di sé. Il suo fine discernimento si fece meno acuto e scomparvero la ponderatezza e la scrupolosità che avevano caratterizzato l'inizio del suo regno. Orgoglio, ambizione, prodigalità e rilassatezza dettero il loro frutto sotto forma di crudeltà e di estorsioni. Colui che era stato un sovrano giusto, compassionevole e rispettoso di Dio, diventò tirannico e oppressivo. Colui che alla consacrazione del tempio aveva pregato perché il popolo desse il suo cuore a Dio senza compromessi, diventò il seduttore dello stesso popolo. Salomone disonorò se stesso, disonorò Israele e disonorò Dio. PEC 31 4 La nazione, della quale era stato l'orgoglio, calcò le sue orme. Anche se più tardi si pentì, il suo pentimento non poté impedire che il seme da lui sparso desse cattivi frutti. La disciplina alla quale Dio aveva sottoposto Israele doveva fare di questo un popolo ben diverso da tutti gli altri. Questa particolarità, che doveva essere considerata uno speciale privilegio e una benedizione, non fu però bene accetta, e gli israeliti cercarono di sostituire la semplicità e la rinuncia, indispensabili per uno sviluppo maggiore, con il lusso e con la rilassatezza dei pagani. Ambivano ardentemente essere come tutte le altre nazioni (cfr. 1 Samuele 8:5); così il piano di Dio per la loro educazione venne scartato e la sua autorità respinta. PEC 32 1 Il declino d'Israele cominciò con il rigetto delle vie di Dio in favore di quelle degli uomini e proseguì fino a che il popolo fu preda proprio di quelle nazioni le cui pratiche aveva cercato di imitare. PEC 32 2 In quanto nazione, i figli d'Israele non ottennero quei benefici che Dio desiderava dar loro. Essi non seppero né apprezzare il suo progetto, né adoperarsi per la sua attuazione. Però, anche se individui e popoli si perdono, il suo piano per quanti confidano in lui non cambia, "...tutto quel che Dio fa è per sempre...". Ecclesiaste 3:14. PEC 32 3 Quantunque vi siano vari gradi di sviluppo e varie manifestazioni della sua potenza per sopperire alle necessità degli uomini nelle differenti epoche, l'opera di Dio è la stessa in ogni tempo. Il Maestro non cambia: è sempre lo stesso. Immutati sono anche il carattere di Dio e i suoi piani. In lui "non c'è variazione né ombra di mutamento". Cfr. Giacomo 1:17. PEC 32 4 Le esperienze d'Israele sono state scritte per nostro ammaestramento. "Ora, queste cose avvennero loro per servire da esempio e sono state scritte per ammonire noi, che ci troviamo nella fase conclusiva delle epoche". 1 Corinzi 10:11. Per noi, come per l'antico Israele, la riuscita nel processo educativo dipende dalla fedeltà nell'eseguire il piano di Dio. L'adesione ai princìpi della Parola di Dio ci darà le stesse grandi benedizioni che avrebbe arrecato al popolo ebraico se fosse rimasto fedele. ------------------------Capitolo 7: Vita di grandi uomini PEC 33 1 La storia biblica riporta molte illustrazioni sui risultati della vera educazione, e presenta tanti nobili esempi di persone la cui vita fu una benedizione per il prossimo perché vissero come rappresentanti di Dio. Fra loro ricordiamo Giuseppe, Daniele, Mosè, Eliseo e Paolo. PEC 33 2 Ancora adolescenti, proprio quando dalla fanciullezza stavano passando all'età adulta, Giuseppe e Daniele furono strappati alle loro case e condotti prigionieri in terra pagana. In modo particolare Giuseppe fu esposto alle tentazioni che accompagnano quei grandi mutamenti che si verificano in modo fortuito. PEC 33 3 Che cosa lo aiutò a conservarsi integro quando era il figlio caro e prediletto nella casa paterna? Quando in casa di Potifar, dapprima schiavo, ne divenne il confidente e il compagno? Quando nel carcere di faraone, prigioniero di stato, condannato ingiustamente, era senza alcuna speranza di liberazione? E quando, finalmente, in un'ora particolarmente critica, fu chiamato a governare una nazione? PEC 33 4 Nessuno può rimanere, senza pericolo, in un posto in vista. Come la tempesta lascia intatti i fiori della valle e sradica gli alberi sulla cima dei monti, così le più impetuose tentazioni, che lasciano tranquilli coloro che nella vita occupano una posizione umile, si abbattono su quelli che occupano nel mondo i più alti posti d'onore e di successo. Giuseppe seppe sopportare sia la prova dell'avversità sia quella della prosperità, dimostrando un'immutata fedeltà alla corte di Faraone come già nella cella del carcere. PEC 33 5 Giuseppe, nella sua infanzia, aveva imparato ad amare e a temere Dio. Spesso, nella tenda del padre, sotto le stelle di Siria, aveva udito il racconto della visione notturna di Betel, della scala fra il cielo e la terra, degli angeli che salivano e scendevano, di colui che dal suo trono eccelso si era rivelato a Giacobbe. Aveva udito il racconto della lotta sul fiume Iabboc, quando il padre, rinunciando al peccato, si era reso vincitore e aveva ricevuto il titolo di principe di Dio. PEC 33 6 Quando, giovanetto, pascolava le greggi paterne, la vita pura e semplice aveva favorito in lui lo sviluppo delle energie fisiche e mentali. Dalla comunione con Dio attraverso la natura e lo studio delle grandi verità trasmesse come santo deposito di padre in figlio, egli aveva acquisito vigore di mente e fermezza di princìpi. PEC 33 7 Nella crisi della sua vita, durante quel tremendo viaggio dalla casa paterna in Canaan verso la schiavitù di Egitto, Giuseppe si ricordò del Dio di suo padre. Ricordò le lezioni ascoltate da bambino, e la sua anima fremette alla determinazione di agire come si conviene a un suddito del Re del cielo. PEC 34 1 Nell'amara schiavitù in terra straniera, in mezzo ai vizi di un culto pagano, circondato dalle attrattive della ricchezza, della cultura e del fasto regale, Giuseppe rimase saldo perché aveva imparato la lezione dell'ubbidienza al dovere. PEC 34 2 Quando fu chiamato alla corte di faraone, l'Egitto era la nazione più grande di tutte. Per civiltà, arte e sapere, non aveva rivali. Nel periodo della massima difficoltà e del maggior pericolo, Giuseppe amministrò gli affari del regno e lo fece in modo tale da conquistarsi la fiducia del re e del popolo tanto che faraone "lo stabilì Signore della sua casa e governatore di tutti i suoi beni, per istruire i princìpi secondo il suo giudizio e insegnare ai suoi anziani la sapienza". Salmi 105:21, 22. PEC 34 3 La parola ispirata ci rivela il segreto della vita di Giuseppe. Con parole di divina potenza e bellezza, Giacobbe, nel benedire i figli, disse di questo suo amatissimo: "Giuseppe è un albero fruttifero; un albero fruttifero vicino a una sorgente; i suoi rami si stendono sopra il muro. Gli arcieri lo hanno provocato, gli hanno lanciato frecce, lo hanno perseguitato, ma il suo arco è rimasto saldo; le sue braccia e le sue mani sono state rinforzate dalle mani del Potente di Giacobbe, da colui che è il pastore e la roccia d'Israele, dal Dio di tuo padre che ti aiuterà e dall'Altissimo che ti benedirà con benedizioni del cielo di sopra, con benedizioni dell'abisso che giace di sotto... Le benedizioni di tuo padre sorpassano le benedizioni dei miei progenitori, fino a raggiungere la cima delle colline eterne. Esse saranno sul capo di Giuseppe, sulla fronte del principe dei suoi fratelli". Genesi 49:22-26. PEC 34 4 La fedeltà a Dio, la fede nell'Invisibile fu l'ancora di Giuseppe, il segreto della sua forza. Daniele, ambasciatore del cielo PEC 34 5 Durante il loro soggiorno in Babilonia, Daniele e i suoi giovani compagni, apparentemente furono più favoriti dalla sorte di quanto lo fosse stato Giuseppe appena giunto in Egitto; tuttavia, anch'essi furono sottoposti a prove non meno severe: giovani di stirpe reale, deportati nella città più bella dell'epoca, alla corte del più grande monarca del tempo, furono scelti per essere preparati per il servizio speciale del sovrano. Le tentazioni di quella corte lussuosa e corrotta erano molto forti. Il fatto che essi, adoratori dell'Altissimo, erano prigionieri in Babilonia; che i vasi della casa di Dio erano stati posti nel tempio degli dèi di Babilonia; che lo stesso re d'Israele era prigioniero dei babilonesi, era indicato sprezzantemente dai vincitori come una dimostrazione della superiorità della loro religione e dei loro costumi sulla religione e i costumi degli ebrei. Fu proprio in tali circostanze, attraverso le tristi umiliazioni derivate dall'allontanamento d'Israele dai suoi comandamenti, che Dio diede a Babilonia la prova evidente della sua supremazia, della santità delle sue esigenze e del sicuro risultato dell'ubbidienza. Questa testimonianza Dio la dette nel solo modo possibile: per mezzo di coloro che erano rimasti saldi e fedeli. PEC 35 1 All'inizio della carriera, Daniele e i suoi tre compagni furono sottoposti a una prova decisiva. L'ordine che il loro cibo provenisse dalla mensa reale era l'espressione del favore del monarca e del suo personale interessamento al loro benessere. Però, dato che una parte di esso era stato offerto agli idoli, ne derivava che gli alimenti della tavola del re erano stati consacrati all'idolatria e che, cibandosene, quei giovani sarebbero stati considerati favorevoli all'omaggio tributato ai falsi dèi. La fedeltà al Signore impediva loro, perciò, di toccare quei cibi. PEC 35 2 Daniele e i suoi compagni erano stati fedelmente istruiti nei princìpi della Parola di Dio e avevano imparato a sacrificare le cose temporali a quelle dello spirito, e ne ottennero il premio. Alla fine del periodo di preparazione, essi furono esaminati con altri candidati per vedere se fossero idonei agli onori del regno, e "...non se ne trovò nessuno che fosse pari a Daniele, Anania, Misael e Azaria". Daniele 1:19. PEC 35 3 Alla corte babilonese vi erano rappresentanti di tutti i paesi, uomini di raro talento, con la maggiore cultura che il mondo potesse offrire; eppure fra tutti questi, i deportati ebrei non ebbero rivali: rimasero ineguagliati per forza fisica, per vigore morale e per conoscenza letteraria. "Su tutti i punti che richiedevano saggezza e intelletto, sui quali il re li interrogasse, li trovava dieci volte superiori a tutti i magi e astrologi che erano in tutto il suo regno". Daniele 1:20. PEC 35 4 Incrollabile nella sua alleanza con Dio, fermo nel dominio di sé, con nobile dignità e gentile rispetto, il giovane Daniele seppe assicurarsi il favore e l'affetto dell'ufficiale pagano alle cui cure era stato affidato. Queste sue caratteristiche rimasero immutate con il passare degli anni, tanto da farlo assurgere rapidamente alla posizione di primo ministro. Durante tutta la reggenza dei successivi monarchi, al momento del crollo della nazione, allo stabilimento di un regno rivale, talmente grandi erano la sua sapienza e la sua capacità di uomo di stato, così perfetti il suo tatto, la sua cortesia e la sua sincera bontà d'animo, uniti alla fedeltà ai princìpi, che gli stessi suoi nemici furono costretti ad ammettere che "...non potevano trovare alcuna occasione né alcun motivo di riprensione, perché egli era fedele". Daniele 6:4. PEC 35 5 Mentre Daniele rimaneva così strettamente unito a Dio da una fede incrollabile, la potenza dell'ispirazione profetica scese su di lui. Fu onorato da Dio come suo ambasciatore e istruito a leggere i misteri dei secoli futuri. I monarchi pagani, in contatto con i rappresentanti del cielo, furono spinti a conoscere il Dio di Daniele. "In verità il vostro Dio", disse il re Nabucodonosor, "è il Dio degli dèi, il Signore dei re e il rivelatore dei segreti". Daniele 2:47. Re Dario, nel suo decreto esaltò il Dio di Daniele come "il Dio vivente che dura in eterno; il suo regno non sarà mai distrutto"; egli è colui che "libera e salva, fa segni e prodigi in cielo e in terra". Cfr. Daniele 6:25-27. Uomini giusti e onesti PEC 36 1 Per la saggezza e la giustizia dimostrate, per la purezza e la bontà espresse nella loro vita quotidiana e per la dedizione agli interessi del popolo, Giuseppe e Daniele continuarono a essere fedeli ai princìpi conosciuti in gioventù di colui del quale erano i rappresentanti. Questi due uomini, uno in Egitto e l'altro in Babilonia, furono onorati da tutta la nazione. In loro, un popolo pagano vide riflessi la bontà e la generosità di Dio, nonché l'amore di Cristo. PEC 36 2 Quale vita fu quella di questi nobili ebrei! Quando dissero addio alla casa della loro infanzia, neppure lontanamente avrebbero immaginato il loro alto destino. Fedeli e fermi, si abbandonarono alla guida divina, cosicché Dio per mezzo loro poté attuare il suo proposito. PEC 36 3 Le stesse grandi verità, che furono rivelate mediante questi uomini, Dio desidera rivelarle per mezzo dei giovani e dei bambini di oggi. PEC 36 4 Il più grande bisogno del mondo è il bisogno di uomini che non si possono né comprare né vendere; uomini che sono leali e onesti fino nell'intimo del loro animo; uomini che non hanno paura di chiamare il peccato con il suo vero nome; uomini la cui coscienza è fedele al dovere come l'ago magnetico lo è al polo; uomini che stanno per la giustizia anche se dovessero crollare i cieli. PEC 36 5 Un tale carattere non è però il risultato del caso, e non è dovuto a speciali favori o doni della provvidenza: un carattere nobile è il risultato dell'autodisciplina, della sottomissione della natura inferiore a quella superiore: della resa dell'io per un servizio d'amore a Dio e agli uomini. I giovani devono tenere presente che i doni di cui dispongono non appartengono a loro: forza, tempo, intelletto appartengono a Dio, e ogni giovane dovrebbe decidere di farne l'uso migliore. Egli è un ramo dal quale il Signore si aspetta del frutto; un amministratore, il cui capitale deve crescere; una luce che squarcia le tenebre del mondo. Ogni giovane, ogni bambino ha un'opera da compiere in onore di Dio e per il bene dell'umanità. Eliseo, fedele nelle piccole cose PEC 36 6 Il profeta Eliseo trascorse i primi anni della sua vita nella campagna imparando da Dio, dalla natura e dalla disciplina di un lavoro utile. In un'epoca di quasi generale apostasia, i familiari di suo padre erano fra coloro che non avevano piegato le ginocchia davanti a Baal. In casa sua si onorava Dio e la fedeltà al dovere costituiva la regola della vita quotidiana. PEC 37 1 Figlio di un ricco agricoltore Eliseo, pur avendo le capacità di un capo, aveva ricevuto una formazione semplice per adempiere i comuni doveri della vita. Per dirigere con saggezza doveva imparare a ubbidire, e fu con la fedeltà nelle piccole cose che venne preparato a responsabilità più gravose. PEC 37 2 Di spirito mansueto e dolce, Eliseo possedeva anche energia e fermezza. Egli coltivava l'amore e il timore di Dio e, nell'umile ambito del lavoro quotidiano, acquisiva forza di volontà, nobiltà di carattere, mentre cresceva nella grazia e nella conoscenza divina. PEC 37 3 La chiamata profetica gli giunse mentre arava il campo con i servi del padre. Quando Elia, diretto da Dio alla ricerca di un successore, gettò il suo mantello sulle spalle del giovane, Eliseo comprese l'invito e lo accettò; "...seguì Elia, e si mise al suo servizio". 1 Re 19:21. Non fu un gran compito quello inizialmente richiesto a Eliseo: i lavori comuni costituirono ancora la sua disciplina. Come attendente personale del profeta, egli continuò a dimostrarsi fedele nelle piccole cose, mentre ogni giorno si rafforzava in lui il proposito di consacrarsi alla missione assegnatagli da Dio. PEC 37 4 La sua determinazione fu messa alla prova lo stesso giorno della chiamata. Mentre si volgeva per seguire Elia, gli fu ordinato dal profeta di tornare a casa. Eliseo capì il valore dell'opportunità che gli veniva offerta: per nessun vantaggio terreno egli avrebbe rinunciato alla possibilità di diventare il messaggero di Dio. PEC 37 5 Passò il tempo, e mentre Elia si stava preparando per la traslazione, Eliseo fu formato per diventarne il successore. Di nuovo la sua fede e la sua decisione furono messe alla prova. Nell'accompagnare il profeta in un ultimo incarico di servizio, fu ripetutamente invitato da questi a tornarsene indietro. Eliseo, che nel suo antico lavoro di aratura dei campi aveva imparato a non desistere e a non perdersi di animo, ora che aveva messo mano all'aratro nel campo del dovere non intendeva affatto essere allontanato dal suo proposito. PEC 37 6 "E proseguirono il cammino insieme. ... si fermarono sulla riva del Giordano. Allora Elia prese il suo mantello, lo arrotolò e percosse le acque, le quali si divisero in due. Così attraversarono il fiume a piedi asciutti. Quando furono passati, Elia disse a Eliseo: 'Chiedi quello che vuoi che io faccia per te, prima che io ti sia tolto'. Eliseo rispose: 'Ti prego, mi sia data una parte doppia del tuo spirito!'. Elia disse: 'Tu domandi una cosa difficile; tuttavia, se mi vedi quando io ti sarò rapito, ti sarà dato quello che chiedi; ma, se non mi vedi, non ti sarà dato'. Essi continuarono a camminare discorrendo insieme, quand'ecco un carro di fuoco e dei cavalli di fuoco che li separarono l'uno dall'altro, ed Elia salì al cielo in un turbine. Eliseo lo vide e si mise a gridare: 'Padre mio, padre mio! Carro e cavalleria d'Israele!'. Poi non lo vide più. E, afferrate le proprie vesti, le strappò in due pezzi; raccolse il mantello che era caduto di dosso a Elia, tornò indietro, e si fermò sulla riva del Giordano; e, preso il mantello che era caduto di dosso a Elia, percosse le acque e disse: 'Dov'è il Signore, Dio d'Elia?'. Quando anch'egli ebbe percosso le acque, queste si divisero in due, ed Eliseo passò. Quando i discepoli dei profeti che stavano a Gerico, di fronte al Giordano videro Eliseo, dissero: 'Lo spirito d'Elia si è posato sopra Eliseo'. Gli andarono incontro, si prostrarono fino a terra davanti a lui". 2 Re 2:6-15. PEC 38 1 Da quel momento Eliseo prese il posto di Elia e, come era stato fedele nelle piccole cose, lo fu anche nelle grandi. PEC 38 2 Elia, uomo potente, era stato lo strumento di Dio per eliminare dei mali enormi: era stata abbattuta l'idolatria che aveva sedotto la nazione; erano stati uccisi i profeti di Baal. Tutto Israele era stato profondamente scosso e molti ritornarono ad adorare Dio. Scomparso Elia, occorreva qualcuno che potesse guidare il popolo per sentieri sicuri con l'ausilio di un insegnamento attento e paziente. L'educazione impartita a Eliseo durante l'infanzia sotto la direzione divina, lo aveva formato proprio per questo compito. PEC 38 3 La lezione è per tutti. Nessuno può sapere quale scopo si prefigga la disciplina di Dio, ma tutti possono essere certi che la fedeltà nelle piccole cose rende idonei a maggiori responsabilità. Mosè, potente attraverso la fede PEC 38 4 Quando fu strappato dalle cure e dalla protezione della famiglia, Mosè era più giovane di Giuseppe e di Daniele; tuttavia gli stessi influssi che avevano plasmato la vita di questi due grandi uomini, modellarono anche la sua. Egli trascorse solo dodici anni con i suoi familiari, ma durante questo periodo furono poste le basi della sua futura grandezza per opera di una persona poco conosciuta. PEC 38 5 Iochebed era una schiava: la sua sorte nella vita era umile, il suo fardello pesante. Eppure, tranne Maria di Nazaret, nessun'altra donna ha recato al mondo una più grande benedizione. Sapendo che il figlio le sarebbe stato tolto presto per essere educato da chi non conosceva Dio, con il maggior impegno possibile essa si adoperò per inculcare nel suo cuore l'amore e la fedeltà per Dio. L'opera fu portata a termine accuratamente. Nessun influsso successivo poté indurre Mosè ad abbandonare quei princìpi di verità che rappresentavano il tema principale dell'insegnamento materno, e che avevano costituito la stessa vita di Iochebed. PEC 38 6 Dalla sua umile casa nella terra di Goscen, Mosè passò al palazzo di Faraone, accolto dalla principessa egizia come figlio amato. Nelle scuole egiziane, Mosè conseguì la più alta istruzione civile e militare. Dotato di grande fascino, bello, alto, colto, dal portamento regale, rinomato come capo militare, egli diventò l'orgoglio della nazione. Mosè, sebbene rifiutasse di partecipare al culto pagano, fu iniziato a tutti i misteri della religione egizia. In qualità di futuro sovrano, era erede degli onori più ambiti che il mondo potesse offrire; ma per l'onore di Dio e per la liberazione del suo popolo oppresso, egli rinunciò alle glorie dell'Egitto e il Signore, in modo speciale, si prese cura della sua formazione. PEC 39 1 Mosè, però, non era ancora pronto per la grande opera della sua vita: doveva imparare la sottomissione al potere divino. Essendosi ingannato circa i piani di Dio, egli sperava di poter liberare Israele con la forza delle armi. Per questo Mosè rischiò tutto, e fallì. Sconfitto e deluso se ne andò in esilio in terra straniera. PEC 39 2 Nella solitudine di Madian, il futuro condottiero d'Israele trascorse quarant'anni come pastore di armenti. Apparentemente esonerato per sempre dalla sua missione, in realtà egli stava esercitando la disciplina indispensabile alla sua attuazione. La saggezza di cui avrebbe avuto bisogno per governare un popolo ignorante e indisciplinato doveva essere acquisita mediante il dominio di sé. Era con la cura delle pecore e degli agnellini che Mosè doveva formarsi quell'esperienza che avrebbe fatto di lui il fedele e paziente pastore d'Israele. Per diventare il rappresentante di Dio doveva essere istruito da lui. PEC 39 3 Gli influssi dai quali era stato circondato in Egitto, il lusso e il vizio che in mille forme avevano esercitato il loro richiamo, le sottigliezze e il misticismo di una religione falsa avevano prodotto una profonda impressione sulla sua mente e sul suo carattere. Tutto ciò scomparve nella rigida disciplina del deserto. PEC 39 4 In mezzo alla solenne maestà delle montagne solitarie, Mosè fu solo con Dio. Gli parve di trovarsi alla sua presenza e di essere coperto dall'ombra dell'Onnipotente. Svanì qui la sua autosufficienza, perché di fronte all'Essere infinito egli sentì quanto l'uomo sia debole, limitato, insufficiente. Fu qui che Mosè percepì il senso della personale presenza di Dio. Egli non vide solo la futura manifestazione di Cristo incarnato, ma anche il Figlio di Dio accompagnare le schiere d'Israele in tutte le loro peregrinazioni. Quando, incompreso e calunniato, fu chiamato a sopportare i rimproveri e gli insulti, Mosè rimase saldo "come se vedesse colui che è invisibile". Ebrei 11:27. PEC 39 5 Mosè non si limitò a pensare a Dio, lo vedeva sempre: mai perse di vista il suo volto. PEC 39 6 Per Mosè la fede non era una congettura, ma una realtà. Egli credeva che Dio dirigeva sempre la sua vita, e così lo seppe riconoscere in ogni circostanza. In lui si confidò per ricevere la forza, per vincere la tentazione. Consapevole del proprio bisogno di aiuto, lo chiese e per fede lo afferrò nella certezza del soccorso divino. PEC 40 1 Fu questa l'esperienza che Mosè fece durante i quarant'anni trascorsi alla scuola del deserto. Dio, nella sua saggezza infinita, non stimò troppo lungo quel periodo di tempo o troppo alto il prezzo per formarsi una tale esperienza. PEC 40 2 I risultati di questa preparazione e delle lezioni allora impartite, non sono legati unicamente alla storia d'Israele, ma a tutto ciò che da allora fino ai nostri giorni ha potuto contribuire al progresso del mondo. La più grande testimonianza resa alla grandezza di Mosè è il giudizio dato della sua vita dalla Parola ispirata: "Non c'è mai più stato in Israele un profeta simile a Mosè, con il quale il Signore abbia trattato faccia a faccia". Deuteronomio 34:10. Paolo, felice nel servizio PEC 40 3 Il fiero vigore e la forza intellettuale di un dottore della legge di Gerusalemme si unirono, nell'opera del Vangelo, alla fede e all'esperienza dei discepoli galilei. Cittadino romano, nato in una città pagana, giudeo non solo di nascita ma anche e soprattutto per educazione, per ardore patriottico e per fede religiosa, allevato a Gerusalemme dal più eminente dei rabbini, istruito in tutte le leggi e le tradizioni dei padri, Saulo da Tarso rappresentava totalmente l'orgoglio e i pregiudizi della sua nazione. Ancora giovane, diventò membro onorato del Sinedrio e fu da tutti considerato uomo dal grande avvenire, difensore zelante dell'antica fede. PEC 40 4 Nelle scuole teologiche di Giudea la Parola di Dio era stata messa da parte e sostituita dalle speculazioni umane; era stata defraudata della sua potenza dalle interpretazioni e dalle tradizioni rabbiniche. Quei maestri si vantavano della loro superiorità, non solo sulle altre nazioni, ma anche sulle masse dei propri connazionali. Nel loro odio verso gli oppressori romani, essi nutrivano il proposito di riconquistare con la forza delle armi la loro supremazia nazionale. I seguaci di Cristo, il cui messaggio di pace era così contrario ai loro ambiziosi progetti, erano odiati e messi a morte. In questa persecuzione, Saulo fu uno dei più duri e inflessibili protagonisti. PEC 40 5 Nelle scuole militari d'Egitto, Mosè aveva imparato la legge della forza. Questo insegnamento aveva avuto una così forte presa sul suo carattere che occorsero quarant'anni di quiete e di comunione con Dio e a contatto con la natura perché fosse reso idoneo a guidare Israele con la legge dell'amore. Anche Paolo doveva imparare la stessa lezione. PEC 40 6 Alla porta di Damasco, la visione di colui che era stato crocifisso cambiò l'intero corso della sua vita. Il persecutore diventò un discepolo; l'insegnante diventò un allievo. I giorni di tenebre trascorsi a Damasco furono per la sua esperienza come anni interi. Gli scritti dell'Antico Testamento accumulati nella sua mente costituirono l'oggetto dei suoi studi e Gesù fu il suo maestro. Anche per Paolo la solitudine della natura divenne scuola di vita: egli infatti andò nel deserto dell'Arabia per studiarvi le Scritture e imparare da Dio; potè in tal modo svuotare il proprio spirito di tutti quei pregiudizi e di quelle tradizioni che avevano fin a quel momento plasmato la sua vita e attingere la sua istruzione direttamente dalla Fonte della verità. PEC 41 1 Paolo, il più grande fra i maestri umani, accettò i doveri più umili come pure i più nobili. Egli riconobbe la necessità del lavoro manuale e di quello mentale impegnandosi come artigiano per il proprio sostentamento. Pur predicando ogni giorno il Vangelo nei grandi centri cittadini, egli continuò nel suo consueto lavoro di fabbricante di tende. PEC 41 2 Paolo, in possesso di grandi doti intellettuali, fornì anche prova di rara saggezza. Nei suoi insegnamenti, come pure nella vita, illustrò princìpi ignorati dalle più eccelse menti del suo tempo. Ascoltate le parole che rivolse ai pagani di Listra, e notate come addita loro Dio rivelato nella natura, fonte di ogni bene, che dà "piogge e stagioni fruttifere, ... cibo in abbondanza e letizia". Atti 14:17. PEC 41 3 Osservatelo nel carcere di Filippi dove, nonostante il dolore delle percosse ricevute, il suo canto di lode rompe il silenzio della notte. Dopo che un terremoto ha spalancato le porte del carcere, la sua voce si leva ancora per rivolgere parole d'incoraggiamento al carceriere: "Non farti del male, perché siamo tutti qui". Atti 16:28. Ogni prigioniero, infatti, è al proprio posto, trattenuto dalla presenza di Paolo. E il carceriere, convinto della realtà di quella fede che sostiene l'apostolo, chiede quale sia la via della salvezza; e con la sua famiglia si unisce alla schiera dei perseguitati discepoli di Cristo. PEC 41 4 Guardatelo ad Atene, nell'Areopago, dove oppone scienza a scienza, filosofia a filosofia, logica a logica. Notate con quale tatto, con quanta cortesia, frutto dell'amore di Dio, egli presenta il Signore come il "Dio sconosciuto" che i suoi uditori hanno adorato senza forse rendersene conto; e come, con parole prese da uno dei loro poeti, egli definisce questo Dio il padre del quale essi tutti sono i figli. PEC 41 5 Uditelo alla corte di Festo, quando re Agrippa, convinto della verità del Vangelo, esclama: "Per poco non mi convinci a farmi cristiano" e con quanta sensibilità e cortesia Paolo, indicando le proprie catene, replica: "Faccio voti a Dio che, presto o tardi, non solo tu ma anche tutti coloro che oggi mi ascoltano, diveniate come appunto sono io, salvo queste catene". Atti 26:28, 29 (Concordata). PEC 41 6 Nel servizio egli trovò la gioia, e alla fine della sua vita di duro lavoro, nel rievocare le lotte e le vittorie, potè dire: "Ho combattuto il buon combattimento...". 2 Timoteo 4:7. PEC 41 7 Queste storie sono di vitale interesse e di grande importanza soprattutto per i giovani. Mosè rinunciò alla prospettiva del regno; Paolo ai vantaggi della ricchezza e dell'onore fra il suo popolo. A molti la vita di questi uomini può sembrare piena soltanto di rinunce e sacrifici. Fu davvero così? Mosè stimò gli oltraggi di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d'Egitto. Paolo disse: "Ciò che per me era un guadagno, l'ho considerato come un danno, a causa di Cristo. Anzi, a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all'eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo". Filippesi 3:7, 8. PEC 42 1 A Mosè furono offerti il palazzo di faraone e il trono; ma presso quelle corti sfarzose c'erano piaceri immorali che portano l'uomo a dimenticare Dio, ed egli preferì "i beni duraturi e la giustizia". Proverbi 8:18. Anziché legarsi alla grandezza dell'Egitto, Mosè scelse di consacrare la propria vita al programma di Dio; piuttosto che promulgare leggi per l'Egitto, egli diventò uno strumento nelle mani di Dio per dare al mondo quei princìpi che rappresentano la base del benessere per la famiglia e la società, princìpi oggi riconosciuti dai più eminenti uomini del mondo, come l'espressione di quanto di meglio ci possa essere nei governi umani. La grandezza dell'Egitto è nella polvere; ma l'opera di Mosè non può andare distrutta, perché i grandi princìpi di giustizia, ai quali egli consacrò l'esistenza, sono eterni. PEC 42 2 La vita faticosa e densa di preoccupazioni vissuta da Mosè fu illuminata dalla presenza di colui che "si distingue fra diecimila" e la cui "persona è un incanto". Cfr. Cantico dei Cantici 5:10; Cantico dei Cantici 5:16. La sua vita fu benefica e benedetta sulla terra, e onorata in cielo. PEC 42 3 Anche Paolo, nelle sue molteplici attività, fu sorretto dalla forza consolatrice della presenza di Cristo. "Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica" (Filippesi 4:13), egli disse. Era una gioia futura quella alla quale Paolo guardava come ricompensa alle sue fatiche, la stessa che spinse Cristo ad affrontare la croce e a disprezzare l'infamia: la gioia di vedere il risultato dell'opera svolta. Ai credenti di Tessalonica l'apostolo scriveva: "Qual è infatti la nostra speranza, o la nostra gioia, o la corona di cui siamo fieri? Non siete forse voi, davanti al nostro Signore Gesù quand'egli verrà? Sì, certo, voi siete il nostro vanto e la nostra gioia". 1 Tessalonicesi 2:19, 20. PEC 42 4 Chi può valutare gli effetti che ebbe per il mondo l'opera di Paolo? Quanto è dovuto alla predicazione di Paolo e dei suoi collaboratori, nei loro viaggi spesso inosservati dall'Asia alle coste d'Europa? Quanti benefici influssi che alleviano le sofferenze, che confortano nel dolore, che frenano il male, che nobilitano la vita sottraendola all'egoismo e alla sensualità ma la glorificano con la speranza dell'immortalità, derivano dal Vangelo del Figlio di Dio? Quale gioia nella vita è maggiore di quella che scaturisce dalla consapevolezza di essere stati strumenti di Dio? Quale gioia, nell'eternità, sarà maggiore di quella di colui che vede il risultato di una simile opera? ------------------------Capitolo 8: Gesù, l'inviato di Dio PEC 44 1 "Sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace". Isaia 9:5. PEC 44 2 Nel Maestro mandato da Dio, il cielo offrì agli uomini quanto avesse di meglio e di più grande. Colui che era stato nel consiglio dell'Altissimo e che aveva dimorato nel luogo santissimo del santuario del Signore, fu scelto per rivelare all'umanità, nella sua persona, la conoscenza di Dio. PEC 44 3 Ogni raggio di luce divina sceso su questo mondo caduto era stato comunicato tramite Gesù. Era stato lui a parlare per mezzo di chi, nel corso dei secoli, aveva annunciato all'umanità la Parola di Dio. Tutte le virtù di cui avevano dato prova le menti nobili e grandi, erano il riflesso della sua grandezza. In lui soltanto si realizzò l'ideale della perfezione. PEC 44 4 Cristo venne nel mondo per rivelare questo ideale come l'unico degno di essere perseguito, e per dimostrare quello che ogni essere umano che lo accetta può diventare, quando la divinità abita nell'umanità. Egli venne per indicare in quale maniera i figli di Dio devono essere formati e come già da ora, essi possono vivere i princìpi e la vita del cielo. PEC 44 5 Il dono supremo di Dio fu accordato per soddisfare le più grandi necessità dell'uomo. La luce apparve proprio quando le tenebre del mondo erano più fitte poiché a causa di falsi insegnamenti la mente degli uomini era stata a lungo distolta da Dio. Nei sistemi di educazione allora più diffusi, la filosofia umana aveva preso il posto della rivelazione divina. Invece dell'ideale di verità indicato dal cielo, le persone avevano accettato un ideale da loro stesse concepito. Essendosi allontanate dalla luce della vita, esse procedevano al pallido chiarore delle scintille di un fuoco da loro stessi acceso. PEC 44 6 Poiché solo la dipendenza da Dio poteva garantire la forza, allontanandosi da Dio, quest'ultima venne meno e gli esseri umani divennero incapaci di raggiungere perfino l'ideale da loro stabilito. La semplice apparenza compensò la mancanza di vera grandezza, e l'esteriorità occupò il posto della sostanza. PEC 44 7 Di quando in quando sorsero dei maestri per indicare al genere umano la fonte della verità ed enunciare sani princìpi la cui potenza si manifestò nella vita di molti. Questi sforzi, tuttavia, non dettero nessun durevole effetto e la corrente del male, che sembrava essersi fermata per un momento, riprese la sua corsa precipitosa. PEC 45 1 Quando Gesù venne sulla terra, l'umanità sembrava essere scesa al suo livello più basso; le fondamenta della società erano indebolite. I giudei, privi del potere della Parola di Dio, offrivano al mondo tradizioni e speculazioni. L'adorazione di Dio in spirito e verità era stata sostituita dalla glorificazione degli uomini in un ciclo interminabile di cerimonie e riti umani. In tutto il mondo ogni sistema religioso stava perdendo la sua presa sulla mente e sullo spirito. PEC 45 2 Rifiutando il divino, le persone finirono per non rispettare neppure ciò che era umano. La verità, l'onore, l'onestà, la fiducia, la compassione, erano scomparsi dalla terra; l'avidità spietata e l'ambizione divorante dettero origine a una mancanza di fiducia universale. L'idea del dovere, dell'impegno del forte in favore del debole, della dignità umana e dei diritti dell'uomo, fu messa da parte come se fosse stata un sogno o una favola. Ricchezza e potere, agiatezza e dissolutezza, furono ritenuti beni supremi. La degenerazione fisica, il torpore mentale e la morte spirituale caratterizzarono quel periodo. PEC 45 3 Poiché le passioni e i propositi malvagi degli uomini bandivano Dio dai loro pensieri, la dimenticanza di lui li spinse ancora più fortemente verso il male. Inclini all'autocompiacimento, gli uomini giunsero a considerare Dio come uno di loro: un essere i cui propositi erano vanagloriosi e le cui esigenze erano soddisfatte da ciò che gli procurava piacere; un essere che innalzava o abbassava gli uomini secondo che questi favorissero oppure ostacolassero i suoi progetti egoistici. Le classi inferiori consideravano questa entità divina poco dissimile dai loro oppressori, tranne per la superiorità in termini di potere. PEC 45 4 Praticamente tutte le religioni accettarono l'idea di un sistema di ricompense basato su osservanze. I fedeli cercavano con doni e cerimonie di propiziarsi la divinità e assicurarsi il suo favore per ottenere privilegi personali. Il male allora, non più tenuto a freno, crebbe, e diminuirono nello stesso tempo il desiderio e l'amore per il bene. Gli uomini persero l'immagine di Dio e ricevettero il marchio della potenza demoniaca e così tutto il mondo fu sottoposto alla corruzione. Solo una speranza per il genere umano PEC 45 5 Al genere umano rimaneva solo una speranza: che in questa massa di elementi corrotti e discordi fosse immesso un lievito nuovo; che fosse offerta all'umanità la potenza di una vita nuova; che la conoscenza di Dio potesse essere ristabilita nel mondo. PEC 45 6 Cristo Gesù venne per ripristinare questa conoscenza, per eliminare il falso insegnamento in base al quale quelli che dicevano di conoscere Dio lo avevano invece falsamente presentato. Egli venne per rendere chiara la natura della sua legge e per rivelare nel proprio carattere la bellezza della santità. PEC 46 1 Gesù venne nel mondo con tutto l'amore dell'eternità. Mostrò che la legge di Dio è una legge d'amore, un'espressione della sua bontà. Egli dimostrò che nell'ubbidienza ai suoi princìpi sta la felicità del genere umano, e con essa la stabilità, fondamento e struttura della società umana. PEC 46 2 La legge di Dio è data come protezione e difesa: chiunque ne accetta i princìpi è preservato dal male. La fedeltà verso Dio implica fedeltà verso l'essere umano, e così la legge salvaguarda i diritti e l'individualità di ogni essere umano. Essa assicura il benessere dell'uomo sia in questo mondo sia in quello futuro ed è, per chi la rispetta, un pegno di vita eterna in quanto essa esprime quei princìpi che durano in eterno. Il Messia venne per illustrarne il valore, rivelandone la potenza per la rigenerazione dell'umanità. PEC 46 3 I contemporanei di Gesù stabilivano il valore delle cose sulla base del loro aspetto esteriore. La religione, avendo perso la potenza, aveva aumentato lo sfarzo, e gli educatori dell'epoca cercavano di infondere il rispetto con lo sfoggio e con l'ostentazione. La vita di Gesù, invece, presentò un netto contrasto rispetto a tutto ciò: dimostrò l'inutilità di tutte quelle cose che gli uomini ritenevano essenziali nella vita. Nato in un ambiente umilissimo, il Salvatore fece parte di una famiglia di contadini: ne condivise l'attività artigiana e la vita modesta. La sua formazione fu acquisita direttamente dalle fonti stabilite dal cielo: il lavoro utile, lo studio delle Scritture e della natura, le esperienze della vita. PEC 46 4 "E il bambino cresceva e si fortificava; era pieno di sapienza e la grazia di Dio era su di lui". Luca 2:40. PEC 46 5 Così preparanto, egli affrontò la sua missione esercitando sempre nel contatto con gli uomini, le donne e i bambini, un influsso benefico e una potenza trasformatrice tali che il mondo non aveva mai conosciuto. PEC 46 6 Chi cerca di trasformare l'umanità deve in primo luogo comprenderla. Solo attraverso la simpatia, la fede e l'amore, gli uomini possono essere raggiunti e resi migliori. In questo, Cristo si presenta a noi come il Maestro per eccellenza, l'unico che abbia saputo comprendere perfettamente l'animo umano. PEC 46 7 "Infatti, poiché egli stesso ha sofferto la tentazione, può venire in aiuto di quelli che sono tentati". Ebrei 2:18. PEC 46 8 Solo Gesù ha sperimentato in pieno i dolori e le tentazioni cui sono esposti gli esseri umani. Mai un altro fu insidiato da tentazioni così grandi; mai nessuno portò un peso altrettanto gravoso come quello del peccato e del dolore del mondo. Mai nessun altro manifestò una simpatia così grande e affettuosa. Partecipe di tutte le esperienze dell'umanità, Gesù poteva non solo comprendere, ma anche soffrire con ogni spirito oppresso, tentato e in preda alla lotta. PEC 47 1 Ciò che insegnò, egli lo visse: "Infatti vi ho dato un esempio" disse ai discepoli "affinché anche voi facciate come vi ho fatto io". Giovanni 13:15. "...io ho osservato i comandamenti del Padre mio". Giovanni 15:10. Le parole di Cristo furono perfettamente convalidate e illustrate dalla sua stessa vita. Ancor più di questo: egli era ciò che insegnava, e le sue parole erano l'espressione non solo della sua esperienza di vita, ma anche del suo carattere. PEC 47 2 Gesù fu fedele anche nel riprendere. Mai nessuno come lui odiò il male; mai nessuno denunciò il peccato con tanto coraggio. La sua sola presenza costituiva un rimprovero per tutte le cose false e vili. Alla luce della sua purezza, la gente vedeva la propria impurità e riconosceva la meschinità della propria condotta. Eppure, egli attirava tutti a sé. Colui che aveva creato l'umanità, ne comprendeva il valore. In ogni essere umano, per quanto sceso in basso, il Salvatore riconosceva un figlio di Dio, una creatura che poteva essere riammessa al privilegio della relazione con l'Altissimo. PEC 47 3 In ogni essere umano egli scorgeva infinite possibilità: vedeva gli uomini quali potevano diventare, trasfigurati dalla sua grazia. Guardandoli con speranza, infondeva in loro speranza; andando loro incontro con fiducia, ispirava loro fiducia. In sua presenza le anime disprezzate e cadute sentivano di contare ancora qualcosa e desideravano intensamente dimostrarsi degne del suo sguardo. In molti cuori, che sembravano morti a tutto ciò che è santo, furono risvegliati nuovi impulsi. A molte persone disperate egli fece vedere la possibilità di una nuova vita. Una vita d'amore PEC 47 4 Gesù attirò gli uomini al suo cuore con i vincoli dell'amore e della dedizione; con quegli stessi legami li unì al loro prossimo. Per lui l'amore era vita e la vita era servizio. Egli disse: "...gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date". Matteo 10:8. PEC 47 5 Il Redentore non si sacrificò per l'umanità soltanto sulla croce; nella sua esperienza di ogni giorno egli faceva dono della sua vita, andando "dappertutto facendo del bene". Cfr. Atti 10:38. In un modo soltanto poteva sostenere un simile impegno quotidiano: Gesù viveva in stretta dipendenza da Dio e in comunione con lui. Nella sua vita la fede fu costante, sostenuta da una relazione continua con il Padre, e il suo servizio per il cielo e per la terra fu senza pause e debolezze. PEC 47 6 Egli, in quanto uomo, supplicava Dio affinché la sua umanità fosse permeata dal flusso di energia vitale da unirlo alla divinità. Gesù riceveva la vita da Dio e la comunicava agli uomini. PEC 47 7 Anziché indirizzare gli uomini allo studio delle teorie umane intorno a Dio, alla sua Parola e alle sue opere, insegnò a contemplare il Signore come egli si rivela nelle sue opere, nella sua Parola e nella sua provvidenza. Mise la loro mente in contatto con la mente dell'Infinito. PEC 48 1 "Nessuno parlò mai come quest'uomo!" Giovanni 7:46. Sicuramente, se Cristo avesse insegnato solo nel campo fisico e intellettuale o in quello della teoria speculativa, egli avrebbe potuto risolvere i misteri che, per la loro risoluzione, hanno richiesto secoli di applicazione e di studio. Egli avrebbe potuto dare suggerimenti nel campo della scienza che, avrebbero fornito, sino alla fine dei tempi, materia di riflessione e stimolo per la ricerca. Però, non lo fece. Non si soffermò su teorie astratte, ma si occupò di ciò che è essenziale per lo sviluppo del carattere, di ciò che accresce nell'uomo la capacità di conoscere Dio e aumenta in lui la forza di fare il bene. Egli parlò di quelle verità che sono in relazione con il comportamento e che uniscono l'uomo a Dio. PEC 48 2 L'insegnamento di Cristo, come la sua simpatia, abbracciava il mondo. Non può esserci circostanza nella vita, o crisi nell'esperienza dell'uomo, che non sia stata prevista dai suoi insegnamenti e per la quale i suoi princìpi non costituiscano una lezione. Le parole di Gesù Principe dei maestri, saranno sino alla fine dei tempi una guida per i suoi collaboratori. PEC 48 3 Per lui il presente e l'avvenire, il vicino e il lontano erano una sola cosa: Gesù aveva in vista le necessità dell'intero mondo. Con gli occhi dello spirito intravedeva già ogni sforzo degli uomini e le loro conquiste, come pure le lotte, le tentazioni, le perplessità e i pericoli. PEC 48 4 Egli parlò all'umanità intera: al bambino, nella gioia dei suoi primi anni; al giovane, dal cuore dinamico e irrequieto; all'adulto, nel vigore degli anni, sotto il peso delle preoccupazioni e delle responsabilità; all'anziano, nella sua debolezza e stanchezza: si rivolse all'uomo di ogni luogo e di ogni epoca. PEC 48 5 Egli poneva le cose di questa vita come subordinate a quelle di interesse eterno, senza per questo sottovalutarne l'importanza. Insegnò che il cielo e la terra sono uniti, e che una conoscenza della verità divina prepara l'uomo a meglio compiere i doveri della vita quotidiana. Per lui nulla era privo di scopo. I giochi del bambino, il lavoro dell'uomo, i piaceri, le sollecitudini e le sofferenze della vita erano altrettanti mezzi con un unico fine: la rivelazione di Dio per la redenzione dell'umanità. PEC 48 6 Dalle sue labbra la Parola di Dio giungeva ai cuori degli uomini con un vigore nuovo e con un nuovo significato. In tutti i fatti e in tutte le esperienze della vita c'erano una lezione divina e la possibilità della compagnia del cielo. Dio abitava di nuovo sulla terra, i cuori degli uomini divenivano consapevoli della sua presenza e il mondo era colmato d'amore. PEC 49 1 Nel Maestro mandato da Dio ogni vera opera educativa trova il suo centro. Di questa opera, oggi, così come di quella che egli stesso stabilì circa venti secoli fa, il Salvatore parla con le seguenti parole: "Io sono l'alfa e l'omega, il principio e la fine". Apocalisse 21:6. PEC 49 2 Avendo un così grande Maestro e l'opportunità di godere dei suoi divini consigli, che assurdità sarebbe cercare un'educazione lontano da lui! Egli ci invita ancora: "Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno". Giovanni 7:37, 38. ------------------------Capitolo 9: I metodi di Gesù PEC 50 1 La più convincente illustrazione dei metodi di Gesù come insegnante si trova nella preparazione dei dodici apostoli. Su di loro avrebbero dovuto gravare pesanti responsabilità ed egli li aveva appunto scelti perché erano uomini disposti a lasciarsi riempire del suo Spirito e a essere preparati per portare avanti la sua opera sulla terra, una volta che egli se ne fosse andato. A loro, più che a tutti gli altri, egli diede il vantaggio della sua presenza. Tramite il contatto personale, Gesù impresse la propria immagine su questi collaboratori da lui scelti. Giovanni, il discepolo amato, dice: "La vita è stata manifestata e noi l'abbiamo vista...". Giovanni 1:2. PEC 50 2 Solo per mezzo della comunione dell'elemento umano con quello divino, mente con mente e cuore con cuore, poteva essere trasmessa quell'energia vivificatrice che l'educazione autentica può impartire. PEC 50 3 Nella formazione dei discepoli, il Salvatore si attenne al metodo educativo stabilito alle origini. I primi dodici scelti da lui, con pochi altri che, per aiutarli, di quando in quando venivano in contatto, formavano la famiglia di Gesù. Lo accompagnavano nei suoi viaggi, ne condividevano prove e privazioni e, per quanto potevano, partecipavano all'opera da lui svolta. PEC 50 4 Talvolta, egli insegnava mentre sedevano tutti insieme sui fianchi di un monte, altre volte sulla riva del mare, da una barca di pescatori o mentre camminavano per via. Sempre, quando Gesù parlava alla moltitudine, i discepoli si disponevano in circolo più vicino e gli si stringevano intorno per non perdere nulla delle sue istruzioni. Essi erano uditori attenti, con il desiderio ardente di comprendere quelle verità che poi avrebbero dovuto insegnare in ogni luogo e in tutti i tempi. PEC 50 5 I primi allievi di Gesù furono scelti tra la gente comune. I pescatori della Galilea erano umili, illetterati, poco familiari con la dottrina e con le usanze dei rabbini; si erano, però, formati alla scuola della dura disciplina del lavoro e delle difficoltà. Erano uomini dotati di un'abilità naturale e di uno spirito ricettivo per cui potevano essere istruiti e modellati per l'opera del Salvatore. Vi sono nel mondo molti operai che svolgono pazientemnte i loro compiti quotidiani, inconsapevoli delle energie nascoste che, se stimolate, potrebbero fare di loro dei grandi condottieri nel mondo. Questi erano gli uomini che il Signore chiamò per essere suoi collaboratori. Essi ebbero anche il vantaggio di tre anni di formazione presso il più grande Educatore che il mondo abbia mai conosciuto. PEC 51 1 In questi primi discepoli c'era un'accentuata diversità. Chiamati a essere maestri nel mondo, rappresentavano tanti differenti tipi di carattere. Matteo Levi, esattore delle tasse, chiamato da una vita di affari e di collaborazione con il nemico: Roma; Simone lo zelota, il nemico intransigente dell'autorità imperiale; Pietro, impulsivo e pieno di sé ma dal cuore ardente, con Andrea suo fratello; Giuda l'Iscariota (o uomo di Cariot, città della Giudea, ndt), uomo raffinato, capace, ma dallo spirito meschino; Filippo e Tommaso, sinceri e fedeli, sebbene un poco lenti a credere; Giacomo d'Alfeo e Giuda, meno in vista tra i fratelli, ma uomini forti, concreti sia nei difetti sia nelle virtù; Natanaele, un uomo sincero e fiducioso, qualità infantili ma autentiche e infine gli ambiziosi ma affettuosi ed espansivi figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. PEC 51 2 Per svolgere in modo efficace l'opera alla quale erano stati chiamati, questi discepoli, così differenti quanto a caratteristiche naturali, a preparazione e ad abitudini, avrebbero dovuto raggiungere l'unità di sentimenti, di pensiero e di azione. Per raggiungere questa unità, Cristo cercò di unirli a sé. Nella sua preghiera al Padre, Gesù espresse il fardello del suo impegno per loro: "...che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi... affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me". Giovanni 17:21, 23. La potenza trasformatrice di Cristo PEC 51 3 Dei dodici discepoli, quattro avrebbero avuto una parte di primo piano, e ognuno in modo diverso. Il Cristo, prevedendo ogni cosa, ebbe cura di prepararli proprio in vista di questo. Giacomo, destinato a una prematura morte per spada; Giovanni, che doveva più di tutti e per più tempo seguire il Maestro sia nell'opera sia nelle persecuzioni; Pietro, pioniere nell'abbattere le barriere secolari e nell'insegnare in un mondo pagano; Giuda, capace di superare i fratelli nel servizio, ma nel cui cuore si annidavano, però, delle intenzioni le cui implicazioni egli non immaginava nemmeno: questi uomini furono oggetto della più grande sollecitudine del Maestro che impartì loro le sue più frequenti e accurate istruzioni. PEC 51 4 Pietro, Giacomo e Giovanni profittarono di ogni opportunità per ricercare una maggiore intimità con il Maestro, e il loro desiderio fu soddisfatto. Di tutti i dodici furono proprio loro a godere della relazione più profonda con lui. Giovanni poteva sentirsi appagato solo da una più stretta amicizia, e fu accontentato. A quel primo incontro sulle rive del Giordano, quando Andrea, avendo udito Gesù, si affrettò ad andare a chiamare suo fratello, Giovanni sedette muto, rapito nella contemplazione di temi meravigliosi. Egli seguì il Salvatore e fu sempre un uditore attento e appassionato. PEC 52 1 Giovanni, però, non aveva un carattere irreprensibile tanto che lui e suo fratello furono chiamati "figli del tuono". Cfr. Marco 3:17. Giovanni era orgoglioso, ambizioso e combattivo, tuttavia, Gesù scorse in lui un cuore sincero e pieno di amore. Il Maestro rimproverò l'egoismo di Giovanni, ne disattese le ambizioni e ne mise alla prova la fede. A lui, però, rivelò quello che l'animo del discepolo tanto desiderava: la bellezza della santità, il suo amore che trasforma. Nella preghiera al Padre, Gesù disse: "Io ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dati dal mondo". Giovanni 17:6. PEC 52 2 Giovanni, per temperamento, aveva un grande bisogno d'amore, di simpatia e di compagnia. Egli si stringeva a Gesù, gli sedeva al fianco, si appoggiava sul suo petto. Come il fiore si nutre del sole e della rugiada, così egli beveva la luce e la vita divine. Contemplava il Salvatore con amore e con adorazione, finché la somiglianza con Cristo e la comunione con lui divennero il suo unico desiderio, tanto che nel suo carattere fu riflesso il carattere del Maestro. "Vedete", egli diceva, "quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio! E tali siamo. Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui". Giovanni 3:1. Da debole a forte PEC 52 3 La storia di nessun discepolo illustra, meglio di quella di Pietro, il metodo di formazione seguito da Cristo. Coraggioso, aggressivo, sicuro di sé, intuitivo e uomo d'azione, Pietro sbagliò spesso e spesso fu ripreso; tuttavia, la sua affettuosa lealtà e la sua devozione a Gesù furono riconoisciute ed elogiate. Il Salvatore trattò questo discepolo impetuoso con pazienza e amore, cercando di frenarne la sicurezza e di insegnargli l'umiltà, l'ubbidienza e la fiducia. Ma solo in parte la lezione fu assimilata: l'autosufficienza non fu del tutto sradicata. PEC 52 4 Diverse volte Gesù cercò di anticipare ai discepoli le scene del suo processo e del suo martirio; ma la conoscenza di questi eventi futuri non era ben accetta, ed essi non compresero. L'autocommiserazione, che li allontanò dalla comunione con il Maestro durante le sue sofferenze, strappò a Pietro la protesta: "Dio non voglia! Questo non ti avverrà mai!" Matteo 16:22. Le sue parole esprimevano il pensiero e i sentimenti dei dodici. PEC 52 5 Intanto la crisi si avvicinava e i discepoli, presuntuosi, continuavano a litigare sperando in alte posizioni, senza per nulla pensare alla croce. PEC 52 6 L'esperienza del tradimento di Pietro fu una lezione per tutti. Per colui che confida in se stesso, le prove sono solo sconfitte. Il Cristo non poté impedire le conseguenze di un male non del tutto abbandonato; però, come aveva steso la mano per salvare Pietro mentre le onde stavano per inghiottirlo, così nel suo grande amore corse in suo aiuto quando le acque profonde erano sul punto di sommergerne la spiritualità. Varie volte, sull'orlo della rovina, le orgogliose parole di Pietro minacciarono di trascinarlo nel baratro; altrettante volte fu ripetuto l'avvertimento: "Tu negherai di conoscermi!" Cfr. Luca 22:34. L'apostolo, con il cuore rattristato e pieno di amore, aveva dichiarato: "Signore, sono pronto ad andare con te in prigione e alla morte!" Luca 22:33. E colui che legge nei cuori rivolse a Pietro quel messaggio, allora tenuto in poco conto, ma che più tardi, nel rapido infittirsi delle tenebre, doveva sprigionare un raggio di speranza: "Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convcrtito, fortifica i tuoi fratelli". Luca 22:31, 32. PEC 53 1 Quando, nel cortile del sommo sacerdote, le parole del rinnegamento furono pronunciate; quando l'amore e la fedeltà del discepolo, risvegliati dallo sguardo di pietà, d'amore e di tristezza rivoltogli dal Salvatore, ricondussero Pietro in quel giardino dove Gesù aveva pregato e pianto; quando le lacrime causate dal suo rimorso caddero sul suolo, furono di sollievo al suo spirito le parole del Maestro. Il Cristo, avendo previsto la sua caduta, non lo aveva abbandonato alla disperazione. PEC 53 2 Se lo sguardo che Gesù rivolse a Pietro fosse stato di condanna invece che di tenerezza, se nel predire il tradimento egli avesse trascurato di parlare di speranza, come sarebbero diventate fitte le tenebre che lo avvolgevano! Come sarebbe stata grande la disperazione di quello spirito tormentato! In quell'ora di angoscia e di disprezzo di se stesso, che cosa avrebbe potuto trattenere l'apostolo dal seguire il sentiero calcato da Giuda? PEC 53 3 Colui che non poteva risparmiare l'angoscia al suo discepolo, non lo lasciò solo nell'amarezza. Questo è l'amore che non viene meno e che non abbandona. PEC 53 4 Gli esseri umani, inclini al male, non possono leggere nel cuore, non ne conoscono le lotte e i dolori, perciò hanno bisogno di imparare a rimproverare con amore, a percuotere non per ferire ma per guarire, a esortare per infondere speranza. PEC 53 5 Non fu Giovanni, che pure vegliò con Gesù nella corte del tribunale, che si tenne vicino alla croce e che per primo corse al sepolcro, ma Pietro a essere nominato dal Redentore dopo la risurrezione: "Andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro", disse l'angelo, "che egli vi precede in Galilea; là lo vedrete". Marco 16:7. PEC 53 6 Nell'ultimo incontro del Maestro con gli apostoli sulla riva del mare, Pietro, messo alla prova per tre volte dalla domanda "Mi ami tu?", fu reintegrato nella sua posizione fra i dodici e ricevette un preciso incarico: pascere il gregge del Signore. Poi, come ultimo invito personale, Gesù gli disse: "Seguimi!" Cfr. Giovanni 21:17, 22. Ora Pietro poteva apprezzare le parole del Signore. Avendo conosciuto più a fondo la propria debolezza e la potenza del Maestor, egli era pronto a confidare e a ubbidire: poteva seguirlo contando sulla forza di Gesu. PEC 54 1 Alla fine del suo ministero l'apostolo, un tempo così poco disposto a considerare la croce, stimò grande gioia deporre la propria vita per il Vangelo, ma ritenne un onore troppo grande per lui morire come Gesù. PEC 54 2 La trasformazione di Pietro fu un miracolo della tenerezza divina: essa rappresenta una lezione di vita per tutti coloro che cercano di calcare le orme del Maestro dei maestri. Una lezione di amore PEC 54 3 Gesù rimproverò suoi discepoli, li esortò e li mise in guardia; ma Giovanni, Pietro e i loro fratelli non lo abbandonarono. Nonostante i rimproveri, essi scelsero di stare con lui che mai li abbandonò a causa dei loro errori. Il Salvatore accetta gli uomini come sono, con le loro colpe e debolezze, e li prepara per il suo servizio, se sono disposti a lasciarsi guidare e istruire da lui. PEC 54 4 C'era fra i dodici, però, un discepolo al quale Cristo, sino quasi alla fine del suo ministero, non rivolse alcuna parola di diretto rimprovero. PEC 54 5 Giuda introdusse fra i discepoli un elemento di antagonismo. Nell'unirsi al Maestro, Giuda aveva ceduto al fascino esercitato dal suo carattere e dalla sua vita. Egli aveva sinceramente desiderato cambiare se stesso e sperato di sperimentare questo attraverso la comunione con Gesù. Questo desiderio però, non divenne predominante: ciò che prevalse in Giuda fu la speranza di conseguire un vantaggio personale nel regno terreno che egli sperava sarebbe stato stabilito dal Messia. Pur riconoscendo la divina potenza dell'amore di Gesù, il discepolo non vi si sottomise e continuò a coltivare il proprio punto di vista, le proprie opinioni, la propria tendenza alla critica e alla condanna. I moventi e le azioni di Cristo, spesso così lontani dal suo modo di intendere le cose, suscitarono in lui dubbio e disapprovazione e a poco a poco le sue perplessità e le sue ambizioni furono comunicate agli altri discepoli. Molte discussioni per la supremazia e molta insoddisfazione per i metodi di Gesù furono provocate proprio da Giuda. PEC 54 6 Il Salvatore, sapendo che contestare apertamente avrebbe contribuito solo a indurire il cuore dei discepoli, si astenne dal conflitto diretto, ma cercò di guarire il gretto egoismo di Giuda mettendolo in contatto con il proprio altruistico amore. Nei suoi insegnamenti espose i princìpi che colpivano alla radice le egoistiche ambizioni del discepolo. Diverse lezioni furono date, e più di una volta Giuda si rese conto che in quelle era stato delineato il suo carattere e che il suo peccato era stato messo in luce, ma non cedette. PEC 55 1 Questa resistenza alla misericordia permise all'impulso del male di avere il sopravvento. Giuda, inasprito dal tacito rimprovero, esasperato dalla delusione dei suoi sogni ambiziosi, abbandonò il proprio spirito al demone dell'avidità e decise di tradire il Maestro. Dalla camera della cena pasquale, dalla gioia che veniva dalla presenza di Cristo, egli uscì a compiere la sua opera malefica. PEC 55 2 "Gesù sapeva infatti fin dal principio chi erano quelli che non credevano, e chi era colui che lo avrebbe tradito" (Vangelo secondo Giovanni 6:64). Tuttavia, pur conoscendo ogni cosa, non aveva privato Giuda di nessuna azione misericordiosa, di nessun dono del suo amore. PEC 55 3 Vedendo il pericolo che Giuda correva, lo aveva attirato a sé, nell'intimità del gruppo degli apostoli scelti e fidati. Giorno dopo giorno, mentre il peso sul cuore si faceva grandissimo, Gesù aveva sopportato il dolore del continuo contatto con quello spirito ostinato e sospettoso; e pur avendo notato quel costante, segreto e sottile antagonismo, si era impegnato per neutralizzarlo. Tutto questo fu compiuto perché a quella persona in pericolo non mancasse alcun influsso salutare. PEC 55 4 Quanto a Giuda, l'opera d'amore svolta da Cristo verso di lui risultò vana. Per gli altri discepoli quello fu un esempio di tenerezza e di sopportazione che ispirò per sempre il loro atteggiamento verso i peccatori. Ma c'era dell'altro. Alla consacrazione dei dodici, questi avevano desiderato molto che anche Giuda facesse parte del loro gruppo. Egli era stato in contatto con il mondo più di loro, era dotato di acutezza e di grande capacità amministrativa; avendo un'alta stima delle proprie qualità, aveva indotto i discepoli a essere considerato alla stessa maniera. I metodi che egli desiderava introdurre nell'opera di Gesù, però, miravano ad assicurarsi il riconoscimento e l'onore del mondo. La progettazione di queste intenzioni nella vita di Giuda fece comprendere ai discepoli l'antagonismo esistente fra il desiderio di autoesaltazione e i princìpi di umiltà e di rinuncia manifestati da Cristo. Nella sorte di Giuda i discepoli videro qual è la fine di chi pensa solo a sé. PEC 55 5 Per questi discepoli la missione di Gesù raggiunse il suo scopo. A poco a poco l'esempio e le lezioni di abnegazione trasformarono il loro carattere. La sua morte distrusse la loro speranza di terrena grandezza. La caduta di Pietro, l'apostasia di Giuda, la loro stessa defezione nell'abbandonare il Salvatore nell'ora dell'angoscia e del pericolo, spazzarono via i loro sentimenti di autosufficienza. Riconobbero la propria debolezza; intravidero qualcosa della grandezza dell'opera cui erano stati chiamati, e sentirono l'urgenza di essere sostenuti dalla guida del Maestro. PEC 56 1 Molte delle sue lezioni non le avevano apprezzate o comprese sul momento; ma ora essi provavano il vivo desiderio di ricordarle, e di ascoltare ancora le sue parole. E con quanta gioia rievocarono la sua dichiarazione: "Il Consolatore... che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto". Giovanni 14:26. PEC 56 2 I discepoli avevano visto Cristo ascendere al cielo dal monte degli Ulivi. Mentre i cieli lo accoglievano, era stata rinnovata la promessa: "Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell'età presente". Matteo 28:20. Essi sapevano che egli avrebbe continuato a simpatizzare con loro, e che potevano contare su un rappresentante, un avvocato presso il trono di Dio. Nel nome di Gesù essi presentavano le loro richieste, ripetendo la sua promessa: "In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà". Giovanni 16:23. PEC 56 3 Fedele alla sua promessa, il Figlio di Dio, esaltato nelle corti celesti, impartì la sua pienezza ai suoi seguaci sulla terra. La sua intronizzazione alla destra di Dio fu resa evidente dall'effusione dello Spirito sui discepoli i quali erano stati indotti dall'opera di Cristo a sentire il bisogno dello Spirito e così, sotto la sua direzione, ricevettero la preparazione finale per svolgere il loro compito. PEC 56 4 Non erano più né ignoranti né privi di cultura. Non erano più un insieme di unità indipendenti o di elementi discordi e in reciproco contrasto. Le loro speranze non erano più rivolte alla grandezza terrena. Erano "concordi", avevano una stessa mente e uno stesso spirito: Gesù riempiva i loro pensieri. Unica loro mèta era il progresso del suo regno. Nella mente e nel carattere erano diventati simili al Maestro, e la gente si rendeva conto che "erano stati con Gesù". Cfr. Atti 4:13. PEC 56 5 Si ebbe dunque una tale rivelazione della gloria di Cristo quale mai era stata testimoniata prima da esseri mortali. Con la collaborazione dello Spirito divino l'impegno di quegli uomini umili, scelti dal Maestro, scosse il mondo e, nel volgere di una sola generazione, il Vangelo fu recato a ogni nazione. PEC 56 6 Oggi, la presenza dello stesso Spirito che formò i discepoli di allora, produrrà gli stessi risultati nell'opera educativa. Questo è lo scopo cui tende la formazione; questa è l'opera che Dio desidera che sia compiuta. ------------------------Capitolo 10: Dio nel creato PEC 58 1 Su tutte le cose create si nota l'impronta di Dio: la natura testimonia del Signore. La mente sensibile, messa in contatto con il miracolo e con il mistero dell'universo, non può fare a meno di riconoscere l'opera di una potenza infinita. Infatti, non è per energia propria che la terra produce i suoi doni e che di anno in anno continua il suo moto attorno al sole: una mano invisibile guida i pianeti nella loro orbita celeste. PEC 58 2 La stessa potenza che sostiene la natura agisce nell'essere umano, e le stesse grandi leggi che dirigono la stella e l'atomo controllano anche la nostra vita. Le leggi che comandano i battiti del cuore, regolando l'afflusso del sangue nel corpo, sono quelle dell'Onnipotente che esercita il suo potere anche sull'anima. Da lui procede la vita la quale, soltanto in armonia con lui, può trovare la giusta sfera d'azione. Trasgredire la sua legge nel campo fisico, mentale o morale, significa porsi al di fuori dell'armonia universale, introducendo perciò discordia, anarchia e rovina. PEC 58 3 Per chi impara a interpretare i suoi insegnamenti in questo modo, tutta la natura si accende di una luce nuova: il mondo diventa un libro di studio e la vita una scuola. La comprensione della stretta unione dell'essere umano con la natura e con Dio, di come la legge regola universalmente ogni cosa, dei risultati della trasgressione, non può mancare di agire allora sulla mente modellando il carattere. PEC 58 4 Sono queste le lezioni che i nostri figli devono apprendere. Ai bambini la natura offre una sorgente inesauribile d'istruzione e di gioia. E per quelli più avanti con gli anni, che hanno bisogno della silenziosa rievocazione delle verità spirituali ed eterne, l'insegnamento della natura sarà ugualmente fonte di piacere e d'insegnamento. L'invisibile è reso chiaro dal visibile. Su tutte le cose si possono scorgere l'immagine e la firma di Dio. PEC 58 5 Per quanto è possibile, i bambini dovrebbero essere posti, fin dai primi anni, lì dove questo meraviglioso libro di testo si apre dinanzi a loro. Fate in modo che essi contemplino le gloriose scene dipinte dal sommo Artista sulla tela cangiante dei cieli, che familiarizzino con le meraviglie della terra e del mare, che osservino il misterioso alternarsi delle stagioni e imparino a conoscere il Creatore in tutte le sue opere. Alla luce della croce PEC 59 1 Non c'è altro modo per gettare basi solide e sicure per una vera educazione. Tuttavia i bambini, entrando in contatto con la natura, potranno riconoscere in essa l'azione di forze antagoniste. Ed è qui che la natura ha bisogno di un interprete. Tutti, vedendo come il male si manifesta anche nel mondo naturale, hanno la stessa dolorosa lezione da imparare: "Un nemico ha fatto questo". Matteo 13:28. PEC 59 2 Solo grazie alla luce che s'irradia dal Calvario, l'insegnamento della natura può essere giustamente compreso. Per mezzo della storia di Betlemme e della croce si insegni come il bene deve vincere il male e come ogni benedizione che giunge fino a noi è un dono della redenzione. PEC 59 3 Il rovo e la spina, il cardo e la zizzania illustrano vivamente il male che rovina e deturpa. Nel canto degli uccelli, nello schiudersi dei fiori, in diecimila altre cose della natura, dalla quercia della foresta alla violetta che sboccia ai suoi piedi, è visibile l'amore che rigenera. La natura ci parla ancora della bontà di Dio. PEC 59 4 "...io so i pensieri che medito per voi, dice il Signore, pensieri di pace e non di male". Geremia 29:11. È questo il messaggio che, alla luce della croce, si può leggere in tutta la natura. I cieli dichiarano la gloria di Dio e la terra è ricolma delle sue ricchezze. ------------------------Capitolo 11: Lezioni di vita PEC 60 1 Il grande Maestro metteva i suoi uditori in contatto con la natura perché potessero udire quella voce che parla attraverso tutte le cose create, e via via che i loro cuori si facevano sensibili e le loro menti ricettive, li aiutava a interpretare l'insegnamento spirituale delle scene che i loro occhi contemplavano. Le parabole, per mezzo delle quali insegnava lezioni di verità, rivelano come la sua mente fosse aperta all'influsso della natura, e come provasse piacere ad attingere insegnamenti spirituali dalle circostanze della vita di tutti i giorni. PEC 60 2 Gli uccelli dell'aria, i gigli dei campi, il seminatore e il seme, il pastore e la pecora: con queste immagini Cristo rendeva chiare verità eterne. Nelle sue illustrazioni si serviva anche degli eventi della vita, dell'esperienza quotidiana di coloro che lo ascoltavano: il lievito, il tesoro nascosto, la perla, la rete da pesca, la dramma perduta, il figlio prodigo, la casa sulla roccia e quella sulla sabbia. Nelle sue lezioni c'era qualcosa che interessava ogni mente e che faceva appello a ogni cuore. Il lavoro quotidiano, perciò, invece di essere qualcosa di meccanico, privo di profonde riflessioni, era illuminato e nobilitato dal costante richiamo a ciò che è spirituale e invisibile. PEC 60 3 È così che noi dovremmo insegnare. Che i bambini imparino a vedere nella natura un'espressione dell'amore e della saggezza di Dio. Che il pensiero di lui sia messo in relazione con gli uccelli, i fiori e gli alberi; che tutte le cose visibili diventino interpreti di quelle invisibili, e che tutti gli eventi della vita siano uno strumento di formazione divina. PEC 60 4 Mentre essi imparano a studiare le lezioni che si trovano in tutte le cose create e in tutte le esperienze della vita, mostrate che le stesse leggi che regolano queste cose, devono governare ognuno di noi; che sono state date per il nostro bene, e che solo ubbidendo a esse possiamo trovare la vera felicità e il successo. La legge del servizio PEC 60 5 Tutte le cose che sono nel cielo e sulla terra dichiarano che la grande legge della vita è una legge di servizio. Il Padre infinito provvede all'esistenza di ogni essere vivente. Il Cristo venne sulla terra per servire. Cfr. Luca 22:27. Gli angeli sono "spiriti al servizio di Dio, mandati a servire in favore di quelli che devono ereditare la salvezza". Ebrei 1:14. La stessa legge del servizio sta scritta su ogni cosa della natura. Gli uccelli dell'aria, gli animali dei campi, gli alberi della foresta, le foglie, l'erba, i fiori, il sole, le stelle: tutti assolvono a un compito di servizio. Laghi e oceani, fiumi e sorgenti: ognuno riceve per dare. PEC 61 1 Ogni cosa nella natura, nel servire alla vita del mondo, provvede anche a se stessa. "Date, e vi sarà dato" (Luca 6:38), è la lezione scritta sia nella natura sia nelle pagine della Sacra Scrittura. PEC 61 2 Quando i fianchi delle colline e le pianure aprono un canale perché il ruscello montano giunga fino al mare, sono ripagati al centuplo di quello che danno. Il corso d'acqua che scorre con fragore, lascia dietro di sé il suo dono di bellezza e di fertilità. Attraverso i campi, riarsi dal sole estivo, una linea di verde segna il corso del fiume. Ogni albero vigoroso, ogni bocciolo, ogni fiore testimonia della grazia che Dio assegna a tutti coloro che ne diventano i canali per il mondo. Seminare con fede PEC 61 3 Fra le innumerevoli lezioni tratte dalle varie fasi della crescita, alcune delle più preziose sono espresse nella parabola, raccontata dal Salvatore, del seminatore e dei diversi tipi di terreno; questa parabola contiene insegnamenti per grandi e piccoli. PEC 61 4 "Il regno di Dio è come un uomo che getti il seme nel terreno, e dorma e si alzi, la notte e il giorno; il seme intanto germoglia e cresce senza che egli sappia come. La terra da se stessa dà il suo frutto: prima l'erba, poi la spiga, poi nella spiga il grano ben formato". Marco 4:26-28. PEC 61 5 Il seme ha in sé un principio di germinazione impressovi da Dio ma, se lasciato a se stesso, non ha alcuna forza di sviluppo: l'uomo deve fare la sua parte per determinare la crescita del grano; tuttavia, c'è un limite oltre il quale egli non può fare più nulla. Deve dipendere da colui che ha unito fra loro semina e mietitura con i meravigliosi vincoli del suo potere onnipotente. PEC 61 6 Nel seme c'è vita, come c'è potenza nel suolo; però, se l'energia infinita non fosse attiva giorno e notte, il seme non produrrebbe nulla. Occorre che la pioggia venga a rinfrescare i campi assetati; che il sole dia il suo calore; che l'elettricità raggiunga il seme seppellito. Solo il Creatore può far fruttificare la vita che ha immesso nel seme. Ogni seme germoglia e ogni pianta cresce grazie al potere di Dio. PEC 61 7 L'opera di coloro che seminano è un'opera di fede. Essi possono non comprendere il mistero della germinazione e della crescita del seme, però hanno fiducia in quegli agenti attraverso i quali Dio assicura una rigogliosa vegetazione. Spargono il seme nell'attesa di raccoglierlo, moltiplicato in una messe abbondante. Così i genitori e i maestri devono lavorare aspettandosi un raccolto dal seme che gettano. Per un certo tempo il buon seme può rimanere inavvertito nel PEC 61 8 cuore, senza dare alcun segno di aver messo radice; ma in seguito, quando lo Spirito di Dio soffia nell'animo, il seme nascosto germoglia e quindi dà il suo frutto. Nell'opera della nostra vita, non sappiamo chi riuscirà meglio, e non sta a noi saperlo. Nel suo grande patto, Dio assicurò: "Finché la terra durerà, semina e raccolta... non cesseranno mai". Genesi 8:22. Confidando in questa promessa, gli agricoltori lavorano il suolo e seminano. Con uguale fiducia noi dobbiamo lavorare nella semina spirituale appoggiandoci sulla sua promessa: "...così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l'ho mandata". Isaia 55:11. PEC 62 1 La germinazione del seme rappresenta l'inizio della vita spirituale e la crescita della pianta raffigura lo sviluppo del carattere. Senza crescita non può esserci vita: la pianta cresce oppure muore e tutto ciò avviene in modo silenzioso e impercettibile, ma costante: così è per lo sviluppo del carattere. A ogni stadio dello sviluppo la nostra vita può essere perfetta; tuttavia, se si adempie in noi il piano di Dio, ci sarà continuo accrescimento. PEC 62 2 La pianta cresce quando riceve ciò che Dio ha determinato per il suo sostentamento; così la crescita spirituale si raggiunge quando c'è collaborazione con l'intervento divino. La pianta mette le radici nel suolo: noi dobbiamo radicarci in Cristo. La pianta riceve il raggio del sole, la rugiada, la pioggia; noi dobbiamo ricevere lo Spirito Santo. Se i nostri cuori sono uniti a Cristo, come Sole di giustizia egli si leverà su di noi "e la guarigione sarà nelle sue ali". Malachia 4:2. Fioriremo come il giglio, rispunteremo come il grano, fioriremo come la vite. Cfr. Osea 14:5, 7. Gesù nostro esempio PEC 62 3 Lo sviluppo graduale della pianta a partire dal seme è una lezione pratica di pedagogia. Ci sono "prima l'erba, poi la spiga, poi nella spiga il grano ben formato". Marco 4:28. Colui che narrò questa parabola, creò il seme minuto, gli diede le caratteristiche vitali e stabilì le leggi che ne regolano la crescita. Le verità insegnate nella parabola divennero una realtà nella sua vita. Egli, la Maestà del cielo, il Re di gloria, si fece neonato a Betlemme e poi, per un certo periodo, fu il bambino impotente affidato alle cure della madre. Nella sua infanzia Gesù parlò e agì come un bambino, onorando i genitori, esaudendo in modo utile le loro richieste. Ma fin dal primo apparire dell'intelligenza, egli crebbe in modo costante nella grazia e nella conoscenza della verità. PEC 62 4 I genitori e gli insegnanti dovrebbero cercare di coltivare le tendenze dei giovani in modo che in ogni fase della loro vita possano rappresentare la bellezza tipica di quel periodo, sviluppandosi in modo del tutto naturale, come avviene per le piante nel giardino. PEC 63 1 I bambini devono essere educati con infantile semplicità e imparare a essere contenti dei doveri piccoli e utili, come anche dei piaceri e delle esperienze particolari di quell'età. L'infanzia corrisponde all'erba della parabola, e l'erba ha una sua tipica bellezza. I bambini non dovrebbero essere forzati a una precoce maturità ma, per quanto è possibile, dovrebbero mantenere la freschezza e la grazia dei primi anni. Più la vita del bambino sarà semplice e quieta, più sarà libera da ogni artificiosa sollecitazione; più sarà in armonita con la natura, più essa risulterà favorevole al vigore fisico e mentale come anche alla forza spirituale. PEC 63 2 Nel miracolo operato dal Salvatore della moltiplicazione dei pani per cinquemila persone, è illustrata l'azione del potere divino nella produzione del raccolto. Nel moltiplicare il seme gettato nel terreno, colui che già moltiplicò i pani compie un miracolo ogni giorno. È grazie a un miracolo che la terra produce il necessario per sfamare ogni giorno milioni di persone. Gli esseri umani sono chiamati a collaborare sia nella cura del grano, sia nella preparazione del pane, e forse per questo motivo essi spesso finiscono per perdere di vista l'intervento divino. L'azione della sua potenza è attribuita a cause naturali o al mezzo umano; troppe volte i suoi doni sono male usati perché adoperati a scopo egoistico e finiscono con l'essere una maledizione invece che una benedizione. Dio cerca di cambiare tutto ciò e desidera che i nostri sensi assopiti siano risvegliati per percepire la sua misericordiosa gentilezza, di modo che i suoi doni possano essere per noi la benedizione che egli voleva. PEC 63 3 È la Parola di Dio, la trasmissione della sua vita, che dà vita al seme. Nel mangiare il grano, noi partecipiamo ad essa. Dio vuole che noi ce ne rendiamo conto e che nel ricevere il pane quotidiano riconosciamo la sua azione ed entriamo in una più intima comunione con lui. PEC 63 4 Secondo le leggi che Dio ha poste nella natura, l'effetto segue invariabilmente la causa. La maturazione della messe testimonia della semina. Qui nessuna pretesa è tollerata. Uomini e donne possono riuscire a ingannare i loro simili e ricevere elogi e premi per un servizio che in realtà non hanno reso, ma nella natura non c'è alcuna possibilità d'inganno: la messe pronuncia la sua sentenza di condanna sull'agricoltore infedele. PEC 63 5 Questo è vero, in un senso più elevato, nell'ambito delle cose spirituali. Il male vince solo in apparenza, non nella realtà. Persone che nella loro professione o in qualsiasi impegno vengono meno alle loro più alte responsabilità, possono illudersi all'idea che, nella misura in cui il male rimane nascosto, esse stiano traendone un certo vantaggio. Non è così; esse s'ingannano. Il raccolto della vita è il carattere, ed è proprio questo che determina il destino sia di questa vita sia di quella avvenire. PEC 64 1 La messe è la riproduzione del seme gettato. Ogni seme dà frutto secondo la sua specie. Così è per i tratti del carattere che noi coltiviamo. Egoismo, amore di sé, presunzione, intemperanza, si riproducono e determinano l'infelicità e l'autodistruzione. "Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito, mieterà dallo Spirito vita eterna". Galati 6:8. Amore, simpatia, gentilezza, danno per frutto la benedizione, un raccolto che non andrà distrutto. PEC 64 2 Al momento del raccolto il seme è moltiplicato; un solo chicco di grano, attraverso semine successive, può coprire di bionde spighe un grande appezzamento di terreno. Nello stesso modo, l'influsso di una vita come quello di un singolo atto possono avere una risposta simile a quella del seme. PEC 64 3 Quali gesti di amore ha suscitato, attraverso i secoli, il ricordo di quel vaso di alabastro rotto per ungere i piedi di Gesù! Quali innumerevoli doni ha assicurato alla causa del Signore, quel contributo di appena due spiccioli fatto da una povera vedova sconosciuta! Vita attraverso la morte PEC 64 4 Il seme sparso insegna la generosità. "...chi semina scarsamente mieterà altresì scarsamente; e chi semina abbondantemente mieterà altresì abbondantemente". 2 Corinzi 9:6. PEC 64 5 Il Signore dice: "Beati voi che seminate in riva a tutte le acque". Isaia 32:20. Questo significa che si deve spargere il nostro aiuto dovunque sia necessario. Ciò non ci farà impoverire. Il seminatore moltiplica il seme spargendolo; così, dando, riceviamo maggiori benedizioni. La promessa di Dio ci assicura che avremo sempre il sufficiente per continuare a dare. PEC 64 6 Il Salvatore paragona il suo sacrificio per noi al seme gettato in terra; infatti dice: "...se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto". Giovanni 12:24. Solo mediante il sacrificio di Cristo, il seme poteva portare frutto per il regno di Dio. PEC 64 7 Così è di tutti coloro che portano frutto come collaboratori di Gesù: l'amore di sé, l'interesse personale, devono morire; la vita deve essere gettata là dove ci sono tante necessità reali. La legge della rinuncia è, comunque, anche la legge della conservazione: l'agricoltore conserva il seme gettandolo; ugualmente, la vita che sarà conservata è quella generosamente spesa per il servizio di Dio e dell'umanità. Cuore preparato per il seme della verità PEC 64 8 Quando i genitori e gli educatori cercano di insegnare queste lezioni, devono agire in modo pratico. Che siano i bambini stessi a preparare il terreno e a mettervi il seme. Mentre essi lavorano, il genitore o il maestro può spiegare che anche il cuore è un giardino dove si può seminare il seme buono o quello cattivo e che, come il giardino deve essere preparato per ricevere il seme, così il cuore deve essere preparato per accogliere il seme della verità. Nel momento in cui il seme è gettato nel terreno, essi possono insegnare la lezione della morte di Gesù, e quando la piantina spunta, ricordare la sua risurrezione. Via via che la piantina cresce, può essere stabilito il parallelismo fra la crescita naturale e quella spirituale. PEC 65 1 Anche i giovani dovrebbero essere istruiti allo stesso modo. Dalla coltivazione del suolo si possono trarre molte lezioni. Nessuno si aspetta di raccogliere una messe immediata da un terreno incolto: occorre preparare la terra con impegno perseverante, gettare il seme e avere cura delle piante in vista del raccolto. Lo stesso deve essere fatto nella semina spirituale: il giardino del cuore deve essere coltivato; il suo suolo deve essere rotto dal pentimento e liberato dalle erbe cattive che ostacolano la crescita del buon grano. Come un terreno, un tempo pieno di spine, può essere risanato con un lavoro diligente, così le tendenze malvagie del cuore possono essere vinte con uno sforzo sinceramente compiuto nel nome di Cristo e per la sua forza. PEC 65 2 Nella coltura del suolo i lavoratori attenti troveranno dei tesori ai quali non avevano neppure lontanamente pensato. Nessuno può avere successo in agricoltura o nel giardinaggio se non tiene conto delle leggi della natura. Si devono studiare le caratteristiche particolari di ogni pianta: qualità differenti richiedono diversità di suolo e di coltura, e la riuscita è subordinata alla sottomissione alle leggi che reggono ognuna di esse. PEC 65 3 L'attenzione richiesta per il trapianto, affinché neppure una fibra di una radice si guasti o sia mal sistemata, le cure per le piante tenere, la potatura e l'annaffiamento, la protezione contro il gelo e contro il sole, la lotta contro le erbacce, le malattie e gli insetti, insegnano non solo importanti lezioni sullo sviluppo del carattere, ma a fare del lavoro un mezzo di sviluppo. Quando si coltivano l'accuratezza, la pazienza, l'attenzione per il particolare e l'ubbidienza alle leggi, si raggiunge una grande preparazione. Il costante contatto con il mistero della vita e con le bellezze della natura, come pure la delicatezza necessaria per occuparsi di questi meravigliosi oggetti della creazione di Dio, tendono a risvegliare la mente e ad affinare ed elevare il carattere. La lezione imparata prepara l'educatore ad agire con maggiore efficacia sulle altre menti. ------------------------Capitolo 12: Altri insegnamenti PEC 66 1 In tutta la natura si manifesta la potenza risanatrice di Dio. Se un albero è reciso, se un essere umano è ferito o si frattura un osso, la natura immediatamente inizia la sua opera di riparazione. Gli agenti curativi sono pronti prima ancora che sorga la necessità, e non appena una parte è ferita, ogni energia si concentra sull'azione di guarigione. PEC 66 2 Lo stesso accade nel campo spirituale: prima ancora che il peccato ne determinasse la necessità, Dio aveva provveduto il rimedio. Ogni anima che cede alla tentazione è ferita dall'avversario, però ovunque c'è il peccato, c'è il Salvatore. La sua opera consiste appunto nel fasciare quelli che hanno il cuore spezzato "...annunciare la liberazione ai prigionieri... a rimettere in libertà gli oppressi". Luca 4:18. PEC 66 3 Noi dobbiamo collaborare in questa opera. "Se uno viene sorpreso in colpa, ... rialzatelo con spirito di mansuetudine". Galati 6:1a. La parola tradotta con "rialzare" significa "reintegrare, rimettere al proprio posto", come si fa con un osso slogato. Che immagine efficace! Coloro che cadono nell'errore o nel peccato smettono di essere in relazione con tutto ciò che li circonda. Pur riconoscendo lo sbaglio commesso e pur provando un vivo rimorso, non sanno da soli ritornare allo stesso stato di prima: confusi e perplessi, hanno bisogno di essere sollevati, guariti e ristabiliti. "...voi, che siete spirituali, rialzatelo". Galati 6:1b. Solo l'amore che sgorga dal cuore di Cristo può dare la guarigione; solo colui nel cui cuore quell'amore fluisce come la linfa nell'albero e il sangue nelle vene, può risanare l'anima ferita. PEC 66 4 Gli strumenti dell'amore hanno un potere meraviglioso, perché divini. La risposta dolce che "calma il furore" (cfr. Proverbi 15:1), l'amore che "è paziente, è benevolo" (1 Corinzi 13:4), la carità che "copre una gran quantità di peccati" (1 Pietro 4:8) costituiscono ciò che dobbiamo imparare se vogliamo che la nostra vita sia dotata di questa virtù risanatrice! L'esistenza ne risulterebbe trasformata, e la terra diventerebbe un anticipo del cielo. Tutti possono comprendere le lezioni della natura PEC 66 5 Queste preziose lezioni possono essere insegnate in modo tanto semplice che anche i bimbi le comprendano. Il cuore del bambino è tenero e facilmente impressionabile, e se noi adulti diventiamo come bambini (cfr. Matteo 18:2, 3), imparando la semplicità, la gentilezza e la dolcezza affettuosa del Salvatore, non incontreremo alcuna difficoltà a raggiungere i loro cuori e a insegnare loro l'amorevole ministero della guarigione. PEC 67 1 La perfezione esiste tanto nelle minime quanto nelle supreme opere di Dio. La mano che ha sospeso i mondi nello spazio è la stessa che forma i fiori dei campi. Osservate al microscopio il più piccolo fiore comune e noterete la squisita bellezza e completezza di ogni suo particolare. I compiti più comuni, svolti con amorevole fedeltà, sono belli all'occhio di Dio. L'attenzione coscienziosa posta nelle piccole cose farà di noi dei collaboratori di Dio e ci assicurerà la sua approvazione. PEC 67 2 Come l'arcobaleno fra le nuvole è il risultato dell'unione del raggio di sole con la pioggia, così l'arcobaleno intorno al trono di Dio rappresenta l'unione della sua misericordia con la sua giustizia. All'anima pentita per il peccato commesso, Dio dice: "Vivi; ho trovato un ricatto per te". Cfr. Giobbe 33:24. "'Anche se i monti si allontanassero e i colli fossero rimossi, l'amore mio non si allontanerà da te, né il mio patto di pace sarà rimosso' dice il Signore, che ha pietà di te". Isaia 54:10. Il messaggio delle stelle PEC 67 3 Anche le stelle hanno un messaggio di incoraggiamento per ogni essere vivente. Nelle ore in cui, come a tutti accade, gli ostacoli sembrano insormontabili e gli obiettivi della vita irraggiungibili, il coraggio e la forza possono essere trovati nella lezione che Dio ci invita a imparare dalle stelle che seguono il loro immutabile corso. "Levate gli occhi in alto e guardate: Chi ha creato queste cose? Egli le fa uscire e conta il loro esercito, le chiama tutte per nome; per la grandezza del suo potere e per la potenza della sua forza, non ne manca una". Isaia 40:26. PEC 67 4 La palma, colpita dal sole cocente e dalla violenta tempesta di sabbia, rimane verde dando i suoi frutti in mezzo al deserto perché le sue radici attingono alle fonti di acqua viva. La sua verde corona si scorge da lontano, attraverso la pianura arida e desolata, e il viandante che sta per venire meno affretta il passo vacillante verso quell'ombra accogliente, verso l'acqua che ridona la vita. PEC 67 5 L'albero del deserto è un simbolo di quello che Dio desidera sia la vita dei suoi figli. Essi devono guidare verso l'acqua della vita le anime stanche, prossime a perire nel deserto del peccato, e mostrare loro colui che invita: "Se qualcuno ha sete, venga a me e beva". Giovanni 7:37. PEC 67 6 Il fiume ampio e profondo che offre una via ai viaggi e al traffico dei popoli, è considerato fonte di benefici per tutto il mondo; ma che dire dei ruscelletti che lo aiutano a formare il suo corso maestoso? Se essi non esistessero il fiume sparirebbe: dipende da loro. Così gli uomini e le donne chiamati a dirigere qualche grande impresa sono onorati come se la riuscita fosse dipesa unicamente da loro, mentre quel successo ha richiesto la fedele collaborazione di un'innumerevole schiera di umili lavoratori dei quali il mondo non sa nulla. La maggior parte degli operai di questo mondo compie un'opera che non è riconosciuta. Per questo molti sono scontenti e pensano che la loro vita sia sprecata. Ma il piccolo ruscello che segue il suo corso, silenziosamente, attraverso boschi e prati, è utile quanto il grande fiume. D'altra parte, contribuendo alla vita del fiume, lo aiuta a fare ciò che questo da solo non potrebbe mai compiere. PEC 68 1 Questa lezione è anche per noi. Si idolatra troppo il talento e si ambisce troppo a posizioni di preminenza. Sono troppi coloro che non trovano interesse nel lavoro se non ricevono elogi. Dobbiamo imparare a essere fedeli nell'uso dei talenti e delle opportunità che ci sono date, ed essere contenti della posizione assegnataci dal cielo. Una lezione di fede PEC 68 2 "Ma interroga un po' gli animali, e te lo insegneranno; gli uccelli del cielo, e te lo mostreranno; ... e i pesci del mare te lo racconteranno". Giobbe 12:7, 8. "Va', pigro, alla formica; considera il suo fare e diventa saggio". Proverbi 6:6. PEC 68 3 Non dobbiamo essere soltanto noi a parlare ai nostri figli di queste creature di Dio; gli stessi animali devono essere i loro maestri. Le formiche insegnano una lezione di previdente lungimiranza, di paziente attività e di perseveranza nel sormontare gli ostacoli. Gli uccelli insegnano lezioni di fiducia: il nostro Padre celeste ha cura di loro, però essi devono raccogliere il cibo, costruire il nido e nutrire i piccoli. Pur essendo a ogni istante esposti a nemici che cercano di distruggerli, essi lavorano con molto slancio e i loro canti sono pieni di gioia! PEC 68 4 Dio fa scorrere i ruscelli fra le colline dove gli uccelli hanno la loro dimora e dove "tra le fronde fanno udir la loro voce". Salmi 104:12. Tutte le creature dei boschi e dei colli sono parte della sua grande famiglia. Egli apre la sua mano e dà "cibo a volontà a tutti i viventi". Salmi 145:16. PEC 68 5 Talvolta l'aquila delle Alpi è costretta, dalla tempesta, a scendere nelle strette gole dei monti. Nubi tempestose avvolgono questo poderoso uccello e la loro massa buia lo separa dalle cime assolate dove ha fissato il suo nido. Vani sembrano i suoi tentativi per sfuggirvi. Si slancia avanti e indietro battendo l'aria con le forti ali e risvegliando con le sue grida l'eco dei monti. Finalmente, con un grido di trionfo sfreccia verso l'alto, oltre le nuvole, e si trova di nuovo nella luce del sole, lasciando sotto di sé le tenebre e la tempesta. PEC 68 6 Anche noi possiamo essere circondati da difficoltà, scoraggiamenti e tenebre. Falsità, disgrazie e ingiustizie ci opprimono. Ci sono nubi che non riusciamo a dissipare. Invano lottiamo contro le circostanze. Esiste, però, una via di uscita: al di là delle nuvole la luce di Dio continua a risplendere. Sulle ali della fede noi possiamo sollevarci fino alla luce piena della sua presenza. PEC 69 1 Sono molte le lezioni che si possono trarre dalla natura. Per esempio, impariamo a contare su di noi osservando l'albero che, crescendo solitario nella pianura o sul fianco di un monte, affonda le proprie radici nel suolo e riesce così a sfidare la tempesta. La forza dei primi influssi è illustrata dal tronco informe e nodoso dell'albero che venne contorto quando era ancora arbusto, tanto che nessuna ulteriore potenza ha più potuto condurlo alla simmetria perduta. Il segreto di una vita santa può essere compreso guardando alla ninfea che, pur crescendo nelle acque melmose di uno stagno, circondata da erbacce e detriti, sprofonda il suo stelo nelle sabbie pulite del fondo e, attingendovi vita, rivela alla luce il suo fiore profumato e senza macchia. PEC 69 2 Mentre bambini e giovani continuano ad acquisire conoscenza dai maestri e dai libri, fate in modo che imparino da soli delle lezioni, e che da soli giungano a riconoscere la verità. Se si occupano di giardinaggio, chiedete loro che cosa imparano dalla cura delle piante. Mentre contemplano un bel paesaggio, domandate perché Dio ha rivestito i campi e i boschi di così belle e svariate sfumature, invece di dare a tutte le cose un colore bruno scuro. Quando raccolgono i fiori, invitateli a pensare perché Dio ha voluto conservare per noi la bellezza di questi superstiti dell'Eden. Insegnate loro a notare le prove manifestate nella natura del pensiero di Dio per noi, e del meraviglioso adattamento di tutte le cose alle nostre necessità e felicità. PEC 69 3 Molte illustrazioni tratte dalla natura sono adoperate dagli scrittori biblici e noi, nel contemplare le cose del mondo naturale, sapremo meglio comprendere, sotto la guida dello Spirito Santo, le lezioni contenute nella Parola di Dio. La natura diventa in questo modo una chiave per aprire i tesori della Parola. PEC 69 4 I bambini dovrebbero essere incoraggiati a cercare nella natura gli oggetti che illustrano gli insegnamenti biblici, e a scoprire nella Bibbia le similitudini tratte dalla natura. Impareranno così a vedere Gesù nell'albero e nella vite, nel giglio e nella rosa, nel sole e nelle stelle. Riconosceranno la sua voce nel canto degli uccelli, nel fruscio delle foglie, nel rombo del tuono, nella musica del mare. Ogni manifestazione della natura ripeterà loro le sue preziose lezioni. PEC 69 5 Per quelli che in tal modo fanno conoscenza con Cristo, la terra non sarà più un luogo abbandonato e deserto, ma la casa del Padre loro, piena della presenza di colui che un giorno camminò tra gli abitanti del mondo. ------------------------Capitolo 13: Cultura mentale e spirituale PEC 72 1 Per la mente, l'anima e il corpo è una legge di Dio che la forza si acquisisca con l'impegno. In armonia con questa legge, il Signore ha provveduto perché nella sua Parola si trovino i mezzi adatti per favorire il progresso mentale e spirituale dell'individuo. PEC 72 2 La Bibbia contiene tutti i princìpi che gli esseri umani devono comprendere per essere resi idonei per questa vita e per quella futura. Questi princìpi possono essere capiti da tutti. Nessuno che possieda uno spirito che ne apprezzi l'insegnamento, può leggere un solo versetto della Bibbia senza ricavarne almeno un pensiero utile. Però, un insegnamento davvero efficace al massimo grado non si può conseguire con uno studio occasionale o discontinuo della Parola di Dio in quanto il suo grande sistema di verità non può essere percepito da un lettore superficiale e frettoloso. Molti dei suoi tesori si trovano al di sotto della superficie e possono essere scoperti solo grazie a una diligente ricerca e a un incessante sforzo. PEC 72 3 Le verità che formano il tutto devono essere cercate e raccolte "un poco qui, un poco là". Cfr. Isaia 28:10. Una volta che queste verità sono state cercate e reciprocamente accostate, ci si rende conto che si accordano perfettamente le une con le altre. Ogni vangelo integra gli altri, ogni profezia ne spiega un'altra, ogni verità sviluppa un'altra verità. Ogni principio enunciato dalla Parola di Dio ha il suo compito; ogni fatto ha la sua portata. Questa complessa struttura, sia nel progetto sia nell'esecuzione, testimonia del suo Autore: solo la mente dell'Infinito poteva concepirla e formarla. PEC 72 4 Nel cercare le varie parti e nello studiarne i reciproci rapporti, le più elevate facoltà mentali sono chiamate a un'intensa attività. Nessuno può occuparsi di questo studio senza accrescere il proprio vigore mentale. Utilità dello studio della Bibbia PEC 72 5 L'utilità che ha sulla mente lo studio della Bibbia non proviene solo dalla ricerca della verità, ma anche dallo sforzo esercitato per capire gli argomenti da essa presentati. La mente che si occupa solo di cose ordinarie rimpicciolisce e diventa debole; se non si sforza di comprendere le grandi verità che hanno una vasta portata, dopo un po' finisce col perdere la sua capacità di crescita. A salvaguardia contro tale forma di degenerazione, e come stimolo allo sviluppo, nulla può uguagliare lo studio della Parola di Dio. Come mezzo di formazione intellettuale, la Bibbia è più efficace di ogni altro libro, anzi di tutti gli altri libri messi insieme. Nessun altro studio può infondere quel vigore mentale che deriva dallo sforzo compiuto per comprendere le sublimi verità della rivelazione. La mente, messa così in contatto con i pensieri dell'Infinito, si svilupperà e si rafforzerà. PEC 73 1 Ancora più grande è il potere della Bibbia nello sviluppo della natura spirituale. Uomini e donne furono creati per essere amici di Dio, e solo in questa forma di comunione possono trovare vera vita e sicuro progresso. Quelli che con uno spirito sincero e ricettivo studiano la Parola di Dio, s'accosteranno al suo Autore e non ci saranno limiti alle loro possibilità di sviluppo se non se li pongono essi stessi. PEC 73 2 Nella sua grande varietà di stili e argomenti, la Bibbia ha qualcosa che può interessare ogni mente e fare appello a ogni cuore. Nelle sue pagine si trovano storia, biografie, princìpi per il governo dello stato e della casa: princìpi che nessuna sapienza umana ha potuto uguagliare. PEC 73 3 La Bibbia contiene la più profonda filosofia, la più dolce e sublime poesia. I suoi scritti, anche se considerati da un punto di vista letterario, sono di gran lunga superiori alla produzione di qualsiasi scrittore umano; i suoi concetti, poi, sono infinitamente di più alto scopo e di ancor più grande valore nella loro relazione col grande tema centrale. Considerato alla luce di questo pensiero o tema, ogni argomento trattato riveste un nuovo significato. Le verità enunciate nel modo più semplice implicano princìpi alti come il cielo e che abbracciano l'eternità. Tema della redenzione PEC 73 4 Il tema centrale della Bibbia, intorno al quale ruotano tutti gli altri in essa contenuti, è il piano della redenzione, la restaurazione dell'immagine di Dio nella persona umana. Dalla prima parola di speranza contenuta nella sentenza di Dio pronunciata in Eden, all'ultima promessa di Apocalisse 22:4, "...vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome scritto sulla fronte", é compito di ogni libro e di ogni versetto del testo chiarire il meraviglioso tema dell'elevazione dell'uomo, e dimostrare il potere di Dio "che ci dà la vittoria per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo". 1 Corinzi 15:57. PEC 73 5 Quanti riescono a comprendere questo pensiero vedono schiudersi davanti a loro un infinito campo di studio: hanno la chiave che apre il tesoro della Parola di Dio. PEC 73 6 La scienza della redenzione è la scienza delle scienze, oggetto di studio da parte degli angeli e di tutte le intelligenze dei mondi che non sono caduti. È la scienza che occupa l'attenzione del nostro Signore e Salvatore e che sarà l'oggetto di studio dei redenti attraverso l'eternità. Questo è lo studio più elevato che gli esseri umani possano intraprendere; esso sveglia la mente e nobilita l'anima, come nessun altro studio può fare. PEC 74 1 L'energia creativa che chiamò i mondi all'esistenza è nella Parola di Dio: essa dà potenza, genera vita. Ogni ordine che Dio dà è una promessa che, se accettata dalla volontà e accolta nell'animo, porta con sé la vita dell'Essere infinito, trasforma la natura e ricrea l'anima all'immagine di Dio. La parola è nutrimento PEC 74 2 La mente e lo spirito sono formati da ciò di cui si nutrono. Sta a noi stabilirne il nutrimento, nel senso che rientra nella facoltà di ciascuno scegliere le idee che dovranno occupare la mente e formare il carattere. A ogni essere umano, chiamato al privilegio di accedere alle Scritture, Dio dice: "Invocami, e io ti risponderò, ti annunzierò cose grandi e impenetrabili che tu non conosci". Geremia 33:3. PEC 74 3 Ogni persona, con la Parola di Dio in mano, dovunque si trovi, godrà della compagnia da lui stesso scelta. In quelle pagine essa può incontrare i migliori e più nobili rappresentanti del genere umano, e ascoltare la voce di Dio. Mentre così studia e medita su argomenti nei quali gli stessi angeli desiderano "penetrare con i loro sguardi" (1 Pietro 1:12), può provare la gioia della presenza di questi messaggeri celesti. Ogni studioso può seguire le orme del Maestro, e ascoltare la sua voce mentre il Salvatore insegna sul monte, nella pianura e in riva al mare. Così, vivendo come nell'atmosfera del cielo, può offrire speranza agli altri e far nascere in loro il desiderio della santità. Quella persona si troverà così in una sempre più intima comunione con l'Invisibile, avvicinandosi tanto alle soglie del mondo eterno fino a quando le porte si apriranno e potrà entrarvi. Le voci che le daranno il benvenuto sono quelle di esseri santi che, invisibili, l'hanno accompagnata sulla terra, voci che fin da quaggiù aveva imparato a riconoscere e ad amare. Chiunque, attraverso la Parola di Dio abbia vissuto in comunione con il cielo, si troverà a casa sua, un giorno, in quella celeste compagnia. ------------------------Capitolo 14: Scienza e Bibbia PEC 75 1 Il libro della natura e il libro della rivelazione recano l'impronta della stessa mente superiore e quindi sono in armonia tra di loro. Con metodi differenti e con diverso linguaggio, essi testimoniano delle stesse grandi verità. La scienza scopre continuamente nuove meraviglie, ma non attinge da queste ricerche nulla che, se ben capito, sia in disaccordo con la rivelazione divina. Il libro della natura e la Parola scritta si illuminano a vicenda e ci fanno conoscere Dio, insegnandoci qualcosa delle leggi secondo le quali egli opera. PEC 75 2 Alcune conclusioni erroneamente tratte dai fatti osservati nella natura hanno indotto a credere che esistesse un conflitto tra scienza e rivelazione. Nell'intento di ristabilire l'armonia, sono stati adottati metodi di interpretazione delle Scritture che minano e distruggono la forza della Parola di Dio. Si è creduto che la geologia contraddicesse l'interpretazione letterale del racconto mosaico della creazione, e si è preteso che ci siano voluti milioni di anni per l'evoluzione della terra dal caos primitivo. Per mettere la Bibbia d'accordo con questa presunta rivelazione della scienza, i giorni della creazione sono stati ipotizzati come lunghi periodi indefiniti, che coprono migliaia, o perfino milioni di anni. PEC 75 3 Tale conclusione è del tutto fuori posto, perché il racconto biblico è in armonia con se stesso e con l'insegnamento della natura. Nel resoconto sull'opera della creazione, il primo giorno è indicato: "Fu sera, poi fu mattina: primo giorno". Genesi 1:5. Lo stesso è detto, in sostanza, di ognuno dei primi sei giorni della settimana creativa: ciascuno di questi periodi, afferma l'ispirazione, fu un giorno composto di sera e di mattina, come ogni altro giorno trascorso da allora. Circa l'opera della stessa creazione, la divina testimonianza afferma: "Poich'egli parlò, e la cosa fu; egli comandò e la cosa apparve". Salmi 33:9. A colui che poteva così chiamare all'esistenza innumerevoli mondi, quanto tempo occorreva perché la terra potesse evolversi dal caos? Per spiegare le opere di Dio è forse necessario forzare la sua Parola? PEC 75 4 È vero che i resti rinvenuti nel suolo indicano l'esistenza di uomini, animali e piante più grandi di quelli attualmente conosciuti. Questi fossili sono considerati come prove di una vita vegetale e animale anteriore all'epoca della storia mosaica. Però la Bibbia dà ampie spiegazioni a questo proposito. Prima del diluvio lo sviluppo della vita vegetale e animale era di gran lunga superiore a quello successivamente conosciuto. Al diluvio, la superficie terrestre fu spaccata e avvennero cambiamenti notevoli. Quando la crosta terrestre si ricostituì, conservò numerose tracce della vita precedente. Le grandi foreste sepolte nella terra in seguito al diluvio e trasformatesi in carbone, formano quegli immensi giacimenti carboniferi che forniscono la quantità di petrolio necessaria alla nostra vita moderna. Queste cose, quando vengono alla luce, testimoniano e confermano silenziosamente l'esattezza della Parola di Dio. Rivelazioni scientifiche PEC 76 1 Una teoria molto vicina a quella dell'evoluzione della terra è quella che attribuisce l'evoluzione dell'uomo, capolavoro della creazione, a una linea ascendente di germi, molluschi e quadrupedi. Quando si considerano la brevità della vita umana e la limitatezza della visione scientifica; quando si pensa a quanto siano frequenti gli errori delle sue conclusione e la rapidità con cui le sue deduzioni vengono rivedute e poi abbandonate; quando si nota come le teorie dei diversi scienziati siano spesso in evidente contrasto tra di loro e solo per il piacere di far risalire la nostra origine a germi, a molluschi o a scimmie, come si può rigettare l'affermazione biblica così grande nella sua semplicità: "Dio creò l'uomo a sua immagine"? Genesi 1:27. Rinunceremmo a quella genealogia, più nobile di qualsiasi altra e tenuta in conto presso le corti dei re, in cui è detto di Gesù che era figlio di Adamo, figlio di Dio? Cfr. Luca 3:38. PEC 76 2 Correttamente intese, le rivelazioni della scienza e le esperienze della vita sono in armonia con la testimonianza della Scrittura circa l'incessante opera di Dio nella natura. PEC 76 3 Nell'inno di Neemia (Luca 9:6), i leviti cantavano: "Tu, tu solo sei il Signore! Tu hai fatto i cieli, i cieli dei cieli e tutto il loro esercito, la terra e tutto ciò che è sopra di essa, i mari e tutto ciò che è in essi, e tu fai vivere tutte queste cose". La creazione è stata completata PEC 76 4 Per quel che si riferisce al nostro pianeta, la Scrittura afferma che l'opera della creazione è stata completata: "...benché le sue opere fossero terminate fin dalla fondazione del mondo". Ebrei 4:3. Tuttavia, la potenza di Dio continua ad agire per sostenere l'opera della sua creazione. Non è per mezzo di una sua energia intrinseca che il cuore palpita e che il respiro succede al respiro; ogni respiro, ogni battito del cuore, sono la prova della sollecitudine di colui nel quale noi viviamo, ci muoviamo e siamo. Dall'insetto più piccolo fino all'essere umano, ogni creatura vivente dipende quotidianamente dalla provvidenza di Dio. PEC 76 5 "Tutti quanti sperano in te perché tu dia loro il cibo a suo tempo. Tu lo dai loro ed essi lo raccolgono; tu apri la mano, e sono saziati di beni. Tu nascondi la tua faccia, e sono smarriti; tu ritiri il loro fiato e muoiono, ritornano nella loro polvere. Tu mandi il tuo Spirito e sono creati, e tu rinnovi la faccia della terra". Salmi 104:27-30; cfr. Giobbe 26:7-14; Nahum 1:3. PEC 77 1 La potenza che opera in tutta la natura e che sostiene tutte le cose non è, come alcuni scienziati affermano, un semplice principio, un'energia che agisce e pervade tutte le cose. Dio è spirito, però è anche un essere personale, perché i nostri progenitori furono fatti alla sua immagine. Come essere personale Dio si è rivelato nel suo Figlio. Gesù, lo splendore della gloria del Padre, l'impronta della sua essenza (cfr. Ebrei 3:1), venne sulla terra in forma umana. Come personale Salvatore, egli venne nel mondo e come tale ascese al cielo. Come personale Salvatore, simile a un figlio d'uomo, intercede presso le corti celesti. Cfr. Daniele 7:13. PEC 77 2 L'apostolo Paolo, scrivendo per ispirazione dello Spirito Santo, dice di Cristo: "...poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra... Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui". Colossesi 1:16, 17. La mano che sostiene i mondi nello spazio, che mantiene in ordine perfetto e in attività incessante tutte le cose dell'universo di Dio, è la mano che fu inchiodata sulla croce per noi. PEC 77 3 La grandezza di Dio è per noi incomprensibile. "Il Signore è nel suo tempio santo; il Signore ha il suo trono nei cieli" (Salmi 11:4), però, mediante il suo Spirito, è presente dappertutto. Egli ha un'intima conoscenza di tutte le sue creature e manifesta per loro un interesse particolare. PEC 77 4 "Tu sai quando mi siedo e quando mi alzo, tu comprendi da lontano il mio pensiero. Tu mi scruti quando cammino e quando riposo, e conosci a fondo tutte le mie vie... La conoscenza che hai di me è meravigliosa, troppo alta perché io possa arrivarci". Salmi 139:2, 3, 6; cfr. Giobbe 26:6; Salmi 113:5, 6; Salmi 139:7-10. PEC 77 5 Il Creatore di tutte le cose ha predisposto la capacità di adattare i mezzi con i fini e di supplire alle necessità. Nel mondo materiale ha provveduto affinché ogni desiderio legittimo potesse essere appagato. Ha creato l'anima umana, rendendola capace di conoscere e di amare. Non è nella natura di Dio permettere che le esigenze della vita interiore restino senza una risposta. Nessun principio astratto, nessuna essenza impersonale o semplice astrazione possono placare i desideri e le aspirazioni degli esseri umani in questa vita di lotta contro il peccato, la tristezza e la sofferenza. Non basta credere nella legge e nella sua forza, nelle cose che non hanno valore e non rispondono alle invocazioni di aiuto. Abbiamo bisogno di conoscere un braccio onnipotente che ci sostenga, un amico infinito che abbia pietà di noi. Abbiamo bisogno di stringere una mano calda di affetto e di confidare in un cuore pieno di tenerezza. È così, del resto, che Dio si è voluto rivelare nella sua Parola. La scienza riconosce la potenza di Dio PEC 78 1 Coloro che studiano a fondo i misteri della natura si renderanno pienamente conto della propria ignoranza e debolezza. Si accorgeranno che vi sono profondità e altezze che non possono raggiungere, segreti che non sono capaci di penetrare. Come Newton, si sentiranno indotti a esclamare: "Mi pareva di essere un bambino intento a raccogliere dei sassolini e delle conchiglie sulla riva del mare, avendo davanti a me il grande oceano di verità sconosciute". PEC 78 2 I più profondi studiosi della scienza sono costretti a riconoscere nella natura l'azione di una potenza infinita. Per la mente umana abbandonata a se stessa, l'insegnamento della natura può sembrare pieno di contraddizioni e di delusioni. Solo alla luce della rivelazione la si può leggere correttamente. "Per fede comprendiamo...". Ebrei 11:3. PEC 78 3 "Nel principio Dio..." (cfr. Genesi 1:1). Qui soltanto trova riposo lo spirito che cerca. L'amore infinito di Dio si trova ovunque, in alto, in basso, al di là ed è all'opera in ogni cosa per portare a compimento "ogni desiderio di bene e ogni opera di fede". 2 Tessalonicesi 1:11 (Concordata). PEC 78 4 "Le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo essendo percepite per mezzo delle opere sue". Romani 1:20. Tuttavia, la loro testimonianza può essere capita solo grazie all'aiuto del divino Maestro. PEC 78 5 "Quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità...". Giovanni 16:13. Solo con l'aiuto dello Spirito e della Parola, tramite la quale tutte le cose furono fatte, può essere interpretata in modo corretto la testimonianza della scienza. Accettando la guida di Dio onnisciente e studiando le sue opere, saremo messi in condizione di calibrare i nostri pensieri con i suoi. ------------------------Capitolo 15: Princìpi e metodi negli affari PEC 79 1 La Bibbia illustra in ogni attività umana, il modo per ottenere una preparazione basilare. I suoi princìpi di diligenza, onestà, economia, temperanza e di purezza rappresentano il segreto della vera riuscita. Questi princìpi, come sono espressi nel libro dei Proverbi, costituiscono un tesoro di saggezza pratica. I commercianti, gli artigiani, coloro che hanno funzioni dirigenziali in qualsiasi ambito nel campo degli affari, dove possono trovare massime migliori, per loro stessi e per i dipendenti, se non in queste assennate parole? PEC 79 2 "Hai visto un uomo veloce nelle sue faccende? Egli starà al servizio del re; non starà al servizio della gente oscura". Proverbi 22:29. "...l'ubriacone e il goloso impoveriranno e i dormiglioni andranno vestiti di cenci". Proverbi 23:21. "Chi va con i saggi diventa saggio". Proverbi 13:20. PEC 79 3 Tutto l'insieme dei nostri obblighi reciproci è incluso nelle seguenti parole di Cristo: "Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro". Matteo 7:12. PEC 79 4 Quanti uomini avrebbero potuto evitare il fallimento economico e la rovina se si fossero attenuti agli avvertimenti così spesso ripetuti e sottolineati dalle Scritture: "...chi ha fretta di arricchire non rimarrà impunito". Proverbi 28:20. "I tesori acquistati con lingua bugiarda sono un soffio fugace di gente che cerca la morte". Proverbi 21:6. "...chi prende in prestito è schiavo di chi presta". Proverbi 22:7. "Chi si fa garante per un altro ne soffre danno, ma chi odia farsi garante per la condotta altrui è tranquillo". Proverbi 11:15. PEC 79 5 A questi princìpi è legato il benessere della società, sia nelle associazioni secolari sia in quelle religiose; essi danno sicurezza alla proprietà e alla vita. Il mondo è debitore alla legge di Dio come c'è stata rivelata nella sua Parola e come è ancora tracciata nelle linee spesso oscure e quasi cancellate del cuore umano, per tutto ciò che rende possibile la fiducia e la cooperazione. Le parole del salmista: "La legge della tua bocca per me vale più di migliaia di monete d'oro e d'argento" (Salmi 119:72), stabiliscono una verità assoluta, stimata come tale perfino nel mondo degli affari. Anche in questo tempo di brama per il denaro, in cui la lotta è così viva e i metodi appaiono poco scrupolosi, è ampiamente riconosciuto che l'integrità, la diligenza, la temperanza e l'economia, per un giovane che affronta la vita, costituiscono un capitale migliore di qualsiasi somma di denaro. PEC 79 6 Eppure, anche fra quanti apprezzano il valore di queste qualità e riconoscono nella Bibbia la loro sorgente, pochi sono quelli che sanno discernere il principio da cui dipendono. Ciò che sta alla base dell'integrità e del successo in ambito economico è l'accettazione del fatto che tutto appartiene a Dio e che noi siamo suoi amministratori. Tutto quello che l'uomo possiede gli è stato affidato perché lo utilizzi secondo le direttive divine. PEC 80 1 Quest'obbligo incombe su ogni essere umano e ha a che fare con l'intera sfera dell'attività umana. Che lo riconosciamo oppure no, noi siamo degli amministratori, forniti da Dio di talenti e potenzialità e da lui posti nel mondo per compiere l'opera da lui assegnataci. PEC 80 2 A ogni uomo è data un'opera adatta alle sue capacità, opera che risulterà come un grande beneficio per il prossimo e che contribuirà al maggiore onore di Dio. I nostri affari e la nostra vocazione rientrano in questo modo nel piano di Dio, e fino a quando operiamo in armonia con la sua volontà, egli stesso ne garantirà i risultati. In quanto "collaboratori di Dio" (cfr. 1 Corinzi 3:9), la nostra parte consiste in una fedele adesione alle sue direttive. In questo modo non ci sarà posto per le preoccupazioni ansiose. Ogni facoltà deve essere esercitata al massimo grado; però la riuscita non dipenderà tanto dai nostri sforzi, quanto dall'ubbidienza alla promessa di Dio. La parola che nel deserto nutrì Israele e che in tempo di carestia provvide per Elia, ha ancora lo stesso potere. "Non siate dunque in ansia, dicendo: 'Che mangeremo? Che berremo?...'. Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più". Matteo 6:31-33. La decima parte è del Signore PEC 80 3 Colui che dà agli uomini la possibilità di arricchire unisce al dono un impegno: chiede una parte di tutto quello che noi abbiamo. La decima appartiene al Signore. "Ogni decima della terra, sia delle raccolte del suolo, sia dei frutti degli alberi, appartiene al Signore; ... ogni decima dell'armento o del gregge... sarà consacrata al Signore". Levitico 27:30-32. PEC 80 4 L'ordine divino è: "Portate tutte le decime alla casa del tesoro...". Malachia 3:10. Esso non fa appello né alla gratitudine né alla generosità: si tratta di semplice onestà. La decima appartiene al Signore ed egli ci ordina di restituirgli quello che è suo. PEC 80 5 "Del resto, quel che si richiede dagli amministratori è che ciascuno sia trovato fedele". 1 Corinzi 4:2. Se l'onestà è un principio essenziale nel mondo degli affari, non dobbiamo noi riconoscere il nostro obbligo verso Dio, obbligo su cui poggiano tutte le altre responsabilità? PEC 80 6 In base ai termini del nostro economato, noi siamo in obbligo non solo verso Dio, ma anche verso l'umanità. Ogni essere umano è debitore all'amore del Redentore per i doni della vita. Cibo, abiti, e alloggio; corpo, mente, spirito: tutto è stato comprato con il suo sangue. E per mezzo del dovere di gratitudine e di servizio così imposto, Cristo ci ha unito a tutti i membri della famiglia umana. Egli ci invita: "...per mezzo dell'amore servite gli uni agli altri". Galati 5:13; cfr. Matteo 25:40; Apocalisse 1:14. Per tutto quello che ha reso benedetta la nostra vita, noi siamo in obbligo verso ogni essere umano cui possiamo fare del bene. PEC 81 1 È pericoloso dimenticare che i beni che noi gestiamo non sono nostri. Noi siamo unicamente dei depositari, e dal modo in cui riusciremo in questo dovere nei confronti di Dio e delle persone che sono nel bisogno, dipenderà il bene dei nostri simili, e anche il nostro destino per questa vita e per quella futura. "Getta il tuo pane sulle acque, perché dopo molto tempo lo ritroverai". Ecclesiaste 11:1. PEC 81 2 "Date, e vi sarà dato; vi sarà versata in seno buona misura, pigiata, scossa, traboccante; perché con la misura con cui misurate, sarà rimisurato a voi". Luca 6:38. PEC 81 3 'Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché ci sia cibo nella mia casa; poi mettetemi alla prova in questo' dice il Signore degli eserciti; 'vedrete se io non vi aprirò le cateratte del cielo e non riverserò su di voi tanta benedizione che non vi sia più dove riporla. Per amor vostro, io minaccerò l'insetto divoratore affinché esso non distrugga più i frutti del vostro suolo, la vostra vigna non sarà più infruttuosa nella campagna'...". Malachia 3:10, 11. PEC 81 4 "...imparate a fare il bene; cercate la giustizia, rialzate l'oppresso, fate giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova!" Isaia 1:17. "Chi ha pietà del povero presta al Signore, che gli contraccambierà l'opera buona". Proverbi 19:17. Tutti coloro che in questo modo investono, accumulano un duplice tesoro. Oltre a quello che, anche se saggiamente accresciuto, alla fine dovranno lasciare, si assicurano una ricchezza per l'eternità: il carattere trasformato che rappresenta il più ricco possedimento della terra e del cielo. Onestà negli affari PEC 81 5 "Il Signore conosce i giorni degli uomini integri; la loro eredità durerà in eterno. Non saranno confusi in tempo di sventura, ma saranno saziati in tempo di fame". Salmi 37:18, 19. PEC 81 6 Dio ha riportato, nella sua Parola, l'illustrazione di Giobbe, un uomo prospero la cui vita fu un vero successo, una persona che il cielo e la terra sono lieti di onorare. Parlando della propria esperienza, Giobbe dice: "Ai giorni della mia maturità, quando Dio vegliava amico sulla mia tenda, quando l'Onnipotente stava ancora con me e avevo i miei figli intorno a me... Se uscivo per andare alla porta della città e mi facevo preparare il seggio sulla piazza, i giovani, al vedermi, si ritiravano, i vecchi si alzavano e rimanevano in piedi; i notabili cessavano di parlare e si mettevano la mano sulla bocca; la voce dei capi diventava muta... L'orecchio che mi udiva mi diceva beato; l'occhio che mi vedeva mi rendeva testimonianza, perché salvavo il misero che gridava aiuto e l'orfano che non aveva chi lo soccorresse. Scendeva su di me la benedizione di chi stava per perire, facevo esultare il cuore della vedova. La giustizia era il mio vestito e io il suo; la rettitudine era come il mio mantello e il mio turbante. Ero l'occhio del cieco, il piede dello zoppo; ero il padre dei poveri, studiavo a fondo la causa dello sconosciuto". Giobbe 29:4, 5; Giobbe 29:7-16. PEC 82 1 "Quel che fa ricchi è la benedizione del Signore e il tormento che uno si dà non le aggiunge nulla". Proverbi 10:22. PEC 82 2 La Bibbia indica anche le conseguenze dell'abbandono dei giusti princìpi nei nostri rapporti con Dio e con il prossimo. A coloro che ha reso amministratori dei suoi beni e che sembrano indifferenti alle sue esigenze, Dio dice: "Riflettete bene sulla vostra condotta! Avete seminato molto e avete raccolto poco; voi mangiate, ma senza saziarvi; bevete, ma senza soddisfare la vostra sete; vi vestite, ma non c'è chi si riscaldi; chi guadagna un salario mette il suo salario in una borsa bucata". Aggeo 1:5, 6. "L'uomo può forse derubare Dio? Eppure voi mi derubate. Ma voi dite: 'In che cosa ti abbiamo derubato?' Nelle decime e nelle offerte". Malachia 3:8. PEC 82 3 I conti di ogni affare, i particolari di ogni transazione, sono esaminati da invisibili verificatori, agenti di colui che non fa compromessi con la giustizia, che non chiude un occhio sul male e non scusa la scorrettezza. "Non ci sono tenebre, non c'è ombra di morte, dove possa nascondersi chi opera iniquamente". Giobbe 34:22. PEC 82 4 La legge di Dio pronuncia una sentenza di condanna contro ogni operatore d'iniquità. Questi può disprezzare quella voce e cercare di soffocarne l'avvertimento, ma inutilmente. Essa lo segue, si fa udire, gli distrugge la pace. Se non ascoltata, lo inseguirà fino alla tomba e nel giudizio testimonierà contro di lui. È un fuoco inestinguibile che alla fine consuma il corpo e lo spirito. PEC 82 5 "E che giova all'uomo se guadagna tutto il mondo e perde l'anima sua? Infatti, che darebbe l'uomo in cambio della sua anima?" Marco 8:36, 37. PEC 82 6 Questa è una domanda che va considerata attentamente da ogni genitore, da ogni insegnante, da ogni studente, da ogni essere umano, insomma, giovane o vecchio che sia. Nessun progetto di attività, nessun piano di vita, possono essere considerati completi se si limitano ad abbracciare i brevi anni di questa esistenza e non prevedono l'avvenire. Si deve insegnare ai giovani a prendere in considerazione, nei loro progetti, l'idea dell'eternità. Che essi imparino a scegliere i princìpi e a cercare le cose che durano, così che possano farsi "un tesoro inesauribile nel cielo, dove ladro non si avvicina e tignola non rode". Luca 12:33. ------------------------Capitolo 16: Esempi di fede PEC 83 1 Nessuna parte nella Bibbia ha valore educativo più grande delle sue biografie: esse differiscono da tutte le altre in quanto sono vere. Solo colui che legge nei cuori e che conosce le sorgenti segrete dei moventi e delle azioni, può delineare con assoluta veracità un carattere o tracciare il quadro fedele di una vita umana. Solo nella Parola di Dio ciò può essere trovato. PEC 83 2 La Bibbia insegna in modo chiaro che quello che noi facciamo deriva da quello che siamo. In larga misura le esperienze della vita sono il frutto dei nostri pensieri e delle nostre azioni. "...la maledizione senza motivo, non raggiunge l'effetto". Proverbi 26:2. "Ascolta, terra! Ecco, io faccio venire su questo popolo una calamità, frutto dei loro pensieri". Geremia 6:19. PEC 83 3 Terribile è questa verità, e dovrebbe produrre una profonda impressione. Ogni azione ricade su chi la compie. Gli esseri umani possono riconoscere nei mali che rovinano la loro vita il frutto di ciò che essi stessi hanno seminato. Tuttavia, noi non siamo lasciati senza speranza. Giacobbe fu trasformato PEC 83 4 Per assicurarsi il diritto di primogenitura, che in base alla promessa di Dio era già suo, Giacobbe ricorse alla frode e ne raccolse come frutto l'odio di Esaù, suo fratello. Durante i venti anni dell'esilio, a sua volta egli subì torti e inganni e, per salvarsi, fu costretto a fuggire. Raccolse poi una seconda messe quando apparvero nei figli i difetti del proprio carattere, immagine fin troppo reale delle retribuzioni che riserva la vita umana. PEC 83 5 Dio però dice: "'Io infatti non voglio contendere per sempre né serbare l'ira in eterno, affinché gli spiriti, le anime che io ho fatte, non vengano meno davanti a me. Per l'iniquità della sua cupidigia io mi sono adirato, e l'ho colpito; mi sono nascosto, mi sono indignato; ma egli, ribelle, ha seguito la via del suo cuore. Io ho visto le sue vie, e lo guarirò; lo guiderò e ridarò le mie consolazioni a lui e a quelli dei suoi che sono afflitti... Pace, pace a chi è lontano e a chi è vicino' dice il Signore, 'io lo guarirò!'" Isaia 57:16-19. PEC 83 6 Giacobbe non fu sopraffatto dalla disperazione: si era pentito e si era sforzato di riparare il torto fatto al fratello. E quando fu minacciato di morte dall'ira di Esaù, si rivolse a Dio per ricevere aiuto, il quale "lo benedisse lì". Genesi 32:30. Rinvigorito dalla sua potenza, l'uomo graziato si rialzò, non più da ingannatore, ma come un principe di Dio. Giacobbe non aveva ottenuto liberazione solo dal fratello offeso, ma anche da se stesso. Vinta la forza del male insita nella propria natura, il suo carattere ne uscì trasformato. Rivedendo la storia della propria vita, egli riconobbe la virtù soccorritrice di Dio. I figli di Giacobbe PEC 84 1 La stessa esperienza si ripeté nella vita dei figli di Giacobbe. Dio non annulla le sue leggi e non agisce in contrasto con esse. Egli non cancella le conseguenze del peccato, ma le trasforma. Per sua grazia, la maledizione può diventare una fonte di benedizione. PEC 84 2 Tra i figli di Giacobbe, Levi fu uno dei più crudeli e vendicativi, uno dei due più colpevoli nell'eccidio dei Sichemiti. Le caratteristiche di Levi, riprodottesi nei suoi discendenti, si attirarono la sentenza divina: "Io li dividerò in Giacobbe e li disperderò in Israele". Genesi 49:7. Il pentimento però determinò una riforma e, grazie alla loro fedeltà a Dio nonostante l'apostasia delle altre tribù, la maledizione si trasformò in un segno di supremo onore. PEC 84 3 "In quel tempo il Signore separò la tribù di Levi per portare l'arca del patto del Signore, per stare davanti al Signore, per servirlo e per dare la benedizione nel nome di lui, come ha fatto fino a questo giorno". Deuteronomio 10:8. PEC 84 4 Designati per essere ministri del santuario, i Leviti non ricevettero alcuna eredità terriera. Vivevano insieme in città messe a parte per loro, e traevano il loro sostentamento dalle decime, dai doni e dalle offerte consacrati al servizio di Dio. Maestri del popolo, ospiti in tutte le feste, erano onorati ovunque come servi e rappresentanti del Signore. All'intera nazione era stato ordinato: "Guardati bene, tutto il tempo che vivrai nel tuo paese, dal trascurare il Levita". Deuteronomio 12:19. "...Levi non ha parte né eredità con i suoi fratelli; il Signore è la sua eredità". Deuteronomio 10:9. Conquista per fede PEC 84 5 La verità secondo la quale una persona è quello che pensa viene ben illustrata anche dall'esperienza d'Israele. Sulle frontiere di Canaan le spie, reduci dall'esplorazione del paese, presentarono il loro rapporto. La bellezza e la fertilità della terra furono perse di vista a causa del timore delle difficoltà che vi scorsero. Le città fortificate, i guerrieri giganteschi, i carri di ferro fecero tentennare la loro fede. Non tenendo in nessun conto Dio, la moltitudine fece eco alla decisione delle spie incredule: "Noi non siamo capaci di salire contro questo popolo, perché è più forte di noi". Numeri 13:31. Parole che si avverarono: essi non poterono salire, e perirono nel deserto. PEC 85 1 Due delle dodici spie andate a esplorare il paese, però, ragionarono in modo diverso: "Saliamo pure e conquistiamo il paese, perché possiamo riuscirci benissimo" (Numeri 13:30); insistettero, contando sulla promessa di Dio ben superiore ai giganti, alle città fortificate e ai carri di ferro. Anche le loro parole si avverarono perché, pur condividendo con i loro increduli fratelli i quarant'anni di peregrinazioni nel deserto, Giosuè e Caleb entrarono nella terra promessa. Coraggioso come al momento in cui era uscito con le schiere d'Israele, Caleb chiese e ottenne il suo possedimento proprio nel cuore della fortezza dei giganti. Con la forza di Dio, egli sconfisse i Cananei e le vigne e gli ulivi di quelli diventarono sua proprietà. I codardi e i ribelli morirono nel deserto, ma gli uomini di fede, Caleb e Giosuè, mangiarono le uve della valle di Escol. PEC 85 2 Non c'è verità maggiormente evidenziata dalla Bibbia del pericolo che si corre allontanandosi da ciò che è giusto: pericolo per chi agisce male e per chi ne può subire l'influsso. L'esempio ha una valenza enorme: se è dalla parte della nostra naturale tendenza verso il male, diventa quasi irresistibile. PEC 85 3 Nel mondo, la più grande roccaforte del male non è la vita empia del peccatore incallito né dell'abietto emarginato ma quella che invece sembra virtuosa, onorevole e nobile, che però nasconde un peccato, un vizio accarezzato. Per l'anima che in segreto lotta contro qualche forte tentazione e che trema sull'orlo del baratro, tale esempio è uno dei più forti incentivi al male. Coloro che, pur avendo un concetto elevato della vita, della verità e dell'onore, trasgrediscono di proposito un precetto della santa legge di Dio, hanno pervertito i loro nobili talenti e ne hanno fatto un'esca per il peccato. In tal modo genio, talento, simpatia, perfino azioni nobili e gentili, possono diventare un tranello di Satana per sedurre le anime e condurle nell'abisso della rovina. PEC 85 4 Per questo Dio ci ha lasciato tanti esempi che indicano i risultati anche di una sola azione sbagliata. Dalla triste storia del primo peccato che introdusse la morte nel mondo, a quella dell'uomo che per trenta monete d'argento vendette il Signore della gloria, le biografie della Bibbia abbondano di esempi messi là come segnali di avvertimento. Mancanza di fede di Elia PEC 85 5 C'è pure l'avvertimento a prendere nota dei risultati derivanti dal cedere anche una sola volta alla debolezza e all'errore umani, frutto dell'abbandono della fede. PEC 85 6 Per una sola mancanza di fede, Elia abbreviò l'opera della sua vita. Gravoso era il peso che aveva sopportato in favore d'Israele; fedeli erano stati gli avvertimenti da lui dati contro l'idolatria nazionale; profonda era stata la sua sollecitudine quando, durante i tre anni e mezzo di carestia, aveva aspettato e sperato in qualche segno di pentimento. Egli solo fu dalla parte di Dio sul monte Carmelo. Grazie alla forza della fede, l'idolatria fu vinta e la pioggia tanto attesa testimoniò delle grandi benedizioni pronte a scendere su Israele. Allora, stanco e debole, il profeta fuggì davanti alle minacce di Izebel e, solo nel deserto, pregò chiedendo di morire: la sua fede era venuta meno. Egli non era più capace di compiere l'opera iniziata. Dio gli disse allora di ungere un altro perché fosse profeta al posto suo. PEC 86 1 Il Signore però aveva tenuto conto del servizio reso dal suo servitore con tutto il cuore. Elia non doveva morire nello scoraggiamento e nella solitudine del deserto; non doveva scendere in una tomba, ma salire con gli angeli sino alla presenza della gloria di Dio. PEC 86 2 Queste biografie affermano quello che un giorno ogni essere umano comprenderà: il peccato può determinare solo vergogna e perdita, e l'incredulità condurre al fallimento; la misericordia di Dio però raggiunge incommensurabili profondità, e la fede innalza l'anima pentita per ricevere in eredità l'adozione come figlio o figlio di Dio. Disciplina della sofferenza PEC 86 3 Tutti coloro che in questo mondo servono fedelmente Dio e il prossimo ricevono una formazione preparatoria alla scuola dell'afflizione. Più pesante è la responsabilità, più importante il servizio; più intensa è la prova, più severa la disciplina. PEC 86 4 Studiate le esperienze di Giuseppe e Mosè, di Daniele e Davide. Confrontate la storia dei primi anni di Davide con quella di Salomone e notate le conseguenze. PEC 86 5 In gioventù Davide fu molto vicino a Saul. Il suo soggiorno a corte e l'unione con la famiglia reale gli permisero di conoscere le preoccupazioni, le contrarietà, e le perplessità che si celano dietro lo splendore e la pompa della regalità. Egli si rese conto così del poco valore che ha la gloria umana per la pace dello spirito. Così, con sollievo e gioia ritornava dalla corte del re alla cura del gregge. PEC 86 6 Quando la gelosia di Saul lo costrinse a fuggire nel deserto Davide, tagliato fuori da ogni protezione umana, si appoggiò più fortemente a Dio. L'incertezza e l'inquietudine della vita nel deserto, i suoi incessanti pericoli, la necessità di frequenti fughe, il carattere di quanti si erano raccolti intorno a lui (cfr. 1 Samuele 22:2), lo indussero a una severa disciplina. Queste esperienze suscitarono e svilupparono in lui la capacità di trattare con gli uomini, di simpatizzare con gli oppressi, di odiare l'ingiustizia. Durante gli anni di attesa e di pericolo, Davide imparò a trovare in Dio conforto, appoggio e vita. Apprese che solo grazie alla potenza del Signore sarebbe potuto salire al trono, e solo grazie alla sua saggezza sarebbe stato capace di regnare. Fu per la preparazione conseguita alla scuola della privazione e del dolore che Davide, nonostante il grave peccato che più tardi macchiò la sua vita, può essere ricordato come colui che "regnò su tutto Israele, amministrando il diritto e la giustizia a tutto il suo popolo". 2 Samuele 8:15. PEC 87 1 La disciplina cui fu sottoposto Davide in gioventù mancò invece a Salomone. Per circostanze, carattere e vita, questi parve favorito più di ogni altro. Nobile in gioventù, e nell'età virile prediletto da Dio, Salomone cominciò a regnare con le migliori prospettive di onore e di prosperità. I popoli erano meravigliati della conoscenza e della perspicacia di quest'uomo che Dio aveva dotato di saggezza. Però l'orgoglio di tanto benessere lo indusse a separarsi da Dio. Dalla gioia della comunione con Dio, Salomone si volse per cercare soddisfazione nei piaceri dei sensi. Della sua esperienza egli riferisce: "Io intrapresi grandi lavori; mi costruii case; mi piantai vigne; mi feci giardini, parchi, e vi piantai alberi fruttiferi... comprai servi e serve... accumulai argento, oro e le ricchezze dei re e delle province... Così divenni grande e superai tutti quelli che erano stati prima di me a Gerusalemme... Poi considerai tutte le opere che le mie mani avevano fatte, e la fatica che avevo sostenuto per farle, ed ecco che tutto era vanità, un correre dietro al vento, e che non se ne trae alcun profitto sotto il sole". Ecclesiaste 2:4-11. "Perciò ho odiato la vita, perché tutto quello che si fa sotto il sole mi è divenuto odioso, poiché tutto è vanità, un correre dietro al vento. Ho anche odiato ogni fatica che ho sostenuto sotto il sole...". Ecclesiaste 2:17, 18. PEC 87 2 Dalla sua amara esperienza, Salomone riconobbe la vanità di una vita che cerca il supremo bene nelle cose di questo mondo. Egli eresse altari a divinità pagane, e comprese come sia vana la loro promessa di dar riposo all'anima. Nei suoi ultimi anni, stanco e assetato a causa delle rotte cisterne terrene, Salomone ritornò a dissetarsi alla fonte della vita. La storia degli anni sprecati, con la grande lezione di avvertimento che essi contenevano, fu da lui ricordata, mosso dallo Spirito. Così, nonostante il suo cattivo esempio che condusse il popolo a raccogliere una gran messe di mali, l'opera della vita di Salomone non fu una completa sconfitta. Per lui, alla fine, la disciplina dell'afflizione realizzò il suo compito. PEC 87 3 Con questo inizio, la vita di Salomone avrebbe potuto essere gloriosa, se fin da giovane avesse imparato la lezione che la sofferenza aveva insegnato ad altri. La prova di Giobbe PEC 87 4 Per quelli che amano Dio e che sono "chiamati secondo il suo disegno" (Romani 8:28), la biografia biblica contiene una lezione maggiore di quella che deriva dalla scuola della sofferenza. "...voi me ne siete testimoni, dice il Signore; io sono Dio" (Isaia 43:12): testimoni che egli è buono e che la sua bontà è perfetta. PEC 88 1 L'altruismo, su cui si fonda il regno di Dio, è odiato da Satana il quale ne nega perfino l'esistenza. Fin dall'inizio del grande conflitto, egli si è sforzato di dimostrare che i princìpi sottintesi alle azioni di Dio sono egoistici, e fa altrettanto con chiunque serve il Signore. L'opera di Cristo e di quanti portano il suo nome consiste nello smentire le affermazioni di Satana. PEC 88 2 Gesù venne sulla terra in forma umana per darci un'illustrazione di altruismo con la sua vita. Tutti coloro che accettano questo principio devono collaborare con lui e rivelarlo nella loro vita pratica. Scegliere ciò che è giusto per amore della giustizia, stare dalla parte della verità a costo della sofferenza e del sacrificio, questa "'... è l'eredità dei servi del Signore, la giusta ricompensa che verrà loro da me' dice il Signore". Isaia 54:17. PEC 88 3 Molto presto nella storia del mondo troviamo il racconto della vita di un uomo che dovette subire un conflitto da parte di Satana. PEC 88 4 Colui che legge i cuori rese di Giobbe la seguente testimonianza: "...Non ce n'è un altro sulla terra che come lui sia integro, retto, tema Dio e fugga il male". Contro quest'uomo Satana portò la sua sprezzante accusa: "È forse per nulla che Giobbe teme Dio? Non lo hai forse circondato di un riparo, lui, la sua casa e tutto quello che possiede?... Ma stendi un po' la tua mano, tocca quanto egli possiede, e vedrai se non ti rinnega in faccia". Il Signore disse a Satana: "Ebbene, tutto quello che possiede è in tuo potere; soltanto, non stendere la tua mano sulla sua persona". Cfr. Giobbe 1:8-12. PEC 88 5 Satana, allora, con il permesso di Dio, tolse a Giobbe tutto quello che possedeva: greggi e mandrie, servi e serve, figli e figlie, e "...colpì Giobbe di un'ulcera maligna dalla pianta dei piedi alla sommità del capo". Giobbe 2:7. PEC 88 6 Un'altra amarezza fu aggiunta al suo calice: gli amici di Giobbe, vedendo nelle sue avversità la giusta retribuzione del peccato, aggravarono il suo spirito afflitto con accuse di presunte colpe da lui commesse. PEC 88 7 Apparentemente abbandonato dal cielo e dalla terra Giobbe, pur mantenendo intatta la fiducia in Dio e consapevole della propria integrità, con angoscia e perplessità gridò: "Io provo disgusto della mia vita". "Oh, volessi tu nascondermi nel soggiorno dei morti, tenermi occulto finché l'ira tua sia passata, fissarmi un termine, e poi ricordarti di me!" Giobbe 10:1; Giobbe 14:13. PEC 88 8 "Ecco, mi uccida pure! Oh, continuerò a sperare". Giobbe 13:15. "Ma io so che il mio Redentore vive e che alla fine si alzerà sulla polvere. E quando, dopo la mia pelle, sarà distrutto questo corpo, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò a me favorevole; lo contempleranno i miei occhi, non quelli d'un altro...". Giobbe 19:25-27; cfr. Giobbe 19:7-21; Giobbe 23:3-10. PEC 89 1 A Giobbe fu fatto secondo la sua fede: "Se mi mettesse alla prova, ne uscirei come l'oro". Giobbe 23:10. Così avvenne. Con la sua paziente sopportazione, egli vendicò l'offesa fatta al suo carattere e al carattere di colui che egli rappresentava. E "...il Signore lo ristabilì nella condizione di prima e gli rese il doppio di tutto quello che già gli era appartenuto... Il Signore benedì gli ultimi anni di Giobbe più dei primi". Giobbe 42:10-12. Gionatan e Giovanni il battista PEC 89 2 Nella lista di coloro che con la rinuncia di se stessi hanno partecipato alle sofferenze di Cristo, ci sono anche i nomi di Gionatan e di Giovanni il battista. PEC 89 3 Gionatan, per nascita erede al trono, pur sapendosi messo da parte per decreto divino, fu il più fedele e caro amico del suo rivale Davide, che protesse a rischio della propria vita. Rimase al fianco del padre nei giorni bui del suo declinante potere, e cadde infine con lui sul campo di battaglia. Il nome di Gionatan è conservato nei cieli come un tesoro ed è, sulla terra, una testimonianza resa all'esistenza e alla potenza dell'amore disinteressato. PEC 89 4 Giovanni il battista, alla sua apparizione come messaggero del Messia, sconvolse la nazione. Dovunque andava era seguito da vaste moltitudini di gente di ogni ceto e posizione. Quando però venne colui del quale egli aveva reso testimonianza, tutto cambiò. La folla seguì Gesù e l'opera del Battista parve finita. La sua fede, però, non vacillò; infatti egli disse: "Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca". Giovanni 3:30. PEC 89 5 Il tempo passò e quel regno che Giovanni aveva fiduciosamente atteso non fu stabilito. Nel carcere di Erode, privato dell'aria vivificatrice e della libertà del deserto, Giovanni attese e vegliò. PEC 89 6 Non ci fu impiego di armi, non ci fu apertura delle porte della prigione; però la guarigione degli ammalati, la predicazione del Vangelo, l'elevazione delle anime degli uomini, testimoniarono della missione di Cristo. PEC 89 7 Solo e imprigionato, vedendo avvicinarsi a poco a poco la conclusione del suo cammino, come sarebbe stato per il Maestro, Giovanni accettò la sua missione: la comunione con Cristo nel sacrificio. I messaggeri del cielo lo accompagnarono alla tomba. Le intelligenze dell'universo, decaduto e non, resero testimonianza del suo servizio disinteressato. PEC 89 8 In tutte le generazioni successive, le anime sofferenti sono state sorrette dalla testimonianza della vita di Giovanni. In carcere, sul patibolo, tra le fiamme, uomini e donne durante i secoli di oscurità sono stati fortificati dal ricordo di colui del quale Gesù disse: "In verità io vi dico, che fra i nati di donna non è sorto nessuno maggiore di Giovanni il battista". Matteo 11:11. ------------------------Capitolo 17: Poesia e canto PEC 90 1 Le primissime e anche le più sublimi espressioni poetiche conosciute in letteratura si trovano nella Scrittura. Prima ancora che i poeti del mondo cantassero, il pastore di Madian ricordò le parole rivolte da Dio a Giobbe, parole d'incomparabile maestà, molto superiori alle migliori produzioni del genio umano: PEC 90 2 "Dov'eri tu quando io fondavo la terra?... Chi chiuse con porte il mare balzante fuori dal grembo materno, quando gli diedi le nubi come rivestimento e per fasce l'oscurità, quando gli tracciai dei confini, gli misi sbarre e porte? Allora gli dissi: 'Fin qui tu verrai, e non oltre; qui si fermerà l'orgoglio dei tuoi flutti'". Giobbe 38:4-11; cfr. Giobbe 38:12-27; Giobbe 38:31, 32. PEC 90 3 Per gustarne la bellezza espressiva, leggete la descrizione della stagione primaverile contenuta nel Cantico dei Cantici: PEC 90 4 "Ecco, l'inverno è passato, il tempo delle piogge è finito, se n'è andato; i fiori spuntano sulla terra, il tempo del canto è giunto, e la voce della tortora si fa udire nella nostra campagna. Il fico ha messo i suoi frutti, le viti fiorite esalano il loro profumo. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni". Cantico dei Cantici 2:11-13. PEC 90 5 Non è di minore bellezza l'involontaria profezia di Balaam che, suo malgrado, benedisse Israele. Cfr. Numeri 23:7-23; Numeri 24:4-6; Numeri 24:16-19. PEC 90 6 La melodia della lode è l'atmosfera del cielo, e quando esso si accosta alla terra si hanno musica e canto: "...inni di lode e melodia di canti". Isaia 51:3. PEC 90 7 Al di sopra della terra creata, bella e incontaminata sotto lo sguardo sorridente di Dio "...le stelle del mattino cantavano tutte assieme e tutti i figli di Dio alzavano grida di gioia". Giobbe 38:7. Allo stesso modo i cuori degli uomini, all'unisono con il cielo, hanno risposto alla bontà di Dio con accenti di lode. Molti eventi della storia sono stati collegati con il canto. PEC 90 8 L'inno più antico uscito da labbra umane e ricordato dalla Bibbia è quello che fu intonato dalle schiere d'Israele al Mar Rosso: PEC 90 9 "Io canterò al Signore, perché è sommamente glorioso; ha precipitato in mare cavallo e cavaliere. Il Signore è la mia forza e l'oggetto del mio cantico; egli è stato la mia salvezza. Questi è il mio Dio, io lo glorificherò; è il Dio di mio padre, io lo esalterò". Esodo 15:1, 2; cfr. Esodo 15:6-11, 18-21. PEC 90 10 Grandi sono state le benedizioni che gli uomini hanno ricevuto in risposta ai loro canti di lode. Le brevi parole che riferiscono l'esperienza del viaggio d'Israele nel deserto contengono una lezione degna di considerazione: "Di là andarono a Beer, che è il pozzo a proposito del quale il Signore disse a Mosè: 'Raduna il popolo e io gli darò l'acqua'. Fu in quell'occasione che Israele cantò questo cantico: 'Scaturisci, o pozzo! Salutatelo con canti! Pozzo che i capi hanno scavato, che i nobili del popolo hanno aperto con lo scettro, con i loro bastoni!'" 1 Re 21:17, 18. PEC 91 1 Quante volte questa storia si è ripetuta nelle varie esperienze spirituali! Quanto spesso le parole di un inno hanno aperto nell'anima le fonti del pentimento e della fede, dell'amore e della gioia! PEC 91 2 Con canti di lode gli eserciti d'Israele, al tempo di Giosafat, partirono per la grande liberazione. Era giunta a Giosafat la notizia di una guerra che lo minacciava: "Una grande moltitudine avanza contro di te...", annuncia il messaggio, "...i figli di Moab, i figli di Ammon, e con loro dei Maoniti". "Giosafat ebbe paura, si dispose a cercare il Signore, e bandì un digiuno per tutto Giuda. Giuda si radunò per implorare aiuto dal Signore, e da tutte quante le città di Giuda venivano gli abitanti a cercare il Signore". Giosafat, stando nel cortile del tempio davanti al popolo, aprì la sua anima in preghiera e chiese a Dio di adempiere la sua promessa, confessando l'assoluta impotenza d'Israele: "...noi siamo senza forza, di fronte a questa gran moltitudine che avanza contro di noi; e non sappiamo che fare, ma gli occhi nostri sono su di te". "Allora lo Spirito investì in mezzo all'assemblea Iaaziel... il Levita... Iaaziel disse: 'Porgete orecchio, voi tutti di Giuda, e voi abitanti di Gerusalemme, e tu, o re Giosafat! Così vi dice il Signore: Non temete e non vi sgomentate a motivo di questa gran moltitudine; poiché questa non è battaglia vostra, ma di Dio... Questa battaglia non sarete voi a combatterla: presentatevi, tenetevi fermi, e vedrete la liberazione che il Signore vi darà... non temete e non vi sgomentate; domani, uscite contro di loro, e il Signore sarà con voi!'... La mattina seguente si alzarono presto e si misero in marcia verso il deserto di Tecoa". Prima dell'esercito venivano i cantori che levavano le loro voci per esaltare Dio, lodandolo per la promessa vittoria. Quattro giorni dopo l'esercito rientrò a Gerusalemme carico del bottino strappato al nemico e cantando di gioia per la grande vittoria riportata. Cfr. 2 Cronache 20:1-28. PEC 91 3 Per mezzo del canto Davide, nelle vicissitudini della sua vita mutevole, si mantenne in comunione con il cielo. Quanto sono toccanti le sue esperienze di giovane pastore espresse in queste parole: PEC 91 4 "Il Signore è il mio pastore: nulla mi manca. Egli mi fa riposare in verdeggianti pascoli, mi guida lungo le acque calme... Quand'anche camminassi nella valle dell'ombra della morte, io non temerei alcun male, perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga mi danno sicurezza". Salmi 23:1-4. PEC 92 1 Nell'età adulta, fuggiasco inseguito, mentre cercava rifugio sui monti o nelle grotte del deserto, egli scrisse: PEC 92 2 "O Dio, tu sei il mio Dio, io ti cerco dall'alba; di te è assetata l'anima mia, a te anela il mio corpo languente in arida terra, senz'acqua... Poiché tu sei stato il mio aiuto, io esulto all'ombra delle tue ali...". Salmi 63:1, 7; cfr. 42:11; 27:1. PEC 92 3 La stessa fiducia traspare dalle sue parole quando, detronizzato, fuggì da Gerusalemme in seguito alla ribellione di Absalom. Esausto per il dolore e per la stanchezza della fuga, insieme a quanti lo seguivano, si erano fermati per riposarsi un poco sulla riva del Giordano. Fu risvegliato dall'allarme: bisognava fuggire immediatamente. Nelle tenebre della notte uomini, donne e bambini dovevano affrontare le acque profonde e rapide del fiume per attraversarlo, per mettersi al riparo dalle forze incalzanti del suo figlio traditore. In quell'ora di durissima prova, Davide cantò: PEC 92 4 "Con la mia voce io grido al Signore, ed Egli mi risponde dal suo monte santo. Io mi son coricato e ho dormito, poi mi sono risvegliato, perché il Signore mi sostiene. Io non temo le miriadi di genti che si sono accampate contro di me d'ogni intorno". Salmi 3:4-6. PEC 92 5 Dopo il grande peccato, nell'angoscia del rimorso, pieno di vergogna di sé, Davide si rivolse ancora a Dio come al suo migliore amico: PEC 92 6 "Abbi pietà di me, o Dio, per la tua bontà; nella tua grande misericordia cancella i miei misfatti... Purificami con issopo, e sarò puro; lavami, e sarò più bianco della neve". Salmi 51:1-7. PEC 92 7 Nella sua lunga esistenza, Davide non trovò sulla terra nessun luogo di riposo. "Noi siamo davanti a te stranieri e gente di passaggio", disse, "come furono tutti i nostri padri; i nostri giorni sulla terra sono come un'ombra, e non c'è speranza". 1 Cronache 29:15. "Dio è per noi un rifugio e una forza, un aiuto sempre pronto nelle difficoltà. Perciò non temiamo se la terra è sconvolta, se i monti smuovono in mezzo al mare". Salmi 46:1, 2; cfr. Salmi 46:4-7. PEC 92 8 Nella sua vita terrena, anche Gesù affrontò la tentazione con un canto: spesso, quando i nemici pronunciavano parole dure e sferzanti, o quando l'atmosfera si faceva pesante perché densa di tristezza, insoddisfazione, sfiducia e timore opprimente, si udiva il suo canto di fede e di santa allegrezza. PEC 92 9 L'ultima triste sera, dopo la cena pasquale, mentre si accingeva ad affrontare il tradimento e la morte, la sua voce intonò il salmo: PEC 93 1 "Sia benedetto il nome del Signore, ora e sempre! Dal sol levante fino al ponente sia lodato il nome del Signore". Salmi 113:2, 3; cfr. Salmi 116:1-8. PEC 93 2 In mezzo alle tenebre sempre più fitte nell'ultima crisi della terra, la luce di Dio risplenderà in tutto il suo fulgore, e il canto della speranza e della fede risuonerà con accenti purissimi ed elevati. "In quel giorno si canterà questo cantico nel paese di Giuda: Noi abbiamo una città forte; il Signore vi pone la salvezza con mura e bastioni. Aprite le porte ed entri la nazione giusta, che si mantiene fedele. A colui che è fermo nei suoi sentimenti tu conservi la pace, la pace, perché in te confida. Confidate per sempre nel Signore, perché il Signore, sì il Signore, è la roccia dei secoli". Isaia 26:1-4. Il potere del canto PEC 93 3 La storia dei canti biblici è piena di suggestioni circa l'uso e i benefici che ne derivano. Spesso, purtroppo, la musica è stata alterata e usata per fini malefici ed è così diventata uno dei più seducenti mezzi di tentazione. Ma, se giustamente usata, essa è un prezioso dono di Dio, inteso a elevare e nobilitare i pensieri, a ispirare e risollevare lo spirito. PEC 93 4 I figli d'Israele, durante il loro cammino attraverso il deserto, rallegravano la marcia con la musica di inni sacri; nello stesso modo Dio vuole che i suoi figli, oggi, allietino la loro vita di pellegrini. Per fissare nella memoria le parole di Dio, pochi mezzi sono più efficaci della ripetizione nel canto. PEC 93 5 Il canto ha anche altre potenzialità meravigliose: può addolcire una natura rude e senza cultura, può ravvivare il pensiero, suscitare la simpatia, promuovere la concordia nell'azione, scacciare la malinconia e le apprensioni che abbattono il coraggio e indeboliscono lo sforzo. Esso è anche uno dei mezzi più efficaci per imprimere nel cuore le verità spirituali. PEC 93 6 Il valore del canto, come mezzo di educazione, non dovrebbe essere mai perduto di vista. Se in casa si cantano inni gradevoli e puri, ci saranno meno parole di rimprovero e più parole di allegrezza, speranza e gioia. Se si canta nella scuola, gli alunni saranno condotti più vicino a Dio, ai loro insegnanti e gli uni verso gli altri. PEC 93 7 Come parte della funzione religiosa, il canto è un atto di culto quanto la preghiera. Molti inni, infatti, sono una preghiera. Se ai bambini s'insegna a comprendere questo, penseranno di più al significato delle parole che stanno cantando e saranno maggiormente sensibili al loro influsso. PEC 93 8 Mentre il nostro Redentore ci conduce verso la soglia dell'infinito, illuminato dalla gloria di Dio, noi possiamo fin da ora percepire gli accenti di lode e di ringraziamento del coro celeste che sta attorno al trono; e mentre un'eco del canto angelico si fa udrà nelle nostre case terrene, i cuori saranno attratti sempre più verso quei celesti cantori. La comunione con il cielo comincia sulla terra. È quaggiù che noi impariamo la nota dominante delle sue lodi. ------------------------Capitolo 18: Misteri della Bibbia PEC 95 1 Nessuna mente finita può comprendere appieno il carattere e le opere dell'Essere infinito. Con le nostre ricerche non possiamo scoprire Dio: l'Essere santo è e rimane avvolto di mistero tanto per gli intelletti più elevati e colti, quanto per quelli più deboli e ignoranti. "Nuvole e oscurità lo circondano; giustizia ed equità sono le basi del suo trono". Salmi 97:2. Noi possiamo sforzarci di capire i suoi piani solo per quanto la nostra capacità di comprensione ci permette; per il resto, possiamo confidare nella sua mano onnipotente e nel suo cuore pieno di amore. PEC 95 2 La Parola di Dio, simile in questo al carattere del suo Autore, contiene dei misteri che mai potranno essere completamente svelati da esseri limitati. Dio, però, ha messo nelle Scritture sufficienti prove della loro divina autorità. La sua stessa esistenza, il suo carattere, la veridicità della sua parola, sono affermate da testimonianze che convincono la ragione: e queste testimonianze abbondano. Certamente, egli non ci ha tolto la possibilità di dubitare; la fede deve poggiare sull'evidenza e non sulla dimostrazione. Quanti vogliono dubitare, ne hanno l'opportunità, ma chi desidera conoscere la verità, troverà un vasto campo per la sua fede. PEC 95 3 Non abbiamo alcuna ragione di dubitare della Parola di Dio solo per il fatto che non riusciamo a sondare i misteri della sua provvidenza. Anche nel mondo naturale siamo costantemente circondati da meraviglie che sorpassano la nostra capacità di comprensione. Dovremmo dunque essere sorpresi se nel mondo spirituale troviamo misteri che non riusciamo a sciogliere? La difficoltà va attribuita soltanto alla debolezza e alla limitatezza della mente umana. Forte evidenza dell'ispirazione PEC 95 4 I misteri della Bibbia, lungi dal costituire un argomento contro di essa, sono fra le prove più forti della sua divina ispirazione. Se essa non contenesse qualcosa di Dio che noi non fossimo capaci di capire; se la sua grandezza e la sua maestà potessero essere del tutto comprese da menti finite quali le nostre, la Bibbia non conterrebbe le prove inequivocabili della sua divinità. La grandezza dei suoi argomenti dovrebbe infondere fede in essa e indurci a riconoscerla come Parola di Dio. PEC 95 5 La Bibbia svela la verità con una semplicità e un adattamento alle necessità e alle aspirazioni del cuore umano tali da stupire e affascinare gli intelletti più colti e, allo stesso tempo, da mostrare con chiarezza la via della vita agli umili e ai semplici: "...quelli che la seguiranno, anche gli insensati, non potranno smarrirvisi". Isaia 35:8. Più studiamo la Bibbia, più profonda si fa in noi la convinzione che essa è la Parola del Dio vivente. La ragione umana, allora, s'inchina riverente davanti alla maestà della rivelazione divina. PEC 96 1 Dio vuole che le verità della sua Parola siano sempre rivelate a chi sinceramente indaga. "Le cose occulte appartengono al Signore nostro Dio, ma le cose rivelate sono per noi e per i nostri figli per sempre...". Deuteronomio 29:29. L'idea che certe porzioni della Bibbia siano di difficile comprensione ha indotto a trascurare alcune importanti verità. È necessario sottolineare il fatto, e ripeterlo spesso, che i misteri della Bibbia non sono tali perché Dio ha cercato di nascondere la verità, bensì perché la nostra debolezza o ignoranza ci impedisce di comprendere la verità e di farla nostra. Il limite non rientra nel suo proposito, ma è posto dalla nostra incapacità. Dalle porzioni della Scrittura spesso trascurate, perché impossibili da comprendere Dio desidera che noi riusciamo a trarre quanto la nostra mente può assimilare. "Ogni Scrittura è ispirata da Dio", affinché l'uomo di Dio possa essere "completo e ben preparato per ogni opera buona". 2 Timoteo 3:16, 17. PEC 96 2 È impossibile alla mente umana esaurire anche una sola delle verità o delle promesse della Bibbia. Una persona vede la verità da un punto di vista, un'altra la scorge da uno diverso; tuttavia, noi non vediamo che semplici bagliori. La piena luce sfugge alla nostra visione. Lo studio della Bibbia ha una potenza vivificatrice PEC 96 3 Nel contemplare le grandi cose della Parola di Dio, la sua larghezza e la sua profondità sorpassano la nostra conoscenza a tal punto che questa visione si dilata davanti a noi e ci pare di vedere un oceano sconfinato e senza rive. PEC 96 4 Questo studio possiede una potenza vivificatrice: la mente e il cuore acquisiscono nuova forza e nuova vita. Questa esperienza è la più evidente dimostrazione della divina autorità della Bibbia. Noi riceviamo la Parola di Dio come cibo per lo spirito, proprio come riceviamo il pane per nutrire il corpo. Il pane sopperisce alle necessità della nostra natura, e sappiamo per esperienza che esso si trasforma in sangue, ossa, e materia cerebrale. PEC 96 5 Applichiamo lo stesso criterio alla Bibbia. Quando i suoi princìpi diventano parte integrante del carattere, che cosa accade? Che cambiamento si manifesta nella vita? "...le cose vecchie sono passate: ecco, sono diventate nuove". 2 Corinzi 5:17. Per mezzo della sua potenza, uomini e donne hanno infranto le catene di abitudini peccaminose, hanno rinunciato all'egoismo; le persone irriverenti sono diventate rispettose, gli ubriachi sobri, i dissoluti puri. Anime che avevano portato l'immagine di Satana, sono state trasformate all'immagine di Dio. Tale cambiamento è il miracolo dei miracoli. Un cambiamento operato dalla Parola è uno dei suoi più profondi misteri. Noi non possiamo spiegarlo e dobbiamo solo credere, come dice la Scrittura, che esso è "...Cristo in voi, la speranza della gloria". Colossesi 1:27. PEC 97 1 La conoscenza di questo mistero fornisce la chiave per spiegare tutti gli altri. Dischiude davanti all'anima i tesori dell'universo, le possibilità di uno sviluppo illimitato. PEC 97 2 Questo sviluppo si raggiunge mediante la rivelazione incessante del carattere di Dio, gloria e mistero della Parola scritta. Se ci fosse possibile giungere a una conoscenza assoluta di Dio e della sua Parola, non ci sarebbe per noi nessuna possibilità di scoprire altre verità, nessuna conoscenza di maggiore portata, nessuno sviluppo futuro. Dio finirebbe di essere superiore a tutti, e l'uomo non progredirebbe più. Ma, grazie a Dio, non è così. Siccome egli è infinito, e in lui sono racchiusi tutti i tesori della sapienza, noi potremo per tutta l'eternità indagare e imparare, senza mai esaurire le ricchezze della sua conoscenza, della sua bontà e della sua potenza. ------------------------Capitolo 19: Storia e profezia PEC 98 1 La Bibbia è la storia più antica e più vasta che gli uomini posseggano. Scaturita dalla fonte di verità eterna, una mano divina ne ha conservata intatta la purezza nel corso dei secoli. Essa illumina il remoto passato dove l'indagine umana cerca invano di penetrare. Solo nella Parola di Dio possiamo scorgere la potenza che pose le fondamenta della terra e distese i cieli. Solo in essa possiamo trovare la descrizione autentica dell'origine dei popoli. Solo qui è tracciata la storia del genere umano scevra da ogni forma di orgoglio o di pregiudizio terreno. PEC 98 2 Negli annali della storia umana, lo sviluppo delle nazioni, il sorgere e il crollare degli imperi appaiono come dipendenti dalla volontà e dalla bravura degli uomini. La forma degli eventi sembra, in larga misura, determinata dal potere, dall'ambizione e dal loro capriccio. Nella Parola di Dio, invece, il velo è sollevato e noi contempliamo dietro, al di sopra e attraverso i corsi e ricorsi degli interessi, delle forze, e delle passioni degli uomini, gli agenti dell'Essere misericordioso che in silenzio e con pazienza si adoperano per l'attuazione dei propositi della sua volontà. PEC 98 3 La Bibbia rivela la vera filosofia della storia. Nelle parole di incomparabile bellezza pronunciate dall'apostolo Paolo davanti ai saggi di Atene è messo in risalto il piano di Dio nella creazione e nella ripartizione delle razze e delle nazioni: "Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini perché abitino su tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche loro assegnate, e i confini della loro abitazione, affinché cerchino Dio, se mai giungano a trovarlo...". Atti 17:26, 27. Nell'opera della creazione lo scopo di Dio era che la terra fosse abitata da esseri la cui esistenza fosse una benedizione per loro stessi e per i loro simili, e risultasse a onore di Dio. Chi vuole può beneficiare di questo piano. Di tali è detto: "Il popolo che mi sono formato proclamerà le mie lodi". Isaia 43:21. PEC 98 4 Dio ha rivelato nella sua legge i princìpi che sono alla base della vera prosperità delle nazioni e degli individui. "...quella sarà la vostra sapienza e la vostra intelligenza" (Deuteronomio 4:6), disse Mosè agli israeliti circa la legge di Dio. Le benedizioni così assicurate a Israele sono, alle stesse condizioni e nella stessa misura, garantite a ogni nazione e a ogni individuo sotto il cielo. Dio solo può dare potere ai capi delle nazioni PEC 99 1 Il potere esercitato da ogni capo o dai re di questo mondo procede dal cielo, e il successo dipende dall'uso che se ne fa. Le parole rivolte un tempo a Nabucodonosor contengono ancora una lezione di vita per ognuno: "Metti fine ai tuoi peccati praticando la giustizia, e alle tue iniquità mostrando compassione verso gli afflitti. Forse, la tua prosperità potrà essere prolungata". Daniele 4:27. PEC 99 2 Capire queste cose, riconoscere la portata di questi princìpi nella manifestazione della divina potenza che "depone i re e li innalza" (Daniele 2:21), significa comprendere la filosofia della storia. PEC 99 3 Queste cose sono chiaramente espresse solo nella Parola di Dio: essa ricorda che la forza delle nazioni e delle persone non risiede nelle opportunità e nelle capacità che sembrano renderli invincibili, e neppure nella loro vantata grandezza; è piuttosto in rapporto con la fedeltà con cui essi adempiono al piano di Dio. Antica Babilonia PEC 99 4 Un'illustrazione di questa verità si trova nella storia dell'antica Babilonia. Al re Nabucodonosor fu rappresentato il governo della sua nazione sotto forma di un grande albero la cui "altezza giungeva al cielo ed era visibile dalle estremità di tutta la terra. Il suo fogliame era bello, il suo frutto era così abbondante che tutti potevano nutrirsene. Le bestie dei campi si riparavano sotto la sua ombra, gli uccelli del cielo abitavano fra i suoi rami e ogni creatura si nutriva del suo frutto". Daniele 4:11, 12. Questa immagine indica il carattere di un governo che compie il programma divino, un governo che protegge e costruisce la nazione. PEC 99 5 Dio esaltò Babilonia affinché questa adempisse il suo progetto. La prosperità perdurò nella nazione fino a quando questa raggiunse un livello di ricchezza e potenza tale che non fu mai uguagliato, e che fu giustamente rappresentato dalla Scrittura con il simbolo ispirato della "testa d'oro". Cfr. Daniele 2:38. PEC 99 6 Il monarca, però, non seppe riconoscere il potere che lo aveva reso grande e, nell'orgoglio del suo cuore, disse: "Non è questa la grande Babilonia che io ho costruita come residenza reale con la forza della mia potenza e per la gloria della mia maestà?" Daniele 4:30. PEC 99 7 Anziché proteggere i popoli, Babilonia ne divenne l'oppressore orgoglioso e crudele. Le parole ispirate che dipingono la crudeltà e l'avidità dei pastori d'Israele, rivelano anche il segreto della caduta di Babilonia e di molti altri regni nella storia del mondo: "...avete dominato su di loro con violenza e con asprezza". Ezechiele 34:3, 4. PEC 99 8 Al re di Babilonia giunse la sentenza di colui che tutto vede: "Sappi, o re Nabucodonosor, che il tuo regno ti è tolto!" Daniele 4:31. PEC 99 9 "Babilonia, lo splendore dei regni, la superba bellezza dei Caldei, sarà come Sodoma e Gomorra quando Dio le distrusse". Isaia 13:19. Ascesa e caduta dei regni del mondo PEC 100 1 A ogni nazione che ha fatto la sua apparizione sulla scena di questo mondo, è stato concesso di occupare il suo posto sulla terra perché avesse modo di far vedere se poteva adempiere il proposito dell'Onnisciente e del Santo. La profezia ha tracciato l'ascesa e la caduta dei grandi imperi del mondo: Babilonia, Medo-Persia, Grecia, Roma. Per ciascuno di essi, come pure per nazioni di minore importanza, la storia si è ripetuta. Ognuno ha avuto il suo periodo di prova; ognuno ha fallito: la gloria si è dileguata, il potere è svanito, e il suo posto è stato occupato da altri. PEC 100 2 Mentre le nazioni rigettavano i princìpi di Dio, e con tale rigetto provocavano la propria rovina, appariva ancora evidente che il divino e ineluttabile piano si andava attuando attraverso tutti i loro movimenti. PEC 100 3 Questa lezione è insegnata in una meravigliosa rappresentazione simbolica mostrata al profeta Ezechiele durante l'esilio nella terra dei Caldei. La visione fu data a Ezechiele mentre si sentiva travagliato da tristi ricordi e da dolorosi presagi. La terra dei suoi padri era desolata; Gerusalemme era spopolata; lo stesso profeta era straniero in un paese dove crudeltà e ambizione regnavano sovrane. Egli vedeva da ogni parte tirannia e ingiustizia, la sua anima era oppressa e gemeva giorno e notte. I simboli a lui apparsi gli rivelarono però una potenza ben superiore a quella dei governanti terreni. Ezechiele e la gloria del Signore PEC 100 4 Sulle rive del fiume Chebar, Ezechiele vide un turbine tempestoso che veniva da settentrione, "...una grossa nuvola con un fuoco folgorante e uno splendore intorno a essa; nel centro vi era come un bagliore di metallo in mezzo al fuoco". Ezechiele 1:4. Alcune ruote, intersecantisi tra di loro, erano mosse da quattro esseri viventi. "Al di sopra della volta che era sopra le loro teste, c'era come una pietra di zaffiro, che pareva un trono, e su questa specie di trono appariva come la figura di un uomo, che vi stava seduto sopra, su in alto". Ezechiele 1:26. "...i cherubini avevano una forma di mano d'uomo sotto alle ali". Ezechiele 10:8. Le ruote erano sistemate in modo talmente complicato che, a prima vista, sembrava che ci fosse confusione, però si muovevano in perfetto sincronismo. Esseri celesti, sorretti e guidati dalla mano che stava sotto le ali dei cherubini, facevano avanzare le ruote; sopra di essi, seduto sopra il trono di zaffiro, c'era il Signore, e attorno al trono vi era l'arcobaleno, simbolo della misericordia divina. PEC 100 5 Come questo complicato ingranaggio era guidato dalla mano che stava sotto le ali dei cherubini, così il complicato corso degli eventi umani si trova sotto il controllo di Dio. In mezzo alle lotte e ai tumulti delle nazioni, colui che siede sopra i cherubini guida ancora gli affari della terra. PEC 101 1 La storia delle nazioni che si sono succedute l'una dopo l'altra, è lì per informarci che Dio ha assegnato a tutti gli uomini un posto nel suo grande piano. Oggi, nazioni e uomini sono misurati da colui che non commette sbagli. Ognuno, di sua scelta, decide il proprio destino, e Dio dirige ogni cosa per l'attuazione dei suoi piani. PEC 101 2 La storia che il grande Io SONO ha tracciato nella sua Parola, unendola anello dopo anello in una catena profetica, dall'eternità del passato all'eternità del futuro, ci dice a che punto dello svolgimento della storia siamo oggi, e quello che dobbiamo aspettarci dall'avvenire. Tutto ciò che la profezia ha predetto fino ai nostri giorni è stato confermato dalle pagine della storia, e noi possiamo essere certi che tutto ciò che ancora deve accadere si adempirà a suo tempo. Alla vigilia di grandi eventi PEC 101 3 Il finale abbattimento di tutti i domini terreni è chiaramente predetto nella Parola di verità. Il messaggio è dato nella sentenza che Dio pronunciò sull'ultimo re d'Israele: "Così parla Dio, il Signore: 'Il turbante sarà tolto, il diadema sarà levato;... ciò che è in basso sarà innalzato; ciò che è in alto sarà abbassato. Rovina, rovina, rovina. Questo farò di lei; anch'essa non sarà più, finché non venga colui a cui appartiene il giudizio e al quale lo rimetterò'". Ezechiele 21:31, 32. PEC 101 4 La corona rimossa da Israele passò successivamente ai regni di Babilonia, Persia, Grecia e Roma. Dio dice:"Rovina, rovina, rovina. Questo farò di lei; anch'essa non sarà più, finché non venga colui a cui appartiene il giudizio e al quale lo rimetterò". Ezechiele 21:33. PEC 101 5 Quel tempo è vicino. Oggi i segni dei tempi dichiarano che noi siamo alla vigilia di eventi grandiosi e solenni. Tutto nel mondo è in agitazione. Sotto i nostri occhi si adempie la profezia del Salvatore relativa agli eventi che precedono il suo avvento: "Voi udrete parlare di guerre e di rumori di guerre... insorgerà nazione contro nazione e regno contro regno; ci saranno carestie e terremoti in vari luoghi...". Matteo 24:6, 7. PEC 101 6 Il nostro è un tempo di travolgente interesse per ogni essere vivente. Governanti e uomini di stato, persone che occupano posizioni di fiducia e di autorità, pensatori di ogni classe sociale, concentrano la loro attenzione su quanto sta accadendo nel mondo. Costoro stanno osservando le relazioni sempre più tese esistenti tra le nazioni, notano la tensione che si va sempre più manifestando in ogni elemento terreno e riconoscono che qualcosa di grande e di decisivo sta per succedere: il mondo è sull'orlo di una spaventosa crisi. PEC 101 7 Gli angeli trattengono i venti del conflitto perché non soffino sino a che tutta l'umanità non sia stata avvertita dell'incombente minaccia. Una tempesta, però, si prepara e sta per abbattersi sulla terra. Quando Dio ordinerà ai suoi angeli di lasciare i venti, ci saranno scene di rivolta tali che la penna non può descrivere. Scene finali della storia terrena PEC 102 1 La Bibbia, e la Bibbia soltanto, può dare una visione esatta di queste cose. In essa sono rivelate le grandi scene finali della storia, eventi che già proiettano la loro ombra fino a noi. "Perché essi hanno trasgredito le leggi, hanno violato il comandamento, hanno rotto il patto eterno. Perciò una maledizione ha divorato la terra e i suoi abitanti ne portano la pena...". Isaia 24:5, 6. PEC 102 2 "Io guardo la terra, ed ecco è desolata e deserta; i cieli sono senza luce. Guardo i monti, ed ecco tremano, tutti i colli sono agitati. Guardo, ed ecco non c'è uomo; tutti gli uccelli del cielo sono volati via. Guardo, ed ecco il Carmelo è un deserto; tutte le sue città sono abbattute davanti al Signore...". Geremia 4:23-26. PEC 102 3 "Va', o mio popolo, entra nelle tue camere, chiudi le tue porte, dietro a te; nasconditi per un istante, finché sia passata l'indignazione". Isaia 26:20. PEC 102 4 "Poiché tu hai detto: 'O Signore, tu sei il mio rifugio', e hai fatto dell'Altissimo il tuo riparo, nessun male potrà colpirti, né piaga alcuna s'accosterà alla tua tenda". Sai 91:9, 10; cfr. Sai 50:1-4; Michea 4:10-12; Geremia 30:17, 18; Isaia 25:8, 9; Isaia 30:20-22; Isaia 60:18; Isaia 54:14. PEC 102 5 I profeti, ai quali queste grandiose scene furono rivelate, desideravano comprenderne la portata e: "...indagarono e fecero ricerche i profeti... Essi cercavano di sapere l'epoca e le circostanze cui faceva riferimento lo Spirito di Cristo che era in loro... E fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi, amministravano quelle cose che ora vi sono state annunziate... cose nelle quali gli angeli bramano penetrare con i loro sguardi". 1 Pietro 1:10-12. PEC 102 6 Per quanti sono giunti alla vigilia del loro adempimento, quale palpitante interesse, quale profonda importanza rivestono queste anticipazioni di eventi futuri; eventi che da quando i nostri progenitori lasciarono l'Eden, i figli di Dio hanno osservato, atteso, desiderato, e per i quali hanno pregato! Cose di grande valore PEC 102 7 Nel nostro tempo, come prima della distruzione del mondo mediante il diluvio, uomini e donne sono presi dai piaceri e dalla soddisfazione dei sensi. Hanno perso di vista ciò che è invisibile ed eterno. Per le cose che periscono, sacrificano ricchezze di valore eterno. Le loro menti hanno bisogno di elevarsi e la loro visione della vita di allargarsi; costoro devono essere risvegliati dalla sonnolenza dei sogni mondani. PEC 103 1 Dall'ascesa e dal crollo delle nazioni di cui parlano le pagine del Libro, essi devono capire tutta la vanità della gloria puramente esteriore e terrena. Babilonia, con tutta la sua potenza e la sua magnificenza -- potenza e magnificenza che ai contemporanei sembravano stabili e durature -- è scomparsa completamente! È perita come "il fiore dell'erba". Così finisce tutto ciò che non ha Dio per fondamento. Solo ciò che corrisponde ai suoi piani ed è espressione del suo carattere può durare. I suoi princìpi sono le sole cose stabili che il nostro mondo conosca. PEC 103 2 È questa la grande verità che vecchi e giovani hanno bisogno di conoscere. Bisogna studiare l'attuazione del piano di Dio nella storia dei popoli e nella rivelazione delle cose future per poter stimare, secondo il loro giusto valore, le cose visibili e quelle invisibili, per poter interpretare il vero scopo della vita. Imparando fin da ora le verità fondamentali del regno di Dio e divenendo sudditi e cittadini di esso, saremo preparati a prenderne possesso alla sua venuta. PEC 103 3 Il giorno è vicino. Per apprendere queste lezioni, per compiere l'opera che rimane da fare, per completare la trasformazione del carattere, il tempo che ci resta è molto poco. PEC 103 4 "Perciò di' loro: 'Così parla Dio, il Signore: nessuna delle mie parole sarà più rinviata; la parola che avrò pronunziata sarà messa a effetto, dice Dio, il Signore". Ezechiele 12:28. ------------------------Capitolo 20: Ricerca e studio della Bibbia PEC 104 1 Nell'infanzia, nella gioventù, e nella età adulta, Gesù studiò le Scritture. Da bambino, stava ogni giorno sulle ginocchia della madre per ricevere l'istruzione che ella attingeva dai rotoli dei profeti. In gioventù, la mattina presto e la sera verso il tramonto, se ne stava solo sul monte o tra gli alberi del bosco a trascorrere un'ora nella quiete della preghiera e dello studio della Parola di Dio. Durante il suo ministero, la sua profonda conoscenza delle Scritture rivelò con quanta diligenza egli le studiasse. Siccome egli acquisì la conoscenza nello stesso modo in cui possiamo acquisirla anche noi, la sua straordinaria capacità mentale e spirituale è una testimonianza del valore della Bibbia come strumento di formazione. Insegnare ai bambini fin dall'infanzia PEC 104 2 Nel dare la sua Parola il nostro Padre celeste non trascurò i bambini. In tutto quello che i mortali hanno scritto, si può trovare qualcosa che abbia tanta presa sui cuori, qualcosa capace di suscitare tanto interesse nei piccoli, come le storie contenute nella Bibbia? PEC 104 3 In questi semplici racconti possono essere chiarite le verità della legge di Dio. Per mezzo delle illustrazioni più adatte alla comprensione del bambino, genitori e insegnanti possono cominciare molto presto ad attuare l'ordine del Signore circa le sue prescrizioni: "Li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai". Deuteronomio 6:7. PEC 104 4 L'uso di lezioni pratiche, di cartine, di immagini e di altro materiale è un aiuto per spiegare queste lezioni e per imprimerle nella loro mente. Genitori e insegnanti dovrebbero sforzarsi di trovare sempre nuovi metodi. L'insegnamento della Bibbia dovrebbe impegnare i nostri primi pensieri, i metodi migliori, lo sforzo più intenso. PEC 104 5 Per suscitare e rafforzare l'amore per lo studio della Bibbia, è molto adatto il momento del culto. Il culto mattutino e quello serale dovrebbero essere le ore più dolci e più proficue della giornata: nessun pensiero sgradevole dovrebbe turbarne la pace, perché genitori e figli si riuniscono per incontrarsi con Gesù e con gli angeli. L'incontro dovrebbe essere breve e pieno di vitalità, adatto alla circostanza e non monotono. Che tutta la famiglia si unisca nella lettura e nello studio della Bibbia, ricordando frequentemente la legge di Dio. Di tanto in tanto, i genitori dovrebbero incoraggiare i bambini a scegliere loro stessi i brani da leggere: ciò accrescerà il loro interesse. Ponete loro domande sul brano letto e lasciate che anche loro ne facciano. Menzionate tutto quello che può aiutare a meglio illustrarne il significato. Se il culto non è troppo lungo, date modo ai piccoli di partecipare alla preghiera e al canto, fosse pure per una sola strofa. PEC 105 1 Perché il culto di famiglia riesca nel modo migliore, è necessario prepararlo. I genitori dovrebbero prendersi ogni giorno del tempo per studiare la Bibbia con i figli e perché questo si realizzi occorreranno sforzo, programmazione e qualche sacrificio, però l'impegno sarà riccamente ripagato. PEC 105 2 Per interessare i figli alla Bibbia, dobbiamo noi per primi esserne interessati; per suscitare in loro l'amore per lo studio della Parola, dobbiamo amarlo anche noi. L'istruzione da noi impartita avrà il solo peso dell'influsso dato dal nostro esempio e dalla nostra vita. PEC 105 3 Dio chiamò Abramo a essere un insegnante della sua Parola e lo scelse per farne il padre di una grande nazione, perché vide che il patriarca avrebbe ammaestrato i figli e la sua casa secondo i fondamenti della sua legge. Quello che diede valore all'insegnamento di Abramo fu l'influsso esercitato dalla sua vita. La sua grande famiglia, inclusa la servitù, contava più di mille persone, molte delle quali erano capifamiglia, e non pochi erano stati di recente convertiti dal paganesimo; un tale gruppo di persone esigeva che il timone fosse retto da una mano salda. Metodi deboli e vacillanti non sarebbero bastati. PEC 105 4 Di Abramo, Dio disse: "Io l'ho prescelto perché ordini ai suoi figli, e alla sua casa dopo di lui, che seguano la via del Signore...". Genesi 18:19. Tuttavia, esercitò l'autorità con tale saggezza e tenerezza che riuscì a conquistare i loro cuori. L'influsso di Abramo si estese oltre la sua casa. Ovunque egli piantasse la tenda, vi erigeva vicino un altare per il sacrificio e per l'adorazione. Dopo che la tenda era rimossa, l'altare rimaneva e molti cananei erranti, la cui conoscenza di Dio era derivata dalla vita del suo servo Abramo, si fermavano a quell'altare per offrire essi stessi sacrifici al Signore. L'insegnamento della Parola di Dio non sarà oggi meno efficace se troverà un fedele riflesso nella vita degli insegnanti. Ciascuno deve rendere conto di sé PEC 105 5 Non basta sapere che cosa altri abbiano pensato o imparato della Bibbia. Ciascuno dovrà rendere conto di sé a Dio nel giudizio, e fin da ora deve comprendere quale sia la verità. Ma, affinché lo studio sia efficace, bisogna stimolare l'interesse dell'allievo. Questa è una cosa che non va persa di vista, specialmente da chi ha a che fare con bambini e giovani che differiscono molto per attitudine, educazione e abitudini. Nell'insegnare la Bibbia ai bambini trarremo vantaggio osservando l'inclinazione delle loro menti, scoprendo le cose che li interessano, e suscitando la loro curiosità verso ciò che la Bibbia dice di queste cose. Colui che ci ha creati con le nostre diverse attitudini, ha messo nella sua Parola qualche cosa per ognuno. Quando i bambini e i giovani vedono che le lezioni della Bibbia si applicano alla loro vita, aiutateli a considerarla come loro consigliera, e ad apprezzarne la sublime bellezza. Molti libri di nessun valore, eccitanti e dannosi, vengono raccomandati, o per lo meno se ne consente la lettura, per il loro presunto valore letterario. Perché dovremmo condurre i figli a dissetarsi a questi ruscelli contaminati, quando possono accedere alle pure fonti della Parola di Dio? La Bibbia possiede una pienezza, una forza, e una profondità inesauribili. Incoraggiate i bambini e i giovani a scoprirne la ricchezza di pensiero e di espressione. PEC 106 1 Mentre la bellezza di queste cose preziose attrae le loro menti, un dolce influsso toccherà i loro cuori: essi saranno attratti verso colui che in questo modo si è rivelato loro. Sono pochi coloro che non desiderano conoscere le sue opere e le sue vie. Chi studia la Bibbia deve imparare ad accostarsi ad essa con lo spirito di chi vuole imparare. Le pagine vanno esaminate non per trovare prove per sostenere le nostre opinioni, ma per conoscere quello che Dio vuole dirci. PEC 106 2 La vera conoscenza della Bibbia si raggiunge solo grazie all'aiuto di quello Spirito mediante il quale la Parola fu data. Per possedere questa conoscenza, dobbiamo vivere di essa: dobbiamo fare, cioè, tutto quello che la Scrittura comanda, e reclamare tutto ciò che essa promette. La vita che essa raccomanda è la vita che, per mezzo della sua potenza, noi dobbiamo vivere. Solo quando la Bibbia è tenuta in questa considerazione, possiamo studiarla con efficacia. PEC 106 3 Lo studio della Bibbia richiede sforzo diligente e pensiero perseverante. Come il minatore scava per trovare oro nella terra, così noi con ardore e costanza dobbiamo cercare il tesoro nella Parola di Dio. PEC 106 4 Nello studio quotidiano il metodo del "versetto per versetto" è spesso molto utile. Chi studia, prenda un versetto e vi concentri il pensiero, per scoprire il concetto che Dio vi ha posto proprio per lui o per lei. In seguito, mediti sul pensiero in questione fino a che non sia diventato suo. Un singolo versetto, studiato così fino a quando il suo significato diventi chiaro, ha più valore perfino di una lettura accurata di molti capitoli, fatta però senza uno scopo preciso e dalla quale non deriva perciò alcuna istruzione positiva. PEC 106 5 Una delle principali cause dell'inefficienza mentale e della debolezza morale va attribuita alla mancanza di impegno per fini degni di attenzione. Spesso ci vantiamo della larga diffusione raggiunta dalle opere letterarie, però questo moltiplicarsi di libri, anche di quelli che non sono di per se stessi nocivi, può provocare un male sicuro. Con la marea di materiale stampato che esce di continuo dalle tipografie, giovani e vecchi prendono l'abitudine di leggere in fretta e con superficialità, e la mente perde così la facoltà di pensare in modo coerente e rigoroso. Si aggiunga poi che un gran numero di libri e periodici, diffusi sulla terra come una piaga, non sono solo banali, inutili o snervanti, ma addirittura immorali e degradanti; intossicano e rovinano la mente, tanto che finiscono per corrompere e distruggere l'anima. La mente e il cuore indolenti e senza un obiettivo diventano facile preda del male, così come su organismi malati e senza vita si sviluppano i funghi. La mente oziosa è il laboratorio di Satana. Che la mente, quindi, si rivolga ad alti e santi ideali; che la vita abbia uno scopo nobile, un fine coinvolgente e allora il male avrà scarsa presa su di noi. PEC 107 1 Si insegni dunque ai giovani a studiare con attenzione la Parola di Dio che, accettata nell'anima, costituirà una forte barriera contro la tentazione. Il salmista afferma: "Ho conservato la tua parola nel mio cuore; per non peccare contro di te". Salmi 119:11. "...per ubbidire alla parola delle tue labbra, mi son guardato dalle vie del violento". Salmi 17:4. Confrontare la scrittura con la scrittura PEC 107 2 La Bibbia si commenta da sé. La Scrittura deve essere confrontata con la Scrittura. Coloro che la studiano dovrebbero imparare a considerarla come un tutto, e a vedere la relazione esistente fra le sue varie parti. Inoltre, dovrebbero conoscerne il grande tema centrale, il piano originario di Dio per il mondo, l'inizio della grande lotta fra il bene e il male e l'opera della redenzione. Dovrebbero comprendere la natura dei due contendenti che lottano per la supremazia, e imparare a riconoscerne le tracce nella storia e nella profezia fino alla conclusione finale. Dovrebbero capire come questa lotta entra in ogni fase dell'esperienza umana; come in ogni atto della vita una persona rivela l'una o l'altra di queste due opposte potenze, e come essi stessi stanno decidendo proprio adesso da che parte schierarsi. PEC 107 3 Ogni porzione della Bibbia è stata data per ispirazione divina ed è utile. L'Antico Testamento dovrebbe essere oggetto di un'attenzione non inferiore a quella data al Nuovo. Studiandolo, troveremo zampillanti sorgenti là dove, forse, un lettore superficiale scorge solo il deserto. PEC 107 4 Il libro dell'Apocalisse, in relazione con quello di Daniele, richiede uno studio particolare. Ogni insegnante che tema Dio dovrebbe impegnarsi per presentare il più chiaramente possibile il Vangelo che il Salvatore rivelò personalmente a Giovanni: "Rivelazione di Gesù Cristo, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che devono avvenire tra breve". Apocalisse 1:1. PEC 108 1 Quando si riesce a suscitare un vero amore per la Bibbia, e coloro che la studiano cominciano a rendersi conto della vastità del campo e del valore del tesoro in essa racchiuso, si fa vivo in loro il desiderio di sfruttare ogni opportunità per approfondirne la conoscenza, il cui studio non sarà confinato a un momento o in un luogo particolari. Questa continuità nello studio rappresenta uno dei mezzi migliori per coltivare l'amore per la Scrittura. Incoraggiate gli studenti ad avere la Bibbia sempre con sé; ogni volta che ne hanno occasione, ne leggano un brano e vi meditino sopra: attingeranno così qualche prezioso pensiero dallo scrigno della verità. PEC 108 2 Le grandi forze motrici dello spirito sono la fede, la speranza e la carità. Ed è a queste che lo studio della Bibbia, rettamente perseguito, farà appello. La bellezza esteriore della Bibbia, la magnificenza delle sue immagini e delle sue espressioni, non sono altro che l'incastonatura del suo vero tesoro: la bellezza della santità. Nella narrazione biblica di uomini e donne che camminarono con Dio, possiamo cogliere qualche barlume della gloria divina. Nella persona che "è un incanto" (Cantico dei Cantici 5:16), noi contempliamo l'Essere di cui tutto lo splendore del cielo e della terra non è che un pallido riflesso. Come studenti della Bibbia contempliamo il Redentore: ci sarà allora nel nostro spirito un risveglio della potenza misteriosa della fede, dell'adorazione e dell'amore. La visione continua della persona di Cristo ci farà somiglianti a colui che adoriamo. PEC 108 3 Le sorgenti della pace e della gioia del cielo, scorrendo nell'anima attraverso le parole dell'ispirazione, diventeranno un fiume dal potente influsso per benedire tutti coloro che ne entrano in contatto. Che i giovani cristiani di oggi, quelli che crescono con la Bibbia in mano, ne ricevano essi stessi energia vitale e come torrenti di benedizione inondino il mondo! ------------------------Capitolo 21: Studio della fisiologia PEC 110 1 Siccome la mente e l'anima si esprimono attraverso il corpo, il vigore mentale e spirituale dipendono in grande misura dalla forza e dall'attività fisiche. Tutto ciò che contribuisce alla salute del corpo, giova anche allo sviluppo di una mente forte e di un carattere equilibrato. Senza salute nessuno può distintamente comprendere o completamente adempiere agli obblighi verso se stesso, verso gli altri e verso Dio. Ne consegue che la salute dovrebbe essere curata con la stessa attenzione del carattere. La conoscenza della fisiologia e dell'igiene dovrebbe costituire la base di ogni impegno educativo. PEC 110 2 Quantunque gli aspetti della fisiologia siano oggi generalmente compresi, c'è un'allarmante indifferenza circa le leggi della salute. Perfino tra coloro che le conoscono, pochi però le mettono in pratica. PEC 110 3 I giovani, nella freschezza e nel pieno vigore della vita, non sempre si rendono conto del valore della loro esuberante energia. Questo tesoro, lo sviluppo fisico, molto più prezioso dell'oro, più necessario del sapere, della posizione sociale e della ricchezza, è tenuto in scarsa considerazione e sperperato incautamente. Molti, sacrificando la salute nella corsa per la ricchezza o per il potere, sul punto di raggiungere l'oggetto del loro desiderio sono caduti, mentre altri, dotati di maggiore resistenza fisica, sono riusciti a raggiungere il premio ambito. In condizioni patologiche, frutto della negligenza delle leggi della natura, molti si sono lasciati andare ad abitudini malsane, e si sono privati di ogni speranza per questo mondo e per quello futuro. PEC 110 4 Nello studio della fisiologia, gli studenti dovrebbero essere guidati a riconoscere il valore dell'energia fisica e a capire in che modo possa essere salvaguardata e sviluppata per contribuire alla riuscita nella grande battaglia della vita. Insegnare ai bambini a vivere in modo salutare PEC 110 5 Per questo motivo si dovrebbero insegnare ai bambini, con semplicità e chiarezza, i primi rudimenti della fisiologia e dell'igiene. Tale compito, cominciato dalla madre in casa, dovrebbe essere fedelmente continuato a scuola. Via via che gli alunni crescono, questa formazione dovrebbe proseguire fino a quando saranno capaci di aver cura della casa dove abitano. Inoltre, dovrebbero capire l'importanza di prevenire la malattia preservando la piena efficienza di ogni organo, ed essere preparati per curare comuni malattie e incidenti. Ogni scuola dovrebbe fornire un insegnamento nel campo della fisiologia e dell'igiene. PEC 111 1 Ci sono elementi che generalmente non sono inclusi nello studio della fisiologia e che invece dovrebbero essere considerati con maggiore attenzione, elementi che dovrebbero avere per lo studente valore maggiore di molte questioni tecniche insegnate sotto il nome di "fisiologia". Il punto di partenza dell'insegnamento di questa materia è il seguente: i giovani dovrebbero comprendere che le leggi della natura sono le leggi di Dio, nella stessa misura in cui lo sono i precetti del decalogo. Dio ha scritto su ogni nervo, muscolo, e fibra del corpo le leggi che governano ogni organismo. Ogni trascuratezza e ogni violazione volontaria di esse sono un peccato contro il nostro Creatore. PEC 111 2 L'influsso della mente sul corpo come pure del corpo sulla mente dovrebbe essere messo in risalto. La forza elettrica del cervello, provocata dall'attività mentale, vivifica l'intero organismo e costituisce una valida difesa contro la malattia. Questo dovrebbe essere chiarito. Le potenzialità della volontà e l'importanza dell'autocontrollo, sia nel mantenere la salute sia nel recuperarla, dovrebbero essere messe in evidenza; così anche l'effetto deprimente e perfino devastante dell'ira, dell'insoddisfazione, dell'egoismo e dell'immoralità, in contrapposizione allo straordinario potere esaltante della gioia, dell'altruismo e della gratitudine. PEC 111 3 Nella Scrittura c'è una verità fisiologica sulla quale dobbiamo riflettere: "Un cuore allegro è un buon rimedio". Proverbi 17:22. PEC 111 4 Nello studio del funzionamento del corpo si dovrebbe considerare con attenzione il meraviglioso adattamento dei mezzi ai fini: l'azione armoniosa e l'interdipendenza dei suoi organi. Una volta che l'interesse degli studenti è stato risvegliato, e che questi sono pronti a capire l'importanza dell'educazione fisica, l'insegnante può fare molto per assicurare loro uno sviluppo adatto e buone abitudini. Corretta postura e respirazione PEC 111 5 Una delle prime mète da conseguire dovrebbe essere una corretta posizione sia nello stare seduti, sia in piedi. Dio ha fatto gli esseri umani eretti e vuole che posseggano non solo vantaggi fisici, ma anche mentali e morali: la grazia, la dignità, l'autocontrollo e il coraggio che un portamento eretto contribuisce a promuovere. Su questo punto l'insegnante dia delle direttive con l'esempio e con le regole: mostri che cosa significa tenere una posizione corretta, e insista perché essa sia sempre mantenuta. PEC 111 6 Dopo questo, molto importanti sono la respirazione e l'educazione della voce. Chi adotta una postura eretta quando siede o sta in piedi, probabilmente respirerà meglio di altri. L'insegnante dovrebbe spiegare ai suoi alunni il valore di una corretta respirazione: la funzione ottimale degli organi respiratori, presenziando alla circolazione del sangue, fortifica l'intero organismo, stimola l'appetito, facilita la digestione, e determina un sonno sano e dolce. Ciò ristora il corpo e calma la mente, dandole tranquillità. Si facciano perciò esercizi di respirazione profonda, e si vegli perché questa diventi una buona abitudine. PEC 112 1 L'impostazione della voce ha un posto importante nello sviluppo fisico, in quanto contribuisce a espandere e a rinforzare i polmoni, e a prevenire così la malattia. Per avere una dizione corretta nel leggere e nel parlare bisogna fare in modo che i muscoli addominali possano espandersi liberamente nell'atto della respirazione e che gli organi respiratori non siano minimamente compressi. Lo sforzo deve procedere dai muscoli dell'addome e non da quelli della gola. Si eviteranno così l'affaticamento e serie malattie della gola e dei polmoni. Ponendo la giusta attenzione, si otterrà una dizione ben articolata, fluida e dai toni modulati, evitando anche di parlare troppo in fretta. Ciò, oltre a favorire la salute, aggiunge grazia ed efficacia al lavoro dello studente. PEC 112 2 Bisogna far capire ai giovani il danno costituito da vestiti che pesano o comprimono un qualsiasi organo del corpo. Gli abiti dovrebbero essere fatti in modo che la respirazione risulti libera e le braccia possano essere alzate sopra la testa senza difficoltà. PEC 112 3 Nello studio dell'igiene l'insegnante coscienzioso sfrutterà ogni opportunità per indicare la necessità di una perfetta pulizia personale e dell'ambiente. Dovrebbe essere sottolineato il valore del bagno quotidiano per promuovere la salute e stimolare l'azione mentale. Si dovrebbe anche porre attenzione all'illuminazione solare, alla ventilazione, all'igiene della stanza da letto e della cucina. Insegnate agli studenti che una sana stanza da letto, una cucina perfettamente pulita, una tavola preparata con gusto e ricca di cibi salutari, contribuiscono alla felicità della famiglia, più di quanto non faccia una quantità di mobili costosi. Il fatto che "la vita è più del nutrimento e il corpo più del vestito" (cfr. Luca 12:23), è una lezione non meno necessaria oggi rispetto a quando il nostro divino Maestro era sulla terra. PEC 112 4 Lo studente della fisiologia dovrebbe imparare che lo scopo del suo studio non è semplicemente quello di acquisire una conoscenza di fatti e leggi, perché ciò sarebbe di scarso vantaggio. Può imparare a capire l'importanza di una ventilazione adeguata, aerare quindi la camera da letto, ma se non si eserciterà a riempire i polmoni mediante una corretta respirazione ne porterà le conseguenze. Il grande requisito nell'insegnare queste semplici regole consiste nell'imprimerne l'importanza affinché gli alunni possano consapevolmente metterle in pratica. PEC 113 1 Che gli studenti comprendano il concetto secondo cui il corpo è un tempio nel quale Dio desidera abitare e che esso va conservato puro, perché sede permanente di alti e nobili pensieri. Studiando la fisiologia essi si accorgeranno di essere stati fatti "in modo stupendo" (Salmi 139:14) e sentiranno così un profondo rispetto. Anziché guastare il capolavoro di Dio, essi avranno l'ambizione di fare tutto il possibile per realizzare il glorioso piano del Creatore. In tal modo giungeranno a considerare l'ubbidienza alle leggi della salute non come un atto di sacrificio o di rinuncia, ma come in realtà esso è: un inestimabile privilegio, una benedizione. ------------------------Capitolo 22: Temperanza e alimentazione PEC 114 1 Ogni studente deve comprendere la relazione esistente fra il vivere semplicemente e il pensare in modo elevato. Sta a noi, individualmente, decidere se la nostra vita sarà dominata dalla mente o dal corpo. Ciascuno compie la scelta che modella la propria vita, e non si dovrebbe risparmiare alcun tentativo per far capire con quali forze abbiamo a che fare e quali sono gli influssi che determinano il carattere e il destino. PEC 114 2 L'intemperanza è un nemico contro il quale tutti dobbiamo stare in guardia. La rapida crescita di questo terribile male dovrebbe indurre ogni persona a lottare contro di esso. L'informazione su argomenti relativi alla temperanza dovrebbe essere fornita dalla scuola e dalla famiglia. I giovani dovrebbero comprendere quale sia l'effetto dell'alcol, del tabacco e di altri veleni simili che deprimono il corpo, annebbiano la mente e spingono l'anima alla sensualità. Si dovrebbe chiarire che nessuno che faccia uso di tali sostanze può conservare a lungo l'integrità delle facoltà fisiche, mentali e morali. PEC 114 3 Per scoprire la radice dell'intemperanza occorre andare oltre l'uso dell'alcol e del tabacco. L'ozio, la mancanza di uno scopo, le cattive compagnie, possono esserne la causa iniziale. Tale causa si ritrova spesso sulla tavola di famiglie che si considerano strettamente temperanti. Tutto ciò che ostacola la digestione, che crea un'eccessiva eccitazione mentale, o che in qualche modo indebolisce l'organismo, danneggia l'equilibrio delle facoltà mentali e fisiche, riduce il dominio della mente sul corpo e induce così all'intemperanza. La caduta di molti giovani promettenti può essere attribuita ad appetiti non naturali provocati da una dieta malsana. PEC 114 4 Tè e caffè, condimenti come il pepe e la mostarda, cioccolata, pasticcini, sono tutte causa di cattiva digestione. Anche l'alimentazione carnea è nociva. Il suo effetto stimolante dovrebbe costituire un argomento sufficiente contro il suo uso, e le ormai generali condizioni di malattia degli animali lo rende discutibile. Il consumo carneo contribuisce a irritare i nervi e a eccitare le passioni, dando così maggiore impulso agli istinti più bassi. PEC 114 5 Coloro che si abituano a una dieta grassa e pesante, avvertono che dopo un po' di tempo lo stomaco non si accontenta più di un'alimentazione semplice ed esige cibi sempre più conditi, piccanti ed eccitanti. Le funzioni nervose si àlterano, l'organismo si indebolisce e la volontà sembra impotente a resistere a questo appetito innaturale. I delicati tessuti dello stomaco si irritano e si infiammano a tal punto che neppure il cibo più stimolante riesce a procurare sollievo. Ne deriva una tale sete che solo bevande forti possono placare. PEC 115 1 Inizia così quel male contro il quale si dovrebbe stare in guardia. Nella formazione dei giovani è necessario rendere evidente la manifestazione di deviazioni anche apparentemente piccole. Ecco perché è bene far comprendere agli studenti il valore di una dieta semplice e sana per prevenire il desiderio di stimoli artificiali. Si cerchi di stabilire molto presto in loro l'abitudine del dominio di sé, e di radicare il concetto che non devono essere schiavi ma padroni. Dio li ha fatti sovrani del regno che è dentro di loro, e quindi essi devono esercitare l'autorità loro attribuita dal cielo. Quando tali nozioni sono fedelmente impartite, i risultati si estenderanno ben oltre gli stessi giovani, e ne deriveranno influssi che salveranno migliaia di uomini e donne che sono sull'orlo dell'abisso. Dieta e sviluppo mentale PEC 115 2 La relazione esistente fra dieta e sviluppo intellettuale dovrebbe richiedere maggiore attenzione di quella fin qui accordatale. La confusione e il torpore della mente sono spesso conseguenza di errori alimentari. Si afferma frequentemente che l'appetito è una sicura guida nella scelta dei cibi. Se le leggi della salute fossero state sempre seguite, la cosa sarebbe vera. Purtroppo, invece, in seguito a cattive abitudini rinnovate di generazione in generazione, l'appetito si è pervertito al punto da richiedere costantemente gratificazioni dannose. Dunque, esso non costituisce più una guida affidabile. PEC 115 3 Nello studio dell'igiene, i giovani dovrebbero essere informati del valore nutritivo dei vari cibi e dell'effetto derivato sia da un'alimentazione pesante ed eccitante, sia da cibi privi di elementi nutritivi necessari. Il tè e il caffè, il pane di farina raffinata, i sottaceti, le verdure di scadente qualità, i dolciumi, i condimenti come pepe e mostarda, e i pasticcini non contengono appropriate sostanze nutritive. Diversi studenti si sono debilitati in seguito all'uso di questi cibi. Un'alimentazione così povera affligge molti bambini di per sé gracili e incapaci quindi di un'energica attività mentale o fisica. Cereali integrali, frutta di stagione, frutta oleosa (come noci, nocciole, mandorle, ecc.), verdure e ortaggi appropriatamente combinati, contengono tutti gli elementi per una corretta alimentazione; se ben preparati, costituiscono una dieta che promuove il massimo vigore fisico e mentale. PEC 115 4 È necessario prendere in considerazione non solo le proprietà del cibo, ma anche la sua adattabilità a chi deve consumarlo. Spesso alimenti che possono essere assunti tranquillamente da chi svolge lavoro manuale, devono invece essere evitati da coloro la cui attività è soprattutto cerebrale. Si dovrebbe fare attenzione anche alla corretta combinazione dei cibi. Coloro che hanno un'occupazione intellettuale o sono addetti a lavori sedentari dovrebbero consumare nello stesso pasto solo pochi alimenti di vario genere. PEC 116 1 Conviene non eccedere nel mangiare, anche se si tratta di nutrimento sano. La natura non può adoperare più di quanto è richiesto per nutrire i diversi organi del corpo, e così l'eccesso danneggia l'organismo. A volte si ritiene che alcuni studenti si siano ammalati per troppo studio, quando la causa reale era da ricercare nell'eccesso di cibo. Se si dà il giusto valore alle leggi della salute, non ci sarà alcun pericolo di grave affaticamento mentale, tanto più che in molti casi il cosiddetto collasso mentale è la conseguenza di uno stomaco imbarazzato che stanca il corpo e indebolisce il cervello. PEC 116 2 Nella maggior parte dei casi, due pasti al giorno sono preferibili a tre. La cena, consumata a distanza troppo ravvicinata al pasto precedente, ne ostacola la digestione; se consumata in ore tarde, non può essere digerita prima di andare a letto. Così lo stomaco è privato del dovuto riposo: il sonno è disturbato, il cervello e il sistema nervoso sono affaticati, e a colazione l'appetito risulta guastato. Così facendo l'intero organismo non viene ricaricato, ed è impreparato per i compiti della giornata. PEC 116 3 Non va trascurata la regolarità negli orari dei pasti e del sonno. Siccome il lavoro di ricostruzione del corpo avviene durante le ore del riposo, è indispensabile, specialmente per i giovani, che il sonno sia regolare e abbondante. PEC 116 4 Per quanto possibile, si eviti di mangiare in fretta. Se si ha poco tempo, si mangi poco. Meglio saltare addirittura un pasto piuttosto che mangiare senza masticare convenientemente. PEC 116 5 L'ora del pasto dovrebbe essere un'occasione per socializzare e rilassarsi. Ogni pensiero o discussione che possano appesantire o infastidire dovrebbero essere banditi. Si manifesti fiducia, gentilezza e gratitudine verso il Datore di tutto ciò che è buono, e la conversazione sia gaia, ricca di pensieri piacevoli che elevano senza affaticare. PEC 116 6 Il rispetto della temperanza e la regolarità in ogni cosa hanno un potere meraviglioso. Contribuiscono più delle circostanze e delle doti naturali a creare quell'attitudine dolce e serena che ha tanta importanza nell'appianare il sentiero della vita. Allo stesso tempo, la forza dell'autocontrollo così acquisita sarà preziosissima per affrontare con successo i duri doveri e le realtà che attendono ogni essere umano. PEC 116 7 Le vie della saggezza "...sono vie deliziose, e tutti i suoi sentieri sono tranquilli". Proverbi 3:17. Che ogni giovane, avendo davanti a sé la possibilità di un destino più alto di quello dei re, rifletta sulla lezione contenuta nelle parole dell'uomo saggio: "Beato te, o paese, ... i cui principi si mettono a tavola al tempo convenevole, per ristorare le forze e non per ubriacarsi!" Ecclesiaste 10:17. ------------------------Capitolo 23: Ricreazione PEC 117 1 C'è differenza fra ricreazione e divertimento. La ricreazione, quando è veramente ri-creazione, fortifica ed edifica. Essa offre refrigerio alla mente e al corpo, e in tal modo ci mette in condizione di ritornare con rinnovato vigore all'intenso lavoro quotidiano. Il divertimento, invece, è ricercato per amore del piacere ed è spesso portato all'eccesso. Esso assorbe le energie necessarie al lavoro utile e così finisce con l'ostacolare la vera riuscita nella vita. PEC 117 2 Il corpo tutto intero è fatto per l'azione e, a meno che le energie fisiche non siano conservate in buona salute con l'esercizio attivo, le facoltà mentali non potranno essere sfruttate al massimo. Combinata ad altre condizioni poco salutari, l'inerzia fisica, quasi inevitabile nell'aula scolastica, la rende un luogo snervante per i bambini, soprattutto per quelli di debole costituzione. Spesso il ricambio dell'aria è insufficiente; scomodi sedili incoraggiano posture innaturali, ostacolando così il regolare funzionamento dei polmoni e del cuore. Qui i bambini devono trascorrere da tre a cinque ore il giorno, respirando un'aria forse anche infetta per la presenza di germi di malattie. Non c'è quindi da meravigliarsi se è proprio nell'aula che spesso si gettano le basi di una malattia che durerà tutta la vita. PEC 117 3 Il cervello, l'organo più delicato, dal quale deriva l'energia nervosa di tutto l'organismo, subisce il male maggiore. Costretto a un'attività prematura o eccessiva, e in un ambiente insano, si indebolisce, e non di rado i danni che ne conseguono sono permanenti. PEC 117 4 I bambini non dovrebbero essere costretti a rimanere a lungo al chiuso, né dovrebbero essere spinti ad applicarsi intensamente allo studio sino a che non sia stata gettata una buona base per il loro sviluppo fisico. Per i suoi primi otto o dieci anni, la migliore aula scolastica è il campo o il giardino, la migliore maestra è la madre, il più valido libro di testo è la natura. Anche quando i bambini sono abbastanza grandi da andare a scuola, la loro salute dovrebbe essere considerata di primaria importanza rispetto alle conoscenze acquisite sui libri. Essi dovrebbero essere soprattutto circondati dalle condizioni più favorevoli allo sviluppo fisico e mentale. PEC 117 5 I bambini più piccoli non sono gli unici a risentire della mancanza di aria e di esercizio. Nelle scuole superiori come in quelle elementari queste condizioni indispensabili alla salute sono troppo spesso trascurate. Tanti studenti siedono giorno dopo giorno in una stanza poco aerata, chini sui libri, con il torace tanto contratto da non poter respirare in modo completo e profondo; il sangue rallenta il suo flusso, i piedi si raffreddano e la testa arde. Non essendo il corpo sufficientemente nutrito, ne consegue che i muscoli si indeboliscono e l'intero organismo si snerva e si ammala. In queste condizioni molti di loro si indeboliscono e tali rimangono per tutta la vita, mentre sarebbero potuti uscire dalla scuola più forte fisicamente e intellettualmente se avessero studiato in condizioni adatte, non trascurando il regolare esercizio al sole e all'aria aperta. Il valore dell'esercizio PEC 118 1 Gli studenti che, disponendo di poco tempo e di scarsi mezzi, lottano per formarsi una cultura, dovrebbero rendersi conto che il tempo speso nell'esercizio fisico non è perduto. Quanti sono continuamente immersi nei libri si accorgeranno, dopo un po' di tempo, che la mente ha perduto parte della sua freschezza; quanti invece prestano la dovuta attenzione anche allo sviluppo fisico, renderanno molto di più che se avessero dedicato tutto il tempo esclusivamente allo studio. PEC 118 2 L'inattività fisica non indebolisce solo le forze mentali, ma anche quelle morali. Le cellule nervose, che collegano l'intero corpo umano, sono il canale attraverso il quale il Signore comunica con gli uomini, e influisce sulla vita interiore. Ogni ostacolo alla diffusione della corrente elettrica del sistema nervoso indebolisce l'energia della vita e riduce la sensibilità della mente, rendendo più difficoltoso il dovere di coltivare la natura etica. PEC 118 3 Uno studio eccessivo, inoltre, mentre accresce l'afflusso del sangue al cervello, crea un'eccitazione malsana che tende a indebolire il potere dell'autocontrollo. Si apre così la porta all'immoralità. Il cattivo o il mancato uso delle facoltà fisiche è in gran parte responsabile della marea di corruzione che ha invaso il mondo. "Orgoglio, abbondanza di pane e ozio indolente" (cfr. Ezechiele 16:49) sono i nemici mortali del progresso umano in questa nostra generazione, come lo furono al tempo della distruzione di Sodoma. PEC 118 4 Gli insegnanti dovrebbero istruire i loro allievi secondo queste direttive. Devono insegnare agli studenti che una vita giusta dipende da un giusto modo di pensare, e che l'attività fisica è essenziale per avere pensieri puri. Perplessità verso l'atletica PEC 118 5 Il problema di una ricreazione appropriata rende spesso perplessi gli insegnanti. In molte scuole la ginnastica occupa un posto importante, però senza una sorveglianza accurata essa può essere spinta all'eccesso. Diversi giovani, per dare prova di forza, si sono fatti male, e ne hanno poi sofferto per tutta la vita. PEC 119 1 L'esercizio in palestra, anche se ben condotto, non può sostituire la ricreazione all'aria aperta, e per questo le nostre scuole dovrebbero offrire migliori opportunità. Gli studenti devono fare molto esercizio fisico, tuttavia gli insegnanti sono preoccupati nel considerare l'influsso che le discipline sportive esercitano su di loro in rapporto con la riuscita a scuola come pure nella vita. I giochi che occupano così gran parte del loro tempo distolgono la mente dallo studio, e non contribuiscono a prepararli per un lavoro pratico e serio. Il loro influsso non porta nemmeno all'eleganza o alla generosità. PEC 119 2 Alcuni degli sport più popolari, come il calcio e il pugilato, sono diventati scuola di brutalità. Essi sviluppano le stesse caratteristiche dei giochi dell'antica Roma. L'amore della superiorità, la fierezza della pura forza bruta, la spericolata indifferenza verso la vita, inducono i giovani a una depravazione davvero terrificante. PEC 119 3 Altre discipline atletiche sebbene non così brutali, sono quanto meno discutibili dato l'eccesso al quale spingono. Essi stimolano l'amore del piacere e dell'eccitazione, distruggono il gusto per il lavoro utile e creano una tendenza a scansare doveri e responsabilità. Contribuiscono inoltre ad annientare ogni desiderio per le realtà quotidiane e per i divertimenti tranquilli. Si apre così la porta alla dissolutezza e alla sregolatezza, con terribili risultati. PEC 119 4 Nel modo in cui sono generalmente organizzati, i ricevimenti mondani sono anch'essi un ostacolo allo suiluppo della mente e del carattere. Ne derivano compagnie frivole, inclinazione alle stravaganze, ricerca del piacere e, troppo spesso, del vizio, cose che danno alla vita una cattiva direzione. Invece di questi divertimenti, genitori e insegnanti possono fare molto per offrire ai giovani distrazioni sane e vivificanti. PEC 119 5 In questo, come del resto in ogni altra cosa che coinvolge il nostro benessere, l'ispirazione ha tracciato la via da seguire. In tempi lontani, per il popolo che era sotto la guida di Dio, la vita era semplice. La gente viveva in mezzo alla natura. I bambini partecipavano al lavoro dei genitori e insieme a loro studiavano le bellezze e i misteri del creato; nella quiete dei campi e dei boschi essi riflettevano sulle grandi verità trasmesse come un lascito di generazione in generazione. Una tale educazione produceva donne e uomini forti. PEC 119 6 Oggi la vita è diventata artificiale e ha prodotto gravi degenerazioni nelle persone. Sebbene non sia possibile ritornare completamente alle abitudini semplici di quei tempi, possiamo tuttavia imparare da essi delle lezioni che faranno del tempo dedicato alla ricreazione quello che il nome propriamente dice: un tempo di vera rigenerazione per il corpo, per la mente e per lo spirito. PEC 119 7 La ricerca della casa e della scuola hanno molto a che fare con la questione della ricreazione. Nella scelta di una casa e di una scuola, questo aspetto dovrebbe essere considerato. Coloro che stimano il benessere fisico e mentale di importanza maggiore del denaro e delle convenzioni sociali, dovrebbero sforzarsi di assicurare ai propri figli il beneficio degli insegnamenti e della ricreazione offerti dalla natura. Sarebbe di grande aiuto, nel lavoro di formazione, se ogni scuola potesse essere situata in modo da offrire agli studenti un po' di terra da coltivare e la possibilità di studiare campi e boschi. PEC 120 1 Nell'ambito della ricreazione, lo studente raggiungerà i migliori risultati se potrà godere della collaborazione personale dell'insegnante. I veri insegnanti possono dare ai propri alunni pochi doni così preziosi come quello della loro compagnia. È vero per gli uomini e per le donne, e ancora più per i giovani e per i bambini: noi possiamo comprenderli solo se, mossi da simpatia, entriamo in contatto con loro; infatti solo comprendendoli, potremo aiutarli nel modo migliore. Per rafforzare il legame di simpatia fra insegnanti e allievi, poche cose sono valide quanto la possibilità di trascorrere insieme momenti piacevoli, fuori dell'aula scolastica. In alcune scuole gli insegnanti sono sempre con gli alunni durante le ore di ricreazione: si uniscono ai loro giochi, li accompagnano nelle escursioni, quasi si confondono con loro. Sarebbe bene che quest'abitudine fosse più generalmente seguita nelle nostre scuole. Forse il sacrificio richiesto all'insegnante sarà grande, ma verrà riccamente ricompensato. PEC 120 2 Nessuna ricreazione si rivelerà fonte di maggiore benedizione per bambini e giovani, di quella che insegna loro a rendersi utili al prossimo. I giovani, per natura entusiasti e sensibili, sono pronti a rispondere agli incentivi. Per esempio, nel preparare il programma di botanica, l'insegnante cerchi di risvegliare l'interesse per l'abbellimento del giardino, della scuola e dell'aula. Ne deriveranno molteplici benefici. Gli studenti non saranno propensi a rovinare e danneggiare ciò che hanno cercato di abbellire. Si incoraggeranno il gusto per il bello, l'amore per l'ordine e l'abitudine a prendersi cura delle cose. Lo spirito di collaborazione e di solidarietà che si sviluppa in questo modo costituirà una benedizione per tutta la vita. Inoltre, l'interesse per i lavori di giardinaggio e per le escursioni nei campi e nei boschi li incoraggerà a ricordarsi di quanti non possono godere di tali luoghi e li spingerà a condividere con loro le belle cose della natura. PEC 120 3 L'insegnante attento troverà molte opportunità per spingere gli studenti a gesti di cortesia. In particolare i più piccoli guardano il maestro con fiducia e rispetto pressoché illimitati; qualsiasi cosa egli suggerisca per stimolare i ragazzi a essere d'aiuto in casa, fedeli nei compiti giornalieri, ad assistere gli ammalati o i poveri, ben difficilmente mancherà di dare un buon risultato. Si ottiene così più di un beneficio. Il gentile suggerimento tornerà a vantaggio di colui che lo ha dato. La gratitudine e la collaborazione da parte dei genitori contribuiranno ad alleviare il peso dell'insegnante e a illuminare la sua via. PEC 121 1 L'attenzione rivolta alla ricreazione e all'educazione fisica interromperà senz'altro il regolare andamento dell'attività scolastica; però questa interruzione non causerà alcun intralcio. Nel fortificare il corpo, nello sviluppare uno spirito altruistico e nell'unire l'insegnante e l'alunno con vincoli di comuni interessi e amicizia, tempo e sforzi saranno ripagati abbondantemente. Un valido sbocco sarà offerto a quell'irrequieta energia che spesso è fonte di pericolo per i giovani. Come salvaguardia contro il male, l'occupazione della mente con ciò che è buono costituisce una protezione ancora più valida di tante regole e tanta disciplina. ------------------------Capitolo 24: Lavoro manuale PEC 122 1 Alla creazione il lavoro fu dato come una benedizione: esso significava sviluppo, capacità e felicità. Le mutate condizioni della terra, in seguito alla maledizione del peccato, hanno prodotto un cambiamento nelle stesse condizioni del lavoro; tuttavia, anche se accompagnato da ansietà, da stanchezza e da fatica, il lavoro continua a essere fonte di gioia e di crescita; costituisce inoltre una salvaguardia contro la tentazione. La sua disciplina frena l'intemperanza e stimola all'attività, alla correttezza, e alla costanza. In tal modo esso diventa parte del piano di Dio per redimerci. PEC 122 2 I giovani dovrebbero essere aiutati a comprendere la vera dignità del lavoro. Dio è costantemente al lavoro. Tutte le cose nella natura assolvono il compito loro affidato. L'intera creazione è permeata di attività; se vogliamo adempiere alla missione affidataci, anche noi dobbiamo essere attivi. PEC 122 3 Dobbiamo lavorare insieme con Dio. Egli ci dà la terra con i suoi tesori, però siamo noi che li dobbiamo adattare al nostro uso e per il nostro benessere. Egli fa crescere gli alberi, però siamo noi che prepariamo le travi e costruiamo le case. Egli ha celato nella terra l'oro e l'argento, il ferro e il carbone, però solo attraverso il lavoro noi possiamo disporre di questi materiali. PEC 122 4 Dovremmo far comprendere ai giovani che mentre Dio ha creato e controlla costantemente tutte le cose, ci ha dotati di una facoltà non del tutto diversa dalla sua. Ci ha dato una certa capacità di controllare le forze della natura. Come Dio chiamò dal caos la terra in tutta la sua bellezza, così noi possiamo trarre dalla confusione ordine e bellezza. E sebbene tutte le cose siano oggi guastate dal male, nel compiere il nostro lavoro noi proviamo una gioia simile a quella che egli provò quando, nel guardare la terra, vide che tutto era "molto buono". PEC 122 5 Di solito, l'esercizio più adatto ai giovani consiste in un lavoro utile. I bambini trovano nel gioco divertimento e sviluppo, e i loro svaghi dovrebbero quindi essere tali da favorire non solo la crescita fisica, ma anche quella mentale e spirituale. PEC 122 6 A mano a mano che essi acquisiscono forza e intelligenza, la migliore ricreazione consisterà in alcune attività pratiche che li aiuterà a rendersi utili, a portare la loro parte di responsabilità, importante per lo sviluppo della mente e del carattere. PEC 122 7 I giovani devono apprendere che la vita è assiduo lavoro, responsabilità e dovere. Essi hanno bisogno di un'educazione che li renda uomini e donne capaci di fronteggiare gli imprevisti. Devono imparare che la disciplina di un lavoro sistematico e regolare è essenziale, non solo come difesa contro le vicissitudini della vita, ma anche come aiuto per lo sviluppo dell'intero essere. PEC 123 1 Nonostante tutto quello che è stato detto e scritto in relazione alla dignità del lavoro fisico, prevale ancora l'idea che esso sia degradante. I giovani sono ansiosi di diventare insegnanti, impiegati, commercianti, medici, avvocati, o di occupare qualche altra posizione che non esiga uno sforzo fisico. Le giovani evitano i lavori domestici e cercano una formazione in altri ambiti. I giovani hanno bisogno di imparare che nessuno, uomo o donna che sia, è degradato da un onesto lavoro. Ciò che degrada è l'ozio e l'interesse personale che conducono all'indolenza, generando una vita vuota e sterile: questo è un terreno che favorisce la crescita di ogni sorta di male. "Quando una terra, imbevuta della pioggia che vi cade frequentemente, produce erbe utili a quelli che la coltivano, riceve benedizione da Dio; ma se produce spine e rovi, è riprovata e prossima ad essere maledetta; e la sua fine sarà di essere bruciata". Ebrei 6:7, 8. PEC 123 2 Varie materie di studio che assorbono molto tempo dello studente non sono indispensabili per l'utilità o per la felicità; mentre è necessario che ogni giovane sia perfettamente al corrente dei doveri quotidiani. Se occorre, una ragazza può rinunciare a conoscere il francese o l'algebra, o anche il pianoforte; ma è indispensabile che impari a gestire efficacemente una casa. La felicità della vita dipende dalla fedeltà nei comuni doveri. PEC 123 3 Siccome uomini e donne hanno una parte nella formazione della famiglia, è bene che tanto i bambini quanto le bambine siano a conoscenza dei diversi lavori domestici. Rifare il letto, mettere in ordine una stanza, lavare i piatti, preparare da mangiare, lavare e aggiustare i propri indumenti, sono cose che non tolgono a un ragazzo nulla della sua virilità, ma che anzi contribuiscono a renderlo più contento e più utile. Se le ragazze, a loro volta, potessero imparare a servirsi della sega e del martello, del rastrello e della zappa, sarebbero meglio preparate a fronteggiare gli imprevisti della vita. Dio onora i lavoratori PEC 123 4 Bambini e giovani dovrebbero imparare dalla Bibbia come Dio ha onorato il lavoro. Nelle scuole dei profeti, gli studenti costruirono il locale per riunirsi, e in loro favore Dio fece il miracolo di recuperare un'ascia presa in prestito e caduta in un fiume. Cfr. 2 Re 6:1-7. Gesù stesso era un falegname e Paolo un fabbricante di tende, entrambi unirono al lavoro manuale di artigiani il ministero supremo; l'elemento umano collabora con il divino. Quel bambino che diede i cinque pani d'orzo permise al Salvatore di compiere il grande miracolo della moltiplicazione dei pani per sfamare la moltitudine. Tabita era sarta e fu risuscitata perché potesse continuare a cucire tuniche per i poveri; la donna avveduta descritta nel libro dei Proverbi: "Si procura lana e lino, e lavora gioiosa con le proprie mani... distribuisce il cibo alla famiglia e il compito alle sue serve... Pianta una vigna. Si cinge di forza i fianchi e fa robuste le sue braccia... Tende le palme al misero, e porge le mani al bisognoso... Sorveglia l'andamento della sua casa, e non mangia il pane di pigrizia". Proverbi 31:13, 15, 16, 17, 20, 27. PEC 124 1 Di una tale persona Dio dice: "Ella sarà lodata. Datele del frutto delle sue mani, e le opere sue la lodino alle porte della città". Proverbi 31:30, 31. PEC 124 2 Per ogni bambino la sua casa dovrebbe essere la prima scuola di formazione pratica. Inoltre, per quanto possibile, si dovrebbe provvedere perché in ogni scuola vi sia la possibilità di insegnare il lavoro manuale. Tale formazione potrebbe, in gran parte, sostituire l'esercizio ginnico e offrire così il vantaggio di una valida disciplina. PEC 124 3 L'attività manuale merita un'attenzione maggiore di quanta in realtà ne riceva. Si dovrebbero istituire scuole che, oltre a un'alta preparazione intellettuale e morale, offrano buone possibilità per uno sviluppo fisico e per l'apprendimento di attività pratiche. Un'adeguata istruzione dovrebbe essere impartita circa i lavori utili quali l'economia domestica, la cucina, il cucito, l'assistenza agli ammalati e simili. Dovrebbero sorgere giardini, laboratori, centri medici, affidati e diretti rispettivamente da esperti istruttori. PEC 124 4 Il lavoro dovrebbe essere accurato e avere uno scopo ben definito. Sebbene sia necessario che ogni persona abbia qualche conoscenza dei vari lavori, tutti dovrebbero specializzarsi in almeno uno di essi. Ogni giovane, al momento di lasciare la scuola, dovrebbe saper svolgere almeno un'attività e avere un'occupazione grazie alla quale, se fosse necessario, potersi guadagnare da vivere. PEC 124 5 L'obiezione che viene più spesso mossa contro l'attività industriale nelle scuole è per i costi elevati che questa comporta. Però lo scopo che si vuole raggiungere è degno del costo. Nessun altro lavoro affidatoci è così importante come l'educazione dei nostri giovani e, quindi, ogni spesa fatta per la sua migliore realizzazione è denaro ben impiegato. PEC 124 6 Anche dal punto di vista dei risultati finanziari che se ne otterrebbero, la spesa richiesta per la formazione manuale rappresenterebbe un autentico risparmio. Il costo sostenuto per i giardini, i laboratori e le attrezzature per l'idroterapia sarebbe largamente coperto dal risparmio che ne deriverebbe dal minor ricorso a ospedali e riformatori. Gli stessi giovani, poi, formati e abituati a un'attività pratica, abili nell'ambito di un lavoro utile e produttivo, acquisterebbero un valore inestimabile per la società e per la nazione. PEC 125 1 Come ricreazione dallo studio, le attività eseguite all'aria aperta e l'esercizio che ne deriva risultano di grande beneficio per l'organismo. Nessun tipo di formazione manuale può essere di maggiore importanza dell'attività agricola. La Bibbia dice molto circa l'agricoltura: il piano di Dio per gli esseri umani era che lavorassero la terra. Al primo uomo, sovrano di tutto il mondo, fu dato un giardino da coltivare, e molti dei più grandi uomini della terra, la parte più nobile di essa, sono stati agricoltori. È così che si esprime la Bibbia circa chi coltiva il suolo: "Il suo Dio gli insegna la regola da seguire e lo istruisce" (Isaia 28:26); e ancora: "Chi ha cura del fico ne mangerà il frutto". Proverbi 27:18. PEC 125 2 Nello studio dell'agricoltura, fate in modo che agli allievi sia insegnata non solo la teoria, ma anche la pratica. Così, mentre imparano ciò che la scienza può insegnare sulla natura e sulla preparazione del suolo, sul valore delle varie colture e sui migliori metodi di produzione, fate in modo che essi imparino a mettere in pratica le loro cognizioni. Gli insegnanti dovrebbero condividere il lavoro con gli studenti mostrando quali risultati si possono ottenere con uno sforzo abile e qualificato e sarà l'occasione per destare in loro un interesse sincero e l'ambizione per farlo nel modo migliore. Tale ambizione, unita all'effetto tonificante dell'esercizio, del sole e dell'aria pura, creerà l'amore per questo genere di attività e determinerà per molti giovani la scelta della loro futura occupazione. La formazione manuale utile anche ai professionisti PEC 125 3 Il beneficio di una formazione nell'ambito del lavoro manuale è utile anche ai professionisti. Essi possono avere menti brillanti, pronte ad afferrare le idee; capacità tali da assicurare loro l'ingresso nella professione scelta; però possono essere ancora lontani dal possedere quella completezza necessaria per assolvere i loro doveri. Un'educazione derivata principalmente dai libri conduce alla superficialità del pensiero, mentre il lavoro pratico stimola osservazioni profonde e pensiero indipendente; se svolto correttamente, tende a sviluppare quella saggezza pratica che noi chiamiamo "buon senso", a stimolare la capacità di elaborare dei piani e di attuarli, a rafforzare il coraggio e la perseveranza, e a suscitare delicatezza e abilità. PEC 125 4 I medici che hanno posto come base della loro conoscenza professionale la pratica presso gli ammalati, avranno una rapidità di percezione, una conoscenza completa e una capacità tali da riuscire sempre, specie in situazioni di emergenza. PEC 125 5 I ministri di culto, i missionari, e gli insegnanti sperimenteranno che il loro influsso sulle persone aumenterà se daranno prova di possedere la conoscenza e l'abilità richieste dai doveri pratici della vita quotidiana. PEC 126 1 Nell'insegnamento molti studenti acquisirebbero un'educazione ben più solida se imparassero a rendersi indipendenti piuttosto che far debiti o dipendere dai sacrifici dei genitori. Insegnate ai giovani a rendersi autosufficienti. In questo modo impareranno il valore del denaro, del tempo, dell'impegno e delle opportunità, sottraendosi così alla tentazione di cedere ad abitudini di ozio e di dissipazione. Le lezioni di risparmio, di operosità, di rinuncia, di abilità nel gestire gli affari, di costanza nei propositi, verrebbero così a costituire una parte importante del bagaglio necessario per affrontare la battaglia della vita. PEC 126 2 Fate in modo che i giovani si rendano conto che il compito dell'educazione non è quello di insegnare a sottrarsi ai compiti sgradevoli e alle gravi responsabilità, ma è quello di alleggerire il lavoro, ricercando metodi migliori e obiettivi più elevati. Dimostrate loro che il vero scopo della vita non è quello di assicurarsi il maggior guadagno possibile, ma quello di onorare il Maestro, compiendo la propria parte di lavoro nel mondo e prestando aiuto a chi è più debole e più ignorante. PEC 126 3 Una delle principali ragioni per cui il lavoro fisico è disprezzato è dovuta al modo sciatto e sbadato con cui spesso viene svolto. Si compie per necessità e non per scelta. Il lavoratore non vi mette cuore; e non avendo rispetto di sé, non ottiene neppure il rispetto altrui. La preparazione manuale dovrebbe correggere questo errore e favorire abitudini di accuratezza e di perfezione. Gli studenti dovrebbero acquisire tatto e metodo, imparare a risparmiare il tempo e a dare senso ad ogni azione. Non solo devono imparare i metodi migliori, ma coltivare anche l'ambizione di perfezionarli sempre più. PEC 126 4 Una simile formazione renderà i giovani padroni e non schiavi del lavoro; alleggerirà il compito di chi è chiamato a un duro impegno, e conferirà dignità anche alla più umile occupazione. Coloro che guardano al lavoro come a un compito ingrato e vi si applicano senza impegno, soddisfatti della loro scarsa conoscenza, lo avvertiranno davvero come un peso. Ma quelli che scorgeranno qualche scienza anche nel lavoro più umile, ne vedranno pure la nobiltà e la bellezza, e prenderanno piacere nello svolgerlo con scrupolo ed efficienza. ------------------------Capitolo 25: Sviluppo e carattere PEC 128 1 La vera educazione non ignora il valore della conoscenza scientifica o delle acquisizioni letterarie, ma mette la potenza al di sopra dell'informazione, la bontà al di sopra della potenza, il carattere al di sopra delle nozioni intellettuali. Il mondo non ha tanto bisogno di uomini di grande intelletto quanto invece di persone dal carattere nobile, uomini e donne le cui capacità siano controllate da solidi princìpi. PEC 128 2 "Il principio della saggezza è: Acquista la saggezza". Proverbi 4:7. "La lingua dei saggi è ricca di scienza...". Proverbi 15:2. La vera educazione conferisce sapienza e insegna l'uso migliore non di una ma di tutte le nostre nozioni e facoltà. Così essa permette di far fronte all'insieme dei nostri obblighi: verso noi stessi, verso il mondo e verso Dio. PEC 128 3 La formazione del carattere è l'opera più importante che mai sia stata affidata a esseri umani e in nessun tempo il suo attento studio è stato così importante come oggi, visto che nessuna precedente generazione è stata chiamata ad affrontare avvenimenti di così grande importanza, e pericoli così gravi con i quali, ai nostri giorni, si devono confrontare ragazzi e ragazze. PEC 128 4 In questo tempo così critico, qual è generalmente il tipo di educazione offerta? Su quale elemento si fa più spesso leva? Sull'egoismo. Buona parte dell'educazione attualmente impartita non è degna di questo nome. La vera educazione favorisce lo sviluppo di una forza contraria all'ambizione egoistica, al desiderio di potere, al disprezzo dei diritti e delle necessità del genere umano, cose che sono la maledizione del nostro mondo. Nessuna competizione egoistica PEC 128 5 Nel progetto di Dio per la vita c'è posto per ogni essere umano, e tutti devono cercare di utilizzare al meglio i talenti di cui dispongono; pochi o molti che siano, è il modo fedele con cui ne fanno uso che conferisce agli uomini onore. Quelli che si misurano secondo la loro propria misura e si paragonano con se stessi, non sono saggi. Cfr. 2 Corinzi 10:12. Qualunque cosa facciamo, che essa sia fatta "di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini; sapendo che dal Signore riceverete per ricompensa l'eredità. Servite Cristo, il Signore!" Colossesi 3:23, 24. Ma quale differenza c'è nell'educazione oggi impartita! Già dai primissimi anni il bambino è spinto all'emulazione e alla rivalità. Questo promuove l'egoismo, radice di ogni male. PEC 129 1 Si crea in tal modo la lotta per la supremazia e si incoraggia il sistema dell'eccessivo e affrettato "nozionismo", cosa che in certi casi distrugge la salute e impedisce di rendersi utili. In molti altri casi l'emulazione porta alla disonestà e, nutrendo ambizione e malcontento, rende la vita amara e contribuisce a riempire il mondo di individui inquieti e turbolenti che sono una costante minaccia per la società. Il pericolo si nasconde non solo nei metodi, ma anche nelle materie di studio. PEC 129 2 Nello studio delle lingue e della letteratura da quali fonti i giovani sono invitati a dissetarsi? Dai pozzi del paganesimo, dalle fonti alimentate dalla corruzione dell'antica idolatria. Essi sono così indotti a studiare autori che chiaramente non tengono in alcun conto i princìpi della moralità. PEC 129 3 Di quanti autori moderni si potrebbe dire la stessa cosa! Per molti di loro, infatti, la grazia e la bellezza del linguaggio sono una copertura che nasconde elementi che, se visti nella loro effettiva deformità, disgusterebbero il lettore. PEC 129 4 Oltre a tutto questo c'è una quantità di romanzieri i quali inducono a fare piacevoli sogni in palazzi agiati. Questi scrittori possono non essere accusati apertamente di immoralità, ciononostante le loro opere sono comunque causa di male, in quanto sottraggono a migliaia e migliaia di persone il tempo, l'energia, l'autodisciplina richiesti dai severi problemi della vita. PEC 129 5 Nello studio delle scienze, secondo i programmi generalmente seguiti, si celano pericoli altrettanto grandi. La teoria dell'evoluzionismo e gli errori che ne derivano sono insegnati a ogni livello scolastico, dall'asilo nido all'università. Così lo studio della scienza, che dovrebbe dare una conoscenza di Dio, è talmente confuso con speculazioni e teorie umane da condurre all'incredulità. PEC 129 6 Anche lo studio della Bibbia, come troppo spesso è attuato nelle scuole, priva il mondo dell'impagabile tesoro della Parola di Dio. L'opera dell'"alta critica" che seziona, congettura e ricostruisce, distrugge la fede nella Scrittura come rivelazione divina e toglie alla Bibbia quella potenza che guida, eleva e ispira la vita degli uomini. Contatto con falsi insegnamenti PEC 129 7 Quando la gioventù uscirà dalle scuole per entrare nel mondo, si troverà davanti alle seduzioni del peccato: passione per il denaro, per il divertimento e il piacere, lusso e sensualità, stravaganza, eccessi, frode, furto e rovina. Quali altri insegnamenti troveranno questi giovani? PEC 129 8 Lo spiritismo sostiene che gli uomini sono semidei non caduti, che "ogni mente si autogiudicherà", che "tutti i peccati commessi sono innocenti", perché tutto ciò che esiste è giusto e perché Dio non condanna. Gli esseri umani più abbietti sono rappresentati come già accolti in cielo e lì sommamente innalzati. Così lo spiritismo insegna che: "Poco importa quello che fai; vivi come ti piace, il cielo è la tua patria". In questo modo intere moltitudini sono indotte a credere che il desiderio è legge suprema, che la sregolatezza è libertà, e che l'uomo è responsabile solo verso se stesso. PEC 130 1 Con un tale insegnamento impartito proprio all'inizio della vita, quando più forte è l'impeto, e il bisogno di dominio di sé e di purezza si fanno sentire con maggiore urgenza, chi difenderà i princìpi del bene? Che cosa può impedire al mondo di diventare una seconda Sodoma? PEC 130 2 Allo stesso tempo spiriti ribelli cercano di spazzare via ogni legge, divina e umana. L'accentramento della ricchezza e del potere; le innumerevoli alleanze escogitate per arricchire i pochi a spese dei molti; l'unione delle classi più povere per la tutela dei propri interessi e dei propri bisogni; le inquietudini, le rivolte, i fatti sanguinosi; un insieme di cose sta coinvolgendo il mondo in un conflitto simile a quello che sconvolse la Francia nel XVIII secolo. PEC 130 3 Questi sono gli influssi che i giovani oggi devono fronteggiare. Per resistere in mezzo a tali sconvolgimenti, essi devono basare il proprio carattere sulle leggi di Dio. PEC 130 4 In ogni generazione e in ogni luogo il vero fondamento e modello per la formazione del carattere è stato sempre lo stesso. La legge divina: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore; ... e il tuo prossimo come te stesso" (Luca 10:27), il grande principio manifestato nel carattere e nella vita del nostro Salvatore, è l'unica base certa, l'unica guida sicura. PEC 130 5 Questa è la sola salvaguardia per l'integrità individuale, per la purezza della casa, per il benessere della società e per la stabilità della nazione. In mezzo alle perplessità della vita, ai pericoli e alle contrastanti tendenze umane, l'unica regola certa e sicura è fare quello che Dio chiede: "I precetti del Signore sono giusti", e "chi agisce così non sarà mai smosso". Salmi 19:8; Salmi 15:5. ------------------------Capitolo 26: Metodi di insegnamento PEC 131 1 Per secoli la preparazione ha interessato soprattutto la memoria. Questa facoltà mentale è stata affaticata all'eccesso, mentre altre non sono state analogamente sviluppate. Gli studenti hanno passato molto del loro tempo a stivare la mente di conoscenze delle quali solo una piccolissima parte poteva essere utilizzata. L'intelletto, appesantito a tal punto da cose che non può assimilare, si indebolisce, diventa incapace di percezioni forti e sicure, e si accontenta di affidarsi al giudizio e alle percezioni altrui. PEC 131 2 Accorgendosi dei danni di questo metodo, alcuni sono giunti a un altro estremo. Secondo il loro punto di vista, le persone hanno bisogno solo di sviluppare ciò che si trova già dentro di loro. Tale educazione conduce gli studenti all'autosufficienza, staccandoli dalla fonte della vera conoscenza e della vera forza. PEC 131 3 Una preparazione che si riduca a un semplice esercizio mnemonico tende a scoraggiare il pensiero indipendente, e ha una portata morale di scarsissimo valore. Gli studenti che sacrificano la capacità di ragionare e di giudicare da soli, diventano incapaci di distinguere tra verità ed errore, e finiscono per essere facili prede dell'inganno. Così saranno portati a seguire la tradizione e l'abitudine. PEC 131 4 Un fatto da molti ignorato, non senza pericoli, è che l'errore ben di rado appare per ciò che esso realmente è: riesce a farsi accettare mescolandosi o unendosi alla verità. La rovina dei nostri progenitori derivò dall'aver mangiato il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male; l'accettazione di una confusione tra bene e male è oggi la rovina di tanti uomini e donne. La mente che si affida al giudizio altrui, presto o tardi, si lascerà trarre in inganno. PEC 131 5 Soltanto attraverso una personale dipendenza da Dio possiamo ottenere la capacità di distinguere tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Tutti dobbiamo imparare da lui, attingendo alla sua Parola. Le nostre facoltà di raziocinio ci sono state date perché ce ne serviamo, e Dio desidera che ne facciamo uso. "Poi venite e discutiamo" (Isaia 1:18), egli ci invita. Affidandoci a lui, potremo avere quella saggezza che ci metterà in condizione di "rigettare il male e scegliere il bene". Cfr. Giacomo 1:5; Isaia 7:15. Valore dell'interesse personale PEC 131 6 In un insegnamento degno di questo nome l'elemento personale è indispensabile. Cristo, durante il suo ministero, ebbe a che fare con le persone individualmente. Fu con il contatto personale e con la sua personale compagnia che egli preparò i dodici apostoli. In privato, e spesso a un solo ascoltatore, Gesù impartì le più preziose lezioni. Dischiuse i più preziosi tesori all'onorato rabbino nel colloquio notturno sul monte degli Ulivi e alla donna samaritana presso il pozzo di Sicar, perché in quegli uditori il Maestro riconosceva un cuore sensibile, una mente aperta e uno spirito ricettivo. Perfino la moltitudine, che così spesso si affollava ai suoi piedi, non era per Cristo una massa informe di esseri umani. Egli parlava direttamente a ogni mente e interpellava ogni cuore. Osservando i visi dei suoi ascoltatori, notava come si illuminavano i loro sguardi, e il lampo di risposta dei loro occhi rivelava come la verità fosse penetrata nell'animo; solo allora faceva risuonare in quel cuore la corrispondente corda della gioia e della simpatia. PEC 132 1 Il Maestro scorgeva in ogni essere umano delle possibilità. Non si lasciava sviare da un'apparenza poco promettente o da circostanze sfavorevoli. Chiamò Matteo dal banco delle imposte, Pietro e i suoi compagni dalla barca da pesca perché lo seguissero e imparassero da lui. PEC 132 2 Lo stesso interesse personale e la stessa attenzione per l'individuo sono oggi necessari nell'opera educativa. Molti giovani, apparentemente poco promettenti, sono invece dotati di moltissimi talenti non sfruttati. Le loro possibilità giacciono nascoste, per mancanza di discernimento da parte degli educatori. In molti bambini e bambine, all'esterno poco attraenti come lo può essere una pietra grezza, si può trovare del materiale prezioso che reggerà alla prova del fuoco, della tempesta e dell'oppressione. I veri educatori, avendo in vista quello che i loro alunni possono diventare, sapranno riconoscere il valore del materiale sul quale lavorano. Proveranno per ognuno un interesse personale e cercheranno di svilupparne le facoltà. Anche se imperfetto, ogni impegno preso per conformarsi ai giusti princìpi verrà incoraggiato. PEC 132 3 Si dovrebbe insegnare a ogni giovane la necessità e il potere dell'applicazione: la riuscita dipende molto più da questa che dal genio o dal talento. Senza l'applicazione a poco valgono i talenti più brillanti mentre, mediante uno sforzo ben diretto, persone dotate di comuni qualità naturali hanno saputo compiere meraviglie. Il genio, le cui realizzazioni ci lasciano ammirati, è quasi invariabilmente unito a un lavoro instancabile e sistematico. Tutte le capacità devono essere sviluppate PEC 132 4 Bisogna insegnare ai giovani a puntare allo sviluppo di tutte le capacità, sia di quelle più deboli che di quelle più forti. Molti tendono a circoscrivere lo studio a quegli ambiti per i quali hanno una naturale predisposizione. Questo sbaglio va evitato. Le capacità naturali indicano la direzione nella quale scegliere il lavoro della propria vita e, se legittime, dovrebbero essere coltivate con la dovuta cura. Allo stesso tempo è bene ricordarsi che un carattere equilibrato e un lavoro efficiente in qualsiasi settore, dipendono in gran parte da quello sviluppo armonioso che è frutto di una formazione completa e approfondita. PEC 133 1 Gli insegnanti dovrebbero sempre prefiggersi la semplicità e l'efficacia. Dovrebbero insegnare servendosi di molte illustrazioni e, anche con studenti più grandi, dovrebbero fare in modo che le spiegazioni risultino semplici e chiare. Sono tanti gli studenti che, anche se non piccoli d'età, sono spesso dei bambini dal punto di vista intellettuale. PEC 133 2 Un importante elemento nell'attività educativa è l'entusiasmo. Su questo punto un utile suggerimento si trova nell'osservazione fatta un giorno da un celebre attore. L'arcivescovo di Canterbury gli chiese perché gli attori di teatro riuscissero a conquistare il pubblico in modo così straordinario, mentre i ministri del Vangelo non arrivavano a tanto con i loro uditori. "Con tutto il dovuto rispetto per vostra grazia", rispose l'attore "mi sia permesso dire che il motivo è semplice: consiste nella forza dell'entusiasmo. Noi sul palcoscenico parliamo di cose immaginarie come se fossero vere, mentre voi dal pulpito parlate di cose vere come se fossero immaginarie". PEC 133 3 Gli insegnanti hanno a che fare con cose reali e dovrebbero quindi parlarne con tutta la forza e con tutto l'entusiasmo determinati dalla consapevolezza della loro realtà e della loro importanza. Essi dovrebbero preoccuparsi che il lavoro svolto porti a risultati ben definiti. Prima di cominciare a insegnare una data materia, dovrebbero avere in mente un piano preciso e sapere ciò che intendono raggiungere. Non dovrebbero ritenersi soddisfatti fino a quando i loro allievi non abbiano compreso i fondamenti di quella materia, non ne abbiano percepito la verità e non siano in grado di esprimere con chiarezza quello che hanno imparato. PEC 134 4 Se si ha ben chiaro lo scopo elevato dell'educazione, s'incoraggeranno i giovani a progredire sfruttando al massimo le loro possibilità. Tuttavia, prima di passare ad argomenti di studio più impegnativi, è necessario che essi abbiano assimilato quelli più semplici, cosa che purtroppo è spesso trascurata. Perfino fra gli studenti delle scuole superiori e delle università si riscontra una preoccupante lacuna per ciò che si riferisce alla conoscenza delle più comuni materie. Molti studenti consacrano il loro tempo alla matematica più complessa, e non sono capaci di eseguire a memoria calcoli semplici. Alcuni studiano dizione per acquisire abilità oratorie, ma non sanno leggere in modo chiaro ed espressivo. Altri, infine, pur avendo finito gli studi di retorica, non sanno comporre nemmeno una banale lettera o scriverla senza errori di ortografia. PEC 134 1 Una conoscenza approfondita degli elementi fondamentali dell'educazione dovrebbe essere non solo la condizione per passare a corsi più impegnativi, ma anche l'elemento di costante verifica, indispensabile per continuare a progredire. Studio e uso del linguaggio PEC 134 2 In ogni ramo dell'educazione vi sono delle mète da raggiungere più importanti di quelle garantite da una semplice nozione tecnica: per esempio il linguaggio. Più importante dell'acquisizione delle lingue straniere, morte o vive che siano, è la capacità di scrivere e parlare la lingua materna con facilità e correttezza. Nessuna formazione raggiunta mediante la conoscenza delle regole grammaticali può reggere il confronto con lo studio del linguaggio da un più elevato punto di vista. Da questo studio dipendono, nella vita, la felicità o il dolore, il benessere o l'avversità. PEC 134 3 Il principale requisito del linguaggio è che esso sia puro, gentile e vero, "espressione esteriore di una grazia interiore". Dio dice: "Tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri". Filippesi 4:8. E se tali sono i pensieri, il modo di esprimersi sarà adeguato ad essi. PEC 134 4 La migliore scuola per l'apprendimento del giusto linguaggio è la casa, però, dato che il compito della famiglia è spesso trascurato, spetta agli insegnanti aiutare i propri allievi a formarsi buone abitudini per quel che concerne il modo di parlare. PEC 134 5 Gli insegnanti possono anche fare molto per scoraggiare la pessima attitudine alla maldicenza, al pettegolezzo e alla critica malevola, che costituiscono una vera maledizione per la famiglia e per la società. Nessuno sforzo dovrebbe essere risparmiato per far capire agli studenti che questo modo di fare rivela mancanza di cultura, di finezza, e di bontà d'animo e che li allontana dalle persone più fini e colte della società, e dalla comunione con i santi del cielo. PEC 134 6 Con orrore pensiamo ai cannibali che si cibano della carne ancora calda delle loro vittime; ma chiediamoci: gli effetti di questa pratica spaventosa sono forse più terribili della rovina e dell'angoscia che derivano dalla tendenza a interpretare male le intenzioni altrui, a macchiarne la reputazione, a vivisezionarne il carattere? Ai giovani si ricordi quello che Dio dice a questo proposito: "Morte e vita sono in potere della lingua". Proverbi 18:21. Nella Scrittura i maldicenti sono classificati insieme a coloro che odiano Dio, a coloro che sono "ingegnosi nel male", "senza affetti naturali, spietati", "ricolmi di ogni ingiustizia, malvagità, cupidigia, malizia". Romani 1:30, 31, 29. Dio riconosce come cittadino di Sion "colui che è puro e agisce con giustizia, e dice la verità come l'ha nel cuore; che non calunnia con la sua lingua, ... né insulta il suo prossimo". Salmi 15:2, 3. PEC 135 1 La Parola di Dio condanna anche l'uso di frasi senza senso che rasentano il profano; condanna i complimenti ingannevoli, le risposte evasive, le esagerazioni, le frodi nel lavoro, tutte cose comuni nella società e nel mondo degli affari. "Ma il vostro parlare sia: 'Sì, sì; no, no'; poiché il di più viene dal maligno". Matteo 5:37. "Come un pazzo che scaglia tizzoni, frecce e morte, così è colui che inganna il prossimo, e dice: 'L'ho fatto per ridere!'" Proverbi 26:18, 19. PEC 135 2 Strettamente imparentate col pettegolezzo sono anche l'insinuazione velata, e quella astuta, mediante le quali coloro che hanno il cuore impuro esprimono il male che non osano esprimere apertamente. Ai giovani si deve insegnare a evitare tali cose come si evita la lebbra. PEC 135 3 Nel linguaggio non c'è forse errore che giovani e adulti tollerino con maggiore facilità del modo di parlare precipitoso e impaziente. Essi ritengono sufficiente scusarsi dicendo: "Non ero in me, e non intendevo dire quello che ho detto". La Parola di Dio dice: "Hai mai visto un uomo precipitoso nel parlare? C'è più da sperare da uno stolto che da lui". Proverbi 29:20. "L'uomo che non ha autocontrollo, è una città smantellata, priva di mura". Proverbi 25:28. PEC 135 4 Basta un attimo perché la lingua sconsiderata, impetuosa e collerica, provochi un male che un'intera vita di pentimento non riuscirà a volte ad annullare. Quanti cuori sono stati spezzati, quanti amici separati e quante vite rovinate da parole precipitose e astiose di chi, invece, avrebbe potuto recare aiuto e conforto! La bellezza di un carattere altruista PEC 135 5 Una qualità che andrebbe particolarmente incoraggiata e coltivata in ogni bambino è la capacità di pensare agli altri senza fini particolari, cosa che dà alla vita un'inconsapevole grazia. Di tutte le doti del carattere, questa è una delle più belle e costituisce una delle qualità essenziali per riuscire nella vita. PEC 135 6 I bambini hanno bisogno di apprezzamento, simpatia e incoraggiamento; però bisogna fare attenzione a non suscitare in loro l'amore per gli elogi. Non è saggio mettere troppo in evidenza, o ripetere in loro presenza, le parole intelligenti che hanno detto. I genitori e gli insegnanti che hanno chiaro in mente il vero ideale del carattere e le possibilità di riuscita, non devono incoraggiare la presunzione. Non stimoleranno nei giovani il desiderio di fare sfoggio delle loro capacità e dei talenti acquisiti. Quanti sanno guardare più in alto di se stessi saranno umili, pur possedendo una dignità personale che non si lascia intimidire o turbare dall'esibizione esteriore o dalla grandezza umana. PEC 136 1 Non è secondo regole arbitrarie che si sviluppano le migliori qualità del carattere, ma vivendo in un'atmosfera di purezza, nobiltà e verità. Purezza di cuore e nobiltà di carattere sono doti che si manifesteranno negli atti e nelle parole. "Chi ama la purezza del cuore e ha la grazia sulle labbra, ha il re per amico". Proverbi 22:11. La storia forma il carattere PEC 136 2 Quanto si è detto del linguaggio, si può dire di ogni altro studio che può essere condotto in modo da contribuire alla formazione del carattere. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda la storia che dovrebbe essere esaminata dal punto di vista divino. PEC 136 3 Così come viene spesso insegnata, la storia è poco più di una narrazione di ascese e cadute di re, di intrighi di corte, di vittorie e sconfitte di eserciti; una cronaca di ambizioni e avidità, inganni, crudeltà e spargimenti di sangue. In questo modo, il risultato può essere solo dannoso. La straziante ripetizione di delitti e di atrocità, le enormità e le crudeltà descritte, gettano un seme che produce in molte vite innumerevoli mali. PEC 136 4 È molto meglio studiare, alla luce della Parola di Dio, le cause che determinano l'ascesa e la caduta degli imperi. Bisogna stimolare i giovani a studiare queste testimonianze storiche, e a capire come il reale benessere delle nazioni è stato sempre correlato con l'accettazione dei princìpi divini. I giovani studino la storia dei grandi movimenti di riforma e considerino che spesso queste verità fondamentali, sebbene siano state disprezzate e abbiano condotto i loro sostenitori nel carcere o sul patibolo, hanno finito per trionfare grazie a tali sacrifici. PEC 136 5 Questo studio allargherà gli orizzonti della vita perché aiuterà i giovani a capire meglio le relazioni, le dipendenze e il legame meraviglioso che unisce la grande famiglia della società e delle nazioni; farà infine capire loro fino a che punto l'oppressione o la degradazione di un singolo membro significhi una perdita per tutti. PEC 136 6 Nello studio dell'aritmetica e della matematica si segua un metodo pratico. Tanto i bambini che i giovani dovrebbero essere preparati non solo a risolvere problemi immaginari, ma anche a tenere un conto accurato delle proprie entrate e spese. Che ciascuno impari il giusto uso del denaro, adoperandolo. I ragazzi e le ragazze dovrebbero imparare a scegliersi e ad acquistarsi gli abiti, i libri e quanto ancora può servire loro, tenendo un conto esatto delle spese. Così facendo conosceranno il valore e l'uso del denaro meglio che con qualsiasi altro metodo. Se ben gestito, questo metodo incoraggerà uno spirito di generosità e stimolerà i giovani a donare non sotto la spinta di un impulso momentaneo, quando sono sollecitati i sentimenti, ma in modo regolare e sistematico. PEC 137 1 Con questa ottica ogni genere di studio può diventare un aiuto per risolvere il problema educativo per eccellenza: la formazione di uomini e donne che sappiano adempiere responsabilmente i doveri della vita. ------------------------Capitolo 27: Comportamento PEC 138 1 Il valore della cortesia è troppo poco apprezzato. Molti, pur essendo gentili di cuore, sono privi di maniere cortesi. Tanti, che suscitano rispetto per la loro sincerità e integrità, difettano però di cordialità. Questa mancanza offusca la loro felicità e sminuisce il servizio che possono rendere agli altri. PEC 138 2 La gioia e la cortesia dovrebbero essere coltivate soprattutto dai genitori e dagli insegnanti. Tutti possono mostrare un'espressione lieta, una voce dal tono gentile, un modo di fare cortese, e questi sono fattori che favoriscono l'autorità. E poiché i bambini sono attratti da un'attitudine gioiosa, manifestate bontà e gentilezza, ed essi manifesteranno lo stesso spirito verso di voi e tra di loro. PEC 138 3 La vera cortesia non si impara con la semplice pratica di regole convenzionali. Le norme di buona condotta devono essere sempre rispettate, e ogni volta che non è messo in discussione un principio, la considerazione verso gli altri dovrà indurci ad adeguarci alle abitudini generalmente stabilite. La vera cortesia, però, non esige per nulla che si sacrifichino i princìpi alle convenzioni sociali; essa ignora le caste e insegna il rispetto di sé, della dignità dell'individuo e la giusta considerazione per ogni membro della grande famiglia umana. PEC 138 4 È pericoloso attribuire eccessivo valore alla forma e allo stile, dedicando troppo tempo all'educazione esteriore. La vita d'intenso impegno richiesta a ogni giovane, il compito duro, spesso fastidioso che occorre per svolgere i più comuni doveri della vita, e ancora di più per alleggerire il peso di ignoranza e di miseria che grava sul mondo, lasciano poco spazio alle convenzioni sociali. PEC 138 5 Molti danno una grande importanza all'etichetta a scapito di tutto ciò che, seppure eccellente, non corrisponde al loro ideale artificioso. Questa è una forma di educazione errata. Alimenta un orgoglio presuntuoso e un gretto esclusivismo. PEC 138 6 L'essenza della vera cortesia è la considerazione per gli altri. L'educazione indispensabile e duratura è quella che estende le simpatie e incoraggia la gentilezza universale. Quella cosiddetta cultura che non rende i giovani rispettosi verso i genitori, pieni di apprezzamento per le loro qualità, indulgenti verso i loro difetti, pronti a sopperire alle necessità di questi; che non li rende riconoscenti, buoni, generosi e disposti ad aiutare i giovani, i vecchi, i meno fortunati, e non li fa cortesi con tutti, è un vero fallimento. Alla scuola del maestro PEC 139 1 La vera finezza di pensiero e di modi si impara meglio alla scuola del divino Maestro piuttosto che con l'osservanza di una serie di regole. Il suo amore che pervade il cuore, dà al carattere quei tocchi nobilitanti che lo modellano alla sua immagine. Questa preparazione conferisce una dignità di origine divina e una corretta proprietà di condotta; addolcisce il temperamento e le maniere in un modo che l'educazione superficiale della società alla moda non può uguagliare. PEC 139 2 La Bibbia raccomanda la cortesia e offre molte illustrazioni che la caratterizzano: lo spirito altruistico, la grazia amabile, un carattere attraente che non sono altro che riflessi del carattere di Cristo. Ogni gesto sincero di tenerezza e di cortesia, anche fra quanti ignorano il suo nome, proviene da lui. Egli vuole che tali caratteristiche si riflettano in modo perfetto nei suoi figli, perché gli uomini vedano in noi la sua bellezza. PEC 139 3 Il miglior trattato di buone maniere che sia mai stato scritto si trova nelle preziose istruzioni date dal Salvatore: "Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri" (Giovanni 13:34), e attraverso le parole dell'apostolo Paolo, parole che dovrebbero essere indelebilmente scritte nella mente di ogni essere umano, giovane o vecchio: "L'amore è paziente, è benevolo; l'amore non invidia; l'amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s'inasprisce, non addebita il male, non gode dell'ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa". 1 Corinzi 13:4-8. Rispetto PEC 139 4 Un'altra preziosa grazia da coltivare con cura è il rispetto. Il vero rispetto verso Dio è ispirato dal senso della sua infinita grandezza e dalla comprensione della sua presenza. Questo senso dell'invisibile dovrebbe suscitare una profonda impressione nel cuore di ogni bambino al quale bisognerebbe insegnare a considerare sacri l'ora e il luogo della preghiera e del culto pubblico, perché Dio vi è presente. Così mentre il rispetto si manifesta nell'atteggiamento e nella condotta, il sentimento che lo ispira si approfondirà. PEC 139 5 Giovani e anziani dovrebbero studiare, meditare, e spesso ripetere le parole della Sacra Scrittura che insegnano come deve essere considerato il luogo contrassegnato dalla presenza di Dio. Quando Mosè era presso il rovo ardente, Dio gli disse: "Togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro". Esodo 3:5. Giacobbe, dopo la visione degli angeli, esclamò: "Certo, il Signore è in questo luogo e io non lo sapevo... Questa non è altro che la casa di Dio, e questa è la porta del cielo!" Genesi 28:16, 17. PEC 139 6 "Ma il Signore è nel suo tempio santo; tutta la terra faccia silenzio in sua presenza!" Abacuc 2:20. PEC 140 1 "Poiché il Signore è un Dio grande, un gran Re sopra tutti gli dèi... Venite, adoriamo e inchiniamoci, inginocchiamoci davanti al Signore che ci ha fatti". Salmi 95:3-6. PEC 140 2 Si deve aver rispetto anche per il nome di Dio; mai lo si deve pronunciare con leggerezza. Anche nella preghiera si eviti la sua frequente e inutile ripetizione. "Santo e tremendo è il suo nome". Salmi 111:9. Gli angeli quando lo nominano si coprono il volto. Con quanta maggior riverenza noi, esseri caduti e peccatori, dovremmo pronunciare il nome del Signore! PEC 140 3 Dovremmo sempre tenere in considerazione la Parola di Dio e mostrare rispetto anche verso le pagine stampate, non facendone mai un uso improprio, o maneggiandole con noncuranza. La Scrittura non deve mai essere citata per scherzo o parafrasata per fare dello spirito. PEC 140 4 "Ogni parola di Dio è affinata con il fuoco". Proverbi 30:5. "Le parole del Signore son parole pure, sono argento raffinato in un crogiuolo di terra, purificato sette volte". Salmi 12:6. PEC 140 5 Il rispetto va pure manifestato nei confronti dei rappresentanti di Dio: ministri, insegnanti e genitori, tutti coloro cioè che sono chiamati a parlare e ad agire in sua vece. Dio è onorato dal rispetto che noi mostriamo verso di loro. Il Signore ha particolarmente raccomandato il rispetto per le persone di età avanzata, e dice: "I capelli bianchi sono una corona d'onore; la si trova sulla via della giustizia". Proverbi 16:31. La canizie parla di battaglie combattute e di vittorie conseguite; di fardelli portati e di tentazioni superate; di stanchezza e di imminente riposo; di posti che presto rimarranno vacanti. Aiutate i bambini a pensare a queste cose; essi allora cercheranno di appianare il sentiero delle persone anziane con la cortesia e con il rispetto, e accresceranno la grazia e la bellezza delle loro giovani vite ascoltando il divino invito: "Alzati davanti al capo canuto, onora la persona del vecchio". Levitico 19:32. PEC 140 6 Padri, madri e insegnanti devono apprezzare maggiormente l'onore e la responsabilità che Dio ha loro accordato nel farli, nei confronti dei bambini, suoi rappresentanti. Il carattere, manifestato nelle relazioni di ogni giorno, interpreterà per il fanciullo, o in bene o in male, queste parole di Dio: "Come un padre è pietoso verso i suoi figli, così è pietoso il Signore verso quelli che lo temono". Salmi 103:13. "Come un uomo consolato da sua madre così io consolerò voi". Isaia 66:13. PEC 140 7 Beato quel bambino nel quale parole come queste suscitano amore, gratitudine e fiducia; beato quel bambino al quale la tenerezza, la giustizia e la benevolenza del padre e della madre rappresentano la giustizia e la benevolenza di Dio; beato quel bambino che per la fiducia, l'ubbidienza e il rispetto che ha verso i propri genitori, impara ad avere fiducia in Dio, a ubbidirgli e a rispettarlo. Coloro che comunicano ai figli o agli alunni un tale dono, li arricchiscono di un tesoro più prezioso di qualsiasi altra ricchezza, un tesoro che dura per l'eternità. ------------------------Capitolo 28: Carattere e abbigliamento PEC 142 1 Una preparazione non può ritenersi completa se non insegna giusti criteri circa il modo di vestire. Senza tale insegnamento, l'opera educativa è troppo spesso rallentata e distorta. L'amore per l'abbigliamento e l'attaccamento alla moda sono i rivali più temibili per un insegnante, gli ostacoli più grandi. PEC 142 2 La moda governa con mano ferrea. In varie famiglie forze, tempo e attenzioni di genitori e figli sono assorbiti nel soddisfarne i capricci. PEC 142 3 A molti poco importa che un abito sia conveniente o anche grazioso: se la moda cambia, va rifatto o messo da parte. Per questo in famiglia tutti sono spinti a un lavoro incessante, così che manca poi il tempo per pregare, per studiare la Bibbia, per educare i figli e aiutarli a conoscere meglio Dio attraverso le sue opere. Così vengono meno anche il tempo e il denaro per la beneficenza, e la stessa alimentazione è trascurata; il cibo scelto male e frettolosamente preparato soddisfa solo in parte le esigenze dell'organismo. Ne derivano pessime abitudini alimentari, che sono la causa di malattie o d'intemperanza. PEC 142 4 L'amore per l'ostentazione porta alla stravaganza e uccide in molti giovani l'aspirazione per una vita più nobile. Anziché impegnarsi per avere una buona formazione culturale, cercano ben presto un'occupazione che permetta di guadagnare e di soddisfare così la passione per il vestire. Questa passione inganna molti giovani fino a rovinarli. PEC 142 5 In questo modo in molte famiglie le risorse economiche sono così aggravate. Allora il padre, incapace di soddisfare le esigenze della moglie e dei figli, si lascia andare alla disonestà, con il conseguente risultato del disonore e della rovina. PEC 142 6 Perfino il giorno di adorazione non è esente dal richiamo della moda: la chiesa si trasforma in una passerella e si fa più attenzione all'abbigliamento che al sermone. Chi non può, per ragioni economiche, uniformarsi alle esigenze di questa abitudine, preferisce non recarsi affatto in chiesa. PEC 142 7 A scuola, per gli abiti poco adatti che indossano e che impacciano i loro movimenti, le ragazze sono ostacolate nello studio e nella ricreazione. La loro mente è preoccupata e l'insegnante incontra difficoltà a suscitare il loro interesse. PEC 142 8 Il contatto con la natura è spesso il miglior rimedio al quale l'insegnante possa ricorrere per vincere il richiamo della moda. Insegnate ai giovani a provare la gioia di trovarsi sulle sponde di un fiume, di un lago o sulle rive del mare; spronateli a scalare le colline, ad ammirare l'incanto dei tramonti, aiutateli a esplorare i tesori dei boschi e dei campi, a prendere piacere nel coltivare piante e fiori. Mentre essi saranno impegnati in queste attività, il desiderio di seguire l'ultima moda perderà d'importanza. PEC 143 1 Aiutate i giovani a rendersi conto che nel vestire, come nel mangiare, la semplicità è indispensabile per riuscire a pensare in modo elevato. Aiutateli, dunque, a notare i tesori esistenti nella Parola di Dio, nel libro della natura e nei racconti biografici di persone insigni. PEC 143 2 Volgete la loro mente verso i sofferenti che essi possono soccorrere, e fate loro vedere che il denaro speso per l'ostentazione li priva della possibilità di dare da mangiare a coloro che hanno fame, di vestire chi ne ha bisogno, e di consolare chi soffre. PEC 143 3 Allo stesso tempo si dovrebbe insegnare ai giovani a riconoscere la lezione della natura: "Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo". Ecclesiaste 3:11. Nel modo di vestire, come in tutte le altre cose, è nostro privilegio onorare il Creatore. Egli desidera che i nostri abiti siano non solo puliti e comodi, ma anche adatti e decorosi. Il vestito rivela il carattere PEC 143 4 Il carattere di una persona si rivela anche nel suo modo di vestire. Un abbigliamento semplice e appropriato è il segno di un gusto raffinato e di una mente colta. Un modo semplice di vestire, unito a un comportamento riservato farà in modo che una giovane donna sia circondata da un'atmosfera di sacra riservatezza. PEC 143 5 Si deve insegnare alle giovani che l'arte di vestire bene include la capacità di fare da sé i propri abiti. Questa è un'ambizione che ogni ragazza dovrebbe avere, perché si tratta di un modo di rendersi utili e indipendenti. PEC 143 6 È giusto amare la bellezza e desiderarla; Dio, però, vuole che noi amiamo e cerchiamo prima di tutto la bellezza più grande, quella che non appassisce mai. Le opere più celebrate dell'arte umana non possiedono bellezza che possa reggere il confronto con quella del carattere che, agli occhi di Dio, è di grande valore. PEC 143 7 Insegnate, dunque, ai giovani, e anche ai bambini, a scegliersi l'abito regale tessuto nei telai del cielo, di "fino lino, risplendente e puro" (Apocalisse 19:8), che un giorno tutti i santi della terra indosseranno. Quest'abito, che è il carattere senza macchia di Cristo, è offerto gratuitamente a ogni essere umano. Però, tutti quelli che lo ricevono lo indossano già da ora, quaggiù. PEC 143 8 Si insegni ai bambini ad aprire le loro menti a pensieri puri e nobili, come anche a compiere azioni utili e gradite: sono cose che contribuiscono a indossare il meraviglioso abito del carattere di Cristo, una veste che li farà belli e amati quaggiù, e che darà poi il diritto di accedere al palazzo del Re. Gesù l'ha promesso: "Essi cammineranno con me in bianche vesti, perché ne sono degni". Apocalisse 3:4. ------------------------Capitolo 29: Il sabato PEC 145 1 Il valore del sabato quale mezzo di educazione è inestimabile. Ogni volta che Dio ci chiede qualcosa di nostro, ce la restituisce arricchita, trasfigurato dalla stessa sua gloria. La decima che chiedeva a Israele era consacrata a preservare fra gli uomini, in tutta la sua bellezza, il tempio costruito sul modello di quello del cielo e segno della sua presenza sulla terra. Così, quella parte del nostro tempo che il Signore ci domanda, ce la restituisce segnata con il suo nome e con il suo sigillo. Egli dice: "Il sabato è un segno tra me e voi,... affinché conosciate che io sono il Signore che vi santifica". Esodo 31:13. "In sei giorni il Signore fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò il Signore ha benedetto il giorno del riposo e lo ha santificato". Esodo 20:11. PEC 145 2 Il sabato è un segno del suo potere creatore e redentore. Esso indica Dio come fonte della vita e della conoscenza, ricorda la primitiva gloria dell'uomo e testimonia del piano divino di crearci di nuovo alla sua immagine. PEC 145 3 Sabato e famiglia furono istituiti in Eden, e nel proposito di Dio queste due istituzioni sono indissolubilmente unite fra loro. In questo giorno più che in ogni altro ci è possibile vivere la vita dell'Eden. Rientrava nel piano divino che i membri della famiglia fossero uniti nel lavoro e nello studio, nel culto e nella ricreazione; che il padre fosse il sacerdote della famiglia e che con la moglie fosse insegnante e amico dei figli. Ma il peccato ha mutato le condizioni di vita, tanto che il padre difficilmente riesce a vedere i figli durante la settimana, privandolo così, quasi del tutto dell'opportunità di tenere loro compagnia e di istruirli. L'amore di Dio ha posto però un limite alle esigenze del lavoro, e ha messo la sua mano misericordiosa sul sabato. Nel suo giorno santo egli offre alla famiglia umana l'opportunità di essere in comunione con lui, con la natura, e gli uni con gli altri. PEC 145 4 Il sabato è più di ogni altro il giorno in cui dovremmo crescere nella conoscenza di Dio attraverso le sue opere, perché questo giorno è il memoriale della potenza creatrice. Nella mente dei bambini l'idea del sabato dovrebbe essere collegata con la bellezza delle cose create. Fortunata è quella famiglia che il sabato può recarsi al luogo di culto, come Gesù e i suoi discepoli quando andavano alla sinagoga, attraversando i campi, costeggiando un lago, o passando per i boschi. Benedetti quei genitori che possono insegnare ai figli la Parola di Dio servendosi di illustrazioni attinte dalla natura, che possono sedersi all'ombra di verdi alberi, all'aria fresca e pura, per studiare le Scritture e cantare le lodi del Padre celeste! PEC 146 1 Grazie a questa unione, i genitori possono avvincere i figli ai loro cuori e quindi a Dio con legami che non potranno essere mai infranti. PEC 146 2 Il sabato offre opportunità inestimabili come mezzo di sviluppo intellettuale. La lezione della Scuola del Sabato non dovrebbe essere studiata con uno sguardo frettoloso dato all'ultimo momento il sabato mattina, ma con impegno a cominciare dal pomeriggio del sabato e con una revisione quotidiana nel corso della settimana. È così che la lezione rimane impressa nella mente come un tesoro che non andrà mai del tutto perduto. PEC 146 3 Durante la predicazione, genitori e figli dovrebbero prendere nota dei versetti citati e delle idee generali, e ripeterseli vicendevolmente a casa. Questo contribuirà a evitare ai bambini la stanchezza che spesso sentono durante il sermone, e sarà utile per coltivare in loro l'abitudine a stare attenti e a pensare in modo logico. PEC 146 4 La meditazione su argomenti così suggeriti dischiuderà agli studenti tesori impensati. Essi proveranno nella loro vita la realtà dell'esperienza descritta dalla Scrittura: "Appena ho trovato le tue parole, io le ho divorate; le tue parole sono state la mia gioia, la delizia del mio cuore". Geremia 15:16. "Anche il tuo servo è da essi ammaestrato; v'è gran ricompensa a osservarli". Salmi 19:11. ------------------------Capitolo 30: Fede e preghiera PEC 147 1 Fede significa avere fiducia in Dio, credere che egli ci ama e sa ciò che è meglio per il nostro bene. Essa ci insegna a scegliere le sue vie al posto delle nostre; ad accettare la sua sapienza invece della nostra ignoranza, la sua forza in luogo della nostra debolezza, la sua giustizia anziché la nostra natura peccaminosa. La nostra vita appartiene già al Signore; la fede riconosce questa sovranità e accetta le benedizioni che ne derivano. Verità, onestà, purezza sono indicate come segreti di riuscita nella vita, e la fede ci permette di venirne in possesso. PEC 147 2 Ogni impulso positivo, ogni nobile aspirazione, sono un dono di Dio. Da lui la fede riceve la vita che sola può determinare la vera crescita e la vera efficienza. PEC 147 3 È bene precisare come la fede dev'essere esercitata. Ogni promessa divina è condizionata. Se noi siamo disposti a fare la volontà del Padre, tutta la sua potenza sarà messa a nostra disposizione. Qualunque dono egli prometta, è racchiuso nella promessa stessa: "...il seme è la parola di Dio". Luca 8:11. Come la quercia è potenzialmente racchiusa nella ghianda, così il dono di Dio è racchiuso nella sua promessa. Solo accettandola, veniamo in possesso del dono. PEC 147 4 La fede che ci mette in condizione di ricevere i doni di Dio è già in se stessa un dono, che è distribuito in una certa misura a ogni essere umano. Essa cresce con l'esercizio fatto per appropriarci della Parola di Dio. Per rafforzarla, infatti, dobbiamo metterla spesso in contatto con le Scritture. PEC 147 5 Nello studio della Bibbia, lo studente dovrebbe essere guidato a vedere tutta la potenza della Parola. Alla creazione "...egli parlò, e la cosa fu; egli comandò e la cosa apparve". Salmi 33:9. Egli "...chiama all'esistenza le cose che non sono" (Romani 4:17), perché quando egli le chiama, esse sono. La nobiltà del mondo PEC 147 6 Quante volte coloro che confidarono nella Parola di Dio, seppero resistere a tutta la forza del mondo! Enoc, mantenendo una fede salda, fece trionfare la giustizia in mezzo a una generazione corrotta e schernitrice. Noè e la sua famiglia resistettero ai loro contemporanei, uomini e donne dotati di grande forza fisica e intellettuale, ma moralmente degradati. Israele al Mar Rosso, indifeso e terrorizzato manipolo di schiavi, vinse contro il più poderoso esercito della più potente nazione del mondo. Davide, giovane pastore, avuta da Dio la promessa del trono, vinse su Saulle, monarca regnante ben determinato a conservare il potere. Sadrac e i suoi amici sconfissero la forza del fuoco e le minacce del re Nabucodonosor. Daniele, nella fossa dei leoni, vinse i nemici che occupavano alte posizioni di governo. Gesù, sulla croce, ottenne la vittoria sui sacerdoti e sui capi d'Israele che incitavano perfino il governatore romano a soddisfare la loro volontà. Paolo, portato in catene alla morte come un criminale, non cedette a Nerone, despota di un impero universale. PEC 148 1 Simili esempi non si trovano solo nella Bibbia, abbondano anche in ogni vicenda della storia umano. I valdesi e gli ugonotti, Wyclif e Hus, Gerolamo e Lutero, Tyndale e Knox, Zinzendorf e Wesley, insieme con intere folle di altre persone, resero testimonianza della potenza della Parola di Dio contro la forza e i sistemi di uomini sostenitori del male. Questa è la vera nobiltà del mondo, la sua stirpe reale. Di questa dinastia sono chiamati a far parte i giovani di oggi. PEC 148 2 La fede è necessaria nelle piccole esperienze della vita non meno che nelle grandi. In tutte le nostre attività quotidiane la forza soccorritrice di Dio diventa per noi realtà per mezzo di una completa fiducia in lui. PEC 148 3 Da un punto di vista umano, la vita è un sentiero inesplorato lungo il quale, per quel che si riferisce alle nostre esperienze più personali, ognuno procede da solo. Nessuno, infatti, può entrare pienamente nell'intimo della nostra vita interiore. Quando i bambini piccoli iniziano a intraprendere questo viaggio, quanto intenso dovrà essere lo sforzo per dirigere la loro fiducia nelle mani di colui che è una guida e un aiuto sicuri. PEC 148 4 Come scudo contro la tentazione e come ispirazione alla purezza e alla verità, nessun influsso può uguagliare la percezione della presenza di Dio. "Tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto". Ebrei 4:13. "Tu, che hai gli occhi troppo puri per sopportare la vista del male, e che non puoi tollerare lo spettacolo dell'iniquità...". Abacuc 1:13. Questo pensiero protesse sempre Giuseppe in mezzo alla corruzione dell'Egitto. Alle lusinghe della tentazione, egli rispose con fermezza: "Come dunque potrei io fare questo gran male e peccare contro Dio?" Genesi 39:9. La fede, se coltivata, fornirà questa protezione a ogni persona. PEC 148 5 Solo il senso della presenza di Dio può scacciare la paura che renderebbe la vita insopportabile ai bambini più timorosi. Aiutateli a imprimere bene nella mente la promessa: "L'angelo del Signore si accampa intorno a quelli che lo temono, e li libera". Salmi 34:7. Fate leggere loro la storia meravigliosa di Eliseo che stava sulla cima di un monte e vedeva fra lui e l'esercito nemico una potente schiera di angeli. Raccontate come l'angelo di Dio apparve a Pietro mentre era in carcere condannato a morte, e come, passando oltre le guardie armate, le spesse porte della prigione e il grande cancello di ferro munito di chiavistelli e sbarre, lo condusse fuori al sicuro. Descrivete loro la scena sul mare in cui Paolo, prigioniero e in viaggio verso il processo e la condanna, pronunciò queste grandiose parole di coraggio e di speranza: "...vi esorto a stare di buon animo, perché non vi sarà perdita della vita per nessuno di voi ma solo della nave. Poiché un angelo del Dio al quale appartengo e che io servo mi è apparso questa notte, dicendo: 'Paolo, non temere; bisogna che tu compaia davanti a Cesare, ed ecco, Dio ti ha dato tutti quelli che navigano con te". Atti 27:22-24. Siccome su quella nave c'era un uomo mediante il quale Dio poteva agire, l'intero equipaggio, i soldati pagani e i passeggeri furono salvati e "...tutti giunsero salvi a terra". Atti 27:44. PEC 149 1 Queste cose non sono state scritte semplicemente perché noi, leggendole, fossimo pieni di ammirazione, ma perché la stessa fede che in passato operò in favore dei servitori di Dio possa agire anche in noi. In modo non meno notevole il Signore si manifesterà oggi ovunque ci siano cuori pieni di fede pronti per essere canali della sua potenza. Insegnate a coloro che non hanno fiducia in se stessi, e la cui mancanza di sicurezza li conduce a non accettare incarichi o responsabilità, a fare affidamento su Dio. In questo modo, molti che altrimenti sarebbero nel mondo una nullità, se non addirittura individui aggravati dall'incapacità di aiutare perfino se stessi, potranno dire con l'apostolo Paolo: "Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica". Filippesi 4:13. Dio difende i diritti PEC 149 2 Per il bambino che si risente facilmente delle offese, la fede ha in serbo preziose lezioni. La tendenza a opporsi al male o a vendicarsi dei torti subiti spesso è provocata da un vivo senso di giustizia e da uno spirito energico e attivo. Ai bambini dovrebbe essere insegnato che Dio è l'eterno difensore dei diritti e che cura teneramente gli esseri che ha così tanto amati da dare il suo diletto Figlio per la loro salvezza. Ogni malfattore dovrà rendere conto a lui. "...chi tocca voi, tocca la pupilla dell'occhio suo". Zaccaria 2:8. "Riponi la tua sorte nel Signore; confida in lui, ed egli agirà. Egli farà risplendere la tua giustizia come la luce, e il tuo diritto come il sole di mezzogiorno". Salmi 37:5, 6. PEC 149 3 "...quelli che conoscono il tuo nome confideranno in te, perché, o Signore, tu non abbandoni quelli che ti cercano". Salmi 9:10. PEC 149 4 Dio ci dice di avere per gli altri la stessa compassione che egli manifesta per noi. Incoraggiate quanti sono impulsivi, presuntuosi, vendicativi a contemplare colui che è mansueto e umile, colui che, condotto all'uccisione come un agnello, non si ribellò come una pecora non si ribella a coloro che la tosano. Indicate loro colui che è stato trafitto dai nostri peccati, fiaccato dalla nostra malvagità; allora impareranno a resistere, a sopportare, e a perdonare. PEC 150 1 Per la fede in Gesù, ogni lacuna di carattere può essere colmata, ogni impurità rimossa, ogni difetto corretto, ogni virtù sviluppata "e voi avete tutto pienamente in lui". Colossesi 2:10. PEC 150 2 Preghiera e fede sono intimamente unite e devono essere studiate insieme. Nella preghiera ispirata dalla fede c'è una scienza divina, una scienza che deve essere capita da chiunque voglia riuscire nella vita. Gesù dice: "...tutte le cose che voi domanderete pregando, credete che le avete ricevute, e voi le otterrete". Marco 11:24. Egli chiarì, però, che le nostre richieste devono essere in armonia con la volontà del Padre. Dobbiamo chiedere le cose che egli ha promesso, e poi adoperare nell'adempimento della sua volontà tutto quello che riceviamo. Se le condizioni sono rispettate, la promessa si compirà inequivocabilmente. Noi possiamo pregare per il perdono dei peccati, per lo Spirito Santo, per un carattere cristiano, per la saggezza e il vigore necessari per compiere la sua opera, per ogni dono promesso da Dio; quindi dobbiamo credere che riceveremo, e ringraziare il Signore di averlo ricevuto. Non dobbiamo cercare nessuna evidenza della benedizione: il dono è nella promessa, e possiamo continuare nel nostro compito, sicuri che il dono, che già possediamo, si concretizzerà quando più ne avremo bisogno. La preghiera, una necessità PEC 150 3 Vivere così della Parola di Dio significa una resa totale della nostra vita al Signore. Proveremo, allora, un costante senso di bisogno e di dipendenza, un'incessante aspirazione del cuore che si eleva verso di lui. La preghiera è una necessità, perché è la vita dell'anima. In famiglia e in pubblico, essa ha il suo posto, però è la comunione segreta con Dio che sostiene la vita dell'anima. PEC 150 4 Mosè, sul monte con Dio, vide il modello di quel meraviglioso edificio che doveva essere abitacolo della gloria divina. Ed è sul monte con Dio, nel segreto luogo di comunione, che noi dobbiamo contemplare il glorioso ideale stabilito da lui per l'umanità. Potremo così erigere l'edificio del nostro carattere affinché per noi si adempia la promessa: "Abiterò e camminerò in mezzo a loro, sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo". 2 Corinzi 6:16. PEC 150 5 Fu durante le ore di solitaria preghiera che Gesù ricevette saggezza e potenza. Incoraggiate i giovani a seguirne l' esempio, cercando all'alba e al tramonto, un luogo quieto per mettersi in comunione con il Padre nel cielo. Durante il giorno, poi, innalzino i loro cuori a Dio. A ogni passo del nostro cammino, egli ci ripete: "...io, il Signore, il tuo Dio, fortifico la tua mano destra e ti dico: 'Non temere, io ti aiuto!'" Isaia 41:13. PEC 151 1 Queste lezioni possono essere insegnate solo da chi le ha apprese personalmente. L'insegnamento delle Scritture non produce talvolta sui piccoli e sui giovani un effetto maggiore, perché molti genitori e insegnanti che dicono di credere nella Parola di Dio ne rinnegano la potenza con la loro vita. Una cosa è trattare la Bibbia come un libro di buoni precetti morali da seguire fin là dove si armonizzano con lo spirito del tempo e con la nostra posizione nel mondo, e un'altra cosa è considerarla come essa realmente è: Parola del Dio vivente, Parola che è la nostra vita, che deve modellare le nostre azioni, le nostre parole e i nostri pensieri. Ritenere che la Bibbia sia qualcosa di meno di ciò, equivale a rigettarla. E tale rigetto da parte di chi afferma di credere in essa è fra le principali cause dello scetticismo e dell'incredulità dei giovani. Appuntamento con Dio PEC 151 2 Il mondo è preda di una vertigine di un'intensità che non ha precedenti. Nel divertimento, nella ricerca del denaro, nella corsa al potere, nella stessa lotta per la vita, c'è una forza terribile che assorbe corpo, mente e spirito. In mezzo a questa corsa pazzesca, Dio sta parlando. Egli ci invita ad appartarci per essere in comunione con lui: "Fermatevi", dice "e riconoscete che io sono Dio". Salmi 46:10. PEC 151 3 Molti, perfino nei momenti di devozione, non riescono a ricevere le benedizioni che derivano dalla vera comunione con Dio perché troppo precipitosi. Oltrepassano rapidamente il cerchio dell'amorevole presenza di Cristo limitandosi a soffermarsi solo un istante nel recinto, senza aspettare di ricevere consiglio. Essi non hanno il tempo di rimanere con il divino Maestro. E con i pesi che già li opprimevano, ritornano al loro lavoro. PEC 151 4 Questi operai non potranno giungere al successo fino a che non avranno imparato il segreto della forza. Si devono concedere il tempo di pensare, di pregare, e di aspettare da Dio il rinnovamento delle facoltà fisiche, mentali e spirituali. Costoro hanno bisogno dell'influsso nobilitante del suo Spirito. Ricevendolo, si sentiranno animati da nuova vita: l'organismo stanco, il cervello affaticato saranno rinvigoriti e il cuore affannato sarà illuminato. PEC 151 5 Il nostro bisogno non consiste in una breve pausa momentanea in presenza di Dio, ma in un contatto personale con Cristo: dobbiamo stare con lui in intima comunione. Beati i bambini delle nostre case e gli studenti delle nostre scuole i cui genitori e insegnanti imparano nella propria vita la preziosa esperienza descritta nelle seguenti parole di Salomone: "Qual è un melo tra gli alberi del bosco, tal è l'amico mio fra i giovani. Io desidero sedermi alla sua ombra, il suo frutto è dolce al mio palato. Egli mi ha condotta nella casa del convito, l'insegna che stende su di me è amore". Cantico dei Cantici 2:3, 4. ------------------------Capitolo 31: Scopo della vita PEC 152 1 Il successo in qualsiasi ambito richiede l'esistenza di uno scopo ben definito. Coloro che raggiungono il vero successo nella vita non perdono mai di vista l'obiettivo degno dei loro sforzi. Tale obiettivo è posto davanti anche ai giovani di oggi. Il progetto divino di portare il Vangelo al mondo in questa generazione è il più nobile che possa essere rivolto a ogni essere umano. Per tutti coloro il cui cuore è stato toccato da Cristo, esso apre una nuova prospettiva di impegno. PEC 152 2 Il piano di Dio per i bambini che crescono nelle nostre case è più ampio, profondo ed elevato di quanto la nostra limitata visione abbia compreso. Anticamente, persone di umili origini furono chiamate a essere testimoni di Dio nei posti più eccelsi del mondo a motivo della loro fedeltà. E più di un ragazzo di oggi, che cresca come Daniele crebbe nella sua casa natale, studiando la Parola e le opere di Dio e imparando lezioni di fedele servizio, si leverà nelle assemblee legislative, nelle aule di giustizia o nelle corti reali come testimone del Re dei re. Intere folle saranno chiamate a un compito più vasto perché il mondo si apra al Vangelo. Milioni di persone non hanno mai udito parlare di Dio o del suo amore rivelato in Cristo. Essi hanno il diritto di conoscerlo. Perciò sta a noi, che abbiamo ricevuto tale conoscenza, e ai nostri figli ai quali possiamo impartirla, di rispondere al loro appello. A ogni famiglia, scuola, genitore, educatore, e bambino, sui quali brilla la luce del Vangelo, giunge in questo momento cruciale la domanda che fu rivolta alla regina Ester in un'ora decisiva della storia d'Israele: "...e chi sa se non sei diventata regina appunto per un tempo come questo?" Ester 4:14. La sofferenza di Dio PEC 152 3 Coloro che pensano alle conseguenze che derivano dall'affrettare o dal ritardare la diffusione del Vangelo, vi pensano in rapporto a se stessi e al mondo. Pochi vi pensano in rapporto a Dio, considerando le sofferenze che il peccato ha causato al nostro Creatore. Tutto il cielo ha sofferto nell'agonia di Cristo, però tale sofferenza non è né cominciata né finita con la sua incarnazione. La croce è una rivelazione, per i nostri sensi intorpiditi, del dolore che il peccato, fin dalle sue origini, ha causato al cuore di Dio. Ogni ingiustizia, ogni atto di crudeltà, ogni fallimento dell'umanità nel raggiungere l'ideale fissato dal Signore, contrista il Padre. Nella Bibbia è scritto che quando si abbatterono su Israele le calamità, frutto della sua separazione da Dio -- oppressione nemica, crudeltà, e morte -- egli "...si addolorò per l'afflizione d'Israele" (Giudici 10:16); "In tutte le lor distrette, egli stesso fu in distretta". Isaia 63:9 (Diodati). Così, mentre "tutta la creazione geme ed è in travaglio" (Romani 8:22), il cuore del Padre infinito partecipa a questo dolore. PEC 153 1 L'infelicità del nostro mondo, dove si raccolgono masse di persone colpite dal peccato e dalla malattia, è talmente profonda che non osiamo nemmeno immaginarla. Ma Dio la vive fino in fondo. Per distruggere il peccato e le sue conseguenze, egli ha dato il suo Figlio prediletto e ci ha offerto la possibilità di mettere fine a questa situazione di sofferenza, collaborando con lui. "E questo vangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo, affinché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; allora verrà la fine". Matteo 24:14. PEC 153 2 Il mandato di Cristo ai suoi seguaci è: "Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo a ogni creatura". Marco 16:15. Non tutti sono chiamati a essere ministri o missionari nel senso stretto del termine, ma tutti possono essere suoi collaboratori nel portare la "lieta notizia" al prossimo. Il compito è affidato a tutti: grandi e piccoli, colti e ignoranti, vecchi e giovani. PEC 153 3 In vista di questo mandato, oseremo educare i nostri figli e figlie soltanto per una vita di rispettabile formalismo, per una vita di sedicente cristianesimo priva del vero sacrificio di sé? Su una tale vita il verdetto di colui che è verità inevitabilmente sarà: "Io non ti conosco!". PEC 153 4 Eppure migliaia di genitori lo fanno, pensando di assicurare ai figli i benefici del Vangelo mentre essi stessi ne negano lo spirito. Ciò non è possibile. Quanti respingono il privilegio della compagnia di Cristo nel servizio, rinunciano all'unica formazione che rende idonei a partecipare con lui alla sua gloria. Essi rifiutano la preparazione che dà, in questa vita, forza e nobiltà di carattere. Più di un padre e di una madre hanno compreso troppo tardi che, negando ai figli la croce di Cristo, li abbandonavano al nemico, segnandone la rovina non solo per la vita avvenire, ma anche per quella presente. PEC 153 5 Anche fra coloro che si preparano per servire Dio, molti sono distolti da metodi di educazione sbagliati. Troppo spesso si pensa che la vita sia fatta di periodi distinti: un tempo per lo studio e un tempo per il lavoro; un tempo di preparazione e un tempo di attuazione. Nel prepararsi per una vita di servizio, i giovani vanno a scuola per acquisire la conoscenza dai libri. Esonerati dalle responsabilità della vita quotidiana, sono assorbiti dallo studio e non di rado ne perdono di vista il vero scopo. L'entusiasmo della loro consacrazione iniziale a poco a poco scompare, e moltissimi si lasciano sopraffare da ambizioni personali ed egoistiche. Conseguito il diploma, migliaia di giovani si accorgono di avere perduto ogni contatto con la vita. Si sono così a lungo occupati di cose teoriche e astratte che quando devono mobilitarsi, anima e corpo, per affrontare le dure prove quotidiane, si trovano del tutto impreparati. Le energie che avevano pensato di impiegare in una nobile attività, sono invece usate nella lotta per la semplice sussistenza. Molti, dopo ripetuti fallimenti e disperando addirittura di potersi guadagnare onestamente da vivere, si abbandonano a pratiche discutibili o addirittura disoneste. Il mondo è così privato del servizio che avrebbe potuto ricevere, e Dio perde quelle persone che egli voleva innalzare, nobilitare e onorare come suoi rappresentanti. Errore nel giudizio umano PEC 154 1 Molti genitori sbagliano nel fare discriminazioni con i figli in tema di educazione. Essi sono pronti a compiere ogni sacrificio per assicurare la migliore preparazione a quelli che pensano siano dotati di particolari qualità, mentre non ritengono necessario offrire gli stessi vantaggi a quelli che sembrano meno promettenti e per i quali, dunque, una modesta educazione scolastica è considerata sufficiente per svolgere i comuni doveri della vita. PEC 154 2 Ma chi può scegliere fra i propri figli colui che sarà capace di assumere le maggiori responsabilità? Ricordate l'esperienza di Samuele mandato da Dio a ungere come re d'Israele uno dei figli di Isai? Sette giovani di nobile aspetto passarono davanti a lui. Nel vedere il primo, bello, prestante, dal portamento elegante, il profeta si disse: "Certo l'unto del Signore è qui davanti a lui". Ma Dio gli rispose: "Non badare al suo aspetto né alla sua statura, perché io l'ho scartato; infatti il Signore non bada a ciò che colpisce lo sguardo dell'uomo: l'uomo guarda all'apparenza, ma il Signore guarda al cuore". Così, per tutti i sette figli fu detto: "Il Signore non si è scelto questi". Fu solo quando Davide fu chiamato dai campi dove pascolava il gregge che il profeta poté portare a compimento la sua missione. Cfr. 1 Samuele 16:6-13. PEC 154 3 Infatti, i fratelli maggiori fra i quali Samuele avrebbe dovuto fare la sua scelta, non possedevano le qualità che Dio riteneva essenziali a un condottiero del suo popolo. Orgogliosi, egocentrici, pieni di sé, furono messi da parte per uno che essi tenevano in scarsa considerazione, uno che aveva saputo conservare la semplicità e la sincerità della giovinezza e che, seppure piccolo ai loro occhi, poteva essere preparato da Dio per le responsabilità del regno. Così oggi, in molti bambini poco considerati dai genitori, Dio scorge qualità superiori a quelle di altri che sono ritenuti molto promettenti. PEC 154 4 E circa le possibilità della vita, chi può decidere ciò che è grande e ciò che è piccolo? Molti operai, pur occupando un'umile posizione nella vita, intraprendendo delle iniziative per il bene del mondo hanno ottenuto risultati da fare invidia ai re! PEC 155 1 Bisogna accertarsi, quindi, che ogni bambino riceva un'educazione che lo prepari per il servizio più importante. "Fin dal mattino semina la tua semenza e la sera non dar posa alle tue mani; poiché tu non sai quale dei due lavori riuscirà meglio: se questo o quello, o se ambedue saranno ugualmente buoni". Ecclesiaste 11:6. PEC 155 2 Il posto preciso che ci è affidato nella vita è determinato dalle nostre capacità. Non tutti raggiungono lo stesso sviluppo o compiono lo stesso lavoro con la stessa efficienza. Dio non si aspetta che l'issopo raggiunga le proporzioni del cedro, né che l'olivo si elevi all'altezza della maestosa palma. Ma ognuno dovrebbe puntare tanto in alto quanto lo permette l'unione dell'elemento umano con la potenza divina. PEC 155 3 Molti non diventano quel che potrebbero perché non sfruttano abbastanza le potenzialità di cui dispongono e non si impossessano, come dovrebbero, della forza divina. Molti si lasciano allontanare dall'attività che li potrebbe condurre a un reale successo. Alla ricerca di un riconoscimento maggiore o di un compito più gratificante, tentano di fare qualcosa per la quale non sono tagliati. Queste persone, i cui talenti sono adatti per una certa vocazione, ambiscono invece svolgere un'attività diversa; così che colui che sarebbe diventato un ottimo agricoltore, un buon artigiano, o un valido infermiere, occupa in modo inadeguato il posto di deputato, avvocato, o medico. Altri, poi, che avrebbero potuto ricoprire un incarico di responsabilità, per mancanza di energia, di applicazione o di perseveranza si accontentano di una posizione meno impegnativa. PEC 155 4 Noi dobbiamo attenerci più intimamente al piano di Dio per la nostra vita facendo del nostro meglio nel compito che ci è più congeniale, affidando la nostra vita al Signore e vegliando per ricevere le indicazioni della sua provvidenza: queste sono le regole che assicurano la guida giusta per un'occupazione. PEC 155 5 Colui che venne dal cielo per darci un esempio, trascorse circa trent'anni della sua vita in un lavoro ordinario e ripetitivo, ma durante questo tempo egli studiò la Parola e le opere di Dio, aiutò e insegnò a tutti coloro che poteva raggiungere con il suo influsso. All'inizio del suo ministero pubblico, egli andò dappertutto guarendo gli ammalati, confortando chi era abbattuto e predicando il Vangelo ai poveri. Questo è anche il compito di tutti i suoi seguaci. PEC 155 6 "Il più grande tra voi", Gesù disse "sia come il più piccolo, e chi governa come colui che serve. Perché... io sono in mezzo a voi come colui che serve". Luca 22:26, 27. PEC 155 7 Amore e fedeltà a Cristo sono la fonte di ogni vero servizio. Nel cuore toccato dal suo amore nasce il desiderio di lavorare per lui. Tale desiderio dovrebbe essere incoraggiato e ben guidato. A casa, nel vicinato, a scuola, la presenza dei poveri, dei sofferenti, degli ignoranti o degli infelici dovrebbe essere considerata non come uno spiacevole contrattempo, ma come una preziosa opportunità di servizio. PEC 156 1 In quest'opera, come in ogni altra, l'abilità si raggiunge col lavoro stesso. E' con la preparazione acquisita nell'adempimento dei comuni doveri della vita e provvedendo a chi soffre o è nel bisogno, che l'efficienza è assicurata. Senza di essa gli sforzi meglio intenzionati risultano spesso inutili e anche dannosi. È nell'acqua e non sulla terra che le persone imparano a nuotare. Importanza della relazione con la chiesa PEC 156 2 Un'altra esigenza purtroppo poco considerata ma che deve essere ben chiarita a ogni giovane sensibile alle richieste di Cristo, è quella del suo rapporto con la chiesa. La relazione tra Cristo e la sua chiesa è molto intima e sacra. Egli è lo sposo e la chiesa è la sposa. Egli è il capo e la chiesa è il corpo. L'unione con Cristo, perciò, include l'unione con la chiesa. PEC 156 3 La chiesa è organizzata per il servizio. In una vita di servizio per Cristo, l'unione con la chiesa rappresenta uno dei primi passi. La fedeltà a Cristo richiede il fedele adempimento dei doveri di chiesa. Questo aspetto riveste una parte importante nella preparazione personale, e in una chiesa ricolma della vita del Maestro, porterà direttamente all'impegno per il mondo esterno. PEC 156 4 Ci sono vari ambiti nei quali i giovani possono avere l'opportunità di rendersi utili. Per questo sarebbe bene organizzarli in gruppi di servizio cristiano: tale collaborazione risulterà allora efficace e incoraggiante. I genitori e gli insegnanti, interessandosi all'attività dei giovani, potranno offrire loro il vantaggio della loro maggiore esperienza, aiutandoli a rendere efficaci i loro sforzi per il bene. PEC 156 5 La conoscenza reciproca genera simpatia e la simpatia, a sua volta, è la molla che spinge all'azione. Per suscitare nei bambini e nei giovani simpatia e spirito di sacrificio in favore dei milioni di persone che soffrono in terre lontane, si deve fare in modo che essi imparino a conoscere quelle terre e quei popoli. A questo proposito si potrebbe fare molto nelle nostre scuole: anziché soffermarsi sulle gesta eroiche dei vari Alessandro e Napoleone, si incoraggino gli alunni a studiare la vita di grandi uomini come l'apostolo Paolo, Martin Lutero, Moffat, Livingstone, Carey, oltre che a considerare l'attuale sviluppo dell'attività missionaria mondiale. Giovani e anziani sono utili per la missione PEC 156 6 In quest'opera conclusiva del Vangelo c'è ancora molto lavoro da fare, e quindi è più necessario che mai il reclutamento di collaboratori tra la gente comune. Giovani e anziani saranno chiamati dalle campagne e dalle fabbriche per essere mandati dal Maestro a portare il suo messaggio. Molti di loro hanno forse avuto una semplice formazione, ma Cristo vede in loro doti che li qualificano per compiere il suo piano. Se si impegnano con tutto il cuore e sono disposti a imparare, il Signore li renderà idonei a lavorare per lui. Colui che conosce le profondità della miseria e della disperazione del mondo sa con quali mezzi portare sollievo. Egli vede da ogni parte anime immerse nelle tenebre, prostrate dal peccato, dal dolore e dalla sofferenza. Però, egli vede anche le loro possibilità e sa a quale altezza possono giungere. PEC 157 1 Il Cristo affida il peso dell'opera, in favore di questi bisognosi che vivono nelle zone oscure della terra, a coloro che possono simpatizzare con gli ignoranti e con quanti hanno dissipato i propri talenti. Egli sarà presente per aiutare quanti hanno il cuore sensibile, e si servirà di coloro che sanno scorgere una benedizione anche nella miseria, un guadagno anche nella perdita. Quando la Luce del mondo risplende si riesce a scorgere benedizioni celate nelle sventure, vantaggi nei dolori. Tra la gente comune, chi collabora con Cristo, partecipando alle sofferenze del prossimo come il Maestro condivise il dolore dell'intero genere umano, lo vedrà per fede operare al proprio fianco. PEC 157 2 "Il gran giorno del Signore è vicino; è viene in gran fretta". Sofonia 1:14. E il mondo deve essere avvertito. PEC 157 3 Con tutta la preparazione che possono aver accumulato, migliaia e migliaia di persone di ogni età dovrebbero dedicarsi a questo compito. Già molti stanno rispondendo alla chiamata del Maestro e il loro numero crescerà. Gli educatori cristiani dovrebbero offrire a tali operai la propria comprensione e collaborazione, incoraggiandoli e assistendoli nella preparazione per il servizio. PEC 157 4 Non esiste altro genere di attività dal quale i giovani possano trarre maggior beneficio. Tutti coloro che si impegnano nel ministero rappresentano la mano tesa di Dio. Essi collaborano con gli angeli, sono gli agenti umani mediante i quali gli angeli assolvono la loro missione. Gli angeli parlano attraverso la loro voce e lavorano grazie alle loro mani. Gli esseri umani, collaborando con gli agenti divini, usufruiscono della loro intelligenza e della loro esperienza. Nessun corso universitario può uguagliare un simile strumento di formazione. PEC 157 5 Con un esercito di giovani come quello rappresentato dalla nostra gioventù, ben preparato e ben equipaggiato, con quanta rapidità potrebbe essere recato al mondo il messaggio del Salvatore crocifisso, risorto e prossimo a venire! La fine allora verrebbe rapidamente: fine delle malattie, del dolore e del peccato. Con quanta rapidità i nostri figli, anziché i beni terreni oscurati dall'ombra del peccato e del dolore, potrebbero ricevere l'eredità dove "i giusti erediteranno la terra e l'abiteranno per sempre" (Salmi 37:29), dove "Nessun abitante dirà: 'Io sono malato'" (Isaia 33:24), e dove "...non si udranno più voci di pianto, né grida d'angoscia". Isaia 65:19. ------------------------Capitolo 32: Preparazione PEC 160 1 La prima educatrice del bambino è la mamma. Durante il periodo di maggiore ricettività e di più rapido sviluppo, l'educazione del bambino è principalmente nelle sue mani. È la madre che per prima ha l'opportunità di plasmare il carattere in bene o in male, dovrebbe comprendere il valore di tale opportunità e, più di ogni altro maestro, essere qualificata per trarne il massimo profitto possibile. Eppure non c'è preparazione di così grande portata alla quale si dia così poca attenzione quanto a quella della madre. PEC 160 2 Coloro ai quali si affida la cura dei bambini troppo spesso sono all'oscuro delle loro necessità fisiche e ben poco sanno delle leggi della salute e delle basi relative allo sviluppo. Né, d'altra parte, sono meglio qualificati per occuparsi della loro crescita mentale e spirituale. Può darsi che riescano negli affari, che siano brillanti in società, che abbiano anche acquisito una stimabile preparazione letteraria e scientifica, ma sanno pochissimo sull'educazione di un bambino. È soprattutto a causa di questa lacuna, e alla iniziale negligenza nello sviluppo fisico, che si ha un alto tasso di mortalità infantile, o di persone che raggiungono la maturità, ma per le quali la vita è un grande peso. PEC 160 3 Sui padri e sulle madri incombe la responsabilità sia dell'educazione iniziale dei figli sia della successiva, e per entrambi è urgentissimo l'aver acquisito un'accurata e completa preparazione. Prima di impegnarsi nel compito di genitori, uomini e donne dovrebbero essere a conoscenza delle leggi relative allo sviluppo fisico: la fisiologia, le misure igienico sanitarie, gli influssi prenatali, le leggi dell'ereditarietà, l'abbigliamento, l'esercizio e la cura delle malattie. Dovrebbero anche imparare a conoscere i principi che regolano lo sviluppo della mente e la crescita morale. PEC 160 4 L'Essere infinito ha ritenuto quest'opera di formazione di così grande importanza che messaggeri furono inviati dal suo trono a una madre per rispondere alla domanda: "...quale norma si dovrà seguire per il bambino? Che cosa si dovrà fare per lui?" (Giudici 13:12), e per istruire un padre circa l'educazione del figlio promesso. Necessità di una preparazione per i genitori PEC 160 5 L'educazione non realizzerà tutto ciò che potrebbe e dovrebbe finché non sarà pienamente riconosciuta l'importanza dell'opera dei genitori e finché essi non saranno adeguatamente preparati per affrontare le loro sante responsabilità. PEC 161 1 È universalmente ammesso che l'insegnante deve prepararsi con cura, però pochi riconoscono la necessità di una preparazione particolareggiata. Coloro che valutano la responsabilità che la formazione dei bambini e dei giovani comporta, potranno rendersi conto che le conoscenze in ambito scientifico e letterario da sole non bastano. Gli insegnanti dovrebbero possedere una preparazione ben più vasta di quella che si acquisisce normalmente studiando sui libri. Essi dovrebbero avere non solo forza di volontà, ma anche apertura di mente; essere non solo appassionati del loro lavoro ma anche generosi. PEC 161 2 Solo colui che ha creato la mente e ne ha regolato le leggi, può comprenderne perfettamente le esigenze e orientarne lo sviluppo. I princìpi dell'educazione che Dio ha stabiliti rappresentano l'unica guida sicura. Un requisito essenziale per ogni insegnante è la conoscenza di queste leggi e la loro completa accettazione, così che essi diventino una forza regolatrice nella loro vita. PEC 161 3 L'esperienza della vita pratica è indispensabile. Ordine, accuratezza, puntualità, autocontrollo, serenità, altruismo, integrità e cortesia, sono qualità fondamentali. PEC 161 4 Poiché siamo circondati da bassezza di carattere e ipocrisia, oggi è più che mai necessario che le parole, l'atteggiamento e la condotta degli insegnanti siano la rappresentazione di ciò che è vero ed elevato. I bambini riconoscono facilmente l'incoerenza e ogni altra debolezza o mancanza di carattere. Gli insegnanti non possono conquistare il rispetto degli alunni se non rivelando nel proprio carattere quei princìpi che si sforzano di trasmettere. Solo comportandosi in questo modo nella vita di ogni giorno, potrannc esercitare sugli studenti un influsso benefico permanente. La salute va salvaguardata PEC 161 5 Gli insegnanti dipendono in gran misura dalla loro condizione fisica: migliore sarà la loro salute, migliore sarà il loro lavoro. PEC 161 6 Le loro responsabilità sono così faticose da richiedere uno sforzo particolare per preservare vigore e salute. Spesso il logorio del cuore e della mente li conduce quasi inevitabilmente alla depressione, alla freddezza e all'irritazione. E'quindi loro dovere non solo resistere a tali stati d'animo, ma evitarne la causa e conservare il cuore puro, dolce, fiducioso e pieno di simpatia. Per rimanere sempre saldi, calmi e lieti, devono saper proteggere la forza mentale e nervosa. PEC 161 7 Dato che è più importante la qualità della quantità, gli insegnanti dovrebbero evitare di sovraccaricarsi di lavoro, astenendosi da ogni eccesso, rifiutando di accettare altre responsabilità che potrebbero ostacolarli nel loro compito e stando lontani da passatempi e divertimenti che esauriscono invece di ritemprare. PEC 162 1 L'esercizio all'aria aperta, specialmente se si pratica un'attività utile, è uno dei migliori mezzi per rilassare il corpo e la mente. In questo l'esempio dell'insegnante susciterà negli alunni interesse e rispetto per il lavoro manuale. PEC 162 2 In ogni ambito gli insegnanti devono rispettare scrupolosamente le leggi della salute, non solo per le ripercussioni che ciò può avere sulla stessa loro efficienza, ma anche per l'influsso che possono subirne gli alunni. Essi devono essere moderati in ogni cosa ed essere d'esempio nel mangiare, nel lavoro, nella ricreazione. PEC 162 3 Salute fisica e integrità dovrebbero armonizzarsi con una grande preparazione intellettuale. Quanto più gli insegnanti dispongono di una vera conoscenza, tanto migliore sarà il loro operato. L'aula scolastica non è un luogo dove ci si possa accontentare di un lavoro superficiale, e l'insegnante che si ritenga soddisfatto di una conoscenza poco approfondita non giungerà mai a un alto grado di efficienza. PEC 162 4 L'utilità dell'insegnante non dipende tanto dalla quantità di nozioni che possiede quanto dall'obiettivo che si propone. Il vero maestro non si accontenta di nozioni vaghe, di una mente indolente, di una memoria incerta, ma mira costantemente a risultati e a metodi migliori. Nel suo lavoro ci devono essere freschezza e forza vivificanti tali da scuotere e ispirare gli studenti. PEC 162 5 Gli insegnanti devono possedere attitudine per il loro lavoro e anche il tatto e la saggezza necessari per trattare con le persone. Occorrono insegnanti pronti a riconoscere e a saper sfruttare ogni opportunità di fare del bene e che all'entusiasmo uniscano la vera dignità. Occorrono educatori che sappiano dirigere e insegnare, ispirare pensieri, sollecitare energie, e infondere coraggio e vita. PEC 162 6 I bambini e i giovani differiscono molto gli uni dagli altri per tendenze, educazione e abitudini. Alcuni non hanno propositi ben definiti o saldi princìpi, per cui hanno bisogno di essere richiamati alle loro responsabilità e possibilità. Pochi bambini sono stati bene educati in casa. Alcuni sono stati viziati e la loro formazione è stata del tutto superficiale. Lasciati liberi di seguire le proprie inclinazioni e di sottrarsi alle responsabilità e ai doveri, mancano di stabilità, perseveranza, e spirito di sacrificio. Spesso ritengono la disciplina un inutile limite. Altri, invece, sono stati troppo rimproverati e quindi sono scoraggiati. Restrizioni arbitrarie e severità hanno sviluppato in loro uno spirito ostinato e diffidente. Se questi caratteri deformati possono essere rimodellati, tale compito spetta all'insegnante che per assolverlo con successo dovrà possedere quella sensibilità e quella capacità di penetrazione psicologica che lo mettano in condizione di fargli ravvisare le cause dei difetti e degli sbagli dei suoi studenti. Egli deve possedere anche tatto, abilità, fermezza e pazienza per poter offrire a ognuno l'aiuto necessario. Chi è incostante e ama la comodità, avrà bisogno di un tipo di incoraggiamento e di aiuto che lo spinga ad applicarsi; chi è scoraggiato, avrà bisogno di simpatia e apprezzamento per acquisire fiducia in se stesso ed essere a sua volta stimolato a impegnarsi. PEC 163 1 Spesso gli insegnanti non hanno un rapporto di amicizia con i ragazzi; manifestano poca simpatia e tenerezza, mentre mostrano un eccesso di severità nel giudicarli. Sebbene essi debbano essere fermi e decisi, tuttavia non devono essere esigenti e dittatoriali. Essere aspri e ipercritici, tenersi a distanza dagli allievi, trattarli con indifferenza, significa precludersi la possibilità di influire positivamente su di loro. PEC 163 2 In nessuna circostanza gli insegnanti devono mostrarsi parziali. Favorire l'alunno brillante e simpatico, ma criticare e spazientirsi o essere scostanti con quelli che hanno maggiormente bisogno di incoraggiamento e di aiuto, significa non aver compreso l'importanza del compito dell'insegnante. È con l'avvicinarsi a chi sbaglia che il carattere è messo alla prova e rivela se gli educatori sono o non sono qualificati per il loro compito. PEC 163 3 Grande è la responsabilità di coloro che s'impegnano di guidare l'anima umana. Il vero padre e la vera madre considerano il loro incarico come un dovere dal quale non saranno mai del tutto sollevati. Ragazzi e ragazze, dal primo all'ultimo giorno della loro vita, risentono della forza del vincolo che li unisce al cuore dei genitori. Gli atti, le parole, perfino gli sguardi dei genitori continuano a influire sui figli nel bene o nel male. Gli insegnanti condividono questa responsabilità e hanno bisogno, perciò, di percepirne il carattere santo, e di avere continuamente davanti agli occhi lo scopo del loro lavoro. Essi non devono limitarsi ad assolvere i loro incarichi quotidiani per piacere ai superiori o per tenere alto il nome della scuola; devono ricercare piuttosto il bene massimo dei loro alunni considerati individualmente, pensando ai doveri che la vita un giorno affiderà loro, al servizio che questa richiede e alla preparazione che tutto ciò esige. L'opera che gli insegnanti svolgono giorno dopo giorno eserciterà sui giovani, e per loro mezzo su altri, un influsso che non cesserà di estendersi e di rafforzarsi sino alla fine dei tempi. Essi conosceranno i frutti del loro lavoro nel gran giorno in cui ogni parola e ogni azione saranno riesaminate davanti a Dio. PEC 163 4 Gli educatori che si rendono conto di tutto ciò non possono ritenere che il loro compito sia terminato alla fine della loro consueta prestazione quotidiana e gli studenti tornano a casa, ma porteranno questi bambini e questi giovani nel cuore, perché il loro costante pensiero e impegno sarà di assicurare a quei ragazzi il più elevato grado di successo. Un obiettivo elevato PEC 164 1 Gli insegnanti che sanno riconoscere le opportunità e i privilegi del proprio lavoro, non permetteranno che nessuna cosa intralci ogni tentativo per migliorarsi; non risparmieranno nessuna energia per raggiungere il più alto livello di perfezione e cercheranno di essere essi stessi quello che desiderano per i loro allievi. PEC 164 2 Più profondo è il senso della responsabilità, più intenso è il tentativo fatto per migliorarsi e più chiaramente l'insegnante riuscirà a identificare i difetti che indeboliscono la propria efficienza e a rammaricarsene sinceramente. Nel contemplare la vastità del proprio compito, con tutte le difficoltà e le possibilità che esso comporta, il suo cuore spesso sarà indotto a gridare: "E chi è all'altezza di queste cose?". PEC 164 3 Cari insegnanti, mentre considerate il vostro bisogno di coraggio e di guida, vi esorto a considerare le promesse del Consigliere ammirevole: "Invocami, e io ti risponderò..." (Geremia 33:3); e ancora: "Io ti istruirò e ti insegnerò la via per la quale devi camminare; io ti consiglierò e avrò gli occhi su di te". Salmi 32:8. PEC 164 4 Come migliore preparazione per il vostro lavoro, vi invito a soffermarvi sulle parole, sulla vita, e sui metodi del Principe dei maestri. Tale è l'ideale che vi è proposto. Contemplatelo, meditatelo finché lo Spirito del divino Maestro non prenda possesso del vostro cuore e della vostra vita. PEC 164 5 "Contemplando come in uno specchio la gloria del Signore", voi sarete "trasformati nella sua stessa immagine". 2 Corinzi 3:18. Questo è il segreto dell'autorità che esercitate sui vostri studenti: siate voi stessi un riflesso di Gesù. ------------------------Capitolo 33: Partecipazione PEC 165 1 Nella formazione del carattere non c'è influsso pari a quello esercitato dalla famiglia. L'opera dell'insegnante dovrebbe essere complementare a quella dei genitori e non prenderne il posto. Per tutto ciò che riguarda il bene del bambino, deve esserci collaborazione fra genitori e insegnanti. PEC 165 2 La cooperazione dovrebbe cominciare fra padre e madre nella vita domestica. Dato che hanno una comune responsabilità nell'educazione dei figli, dovrebbero sforzarsi costantemente di procedere di comune accordo, sottomettendosi a Dio e cercando da lui l'aiuto per sostenersi a vicenda. Insieme dovrebbero insegnare ai figli a essere fedeli al Signore e ai princìpi, e di conseguenza a se stessi e a coloro con i quali entrano in contatto. Con una tale istruzione, i bambini a scuola non saranno motivo di disturbo o di ansietà, ma saranno di aiuto agli insegnanti, oltre che un esempio e un incoraggiamento per i compagni. PEC 165 3 I genitori che tengono a questa formazione, si asterranno dal criticare l'insegnante, perché sanno che l'interesse dei figli e il rispetto per la scuola esigono che, per quanto possibile, colui che condivide le loro responsabilità sia sostenuto e onorato. PEC 165 4 Molti genitori sbagliano proprio in questo. Con le loro critiche precipitose e infondate distruggono quasi completamente l'influsso dell'insegnante fedele e dedito. Non pochi genitori, i cui figli sono stati viziati dall'indulgenza, lasciano al corpo insegnante il poco piacevole compito di riparare alla loro negligenza e così, con il loro comportamento, rendono tale compito quasi impossibile. Le loro critiche e censure sulla gestione della scuola incoraggiano nei bambini l'insubordinazione e li confermano nelle loro pessime abitudini. PEC 165 5 Se si rende necessario muovere delle critiche o dare suggerimenti sull'operato dell'insegnante, si faccia in privato. Se questo risulta inefficace, allora la cosa può essere presentata a chi ha la responsabilità della scuola. Non si dovrebbe dire o fare nulla che indebolisca il rispetto dei bambini verso colui dal quale dipende, in larga misura, il loro benessere. PEC 165 6 La profonda conoscenza che i genitori hanno del carattere dei figli, delle loro caratteristiche fisiche o delle loro debolezze, se condivisa con l'insegnante, gli può essere di aiuto. È un peccato che tanti non lo facciano. Molti genitori si dimostrano poco disposti a interessarsi della preparazione dell'insegnante o a collaborare con lui, o con lei, nel suo compito. PEC 166 1 Dato che i genitori raramente fanno conoscenza con l'insegnante, è importante che questi cerchi di conoscere i genitori. Egli dovrebbe visitare le case dei propri studenti e rendersi conto degli influssi e dell'ambiente in cui vivono; venendo personalmente in contatto con le loro famiglie e con le loro vite, può rafforzare i legami che lo uniscono agli studenti e può apprendere quale sia il modo più adatto per gestire con maggior efficacia le diverse attitudini e i vari temperamenti. PEC 166 2 Nell'interessarsi direttamente dell'educazione impartita in famiglia, l'insegnante consegue un duplice beneficio. Molti genitori, presi dal lavoro e dagli impegni, perdono di vista le opportunità loro offerte di esercitare un influsso benefico sulla vita dei figli; allora l'insegnante può fare molto per richiamarli alle loro responsabilità e ai loro privilegi. Ne troverà altri, invece, che si sentono gravati dal peso della responsabilità che avvertono verso i figli per aiutarli a diventare donne e uomini buoni e utili. In questo caso l'insegnante può aiutare questi genitori a portare insieme il peso e, mediante consigli reciproci, riceveranno coraggio e forza. Il principio della collaborazione PEC 166 3 Nella formazione domestica dei giovani, il principio della collaborazione ha un valore inestimabile. Fin dai primi anni di vita i bambini dovrebbero essere portati a sentirsi parte integrante della società familiare. Anche i piccolissimi dovrebbero essere abituati a partecipare all'attività quotidiana e a sentire che il loro contributo è necessario e apprezzato. I più grandi dovrebbero assistere i genitori, partecipare ai loro progetti, condividerne le responsabilità e i pesi. Se padri e madri dimostrano ai figli di apprezzare il loro aiuto, di desiderare le loro confidenze, e di godere della loro compagnia, questi risponderanno prontamente. Non solo il fardello dei genitori risulterà alleggerito e i figli riceveranno una preparazione pratica di gran valore, ma si avrà pure un rafforzamento dei legami familiari e un approfondimento delle basi stesse del carattere. PEC 166 4 La collaborazione dovrebbe essere l'anima e la regola di vita della classe. Gli insegnanti che sanno assicurarsi la partecipazione degli allievi usufruiranno di un prezioso aiuto per mantenere l'ordine. Essendo di aiuto in classe, molti ragazzi, che per la loro irrequietezza sono spesso causa di disordine e di insubordinazione, potranno così trovare sfogo alle loro esuberanti energie. Lasciate che i più grandi aiutino i più piccoli, i più forti si occupino dei più deboli e così, per quanto possibile, ciascuno sia chiamato a far qualcosa in cui eccelle. Ciò incoraggerà il rispetto di sé e il desiderio di rendersi utile. PEC 166 5 Sarebbe vantaggioso per i giovani, e anche per i genitori e per gli insegnanti, studiare le lezioni di collaborazione indicate dalla Scrittura. Fra le sue molteplici illustrazioni è da ricordare quella della costruzione del tabernacolo, una lezione dimostrativa per la formazione del carattere, alla quale partecipò tutto il popolo: "Tutti quelli che il proprio cuore spingeva e tutti quelli che il proprio spirito rendeva volenterosi...". Esodo 35:21. Leggete come furono ricostruite le mura di Gerusalemme dai reduci della cattività, in mezzo alla povertà, ai contrattempi, ai pericoli, e come fu portato a termine quell'immane compito perché "il popolo aveva preso a cuore il lavoro". Neemia 4:6. Pensate alla parte avuta dai discepoli nel miracolo compiuto dal Salvatore quando sfamò la folla. Il pane si moltiplicava nelle mani di Gesù, e i discepoli lo distribuivano alla moltitudine che ne era in attesa. PEC 167 1 "Siamo membra gli uni degli altri" (Efesini 4:25), perciò ciascuno "secondo il dono che ha ricevuto, lo metta a servizio degli altri". 1 Pietro 4:10. PEC 167 2 Le parole scritte per coloro che nell'antichità fabbricavano gli idoli, potrebbero essere scelte benissimo come motto da chi si occupa della formazione del carattere: "Si aiutano a vicenda; ognuno dice al suo fratello: 'Coraggio!'" Isaia 41:6. ------------------------Capitolo 34: Disciplina PEC 168 1 Una delle prime lezioni che i bambini devono apprendere è quella dell'ubbidienza. Prima che essi siano troppo in là con gli anni, è bene insegnare loro a ubbidire. Abitudine che deve essere inculcata con uno sforzo dolce e perseverante. Questo potrà, in buona misura, evitare quei futuri conflitti tra il desiderio di esprimere la propria volontà e la necessità di dover sottostare all'autorità altrui, conflitti che creano ostilità e amarezza nei confronti di genitori e insegnanti e, spesso, avversione per ogni genere di autorità, umana e divina. PEC 168 2 L'obiettivo della disciplina è quello di educare i bambini all'autocontrollo. Essi devono apprendere ad avere fiducia in se stessi e a sapersi dominare per cui non appena saranno in grado di capire, il loro potenziale intellettivo dovrà essere indirizzato verso l'ubbidienza. Mostrate loro che ubbidire è giusto e ragionevole; aiutateli a vedere come la disubbidienza conduca a disastri e sofferenze; e che quando Dio dice "non farlo", lo fa spinto dall'amore, per metterci in guardia dalle conseguenze della disubbidienza, per risparmiarci sconfitte e rovine. PEC 168 3 Aiutateli a comprendere che i genitori e gli insegnanti sono rappresentanti di Dio, e che essi agiscono in armonia con lui, che le loro leggi a casa e a scuola sono le sue. Come i bambini sono tenuti a ubbidire ai genitori e agli insegnanti, questi a loro volta devono ubbidire a Dio. Uso corretto della volontà PEC 168 4 Dirigere lo sviluppo del bambino senza ostacolarlo con una eccessiva severità deve essere impegno sia dei genitori sia degli insegnanti. Una conduzione troppo rigida è dannosa quanto una troppo liberale. L'impegno teso a spezzare la volontà del bambino è un grave sbaglio. Se la forza può assicurare un'apparente sottomissione, essa determina in molti piccoli una decisa ribellione del cuore. Anche se il genitore o l'insegnante riesce ad avere il controllo desiderato, questo può causare un danno al bambino. PEC 168 5 La disciplina di un essere umano che ha raggiunto l'età della ragione deve essere ben diversa da quella usata per addomesticare un animale. Alla bestia si insegna solo la sottomissione al padrone, il quale è per essa mente, giudizio e volontà. Questo metodo, adoperato talvolta nell'educazione dei bambini, ne fa dei piccoli automi, perché mente, volontà e coscienza si trovano sotto il controllo di un altro. Non è nei piani di Dio che la mente degli esseri umani sia così soggiogata. Coloro che indeboliscono o distruggono l'altrui personalità si assumono una responsabilità che può condurre solo a cattivi risultati. Mentre sono sotto tale dominio, i bambini possono sembrare soldatini bene addestrati ma, una volta che il controllo viene meno, il loro carattere risulterà privo di forza e di fermezza. Non avendo mai appreso l'autocontrollo, i giovani non conosceranno limitazioni tranne quelle volute dai genitori o dall'insegnante. Cessate anche queste, essi non sapranno più che uso fare della propria improvvisa libertà, e finiranno il più delle volte con l'abbandonarsi a debolezze che saranno la loro rovina. PEC 169 1 La resa della volontà è molto più difficile per certi bambini piuttosto che per altri, pertanto l'insegnante dovrebbe rendere l'ubbidienza alle proprie richieste il più agevole possibile. La volontà va guidata e plasmata, non ignorata o schiacciata. Rispettatene il potenziale, sarà necessario nelle lotte della vita! PEC 169 2 È bene che i bambini capiscano che cosa sia realmente la forza di volontà e quanto sia grande la loro responsabilità nell'esercizio di questo straordinario dono. La volontà è la forza motrice dell'essere umano, è la facoltà di decidere e di scegliere. Ogni individuo dotato di ragione ha la possibilità di scegliere ciò che è giusto. In ogni circostanza della vita la Parola di Dio è questa: "Scegliete oggi chi volete servire". Giosuè 24:15. Tutti possono mettere la propria volontà dalla parte di quella di Dio, decidere di ubbidirgli e così, unendosi agli agenti divini, stare ben fermi là dove nessuno potrà costringerli ad agire male. In ogni giovane, in ogni bambino esiste la facoltà, con l'aiuto di Dio, di formarsi un carattere integro e di vivere una vita utile. PEC 169 3 I genitori e gli insegnanti che seguendo tali direttive educano i bambini all'autocontrollo, sono quelli che otterranno un risultato di grandissima utilità e di stabile riuscita. A osservatori superficiali la loro opera può non apparire così efficace come quella di chi sa tenere la mente e la volontà del bambino sotto un'autorità assoluta, ma negli anni successivi i risultati conseguiti diranno chiaramente che questo metodo di educazione è il migliore. PEC 169 4 Il saggio educatore, nel trattare con i suoi alunni, cercherà di incoraggiarne la fiducia e di rafforzarne il senso dell'onore. Bambini e giovani traggono beneficio dal sapersi oggetto di stima. Molti, anche tra i più piccoli, hanno uno spiccato senso dell'onore; desiderano essere trattati con fiducia e rispetto, e questo è un loro diritto. Essi non dovrebbero mai essere indotti a pensare che ogni loro mossa è attentamente sorvegliata. Il sospetto demoralizza e provoca proprio quei gravi mali che si cerca di evitare. Invece di un controllo continuo, come sospettando il male, gli insegnanti che hanno contatto con gli allievi cerchino di discernere il lavorio della mente irrequieta e di mettere in opera quegli influssi capaci di controbattere il male. Fate in modo che i giovani sentano che si ha fiducia in loro, e quasi tutti cercheranno di provare a se stessi che ne sono degni. PEC 170 1 In base allo stesso principio, è meglio chiedere che imporre; coloro che sono così trattati hanno l'opportunità di mostrarsi fedeli ai princìpi della giustizia, e così la loro ubbidienza sarà frutto di scelta e non di costrizione. Stabilire e rafforzare le regole PEC 170 2 Le regole in vigore nella classe dovrebbero rappresentare, per quanto è possibile, la voce della scuola. Ogni principio in esse incluso dovrebbe essere spiegato agli studenti affinché questi si convincano che sono giuste. In questo modo si sentiranno responsabilizzati e faranno di tutto perché le regole siano rispettate. PEC 170 3 Le norme dovrebbero essere poche, ma ben pensate e, una volta definite, rese obbligatorie. La mente si abitua ad accettare e ad adattarsi a ciò che non può essere cambiato. È il permissivismo che suscita il desiderio, la speranza e l'incertezza che spesso sfociano nell'irrequietezza, nell'irritazione e nell'insubordinazione. PEC 170 4 Si deve far chiaramente comprendere che il governo di Dio non ammette compromessi con il male. La disubbidienza non deve essere tollerata né in casa né a scuola. Nessun genitore e nessun insegnante, che abbiano a cuore il bene di quanti sono affidati alle loro cure, scenderanno a compromessi con l'ostinazione che sfida l'autorità o ricorreranno a sotterfugi e scappatoie per evitare l'ubbidienza. Non è amore, ma sentimentalismo quello che tratta con leggerezza la trasgressione e cerca di raggiungere la sottomissione ricorrendo alla lusinga o ai doni per poi finire con l'accettare qualche sostituto al posto dell'ubbidienza richiesta. PEC 170 5 "Gli insensati si burlano del peccato...". Proverbi 14:9. Dobbiamo stare in guardia dal trattare il peccato come cosa di poco conto. Terribile è il suo potere su chi lo commette. "L'empio sarà preso nelle proprie iniquità, tenuto stretto dalle funi del suo peccato". Proverbi 5:22. Il torto maggiore che si possa fare ai bambini o ai giovani è di permettere loro di diventare schiavi di cattive abitudini. PEC 170 6 Nei giovani è innato l'amore per la libertà; essi la desiderano, ma devono capire che tale inestimabile benedizione si raggiunge solo ubbidendo alla legge di Dio, la quale è una salvaguardia per la vera libertà e indipendenza, perché indica e proibisce le cose che degradano e che rendono schiavi, offrendo agli ubbidienti una protezione contro la potenza del male. PEC 170 7 Il salmista dice: "E camminerò con libertà, perché ho cercato i tuoi precetti". Salmi 119:45 (Luzzi). "Le tue testimonianze sono la mia gioia; esse sono i miei consiglieri". Salmi 119:24. PEC 171 1 Quando ci impegniamo a correggere il male, dovremmo guardarci dalla tendenza di accusare e di censurare. Le continue riprensioni disorientano, ma non riformano. Per molte menti, e spesso per quelle dotate di più fine sensibilità, un'atmosfera di critica poco benevola è fatale. I fiori non possono sbocciare sotto il soffio di un vento che appassisce. PEC 171 2 Un bambino troppo spesso ripreso per qualche sua particolare mancanza, finisce per considerarla come una sua caratteristica, qualcosa contro cui è vano lottare. Nascono così scoraggiamento e disperazione, spesso nascosti sotto un'apparente indifferenza o dietro una bravata. PEC 171 3 Il reale obiettivo della riprensione è raggiunto solo quando chi sbaglia è condotto a vedere la propria colpa e a mettersi d'impegno per correggersi. È bene allora indicare al colpevole la fonte del perdono e della potenza trasformatrice. Fate in modo che chi ha sbagliato conservi il rispetto di sé, infondendogli coraggio e speranza. PEC 171 4 Quest'opera è la più difficile, la più ardua, ma anche la più importante che sia mai stata affidata a esseri umani. Essa richiede grande delicatezza, finissima sensibilità, profonda conoscenza della natura umana, fede e pazienza di origine divina, la volontà di operare, di vegliare, e di attendere. Autocontrollo e disciplina PEC 171 5 Coloro che vogliono controllare gli altri devono prima imparare a controllare se stessi. Agire con veemenza nei confronti di un bambino o di un giovane varrà solo a provocarne il risentimento. Quando i genitori o gli insegnanti si spazientiscono e rischiano di parlare sconsideratamente, faranno bene a imporsi di tacere. C'è un meraviglioso potere nel silenzio. PEC 171 6 Gli insegnanti devono aspettarsi di incontrare cattive attitudini e cuori induriti che persistono nell'errore; però, nel trattare con loro, non devono mai dimenticare di essere stati anch'essi un tempo bambini e di avere avuto necessità di disciplina. Anche ora, con tutti i vantaggi dell'età, dell'educazione e dell'esperienza, essi spesso sbagliano, e hanno bisogno perciò di misericordia e di sopportazione. Nell'educare i giovani, gli educatori dovrebbero tenere presente che hanno a che fare con individui che hanno le loro stesse inclinazioni al male, che hanno da imparare quasi tutto, e che questo è più difficile per alcuni rispetto ad altri. Con questo genere di studenti, gli insegnanti devono essere pazienti, astenendosi dal rimproverare la loro ignoranza, cercando invece di sfruttare ogni opportunità per fornire loro incoraggiamento. Con studenti nervosi e sensibili, essi dovrebbero usare maggiore tenerezza. Il sentimento della propria imperfezione dovrebbe spingerli a manifestare simpatia e tolleranza verso coloro che lottano in mezzo a varie difficoltà. PEC 172 1 La regola del Salvatore: "E come volete che gli uomini facciano a voi, fate voi pure a loro" (Luca 6:31), dovrebbe essere la regola di tutti coloro che intraprendono il lavoro di educare bambini e giovani. Questi sono i membri più giovani della famiglia del Signore, eredi con noi della grazia della vita. La regola di Cristo dovrebbe essere osservata in modo speciale nei confronti dei meno rapidi nell'apprendimento, dei più giovani, dei più incapaci, e anche verso chi si svia ed è ribelle. PEC 172 2 Questa regola aiuterà l'insegnante, fin dove è possibile, a non rendere pubblici gli sbagli o i difetti di un alunno. Egli cercherà di evitare il rimprovero o la punizione alla presenza di altri, e non espellerà uno studente fino a che non sia stato fatto tutto il possibile per correggerlo. Quando però appare evidente che da un simile trattamento l'alunno non trae alcun beneficio personale, che il suo atteggiamento di sfida o di insofferenza nei confronti dell'autorità rischia di sovvertire la conduzione della scuola, e che tale suo influsso si estende anche sugli altri, allora l'espulsione diventa una necessità. Tuttavia, per molti la disgrazia di una pubblica espulsione dalla scuola potrebbe condurli all'indifferenza e alla rovina. Perciò, in moltissimi casi, quando l'espulsione diventa inevitabile, non c'è bisogno di rendere pubblica la cosa. Dopo essersi consultato con i genitori e averne chiesta la collaborazione, l'insegnante può privatamente disporre l'allontanamento dello studente. PEC 172 3 In questa epoca caratterizzata da vari pericoli, i giovani sono letteralmente circondati da ogni genere di tentazioni. Perciò ogni scuola dovrebbe essere una "città di rifugio", un luogo dove la gioventù tentata può essere trattata con pazienza e saggezza. Gli insegnanti che si rendono conto della loro responsabilità elimineranno dal proprio cuore e dalla propria vita tutto ciò che può impedire loro di agire con successo verso gli ostinati e i disubbidienti. Amore e tenerezza, pazienza, autocontrollo, saranno in ogni momento le leggi del loro modo di parlare. Misericordia e compassione si armonizzeranno con la giustizia. Se sarà necessario rimproverare, questo sarà fatto senza alcuna esagerazione, ma con umiltà; con delicatezza si metteranno gli errori davanti a coloro che sbagliano, aiutandoli a correggersi. Ogni vero educatore capirà che è meglio sbagliare per eccessiva bontà piuttosto che per troppa severità. PEC 172 4 Molti giovani, creduti incorreggibili, non sono invece così duri di cuore come vogliono apparire. Molti, considerati senza speranza, possono essere recuperati con un'accorta disciplina. Sono proprio costoro che si lasciano conquistare dal calore della gentilezza. Se gli insegnanti riescono ad accattivarsi la fiducia di quelli che sono tentati e riconoscono e sviluppano il buono che esiste nei loro caratteri, potranno in molti casi correggere tali deviazioni senza farle notare. PEC 173 1 Il divino Maestro sopporta i peccatori nonostante tutta la loro perversità. Il suo amore non viene meno e i suoi tentativi per conquistarli non cessano. Egli aspetta a braccia spalancate, pronto ad accogliere l'errante, il ribelle e perfino l'apostata. Il suo cuore è toccato dalla fragilità del piccolo bambino sottoposto a un duro trattamento. Il grido dell'umana sofferenza non giunge mai invano al suo orecchio. Sebbene tutti siano preziosi agli occhi suoi, nondimeno gli esseri rozzi, astiosi e dal carattere ostinato attirano maggiormente la sua simpatia e il suo amore, perché egli sa quale causa ha generato ciò. Chi è più facilmente tentato e più incline a cadere è oggetto della sua speciale sollecitudine. PEC 173 2 Sia i genitori sia gli insegnanti dovrebbero avere a cuore gli attributi di colui che fa sua la causa dell'afflitto, del sofferente e di chi è tentato. Essi dovrebbero avere "...compassione verso gli ignoranti e gli erranti" perché anch'essi sono soggetti a debolezza. Cfr. Ebrei 5:2. Gesù ci tratta molto meglio di quanto noi meritiamo e vuole che, a nostra volta, noi trattiamo gli altri come egli ha trattato noi. L'opera di nessun genitore o insegnante è giustificabile se diversa da come l'avrebbe svolta il Salvatore. Affrontare la disciplina della vita PEC 173 3 Oltre la disciplina della casa e della scuola, tutti devono affrontare la severa disciplina della vita. Come affrontarla con saggezza è una lezione che dovrebbe essere chiaramente insegnata a ogni bambino e a ogni giovane. È vero che Dio ci ama, che egli si adopera per la nostra felicità e che, se noi fossimo stati sempre ubbidienti alla sua legge, non avremmo mai conosciuto la sofferenza; però, non è meno vero che in questo mondo, come conseguenza del peccato, la sofferenza, le difficoltà, e le preoccupazioni sono presenti nella vita di ognuno. Noi dovremmo insegnare ai bambini e ai giovani ad affrontare coraggiosamente le contrarietà e le responsabilità. Dovremmo offrire comprensione, mai incoraggiare l'autocommiserazione. Ciò di cui essi hanno bisogno è qualcosa che stimoli e dia energia, non di qualcosa che indebolisca. PEC 173 4 Questo mondo non è un terreno per la sfilata, ma un campo di battaglia. Tutti siamo chiamati a sopportare afflizioni come buoni soldati. Si deve insegnare ai giovani che la vera forza di carattere consiste nella volontà di portare pesi, di occupare posti difficili, di compiere l'opera che deve essere svolta, anche se essa non dovesse essere né riconosciuta né ricompensata qui sulla terra. PEC 173 5 Il vero modo di affrontare la prova non consiste nell'evitarla ma nel trasformarla. Questo si applica a ogni disciplina, sia nell'infanzia, sia più avanti negli anni. La mancanza di una adeguata formazione durante i primi anni del bambino comporta un rafforzamento delle sue tendenze sbagliate e per conseguenza la formazione negli anni successivi diventa molto più difficile e così, spesso, la disciplina segue un percorso alquanto spiacevole. Infatti, la disciplina di per sé è un'azione dolorosa in quanto contrasta i desideri e le inclinazioni naturali; ma il dolore causato dalla correzione passa via e resta una gioia ancora più grande. PEC 174 1 Bambini e bambine imparino che ogni sbaglio, ogni errore, ogni difficoltà, se vinti, diventano altrettanti ponti che conducono verso mète migliori e più elevate. E' attraverso tali esperienze che tutti coloro che hanno reso la vita degna di essere vissuta, hanno raggiunto il successo. PEC 174 2 "Le altezze raggiunte e conservate dai grandi uomini non sono state conquistate con rapido volo. Mentre i loro compagni dormivano, essi si alzavano e lavoravano duramente la notte. Noi progrediamo in virtù di quello che sta sotto i nostri piedi, di quello che possiamo dominare, dell'orgoglio abbandonato, delle passioni vinte, dei mali continuamente superati" (parole di un inno inglese). PEC 174 3 Noi dobbiamo avere "lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; poiché le cose che si vedono sono per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne". 2 Corinzi 4:18. Il cambio che facciamo, rinunciando ai desideri e alle inclinazioni egoistiche, è per ciò che è transitorio e senza valore, per ciò che è prezioso e duraturo. Non si tratta di un sacrificio, ma di un immenso guadagno. PEC 174 4 "Sempre meglio" è la parola d'ordine dell'educazione, la legge di ogni esistenza degna di tale nome. Qualunque cosa Cristo ci chieda di abbandonare in cambio ci offre qualcosa di meglio. I giovani spesso amano oggetti, attività e piaceri che forse non sembrano cattivi, ma che impediscono di raggiungere il bene più grande. Fate in modo che essi siano attratti da qualcosa che sia migliore dell'ostentazione, dell'ambizione e dell'indulgenza verso se stessi. Metteteli in contatto con la vera bellezza, con i più elevati princìpi e con gli esempi più nobili. Additate loro colui che è sommamente bello. Una volta che lo sguardo si sarà posato su di lui, la vita troverà il suo centro. L'entusiasmo giovanile, la devozione generosa, l'ardore appassionato trovano qui il loro vero scopo. Il dovere diventa delizia, il sacrificio piacere. Onorare Cristo, diventare simili a lui, lavorare per lui, costituiscono la più alta ambizione e la più grande gioia della vita. PEC 174 5 "L'amore di Cristo ci costringe". 2 Corinzi 5:14. ------------------------Capitolo 35: La scuola del cielo PEC 176 1 Il cielo è una scuola; il suo campo di studio è l'universo; il suo maestro è l'Essere infinito. Fu stabilita anche in Eden e, dopo che il piano della redenzione sarà stato adempiuto, la formazione continuerà nella scuola dell'Eden. PEC 176 2 "Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell'uomo, sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano". 1 Corinzi 2:9. È solo mediante la sua Parola che si può avere una conoscenza di queste cose, anche se parziale. PEC 176 3 Il profeta di Patmos così descrive il luogo dove sarà stabilita la scuola futura: "Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, poiché il primo cielo e la prima terra erano scomparsi... E vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, scender giù dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo". Apocalisse 21:1, 2. "La città non ha bisogno di sole, né di luna che la illumina, perché la gloria di Dio la illumina, e l'Agnello è la sua lampada". Apocalisse 21:23. PEC 176 4 Tra la scuola istituita alle origini nell'Eden e quella del futuro, si stende tutta la storia del mondo: storia della trasgressione e della sofferenza, del sacrificio divino, della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte. Nella scuola della vita futura non si troveranno tutte le condizioni della scuola edenica. Non vi sarà l'albero della conoscenza del bene e del male per procurarci occasioni di tentazione; non vi sarà alcun seduttore, né possibilità di sbagliare. Ogni carattere ha superato la prova e nessuno è più suscettibile al potere del male. PEC 176 5 "A chi vince", dice Gesù "io darò a mangiare dell'albero della vita, che è nel paradiso di Dio". Apocalisse 2:7. In Eden, il dono dell'albero della vita era soggetto a condizione, ed esso fu infine tolto via. Ma i doni della vita futura sono perfetti ed eterni. PEC 176 6 Al profeta fu dato di vedere "...il fiume dell'acqua della vita, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello... e sulle due rive del fiume stava l'albero della vita". Apocalisse 22:1, 2. E là "...non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore, perché le cose di prima sono passate". Apocalisse 21:4. PEC 176 7 Restituito alla presenza di Dio, l'essere umano potrà di nuovo, come al principio, essere educato direttamente dal Padre: "...il mio popolo conoscerà il mio nome... saprà, in quel giorno, che sono; io ho parlato. Eccomi!" Isaia 52:6. Allora, quando il velo che offusca la nostra visione sarà rimosso e PEC 176 8 i nostri occhi vedranno tutta la bellezza del mondo di cui oggi il microscopio ci dà solo qualche timida scintilla; quando ammireremo quella gloria dei cieli che oggi il telescopio tenta vagamente di esplorare; quando, tolta la maledizione del peccato, tutta la terra apparirà nella bellezza del Signore nostro Dio, quale campo di studio si aprirà davanti a noi! Gli studenti potranno leggere il racconto della creazione senza più nessuna reminiscenza della legge del male; potranno ascoltare la voce melodiosa della natura senza più alcuna nota di lamento o di sommessa tristezza. PEC 177 1 Là, si vivrà di nuovo la vita dell'Eden: vita dei campi e dei giardini. "Essi costruiranno case e le abiteranno; pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto. Non costruiranno più perché un altro abiti, non pianteranno più perché un altro mangi; poiché i giorni del mio popolo saranno come i giorni degli alberi; i miei eletti godranno a lungo l'opera delle loro mani". Isaia 65:21, 22. PEC 177 2 Allora Adamo e i suoi discendenti saranno reintegrati nella loro perduta sovranità e gli esseri di un livello inferiore ne riconosceranno nuovamente l'autorità. Le bestie feroci diventeranno mansuete e i timidi fiduciosi. PEC 177 3 Davanti ai redenti la storia schiuderà gli orizzonti dell'infinito proposito di Dio, pieno di una inesprimibile ricchezza. Qui, grazie all'aiuto della Parola divina, i salvati avranno un'idea dei fatti storici e una conoscenza dei princìpi che governano il corso degli eventi umani. Questa visione è oggi ancora limitata, la conoscenza è incompleta, ma non appena sopraggiungerà la luce dell'eternità, ogni cosa apparirà in tutta la sua chiarezza. PEC 177 4 Allora i redenti comprenderanno in tutta la sua estensione l'immane conflitto iniziatosi prima che cominciasse il tempo, e che si concluderà quando il tempo sarà terminato. La storia del concepimento del peccato, della fatale seduzione con il suo fraudolento lavorio, della verità che, mai deviando dalla sua retta via, ha affrontato e vinto il male: tutto sarà reso manifesto. Il velo che oggi separa il mondo visibile da quello invisibile sarà sollevato e appariranno cose meravigliose. Il ministero degli angeli PEC 177 5 Finché il soccorso divino non sarà visto alla luce dell'eternità, noi non potremo capire quanto dobbiamo agli angeli per la loro cura e per il loro intervento nella nostra vita. Questi esseri celesti hanno preso parte attiva alla vita e alle cose umane. Sono apparsi in abiti risplendenti come il fulmine, ma si sono anche presentati in forma umana, vestiti da viandanti. Hanno accettato l'ospitalità delle dimore terrene, hanno fatto da guida ai viaggiatori perduti, hanno frustrato il proposito dei malvagi e deviato i colpi del nemico. PEC 178 1 Sebbene i governanti di questo mondo lo ignorino, gli angeli hanno spesso parlato nei loro consessi; occhi umani li hanno visti e orecchie umane hanno udito i loro appelli. Nelle camere di consiglio e nelle corti di giustizia messaggeri celesti hanno perorato la causa dei perseguitati e degli oppressi; hanno vanificato piani e impedito mali che avrebbero recato danno e sofferenza ai figli di Dio. Tutto ciò sarà rivelato agli studenti nella scuola del cielo. PEC 178 2 Ogni redento allora comprenderà quale sia stato il ministero degli angeli nella sua vita. Che emozione si proverà a parlare con il proprio angelo custode e apprendere la storia dell'intervento di Dio nella vita individuale, della collaborazione celeste in ogni azione dell'umanità! PEC 178 3 Allora saranno chiariti tutti quei dubbi e quelle perplessità che ci hanno tormentato in vita. Là, dove avevamo visto solo confusione e delusione, progetti infranti e piani falliti, vedremo un grande e vittorioso piano, una vera armonia divina. PEC 178 4 Là, tutti coloro che avranno servito, mossi da uno spirito altruistico, vedranno gli effetti delle loro fatiche e i risultati messi in opera da ogni sano principio e da ogni nobile azione. Qualcosa di tutto ciò è già visibile ora; ma quanto poco ci è dato di conoscere in questa vita dei risultati derivanti dal più nobile lavoro del mondo! Genitori e insegnanti si addormentano nel sonno della morte con l'impressione di aver faticato invano. Ma non sanno che la loro fedeltà ha prodotto delle fonti che non cesseranno di fluire. Solo per fede possono vedere i bambini da loro educati divenire una benedizione e un esempio per il prossimo, esercitando un influsso che si ripeterà mille volte. PEC 178 5 Operai fedeli inviano al mondo messaggi di forza, speranza e coraggio in grado di portare ovunque conforto ai cuori; ma poiché il lavoro degli insegnanti si svolge nella solitudine e nella oscurità, sanno poco dei risultati che tale lavoro produce. Uomini e donne spargono il seme dal quale, sulle loro tombe, altri mietono abbondanti raccolti; piantano alberi perché altri ne possano mangiare il frutto, contenti così di sapere che hanno messo in moto agenti benefici. Solo nel futuro saranno noti tutti gli effetti di tali azioni. PEC 178 6 In cielo è registrato ogni dono concesso da Dio per guidare gli esseri umani a un impegno altruistico. Seguire questo in tutta la sua estensione, per conoscere quelle persone che, grazie ai nostri sforzi, sono state edificate e nobilitate, verificando quanto abbia inciso nella loro personale storia l'applicazione di sani princìpi, sarà compito e premio, fra gli altri, della scuola celeste. Gioie e occupazioni nel cielo PEC 178 7 Là, noi conosceremo finalmente come siamo stati conosciuti. Lassù l'amore e la simpatia che Dio ha messo nell'animo troveranno il loro più vero e dolce esercizio. La comunione con esseri santi, l'armonia del vivere insieme con gli angeli benedetti e con i fedeli di ogni tempo, la sacra amicizia che unisce la famiglia celeste a quella terrena: ecco quale sarà una parte delle esperienze future. PEC 179 1 Ci saranno musica e canto che, eccetto che nelle visioni di Dio, nessun orecchio mortale ha udito, nessuna mente umana ha concepito. PEC 179 2 "E cantando e danzando diranno: 'Tutte le fonti della mia gioia sono in te'". Salmi 87:7. "Alzano la voce, mandano grida di gioia, acclamano dal mare la maestà del Signore". Isaia 24:14. PEC 179 3 "Così il Signore sta per consolare Sion, consolerà tutte le sue rovine; renderà il suo deserto pari a un Eden, la sua solitudine pari a un giardino del Signore. Gioia e esultanza si troveranno in mezzo a lei, inni di lode e melodia di canti". Isaia 51:3. PEC 179 4 Là, ogni facoltà della mente si svilupperà, ogni capacità sarà accresciuta. Saranno portate avanti le più grandi imprese, saranno raggiunte le più alte aspirazioni e soddisfatte le più elevate ambizioni. Ma vi saranno sempre nuove vette da superare, nuove meraviglie da ammirare, nuove verità da comprendere, nuovi obiettivi per impegnare le energie del corpo, della mente e dello spirito. PEC 179 5 Tutti i tesori dell'universo saranno dischiusi allo studio dei figli di Dio. Con inesprimibile gioia prenderemo parte alla felicità e alla saggezza degli esseri che non hanno mai peccato, condividendo quei tesori da loro acquisiti in secoli e secoli di contemplazione delle opere di Dio; e gli anni dell'eternità, nel loro svolgersi, continueranno a darci sempre più gloriose rivelazioni. I doni di Dio saranno eternamente impartiti "infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo". Efesini 3:20. "I suoi servi lo serviranno". Apocalisse 22:3. La vita sulla terra è l'inizio di quella nel cielo; l'educazione terrena è l'iniziazione ai princìpi di lassù; il lavoro svolto sulla terra è preparatorio a quello celeste. Ciò che noi siamo ora, per carattere e per santo servizio, è la prefigurazione di ciò che saremo poi. PEC 179 6 "Il figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire...". Matteo 20:28. L'opera che Cristo svolse sulla terra è la stessa di quella che compirà nel cielo, e la nostra ricompensa per il lavoro compiuto per lui in questo mondo consisterà in una più grande capacità e in un più ampio privilegio di lavorare con lui nel mondo futuro. PEC 179 7 "Voi me ne siete testimoni, dice il Signore; io sono Dio" (Isaia 43:12): e tali saremo anche per l'eternità. PEC 179 8 Perché fu permesso che un così grande conflitto perdurasse nei secoli? Perché l'esistenza di Satana non fu soppressa quando cominciò la sua ribellione? Perché l'universo intero potesse convincersi che Dio è giusto nel suo modo di agire nei confronti del male; perché il peccato potesse ricevere un'eterna condanna. Nel piano della redenzione ci sono altezze e profondità tali che l'eternità stessa non riuscirà a esaurire; ci sono meraviglie che gli stessi angeli desiderano penetrare con i loro sguardi. Tra tutte le creature, solo i redenti hanno conosciuto per esperienza vissuta la gravità della lotta contro il peccato; essi si sono identificati con Cristo e, cosa che neppure gli angeli potevano fare, hanno avuto comunione con Cristo nelle sue sofferenze. Non avranno essi alcuna testimonianza da rendere alla scienza della redenzione; nulla da dire che sia utile per gli esseri che non sono caduti? PEC 180 1 E questo "affinché i principati e le potenze nei luoghi celesti conoscano oggi, per mezzo della chiesa, la infinitamente varia sapienza di Dio". Efesini 3:10. Perciò "ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo... per mostrare nei tempi futuri l'immensa ricchezza della sua grazia, mediante la bontà che egli ha avuta per noi in Cristo Gesù". Efesini 2:6, 7. PEC 180 2 "E nel suo tempio tutto esclama: 'Gloria!'" (Salmi 29:9), e il canto che i riscattati scioglieranno, il canto della loro esperienza, dirà la gloria di Dio: "Grandi e meravigliose sono le tue opere, o Signore, Dio onnipotente; giuste e veritiere sono le tue vie, o Re delle nazioni. Chi non temerà, o Signore, e chi non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei santo...". Apocalisse 15:3, 4. PEC 180 3 Nella nostra vita terrena, limitata a causa del peccato, la più grande gioia e la formazione più elevata si trovano nel servizio. Nella condizione futura, liberati dai condizionamenti del peccato, la nostra suprema gioia e la nostra più nobile preparazione si troveranno ancora nel servizio, perché apprenderanno di nuovo "...la ricchezza della gloria di questo mistero... cioè Cristo in voi, la speranza della gloria". Colossesi 1:27. PEC 180 4 "Non è stato ancora manifestato ciò che saremo. Sappiamo che quand'egli sarà manifestato saremo simili a lui, perché lo vedremo com'egli è". Giovanni 3:2. PEC 180 5 Allora, in quella grande folla che nessuno può contare, e che comparirà irreprensibile e con gioia "davanti alla sua gloria" (Giuda 24), colui che ci ha redenti con il suo sangue e ci ha istruiti con la propria vita, "vedrà il frutto del suo tormento interiore, e ne sarà saziato...". Isaia 53:11.