------------------------Profeti e re PR 5 1 Introduzione -- La vigna del Signore PR 25 1 Capitolo 1 -- Salomone PR 30 1 Capitolo 2 -- Il tempio e la sua consacrazione PR 36 1 Capitolo 3 -- L'orgoglio della ricchezza PR 42 1 Capitolo 4 -- Le conseguenze della trasgressione PR 50 1 Capitolo 5 -- Il pentimento di Salomone PR 56 1 Capitolo 6 -- La divisione del regno PR 61 1 Capitolo 7 -- Geroboamo PR 66 1 Capitolo 8 -- L'apostasia nazionale PR 70 1 Capitolo 9 -- Elia di Tisbe PR 75 1 Capitolo 10 -- Severi rimproveri PR 82 1 Capitolo 11 -- Il monte Carmelo PR 88 1 Capitolo 12 -- Da Izreel a Oreb PR 94 1 Capitolo 13 -- "Cosa fai qui?" PR 100 1 Capitolo 14 -- Lo Spirito e la potenza di Elia PR 107 1 Capitolo 15 -- Giosafat PR 113 1 Capitolo 16 -- La rovina della casa di Acab PR 120 1 Capitolo 17 -- Il profeta Eliseo PR 127 1 Capitolo 18 -- Eliseo risana le acque del Giordano PR 131 1 Capitolo 19 -- Un profeta di pace PR 136 1 Capitolo 20 -- Naaman PR 141 1 Capitolo 21 -- La conclusione del ministero di Eliseo PR 147 1 Capitolo 22 -- Ninive, la grande città PR 154 1 Capitolo 23 -- La deportazione in Assiria PR 160 1 Capitolo 24 -- Conoscere per vivere PR 164 1 Capitolo 25 -- L'appello di Isaia PR 169 1 Capitolo 26 -- "Ecco il vostro Dio" PR 173 1 Capitolo 27 -- Acaz PR 178 1 Capitolo 28 -- Ezechia PR 182 1 Capitolo 29 -- Gli ambasciatori di Babilonia PR 186 1 Capitolo 30 -- La liberazione dell'Assiria PR 193 1 Capitolo 31 -- La speranza dei pagani PR 198 1 Capitolo 32 -- Manasse e Giosia PR 203 1 Capitolo 33 -- Il libro della legge PR 208 1 Capitolo 34 -- Geremia PR 215 1 Capitolo 35 -- Il momento del giudizio si avvicina PR 224 1 Capitolo 36 -- L'ultimo re di Giuda PR 230 1 Capitolo 37 -- La deportazione a Babilonia PR 236 1 Capitolo 38 -- Luce nelle tenebre PR 241 1 Capitolo 39 -- Alla corte di Babilonia PR 248 1 Capitolo 40 -- Il sogno di Nabucodonosor PR 254 1 Capitolo 41 -- La fornace ardente PR 260 1 Capitolo 42 -- La vera grandezza PR 265 1 Capitolo 43 -- Lo spettatore invisibile PR 272 1 Capitolo 44 -- Nella fossa dei leoni PR 277 1 Capitolo 45 -- Il ritorno dall'esilio PR 284 1 Capitolo 46 -- Il ruolo dei profeti di Dio PR 292 1 Capitolo 47 -- Giosuè e l'angelo PR 298 1 Capitolo 48 -- "...non per la tua potenza e per la tua forza, ma grazie al mio Spirito" PR 301 1 Capitolo 49 -- L'epoca della regina Ester PR 305 1 Capitolo 50 -- Esdra: sacerdote e scriba PR 311 1 Capitolo 51 -- Risveglio spirituale PR 317 1 Capitolo 52 -- L'uomo chiave PR 321 1 Capitolo 53 -- Il restauratore di brecce PR 327 1 Capitolo 54 -- La condanna delle estorsioni PR 332 1 Capitolo 55 -- Complotti dei pagani PR 337 1 Capitolo 56 -- Lettura solenne della legge di Dio PR 340 1 Capitolo 57 -- Un'opera di riforma PR 346 1 Capitolo 58 -- La venuta di un liberatore PR 356 1 Capitolo 59 -- "La casa d'Israele" PR 366 1 Capitolo 60 -- Visioni della gloria futura ------------------------Introduzione -- La vigna del Signore PR 5 1 Profeti e Re è il secondo di una serie di cinque volumi1 nei quali Ellen G. White propone un commento pastorale della Bibbia. L'opera di questa autrice prolifica si rivolge in primo luogo ai credenti della Chiesa Avventista, che riconoscono in lei la presenza di un dono profetico. Profeti e Re quindi è un libro redatto fondamentalmente per un pubblico preparato ad accogliere il messaggio di una scrittrice che considera ispirata. La vita di Ellen G. White PR 5 2 Nata nel 1827 a Gorham, nel Maine (Usa), Ellen G. White ha vissuto, con i suoi contemporanei, l'evoluzione di un secolo ricco di promesse e di trasformazioni. PR 5 3 Giovanissima (14 anni circa), particolarmente sensibile alle problematiche spirituali, milita in un grande movimento di risveglio, conosciuto negli Stati Uniti come "The Advent Movement" (Il movimento dell'avvento). Nell'arco di una decade William Miller, un ex capitano dell'esercito federale americano, aveva provocato negli Stati Uniti uno dei risvegli religiosi più significativi, vibranti e controversi del secolo: l'attesa del ritorno del Signore Gesù Cristo. PR 5 4 Avendo studiato con attenzione il testo del profeta Daniele, egli era giunto alla conclusione che il secondo avvento, annunciato dagli angeli agli apostoli sul monte degli Ulivi, si sarebbe verificato fra il 1843 e il 1844. Come molti loro compatrioti, Ellen G. White e la sua famiglia accettarono il messaggio di Miller ed entrarono a far parte del gruppo di credenti che si era formato in seguito alla sua predicazione. PR 5 5 Il 22 ottobre 1844, ultima scadenza fissata per l'evento preannunciato da Miller, Ellen G. White e quasi 100.000 altri americani vissero attimi di grande tensione emotiva, seguiti da una immensa delusione. Tutta la loro esperienza religiosa degli ultimi anni, si rivelava fondata su basi errate.2 PR 6 1 Ellen G. White, all'epoca appena diciassettenne, insieme con un piccolo numero di altri milleriti3 continuò a chiedersi la ragione di questa vicenda drammatica e quale fosse stato l'errore commesso. PR 6 2 Ella stessa racconta4 che, nel corso di una riunione di preghiera in casa di un'amica, mentre le persone convenute chiedevano a Dio la ragione di quel travaglio, fu protagonista di un episodio singolare: ebbe una visione. Fu la prima di una serie di esperienze estatiche che segnarono la sua vita, cambiandone l'orientamento. PR 6 3 Quando comunicò quanto le era accaduto, provocò una reazione di diffidenza. I milleriti avevano sempre visto con sospetto qualsiasi manifestazione "soprannaturale" e qualunque tentativo di strumentalizzare il loro movimento con atteggiamenti fanatici o esaltati. PR 6 4 Solo dopo una serie di confronti personali e di verifiche bibliche, i messaggi e l'opera di Ellen G. White assunsero il ruolo e l'importanza che i membri della Chiesa Avventista le riconoscono ancora oggi. A partire dal momento in cui la sua funzione venne riconosciuta dal gruppo che, alcuni anni più tardi, darà vita alla Chiesa Avventista del 7° Giorno, Ellen G. White sarà un punto di riferimento importante nelle scelte e nella comprensione della missione che questi credenti sentono di dover svolgere. Il suo apporto e la sua opinione saranno tenuti in grande considerazione. PR 6 5 Ella stessa ebbe cura di guidare la riflessione dei suoi compagni di strada mettendo per iscritto i messaggi che rivolgeva loro e componendo un'opera letteraria imponente: secondo gli esecutori testamentari e depositari dei diritti di pubblicazione dei suoi scritti,5 Ellen G. White ha lasciato un patrimonio letterario di oltre 100.000 pagine.6 Il contesto storico PR 7 1 Per comprendere gli scritti di Ellen G. White occorre inquadrarli nel contesto storico e culturale nel quale l'autrice ha vissuto. PR 7 2 Come abbiamo accennato il 1800 è un secolo di grandi trasformazioni. Nel mondo politico e in quello economico si assiste a cambiamenti sostanziali rispetto al passato: siamo nell'era della nascita delle democrazie liberali e della rivoluzione industriale. Dal punto di vista tecnologico, per capire il tipo di evoluzione in corso e le differenze con il nostro tempo, basti pensare che nell' 800 furono inventati i fiammiferi, le candele, l'illuminazione stradale a gas e si mise a punto il sistema di pavimentazione delle strade. Inoltre si scoprì la possibilità di conservare i cibi in scatola sterilizzandoli con il calore e si realizzarono le prime applicazioni relative all'uso dell'energia a vapore: le navi, i treni, le macchine tipografiche. Alessandro Volta inventò il primo generatore di corrente continua. PR 7 3 Dal punto di vista tecnologico gli Stati Uniti d'America beneficiarono delle innovazioni nei trasporti, le comunicazioni e l'urbanistica. Politicamente, consolidarono la propria autonomia dall'Europa, dando vita a una nazione democratica fondata sull'uguaglianza dei cittadini e sul diritto alla libertà di pensiero e di religione. In questa nazione nascente, gli sviluppi sociali e tecnologici sembravano porre un'ipoteca ottimistica sul futuro. Molti ritennero che il millennio di pace e di benessere annunciato nell'Apocalisse stesse per realizzarsi sulla terra. PR 7 4 Alcune situazioni specifiche accentuarono l'ottimismo del tempo ma furono anche fonte di preoccupazione, incertezza e delusione. La conquista del West ebbe un influsso considerevole sulla fantasia popolare. L'opera dei "pionieri", uomini e donne coraggiosi che, affrontando sforzi immani e sacrifici considerevoli, portarono la civiltà europea verso la sponda occidentale del paese, fu mitizzata e interpretata come il prolungamento dell'atto eroico compiuto dai Padri pellegrini nel lasciare l'Europa per stabilirsi sul nuovo continente. La disponibilità di nuovi territori per la prima volta mise alla portata delle masse la proprietà terriera. Si consolidò il mito del "self-made man"7: l'individuo che costruiva la propria fortuna contando solo sulle proprie capacità fisiche e mentali. Il benessere e la ricchezza sembravano facilmente raggiungibili e diventarono l'obiettivo dichiarato o nascosto di un popolo. PR 8 1 Tutto questo ottimismo fu spezzato dalla guerra civile (1861-1865): l'ultima guerra combattuta sul territorio nazionale americano. Se da un lato l'esito del conflitto confermò la vittoria del modello industriale e liberale della società a scapito di un modello agricolo e tradizionalista, dall'altro, nell'immaginario collettivo, la sua asprezza costrinse a rivedere l'aspirazione del popolo americano a diventare l'esempio di una nazione che aveva risolto pacificamente i problemi di convivenza civile, diversamente dalle nazioni europee. Gli americani reagirono con incredulità e sgomento di fronte al riemergere improvviso di una violenza fratricida insospettata. La dura realtà della guerra indusse al pessimismo. PR 8 2 In questo contesto politico, sociale e tecnologico l'elemento religioso assunse una posizione di primo piano. Il sogno americano si è costruito e si è nutrito di una dimensione biblica e religiosa di tradizione essenzialmente protestante. PR 8 3 Il pulpito, simbolo della fede e della religione negli Stati Uniti, ha svolto una funzione determinante nella formazione della nazione americana. Come abbiamo già detto la nazione di quel tempo percepiva se stessa come la protagonista di un'epopea alla conquista del futuro e dell'ignoto. Herman Melville, nel famoso Moby Dick, ne traduce lo spirito ricorrendo all'allegoria della caccia a una misteriosa quanto imprendibile balena bianca. All'inizio del suo racconto egli dipinge in modo emblematico il ruolo decisivo della religione. Nel capitolo "Il pulpito" egli descrive la cappella dei pescatori di New Bedford, la città dei cacciatori di balene: "...il pulpito è sempre la parte prodiera della terra; tutto il resto vien dietro; il pulpito guida il mondo. È di lì che si avvista l'uragano dell'ira fulminea di Dio, e la prua deve resistere al primo urto. E di lì che si invoca il Dio delle brezze amiche o avverse, perché mandi venti favorevoli. Sicuro, il mondo è una nave al suo viaggio di andata, senza ritorno. E il pulpito è la prua".8 PR 9 1 Questa funzione guida del pulpito era presente in tutti gli aspetti della vita di una società permeata dalla religione protestante. Nel 1800 entrambe le camere del parlamento erano dominate dai protestanti e dibattevano di problemi insiti nell'etica protestante: la temperanza, le leggi sull'osservanza della domenica. I maggiori quotidiani appartenevano a protestanti e il lunedì mattina gli americani vi trovavano il testo integrale del sermone domenicale.9 PR 9 2 Alla fine del 1700 e nei primi anni del 1800 l'America è percorsa da due grandi movimenti di risveglio religioso. Fra il 1800 e il 1835 le chiese protestanti raddoppiarono il numero dei propri membri. A questo proposito, Alexis de Tocqueville, visitando il paese in quegli anni dirà: "In nessuna nazione del mondo la religione cristiana ha un'influenza così grande sulle anime degli uomini come in America".10 Inserendosi in questo contesto di fervore religioso, fiorirono quei gruppi e quelle chiese "evangeliche", di cui fa parte la Chiesa Avventista, che si batterono perché venisse riconosciuto concretamente il loro diritto all'esistenza, richiamandosi alle garanzie di libertà religiosa contenute nella Costituzione americana. PR 9 3 L'impegno delle chiese si fece sentire anche nel campo della salute. Sostenute dall'etica metodista che aveva ormai soppiantato la tradizione episcopale di origine inglese, alla fine del '700 e nell' 800 proliferarono le associazioni di temperanza. Esse predicavano vari gradi di astensione dall'alcol e dal tabacco come risultato di un'etica cristiana, fino a ottenere per la prima volta, nel 1851, nello stato del Maine, una legge che proibiva la vendita di alcolici. Spesso le donne ebbero un ruolo importante in questa crociata. Lo sforzo delle società di temperanza proseguì fino al momento in cui (1920) nella costituzione americana fu inserito il 18° emendamento che vietava la produzione, la vendita o il trasporto di bevande alcoliche sul territorio degli Stati Uniti. PR 9 4 Subito dopo la guerra di secessione invece, le denominazioni protestanti conobbero un periodo di declino, sia per l'immigrazione di un numero consistente di popolazioni provenienti da paesi cattolici, sia per il forte processo di industrializzazione in atto che provocò un disinteresse per la vita dello spirito, un forte sentimento di edonismo e di ricerca del piacere. Inoltre, dal punto di vista intellettuale, si consolidava l'ipotesi evoluzionista, già formulata da alcuni naturalisti, nel XVIII secolo ma riproposta e presentata in modo sistematico da Charles Darwin nella sua opera Sull'origine delle Specie (1859). Vennero messe in dubbio l'autenticità e la credibilità del testo biblico. Alcuni pastori aderirono alle nuove idee sull'origine del mondo e si riteneva che l'evoluzione fosse una spiegazione valida per integrare il racconto della Genesi. PR 10 1 Nella seconda metà dell' 800, inoltre, la ricerca di un misticismo che compensasse in qualche modo il pragmatismo del tempo, sfociò nel successo dello spiritismo sperimentato dalle sorelle Fox (1847). L'opera di Ellen G. White PR 10 2 In questo contesto Ellen G. White compone la sua opera. Il messaggio che rivolge ai suoi interlocutori tiene conto, in parte, della situazione nella quale vive e delle difficoltà che quei credenti dovettero affrontare. Sul piano dello stile e della retorica, in particolare, ritroviamo il linguaggio enfatico del tempo. PR 10 3 L'originalità dei suoi scritti risiede nella peculiarità dell'esperienza spirituale dell'autrice dalla quale prendono spunto. Attraverso le pagine dei suoi libri, ella ripropone ai lettori questo vissuto per farlo rivivere e per incoraggiarli a stabilire un'intensa comunione con Dio. PR 10 4 Una delle sue preoccupazioni fondamentali è quella di riaffermare l'attendibilità e la centralità della Bibbia per la vita dell'essere umano. È il messaggio principale che emerge dal commentario pastorale della Bibbia, in cinque volumi, di cui Profeti e Re fa parte. PR 10 5 La Bibbia è la "Parola di Dio" e attraverso di essa il credente giunge alla conoscenza di Dio e del suo piano per l'umanità. "La Parola di Dio, che ci è stata trasmessa a costo di grandi sofferenze e spargimenti di sangue, viene disprezzata. Sono così pochi coloro che l'accettano realmente come norma di vita. L'incredulità prevale in misura allarmante non solo nella società ma anche nella chiesa. Molti vogliono negare le dottrine che sono i fondamenti stessi della fede. I grandi fatti della creazione presentati dagli autori ispirati, la caduta dell'uomo, l'espiazione, la costante validità della legge, sono tutte dottrine rifiutate dalla maggior parte dei cosiddetti cristiani".11 PR 10 6 Per far conoscere questa sua Parola e il suo carattere, Dio aveva scelto un popolo. "La legge divina doveva essere esaltata, la sua autorità confermata e venne affidato a Israele un grande e nobile compito. Il Signore lo distinse dagli altri popoli per attribuirgli una missione sacra. Ne fece il depositario della sua legge per diffondere la conoscenza del vero Dio. In questo modo la luce divina doveva risplendere in un mondo immerso nelle tenebre. La voce di Dio avrebbe esortato tutti i popoli ad abbandonare gli idoli e servire il Dio vivente".12 PR 11 1 La missione affidata a Israele è stata poi trasferita alla chiesa. "Quello che Dio si proponeva di fare per il mondo tramite Israele, la nazione eletta, lo compirà tramite la sua chiesa. Darà la sua vigna ad altri vignaioli, a coloro che rispetteranno il suo patto e che presenteranno il prodotto della vigna in occasione del raccolto. Il Signore non è mai stato senza rappresentanti che abbiano curato i suoi interessi su questa terra. Questi testimoni di Dio fanno parte dell'Israele spirituale e grazie a loro si adempiranno tutte le promesse del patto concluso fra il Signore e il suo popolo".13 PR 11 2 In questo brano, l'allusione al "piano di Dio" lascia intravedere un'altro dei temi fondamentali degli scritti di Ellen G. White: la certezza biblica che la storia dell'umanità è guidata da Dio. "Negli annali della storia umana può sembrare che la formazione delle nazioni, l'ascesa e la caduta degli imperi siano il frutto della volontà e del valore dell'uomo; l'evolversi degli eventi sembra dipendere prevalentemente dal potere, dall'ambizione o dal capriccio umani. Ma la Parola di Dio ci rivela che al di là, dietro e tramite il gioco degli interessi, del potere e delle passioni umane, c'è l'azione di colui che, nella sua misericordia, realizza silenziosamente e con pazienza i suoi obiettivi".14 PR 11 3 Gli eventi di cui gli uomini sono protagonisti rientrano nell'immane lotta fra il bene e il male che si è scatenata dopo il peccato di Adamo ed Eva. "Fin dal giorno in cui il Signore, in Eden, disse al serpente: 'Metterò inimicizia fra te e la donna, fra la tua e la sua discendenza', Satana ha saputo che non avrebbe mai potuto esercitare un dominio assoluto sugli abitanti di questo mondo".15 PR 11 4 L'esito di questa battaglia è comunque già deciso: Dio ha scelto di rivelare il significato della storia nel giorno del giudizio, nel quale ogni azione sarà giudicata con giustizia. "Nei momenti più difficili della sua lunga lotta contro il male, la chiesa ha ricevuto le rivelazioni relative al piano eterno dell'Altissimo. Fra le prove che deve affrontare su questa terra, può intravedere i trionfi futuri, quando alla fine di questa lotta i redenti entreranno in possesso della terra promessa. La scena della gloria futura, dipinta dalla mano di Dio, oggi dovrebbe essere particolarmente cara alla chiesa perché si sta rapidamente concludendo questo grande conflitto e le benedizioni dell'Altissimo stanno per realizzarsi".16 PR 12 1 Un altro elemento caratteristico di Profeti e Re è il pessimismo con il quale Ellen G. White dipinge il futuro. "È giunto il tempo in cui il mondo si troverà nella morsa della sofferenza tanto che nessun balsamo umano potrà alleviarla. Lo Spirito di Dio sta per essere ritirato. I cataclismi si succedono rapidamente".17 PR 12 2 Nella sua opera, Ellen G. White mette in evidenza con vigore un tratto particolare del "carattere di Dio".18 "Dio perdona, Dio accetta pienamente e liberamente tramite i meriti di Gesù, il nostro Salvatore crocifisso e risorto".19 PR 12 3 Percorrendo le varie fasi del dramma di Israele, abbandono del patto con Dio, avvertimento, punizione e deportazione, ritorno alla terra dei padri, Ellen G. White ricorda che Dio per la sua misericordia, tramite la predicazione dei profeti, cercò in tutti i modi di evitare che la catastrofe si abbattesse sul popolo. "Se Israele avesse prestato ascolto a questi messaggi non avrebbe subìto le umiliazioni che seguirono. Ma siccome continuò a disprezzare la sua legge, Dio fu costretto a lasciarli andare in esilio". Cfr. Osea 4:6.20 PR 12 4 Per Ellen G. White la storia sacra deve essere fonte di ispirazione per il presente e serve ad affrontare la realtà in cui il credente vive. "Il momento più difficile nella lotta della chiesa contro le potenze del male è quello che precede immediatamente il giorno della sua liberazione finale. Ma tutti coloro che confidano in Dio non avranno nulla da temere perché 'la violenza dei tiranni è come una tempesta invernale', Dio sarà per la sua chiesa 'un riparo contro la tempesta'". Isaia 25:4.21 PR 12 5 Parlando della fede di Elia, ella compie la digressione seguente: "Oggi gli uomini hanno bisogno di una fede simile a quella di Elia: una fede che sa cogliere le promesse divine e permette di implorare Dio fino alla certezza di essere stati esauditi. Questa fede ci unisce maggiormente al Signore e ci dà la forza necessaria per lottare contro il male. (...) Con la fede perseverante di Giacobbe, con l'ostinata insistenza di Elia, possiamo presentare le nostre richieste al Padre, credendo in tutte le sue promesse".22 Origine e composizione di profeti e re PR 13 1 Studi recenti hanno rivelato che in un certo senso Ellen G. White non fu l'unica autrice di Profeti e Re. Anche altri contribuirono alla stesura finale del libro, sia pure sotto la supervisione della scrittrice americana. Il motivo è semplice. Profeti e Re fu pubblicato nel 1916, cioè un anno dopo la morte di Ellen G. White. Inoltre da alcune testimonianze del tempo risulta che nei suoi ultimi anni di vita l'anziana scrittrice non era più in grado di proporre un'opera così impegnativa come quella che abbiamo oggi sotto gli occhi.23 Forse per questo motivo il 27 dicembre 1907 la sua segretaria, C.C. Crisler, scrisse una lettera importante a uno dei leader della Chiesa Avventista, W.W. Prescott,24 chiedendogli di assumersi un incarico molto delicato: prendere in considerazione gli articoli scritti in precedenza dalla stessa Ellen G. White -- relativi al periodo storico dell'esilio e del ritorno di Israele da Babilonia -- e riproporli in un unico volume. I lettori si aspettavano infatti la parte conclusiva del ciclo dedicato alla "storia della salvezza", ormai quasi completo grazie alle opere Patriarchi e profeti, La speranza dell'uomo, e Il gran conflitto. La Crisler chiese chiaramente una selezione critica per "eliminare quelle parti che possono fare più male che bene".25 In modo particolare dal contesto della lettera si percepisce la preoccupazione di non suscitare controversie e polemiche a causa di interpretazioni in contrasto con le opinioni degli storici e degli esegeti più autorevoli del tempo. PR 13 2 Per realizzare ciò, Prescott -- o chi al suo posto ebbe questo incarico -- utilizzò, parafrasandoli, diversi estratti da libri di Ellen G. White. quali Christ's Object Lessons: "The Lord's Vineyard" (Le parabole di Gesù Cristo), Spiritual Gifts vol. 4, Fundamental of Education, Education (Principi di educazione cristiana), Testimonies, vol. 3 e 5, The Desire of Ages, Toughts from the Mount of Blessings (Con Gesù sul monte delle beatitudini), The Ministry of Healing (Sulle orme del gran medico) oltre ad articoli tratti dalla rivista della denominazione Review and Herald.26 PR 14 1 Contrariamente a quello che alcuni critici sostengono, Ellen G. White è stata in grado di seguire la compilazione di Profeti e Re quasi fino alla fine della sua vita. Lo confermano alcuni resoconti dei colloqui che C.C. Crisler ebbe con Ellen G. White, proprio a proposito del processo redazionale. Nel colloquio del 22 luglio 1914, la Crisler riferisce di aver "presentato a Ellen G. White i punti principali del capitolo su Eliseo, 'La purificazione delle acque' e quelli relativi alla 'Liberazione dall'Assiria'. Ellen G. White -- scrive la Crisler -- ha espresso grande soddisfazione quando ha saputo che questi capitoli erano stati quasi ultimati. Ha anche detto di avere la speranza di poter riacquistare le forze per esaminarli un'ultima volta, affinché il lavoro possa essere pronto per la stampa".27 PR 14 2 Questi colloqui mostrano tuttavia la fiducia di cui godevano la Crisler e i suoi collaboratori. In uno dei suoi resoconti ella riferisce che la sera del 27 luglio parlò a lungo con Ellen G. White sulle profezie di Isaia che -- scrive la segretaria -- "noi speravamo di includere nel capitolo sulle 'Visioni della gloria futura' insieme ad altro materiale. La sorella White si è detta compiaciuta del fatto che avessimo fatto ricorso alla Parola di Dio per una buona parte di questo capitolo; (...) io ho presentato il progetto su come trattare le parti relative ai profeti Geremia ed Ezechiele. Ho citato dettagliatamente la chiamata di Geremia e anche quella di Ezechiele. (...) Ella ha espresso la speranza che avremmo sottolineato gli aspetti più significativi".28 PR 14 3 Anche da questi brevi estratti risulta evidente l'importanza delle citazioni bibliche per la struttura stessa dell'opera. Ciò è ovvio per un libro che si occupa della storia d'Israele, e tuttavia in Profeti e Re il numero dei testi biblici è particolarmente rilevante, con oltre duemila citazioni. PR 14 4 Infine, per concludere questo breve esame sull'origine della composizione di Profeti e Re, occorre menzionare l'influsso esercitato da alcuni commentari del XIX secolo sulla stesura finale del libro. Tra questi ricordiamo Night Scenes in the Bible di Daniel March (1868-1870), Elijah the Tishbite di F.W. Krummacher (1848), Elisha the Prophet di A. Edersheim (1882), e The Great Teacher di J. Harris (1836). Si tratta di libri particolarmente cari a Prescott ma già utilizzati in precedenza dalla stessa Ellen G. White, che spesso ne aveva fatto uso parafrasando lunghi periodi e inserendoli nei propri libri. Studiosi americani, quali Walter Rea e Fred Veltman, hanno dimostrato la notevole dipendenza di diversi libri di Ellen G. White con questi e altri testi.29 Anche nel caso di Profeti e Re studi recenti hanno evidenziato numerose parafrasi di brani tratti dai libri suddetti.30 Il fatto che Ellen G. White utilizzasse pensieri altrui senza citare le fonti le ha attirato recentemente l'accusa di plagio.31 Occorre però ricordare che a quei tempi negli Usa il problema legale del "copyright" di fatto non esisteva32 e anche sul piano morale esso era scarsamente sentito, specie negli ambienti non accademici.33 PR 15 1 Profeti e Re ha avuto un ruolo importante nell'ispirare fiducia in Dio, rivolgendosi a uomini e donne di tutti i continenti. Oggi, come ieri, si tratta di un libro che offre al lettore moltissimi spunti di riflessione etica e spirituale, anche se, ovviamente, non può essere proposto come un testo infallibile di esegesi biblica.34 La sua originalità risiede nell'effetto finale che produce sul lettore, che vi scorge un grande affresco biblico. In esso le storie di uomini e donne di migliaia di anni fa acquistano lo spessore della vita reale, senza artifici o forzature che a volte allontanano il credente dalla Bibbia. Al contrario, questo e altri testi di Ellen White producono l'effetto opposto, quello di ricondurre il lettore alla Bibbia. In questo senso si può parlare a pieno titolo di ispirazione, perché lo stesso Spirito che ha operato nei profeti è quello che spinge il credente verso la Bibbia. Né deve trarre in inganno il processo faticoso della composizione di Profeti e Re, specialmente se pensiamo che Matteo e Luca usarono approssimativamente il 99% del materiale del Vangelo di Marco, e che il libro dell'Apocalisse contiene circa 500 allusioni a scritti precedenti.35 Quel che conta, evidentemente, è il risultato finale. È ovvio che il concetto di ispirazione va considerato alla luce della realtà umana, tenendo conto della complessità del fenomeno e senza lasciarsi andare a ipotesi o teorie semplificatorie. Il concetto di ispirazione di Ellen G. White PR 16 1 La Chiesa Avventista crede che Ellen G. White sia una scrittrice ispirata da Dio. Non è possibile affrontare la lettura dei suoi scritti senza precisare, almeno a grandi linee,37 ciò che la Chiesa Avventista intende per ispirazione. PR 16 2 La posizione ufficiale della chiesa su questo argomento è stata formulata nella Conferenze Generale del 1883: "Noi crediamo che la luce che Dio concede ai suoi servitori consista nell'illuminazione della mente, attraverso la quale rivela i pensieri, e non (tranne rare eccezioni) nella comunicazione delle parole stesse in cui le idee vanno espresse".38 PR 17 1 In questa dichiarazione si afferma che gli avventisti non credono nell'ispirazione verbale e letterale (tranne rare eccezioni) ma nell'ispirazione personale e concettuale. Questo significa che non sono le parole a essere state suggerite da Dio ma i concetti. L'autore li ha poi espressi secondo le sue capacità, sulla base della propria cultura e secondo gli strumenti di cui disponeva nel suo tempo. Tutto ciò non toglie al testo e al messaggio la sua validità e la sua attendibilità. L'ispirazione non rende infallibile colui che ne è l'oggetto. "Gli avventisti riconoscono che i messaggeri di Dio, antichi e moderni, sono degli strumenti fallaci, e le loro debolezze sono evidenti per coloro che li circondano, tuttavia, per la loro completa dedizione a Dio, essi sono accolti come perfetti in Cristo".39 PR 17 2 Il concetto di ispirazione è esposto a più riprese da Ellen G. White stessa nella sua introduzione al libro Il gran conflitto: "La Bibbia indica Dio come suo autore, nondimeno è state scritta da mani umane. Nella differenza di stile dei suoi vari libri, essa presenta le caratteristiche dei suoi scrittori. Le verità rivelate sono state date per ispirazione di Dio (2 Timoteo 3:16), però sono espresse con le parole degli uomini. "(...) Presentata da differenti scrittori, la verità viene esposta nei suoi vari aspetti. Uno scrittore è più colpito da un aspetto dell'argomento e si sofferma su quei punti che meglio si armonizzano con la sua esperienza e con la sua maniera di concepire le cose e di valutarle".40 PR 17 3 Nel consegnare alla stampa la traduzione italiana di questo libro, formuliamo l'auspicio che la lettura delle sue pagine contribuisca ad arricchire l'esperienza spirituale dei lettori guidandola verso una comunione con Dio benefica e significativa. Le edizioni ADV. La vigna del Signore PR 19 1 Desiderando offrire a tutti i popoli della terra i doni migliori del cielo, Dio chiese ad Abramo di lasciare la sua patria e la casa paterna per andare ad abitare nel paese di Canaan. "Farò di te un popolo numeroso, una grande nazione. Il tuo nome diventerà famoso. Ti benedirò. Sarai fonte di benedizione". Genesi 12:2. Dio onorò Abramo chiedendogli di essere il padre del popolo che per secoli sarebbe stato il depositario della verità, il popolo grazie al quale tutte le nazioni della terra sarebbero state benedette dalla venuta del Messia promesso. PR 19 2 In quest'epoca gli uomini avevano quasi perso la nozione del vero Dio. L'idolatria aveva offuscato il loro spirito. Essi aveva sostituito la legge divina "santa, giusta e buona" (cfr. Romani 7:12) con altre disposizioni che assecondavano le loro tendenze crudeli ed egoiste. Ciononostante Dio, nella sua misericordia, non li annientò. Offrì loro l'opportunità di farsi conoscere tramite la sua chiesa. Decise che i principi rivelati al suo popolo avrebbero contribuito a restaurare in loro la sua immagine. PR 19 3 La legge divina doveva essere esaltata, la sua autorità confermata e venne affidato a Israele un grande e nobile compito. Il Signore lo distinse dagli altri popoli per attribuirgli una missione sacra. Ne fece il depositario della sua legge per diffondere la conoscenza del vero Dio. In questo modo la luce divina doveva risplendere in un mondo immerso nelle tenebre. La voce di Dio avrebbe esortato tutti i popoli ad abbandonare gli idoli e servire il Dio vivente. PR 19 4 "...hai usato la tua grande forza e la tua potenza per liberarlo dall'Egitto...". Esodo 32:11. "Allora egli mandò il suo servo Mosè e Aronne, l'uomo che si era scelto. Essi ubbidirono alla sua parola. Contro gli Egiziani annunziarono prodigi, segni di Dio nella terra d'Egitto...". Salmi 105:26, 27. "Con una minaccia prosciugò il mar Rosso, li fece camminare sul fondo come in un deserto". Salmi 106:9. Egli li liberò dalla schiavitù per condurli in un paese fertile che sarebbe servito di rifugio per proteggerli dai loro nemici. Voleva condurli a lui per circondarli con il suo braccio potente ed eterno. Gli israeliti riconoscenti avrebbero esaltato e glorificato il suo nome. "Ma lui, il Signore, ha riservato per sé il popolo d'Israele, i discendenti di Giacobbe li ha fatti sua proprietà. Li trovò nel deserto, nella steppa piena d'urla selvagge: si prese cura di loro e li istruì, li protesse come fossero la pupilla dei suoi occhi. È stato come un'aquila che insegna ai piccoli il volo: vola sopra il nido, stende le sue ali, li aiuta e li sostiene. Il Signore li ha guidati da solo, non c'era con lui nessun altro dio!" Deuteronomio 32:9-12. In questo modo Dio chiamò a sé i suoi figli affinché potessero riposare accanto all'Onnipotente. Protetti dai pericoli che li minacciavano nelle loro peregrinazioni nel deserto, essi si insediarono infine nel paese della promessa, come nazione eletta. PR 20 1 Tramite una parabola il profeta Isaia ha descritto il ruolo che avrebbe avuto Israele come rappresentate di Dio. "Voglio cantare una storia: è il canto di un amico e della sua vigna. Il mio amico aveva una vigna su una fertile collina. L'aveva vangata e ripulita dai sassi; vi aveva piantato viti scelte, vi aveva costruito una torretta di guardia e scavato un pressoio per pigiare l'uva. Sperava che facesse dei bei grappoli ma la vigna produsse solo uva selvatica". Isaia 5:1, 2. PR 20 2 Tramite Israele Dio intendeva benedire tutta l'umanità: "Anche il Signore dell'universo ha una vigna: Israele. Questa piantagione da lui preferita è il popolo di Giuda...". Isaia 5:7. PR 20 3 Al popolo d'Israele sono stati affidati gli oracoli di Dio. I suoi componenti erano come circondati dai precetti della sua legge, principi eterni di verità e di purezza. L'ubbidienza a questi precetti doveva essere la loro salvaguardia, perché li avrebbero protetti dagli influssi devastanti del male. E come torre della vigna Dio pose al centro del terreno il suo tempio santo. PR 20 4 Il Cristo era il loro Maestro. Egli li aveva guidati nel deserto: sarebbe rimasto con loro per istruirli e consigliarli. La sua gloria, la santa shekinah, si manifestava sul propiziatorio nel tabernacolo, poi nel tempio. Egli non smise di manifestare in loro favore il suo amore e la sua pazienza. PR 20 5 Mosè spiegò agli Israeliti il piano di Dio in termini tali da non prestarsi a nessun equivoco. "Voi, infatti, siete un popolo consacrato al servizio del Signore, vostro Dio: egli vi ha scelti per essere un popolo speciale: la sua proprietà particolare fra tutti i popoli della terra". Deuteronomio 7:6. PR 20 6 "Oggi avete sentito il Signore dichiarare che egli sarà il vostro Dio e che voi dovete comportarvi secondo la sua volontà, osservare le sue leggi, i suoi ordini e le sue norme e ubbidire alla sua voce. Oggi il Signore vi ha fatto dichiarare che siete il suo popolo, la sua proprietà particolare, come egli ha promesso; che volete osservare i suoi ordini; che egli vi renderà per dignità, fama e gloria il popolo più grande fra tutti i popoli che ha fatto; che voi sarete un popolo sacro per il Signore, vostro Dio, come lui ha dichiarato". Deuteronomio 26:17-19. PR 21 1 I figli d'Israele dovevano occupare tutto il territorio che il Signore aveva assegnato loro. Era necessario scacciare le nazioni che avevano rifiutato di adorare il vero Dio. Il piano del Signore prevedeva che tramite la rivelazione del suo carattere gli uomini si avvicinassero a lui. Il messaggio del Vangelo doveva essere rivolto al mondo intero. Tramite il sistema sacrificale Cristo doveva essere esaltato fra le nazioni e tutti coloro che si sarebbero rivolti a lui avrebbero ottenuto la vita eterna. Tutti i pagani come Raab la cananea o Ruth la moabita, erano stati invitati a unirsi al suo popolo. Nella misura in cui fossero aumentati numericamente avrebbero dovuto allargare le loro frontiere, fino a quando il loro regno avrebbe inglobato tutto il mondo. PR 21 2 Gli israeliti però non realizzarono il piano di Dio. Dio dichiarava: "Avevo piantato viti di prima qualità per fare di te una vigna privilegiata. Come mai ti sei mutata in tralci bastardi di uva selvatica". Geremia 2:21. "Il popolo d'Israele era come una vigna rigogliosa, piena di grappoli. Più abbondanti erano i suoi frutti, più gli Israeliti costruivano altari ad altre divinità; più la terra era fertile, più abbellivano le loro pietre sacre". Osea 10:1. "Allora disse il mio amico: 'Abitanti di Gerusalemme e di Giuda, fate da arbitri tra me e la mia vigna: potevo fare di più per la mia vigna? Perché essa mi ha dato solo uva selvatica e non l'uva buona che mi aspettavo? Ecco quel che farò alla mia vigna: le toglierò la mia siepe d'intorno, abbatterò il muro di cinta, la farò diventare un pascolo, un ritrovo per animali selvatici. La ridurrò terreno incolto: nessuno verrà più né a zappare né a potare, vi cresceranno soltanto rovi e spine. Dirò alle nuvole di non darle la pioggia... Dio si aspettava giustizia vi trovò invece assassinii e violenze, chiedeva fedeltà udì solamente le grida degli sfruttati'". Isaia 5:3-7. PR 21 3 Il Signore tramite Mosè aveva presentato i risultati dell'infedeltà. Rifiutando di osservare le clausole del suo patto gli israeliti si sarebbero allontanati dalla comunione con Dio e dalle benedizioni che ne sarebbero derivate. A volte ascoltavano i suoi avvertimenti e godevano di ricche benedizioni che trasmettevano anche alla nazioni vicine. Ma quasi sempre dimenticavano Dio e perdevano di vista il grande privilegio di rappresentarlo. Si rifiutavano di collaborare con lui e privavano gli uomini di un'autentica conoscenza religiosa e di un esempio positivo. Volevano appropriarsi dei frutti della vigna di cui erano dei semplici amministratori. La loro avidità provocò il disprezzo dei pagani. In questo modo i Gentili furono indotti a fraintendere il carattere di Dio e a disconoscere le leggi del suo regno. PR 21 4 Come un padre affettuoso Dio fu indulgente nei confronti del suo popolo. Dimostrò la sua misericordia. Pazientemente indicò loro i peccati commessi e nella sua bontà attese che li riconoscessero. Successivamente inviò loro i profeti e altri messaggeri per reclamare i frutti della sua vigna, ma invece di riceverli con gioia li trattarono come dei nemici. Li maltrattarono e li uccisero. Allora egli inviò ancora altri messaggeri, ma li accolsero come i primi e si mostrarono ancora più aggressivi nei loro confronti. PR 22 1 La mancanza delle benedizioni divine nel periodo dell'esilio condusse molti al pentimento, ma dopo il ritorno al paese della promessa il popolo ebraico ripeté gli stessi errori delle generazioni precedenti, mettendosi in conflitto con le nazioni che lo circondavano. I profeti inviati da Dio per correggere le deviazioni più evidenti furono ricevuti con lo stesso sospetto e lo stesso atteggiamento ironico di un tempo e così, con il passare del tempo, la colpevolezza dei vignaioli aumentò. PR 22 2 La magnifica vigna piantata da Dio sulle colline della Palestina fu disprezzata dagli uomini d'Israele e alla fine gettata oltre il muro di cinta, essi l'abbatterono e la calpestarono sperando di averla distrutta per sempre. Ma il Padrone della vigna la raccolse e la piantò nuovamente dall'altra parte del muro in modo tale che il tronco non fosse più visibile ai loro occhi. Soltanto i tralci pendevano oltre il muro in modo che si potessero fare degli innesti, ma il tronco rimase fuori dalla loro portata e nessuna potenza umana poté raggiungerlo. PR 22 3 I consigli e le esortazioni dati ai profeti per far comprendere loro il piano eterno di Dio in favore dell'umanità hanno un grande valore per la chiesa, guardiana della sua vigna. Negli insegnamenti dei profeti, l'amore di Dio in favore del peccatore e il suo piano per salvarlo sono chiaramente rivelati. PR 22 4 Il tema dei messaggi di Dio alla sua chiesa nel corso dei secoli si riferiva alla storia della vocazione d'Israele, ai suoi successi e ai suoi fallimenti, alla sua riconciliazione con Dio, al suo rigetto da parte del Padrone della vigna e all'adempimento del piano di Dio da parte di un rimanente fedele tramite il quale sarebbero state adempiute tutte le promesse del patto. Oggi il messaggio del Signore alla sua chiesa, cioè a coloro che si occupano della sua vigna, come fedeli vignaioli, non è diverso da quello affidato tanto tempo fa ai suoi profeti: "...Lodate la mia magnifica vigna. Io stesso, il Signore, sono il vignaiolo, la irrigo di continuo e la custodisco giorno e notte perché nessuno le arrechi danno". Isaia 27:2, 3. PR 22 5 La speranza d'Israele è in Dio. Il padrone della vigna riunisce oggi uomini di tutte le nazioni e di tutti i popoli, che rappresentano i frutti preziosi su cui contava da tempo. Ben presto egli stesso verrà. In quel giorno si adempirà il suo piano eterno nei confronti della casa d'Israele. "In futuro il popolo d'Israele, discendente da Giacobbe, metterà radici, fiorirà e germoglierà come un albero. Con i suoi frutti riempirà tutta la terra". Isaia 27:6. ------------------------Capitolo 1: Salomone PR 25 1 Durante il regno di Davide e di Salomone, Israele divenne una nazione potente e in molte occasioni esercitò un influsso positivo in favore della giustizia e della verità. Il nome dell'Eterno fu esaltato e onorato. L'obiettivo per il quale gli israeliti si erano insediati nella terra promessa stava per essere raggiunto: le barriere erano state abbattute e coloro che, provenendo dal mondo pagano, cercavano la verità in Israele ripartivano soddisfatti. Ci furono molte conversioni e la chiesa di Dio si sviluppò e prosperò. PR 25 2 Salomone fu unto e proclamato re alla fine del regno di Davide, suo padre, il quale abdicò in suo favore. I primi anni della sua vita si annunciavano già ricchi di promesse: era nei piani divini che questo re crescesse in potenza e in gloria riflettendo sempre più il carattere di Dio. Avrebbe così ispirato agli israeliti il desiderio di adempiere la sacra missione di depositari della verità divina. PR 25 3 Davide sapeva che il progetto di Dio per Israele poteva essere attuato soltanto se il re e il popolo avessero cercato, con impegno costante, di raggiungere l'obiettivo prestabilito. Sapeva che per meritare la fiducia, di cui Dio lo aveva onorato, suo figlio Salomone non avrebbe dovuto essere soltanto un guerriero, uno statista e un sovrano, ma anche un uomo forte e buono, un difensore della giustizia, un esempio di fedeltà. PR 25 4 Davide esortò costantemente Salomone a essere fiero e coraggioso, a dimostrare misericordia e bontà nei confronti dei suoi sudditi, a onorare e glorificare il nome di Dio manifestando la bellezza della santità nei rapporti con le altre nazioni. Le esperienze dolorose che Davide aveva affrontato nel corso della sua vita gli avevano insegnato il valore delle virtù più nobili e lo avevano spinto a dichiarare a Salomone in punto di morte: PR 25 5 "...Colui che regna sugli uomini con giustizia, colui che regna con timor di Dio, è come la luce mattutina, quando il sole si leva senza nuvole, e col suo splendore, dopo la pioggia, fa spuntare l'erbetta della terra". 2 Samuele 23:3, 4 (Luzzi). PR 25 6 A Salomone veniva offerta un'occasione straordinaria! Se avesse seguito i consigli di suo padre, ispirati da Dio, il suo regno sarebbe stato un regno di giustizia, simile a quello descritto nel Salmi 72: PR 26 1 "O Dio, fa' comprendere al re le tue leggi, mettigli in bocca i tuoi stessi giudizi. Governi il tuo popolo con giustizia e difenda i tuoi poveri con giuste sentenze...". PR 26 2 Nella sua giovinezza Salomone seguì la via indicata da Davide. Per molti anni si comportò rettamente e la sua vita rivelò una scrupolosa ubbidienza agli ordini di Dio. All'inizio del suo regno si recò con i suoi consiglieri a Gabaon, dove c'era ancora il tabernacolo costruito nel deserto, e là si unì ai suoi collaboratori, "ai capi delle migliaia e delle centinaia, ai giudici, a tutti i prìncipi capi delle case patriarcali di tutto Israele" (2 Cronache 1:2, Luzzi) per offrire sacrifici a Dio e consacrarsi interamente al suo servizio. Rendendosi conto dell'importanza dei suoi doveri regali Salomone comprese che chi ha grosse responsabilità, se vuole adempiere al suo compito, deve attingere alla fonte della saggezza. Ciò lo spinse a invitare i suoi consiglieri a unirsi a lui per ricercare con tutto il cuore la grazia divina. PR 26 3 Invece della ricchezza il re ricercava la sapienza e l'intelligenza per compiere l'opera affidatagli da Dio. Egli desiderava ardentemente sviluppare doti come l'acutezza, la generosità e la sensibilità. PR 26 4 Una notte il Signore gli apparve in sogno e gli disse: "Chiedi quello che vuoi". Il giovane re, privo di esperienza e cosciente della sua debolezza, rispose: PR 26 5 "Tu hai sempre dimostrato un grande amore per mio padre Davide e anche lui ha sempre agito nei tuoi confronti con lealtà, giustizia e sincerità. Tu hai sempre dato prova di questo tuo grande amore per lui e infine gli hai dato un figlio che oggi siede sul suo stesso trono. Signore mio Dio, tu mi fai regnare al posto di Davide, mio padre, ma io sono ancora giovane e inesperto. Il popolo che hai scelto per te è così numeroso che non lo si può nemmeno contare. E io mi trovo a capo proprio di questo popolo! Ti prego. Dammi la saggezza necessaria per amministrare la giustizia tra il popolo e per distinguere il bene dal male. Senza il tuo aiuto, chi è capace di guidare il tuo popolo, che è così grande?" Questa domanda di Salomone piacque al Signore. E Dio gli disse: PR 26 6 "Non mi hai chiesto di vivere a lungo, di diventare ricco o di far morire i tuoi nemici. Mi hai chiesto invece di saper amministrare la giustizia. Farò come hai detto, anzi ti darò tanta sapienza e intelligenza, come nessuno ne ha mai avute e mai potrà averne. Inoltre, anche se non me l'hai chiesto, ti darò tanta ricchezza e tanta gloria da superare quella degli altri re. Se mi sarai fedele, se osserverai le mie leggi e i miei comandamenti come ha fatto tuo padre, io ti darò anche una lunga vita". 1 Re 3:5-14. PR 27 1 Dio promise di comportarsi con Salomone così come aveva fatto con Davide. Se il re fosse stato giusto, se avesse fatto quello che Dio gli aveva ordinato, il suo regno sarebbe stato stabile e tutti i paesi vicini avrebbero considerato Israele un "popolo savio e intelligente", una luce per le nazioni circostanti. Le parole utilizzate da Salomone, quando pregava davanti all'antico altare di Gabaon, rivelano la sua umiltà e il suo profondo desiderio di onorare il Signore. Si rendeva conto che senza l'aiuto divino sarebbe stato impotente come un bambino e quindi incapace di adempiere alle sue responsabilità di sovrano. Sapeva di non disporre di una buona capacità di giudizio e il sentimento della sua grande limitatezza lo spinse a cercare Dio per ottenere la saggezza. PR 27 2 Salomone non fu mai così ricco, così saggio e così realmente grande come quando confessò: "Io sono ancora giovane e inesperto!" PR 27 3 Coloro che oggi occupano posizioni di responsabilità dovrebbero cercare di seguire il suo esempio. Più alta è la posizione che un uomo occupa, più grande sarà la sua responsabilità e maggiore l'influsso che potrà esercitare, e quindi più grande il bisogno di dipendere dal Signore. Egli dovrebbe sempre ricordare che chi ha delle responsabilità deve essere prudente nei suoi rapporti con gli altri e imparare umilmente da Dio. La posizione occupata non conferisce la santità. Onorando Dio e ubbidendo ai suoi comandamenti l'uomo diventa veramente grande. PR 27 4 Il Dio che serviamo non privilegia soltanto alcuni. Colui che diede a Salomone la saggezza desidera impartire anche oggi la stessa benedizione ai suoi figli. La sua parola dichiara: PR 27 5 "...se qualcuno di voi non è saggio, chieda a Dio la saggezza, e Dio gliela darà; perché Dio dà a tutti volentieri e generosamente". Giacomo 1:5. PR 27 6 Colui che, stanco e pieno di responsabilità, ricerca la saggezza piuttosto che la ricchezza, la potenza o la notorietà, non rimarrà deluso. Imparerà dal Maestro non soltanto ciò che deve fare, ma anche come farlo, per poter contare sulla sua approvazione. Fino a quando colui che è stato dotato dal Signore di saggezza e talenti resterà fedele alla sua vocazione, non aspirerà a posizioni più elevate né a esercitare il potere nei confronti dei suoi simili. Senza dubbio è necessario che certi uomini assumano delle responsabilità, ma invece di imporsi, i veri capi chiederanno a Dio l'intelligenza e la saggezza per distinguere il bene dal male. PR 27 7 La vita di coloro che hanno incarichi dirigenziali non è facile. Ecco perché dovrebbero cercare di risolvere i loro problemi tramite la preghiera. Ricorrendo alla fonte della saggezza acquisteranno sicurezza. Rafforzati e illuminati dal Maestro potranno affrontare con successo le tentazioni, discernere il bene dal male, la verità dall'errore. Approveranno ciò che Dio approverebbe e lotteranno strenuamente contro l'ingiustizia. PR 28 1 Dio accordò a Salomone la sapienza che desiderava, ma questi beneficiò anche di ricchezze, onori e una lunga vita. La richiesta del giovane sovrano di ottenere acutezza, generosità e sensibilità fu esaudita. PR 28 2 "Dio diede a Salomone profonda saggezza, grande intelligenza e vasta cultura. Così la sua sapienza fu superiore a quella dei popoli dell'Egitto. Fu davvero il più saggio degli uomini. (...) La sua fama si sparse in tutti i popoli vicini". 1 Re 5:9-11. PR 28 3 "In Israele (...) tutti provarono un profondo rispetto per lui. Si erano resi conto che Dio stesso gli aveva dato la saggezza necessaria per giudicare con giustizia". 1 Re 3:28. PR 28 4 Il popolo amò Salomone così come aveva amato Davide e gli rimase sempre fedele. PR 28 5 "Salomone figlio di Davide consolidò il suo potere. Il Signore suo Dio era con lui e lo fece diventare un re veramente grande". 2 Cronache 1:1. PR 28 6 Per molti anni la vita di Salomone fu caratterizzata dalla fedeltà, dalla giustizia, dai sani princìpi e da una scrupolosa ubbidienza ai comandamenti di Dio. Gestiva gli affari più importanti e amministrava con saggezza tutte le questioni riguardanti il governo del paese. La sua prosperità, la sua perspicacia, i magnifici edifici costruiti durante i primi anni del suo regno, la forza, la devozione, la giustizia e la magnanimità da lui rivelate nella parola e nell'azione gli assicurarono la lealtà dei suoi sudditi, l'ammirazione e il rispetto dei governanti di molti paesi. PR 28 7 Nei primi anni del regno di Salomone il nome di Dio fu onorato. La saggezza e la giustizia del re testimoniarono a tutte le nazioni l'eccellenza delle caratteristiche del Dio che serviva. Per un certo periodo di tempo Israele fu la luce del mondo, diffondendo ovunque la grandezza di Dio. La vera gloria del primo periodo del regno di Salomone non proveniva dalla sua incomparabile saggezza, dalle sue ricchezze favolose, dalla sua potenza, dalla sua fama universale, ma dall'alone di rispetto che circondava il nome del Dio d'Israele, tramite l'utilizzazione dei doni che aveva ricevuto dal cielo. PR 28 8 Con il trascorrere degli anni e nella misura in cui cresceva la gloria di Salomone, il re cercava di onorare Dio arricchendo le sue conoscenze spirituali e intellettuali, pur condividendo con i suoi simili le benedizioni ricevute. Nessuno meglio di lui sapeva che doveva a Dio la sua saggezza e la sua intelligenza e che questi doni gli erano stati accordati affinché facesse conoscere al mondo il Re dei re. PR 28 9 Salomone s'interessò particolarmente allo studio della natura, ma le sue ricerche non si limitarono a una specifica branca delle scienze. Approfondendo tutto ciò che riguardava le cose create, animate o inanimate, acquisì una chiara conoscenza del Creatore. Nelle forze della natura, nel regno animale e minerale, in ogni albero, in ogni arbusto e in ogni fiore riconosceva la saggezza del cielo. Mentre cercava di accrescere la sua scienza, la conoscenza di Dio aumentava costantemente. PR 29 1 Salomone espresse la sua sapienza, divinamente ispirata, in canti di lode e proverbi. PR 29 2 "Salomone pronunziò tremila proverbi e compose millecinque canti. Parlò di ogni tipo di pianta, dal cedro del Libano all'issopo che cresce sui muri. Parlò di quadrupedi, di uccelli, di rettili e di pesci". 1 Re 5:12, 13. PR 29 3 I proverbi di Salomone sottolineano i princìpi che caratterizzano una vita pia e con ideali elevati, princìpi di origine divina che conducono alla santità e dovrebbero ispirare ogni atto della vita. Grazie alla loro diffusione e alla consapevolezza che soltanto a Dio spettano la lode e l'onore, il regno di Salomone, nella fase iniziale, raggiunse alti livelli di moralità e prosperità. PR 29 4 "Beato chi ha trovato la sapienza, felice chi ha acquistato la conoscenza! Possederla vale più di tanto argento; rende molto più dell'oro...". Proverbi 3:13-18. PR 29 5 "La cosa più importante è diventare sapiente; acquista la sapienza, anche a costo di vendere quel che hai". Proverbi 4:7. PR 29 6 "Rispettare la legge del Signore è l'inizio della sapienza...". Salmi 111:10. PR 29 7 "Amare il Signore è odiare il male; odio l'orgoglio e l'arroganza, la cattiva condotta e i discorsi falsi". Proverbi 8:13. PR 29 8 Salomone avrebbe dovuto mettere in pratica queste parole meravigliose negli ultimi anni della sua vita! Colui che aveva scritto: "I discorsi del saggio diffondono la scienza..." (Proverbi 15:7) avrebbe dovuto insegnare ai monarchi a lodare il Re dei re e non un sovrano terreno! Non avrebbe dovuto attribuirsi, con falsi discorsi, arroganza e orgoglio, la gloria che apparteneva a Dio! ------------------------Capitolo 2: Il tempio e la sua consacrazione PR 30 1 Il progetto di costruire un tempio al Signore, lungamente accarezzato da Davide, fu saggiamente realizzato da Salomone. Per sette anni Gerusalemme fu occupata da una folla di operai impegnati a livellare il terreno scelto per la costruzione, a erigere grandi mura di sostegno, a gettare ampie fondamenta -- "...delle pietre grandi, delle pietre di pregio (...) pietre da taglio" (1 Re 5:17, Luzzi) -- a modellare le pesanti travi portate dalle foreste del Libano e a costruire il magnifico santuario. Contemporaneamente alla preparazione del legno e della pietra, compito che impegnava migliaia di lavoratori, proseguiva regolarmente la fabbricazione degli arredi per il tempio sotto la guida di Huram di Tiro "...uomo abile e intelligente, (...) abile a lavorare l'oro, l'argento, il rame, il ferro, la pietra, il legno, la porpora...". 2 Cronache 2:13, 14 (Luzzi). PR 30 2 L'edificio sul monte Moria venne costruito senza rumore con "pietre di cava già squadrate. Così, per tutta la durata dei lavori, non si sentì mai il rumore di martelli, di picconi o di altri attrezzi metallici". 1 Re 6:7. PR 30 3 Le suppellettili furono fedelmente sagomate secondo i modelli, forniti da Davide a suo figlio, relativi a tutti gli arredi della casa di Dio. Cfr. 2 Cronache 4:19. PR 30 4 Si trattava dell'altare dei profumi, della tavola dei pani di presentazione, del candeliere e delle lampade, con i vasi e gli utensili vari, tutto "in oro purissimo", per le funzioni dei sacerdoti nel luogo santo. Per gli arredi di rame -- l'altare degli olocausti, la grande conca di rame sostenuta da dodici buoi, le conche e i bacini di dimensioni minori, con molti altri vasi -- "Il re aveva fatto preparare una fonderia nella valle del Giordano, in un terreno argilloso, tra le località di Succot e Zereda". 2 Cronache 4:17. Questi arredi furono preparati in vari esemplari affinché ce ne fosse a disposizione un buon numero. PR 30 5 Il tempio costruito da Salomone e dai suoi collaboratori, consacrato al Signore e al suo culto, era di una bellezza incomparabile, di uno splendore ineguagliabile. Ornato di pietre magnifiche, circondato da spaziosi cortili a cui si accedeva da bellissimi viali, rivestito di cedro scolpito e d'oro, il tempio con le sue tende riccamente ricamate e i suoi mobili sontuosi era un'opera degna del Dio vivente, una chiesa edificata secondo il progetto divino, con materiali come "oro, argento e pietre preziose", come "...la struttura di un palazzo". 1 Corinzi 3:12; Salmi 144:12 (Luzzi). Il Cristo è "la pietra angolare, sulla quale l'edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore". Efesini 2:20, 21 (Luzzi). PR 31 1 Il tempio, progettato dal re Davide e costruito da suo figlio Salomone, fu finalmente ultimato. Ora rimaneva soltanto da compiere la solenne cerimonia della consacrazione all'Eterno e al suo culto; questo edificio, che dominava il monte Moria, sarebbe diventato ciò che Davide aveva ardentemente desiderato: una casa "...non per un uomo, ma per il Signore Dio". 1 Cronache 29:1. PR 31 2 Il luogo in cui era stato costruito il tempio era da tempo considerato sacro. Era là che Abramo, il padre dei credenti, aveva manifestato la volontà di sacrificare il suo unico figlio per ubbidire all'ordine di Dio. Là il Signore lo aveva nuovamente assicurato della certezza delle sue benedizioni che comprendevano la promessa della liberazione dell'umanità grazie al sacrificio del Figlio dell'Altissimo. In questo stesso luogo Davide aveva offerto i suoi sacrifici per impedire che l'angelo distruttore compisse la sua opera. Ora, ancora una volta, gli adoratori del vero Dio erano riuniti in quel luogo per incontrarlo e rinnovargli il loro impegno di fedeltà. PR 31 3 Il momento scelto per celebrare questa cerimonia era particolarmente adatto: il settimo mese, infatti, tutti gli abitanti del regno si riunivano a Gerusalemme per celebrare la festa dei Tabernacoli. Questa festa era l'occasione migliore per esprimere la propria gioia: i lavori del raccolto erano finiti e quelli del nuovo anno agricolo non ancora iniziati, tutti erano liberi da impegni e quindi potevano godere intensamente di quei momenti di intensa spiritualità. PR 31 4 Le folle accorse da tutte le zone del paese e i rappresentanti di molte nazioni straniere, vestiti con abiti magnifici, si riunirono nei cortili del tempio. Era uno spettacolo straordinario. Salomone, gli anziani d'Israele e gli uomini più importanti erano presenti quando "i leviti sollevarono l'arca, e i sacerdoti leviti la trasportarono fino al tempio, con la tenda dell'incontro e con i suoi oggetti sacri". 2 Cronache 5:4, 5. I sacri ricordi delle esperienze fatte dai figli d'Israele durante le loro peregrinazioni nel deserto e della conquista di Canaan, trovavano ora una collocazione definitiva nello splendido edificio che era stato costruito per sostituire la struttura mobile. PR 31 5 Durante il trasporto dell'arca sacra, contenente le due tavole di pietra sulle quali erano stati scritti dal dito di Dio i precetti del Decalogo, Salomone seguì l'esempio di suo padre Davide: ogni sei passi offrì dei sacrifici. Con canti, musica e una solenne cerimonia "...i sacerdoti introdussero l'arca dell'alleanza del Signore, nel santuario del tempio, nel Luogo santissimo". 2 Cronache 5:7. Uscendo dal santuario raggiunsero i posti loro assegnati. I cantori leviti, vestiti di lino bianco, con cembali, salteri e arpe, stavano alla destra dell'altare, e con loro vi erano centoventi sacerdoti che suonavano le trombe. PR 32 1 "A un certo punto suonatori e cantori si unirono nel canto di lode al Signore. Risuonò, accompagnato dalle trombe, dai cembali e dagli altri strumenti, il canto: 'Lodate il Signore, egli è buono, eterno è il suo amore per noi'. In quel momento la nube del Signore riempì il tempio. I sacerdoti non poterono continuare le loro funzioni, perché la presenza gloriosa del Signore riempiva il tempio". 2 Cronache 5:13, 14. PR 32 2 Salomone comprese il significato di questa nuvola e dichiarò: "Tu o Signore avevi deciso di abitare nell'oscurità della nube. Io ho costruito per te un tempio maestoso, un luogo dove potrai abitare per sempre". 2 Cronache 6:1; cfr. Salmi 99:1-5. PR 32 3 "In mezzo al cortile del tempio" era stata costruita una "pedana di bronzo", di "due metri e mezzo per lato e alta un metro e mezzo". Salomone salì e alzando le mani al cielo benedisse l'immensa assemblea che era davanti a lui. 1 Cronache 6:12, 13. PR 32 4 Salomone si inginocchiò sul podio e rivolse a Dio la preghiera di consacrazione in presenza di tutta l'assemblea. Mentre la folla si chinava con il volto rivolto verso terra, il re con le mani alzate verso il cielo invocò il Signore pronunciando queste parole: PR 32 5 "Signore, Dio d'Israele, non c'è nessun altro Dio come te in cielo o in terra. Tu tieni fede all'alleanza fatta con i tuoi servi e li tratti con amore quando vivono sinceramente come tu vuoi. Tu hai mantenute le promesse fatte a mio padre Davide, tuo servo. Oggi hai compiuto quel che avevi annunziato". 1 Cronache 6:14, 15; cfr. 6:16-42. "Quando Salomone ebbe terminato la sua preghiera, scese un fuoco dal cielo e bruciò i sacrifici. (...) I sacerdoti non poterono entrare nel tempio perché il Signore lo aveva riempito con la sua presenza gloriosa. Gli Israeliti videro scendere il fuoco e videro venire nel tempio la gloria del Signore; allora s'inchinarono fino a terra con la faccia sul pavimento e lodarono il Signore. (...) In questo modo il re e tutto il popolo consacrarono il tempio". 2 Cronache 7:1-5. PR 32 6 Per sette giorni le folle provenienti da ogni parte del regno, "dal passo di Camat a nord fino al torrente d'Egitto a sud", celebrarono una festa solenne. La settimana seguente fu consacrata alla celebrazione della festa dei Tabernacoli. Alla fine di questo periodo di riconsacrazione e di giubilo, la gente ritornò alle proprie case. "Erano tutti lieti e contenti per il bene che Dio aveva fatto a Davide, a Salomone e a Israele suo popolo". 2 Cronache 7:8, 10. PR 33 1 Il re aveva fatto tutto il possibile per incoraggiare il popolo ad affidarsi completamente a Dio, a servirlo e a magnificare il suo santo nome. Ancora una volta, come era avvenuto all'inizio del suo regno a Gabaon, il sovrano d'Israele fu certo dell'approvazione di Dio e della sua benedizione. PR 33 2 "Allora, una notte il Signore gli apparve e gli parlò così: 'Ho ascoltato la tua preghiera e ho scelto il tempio come luogo per i sacrifici che mi offrirete. In futuro potrò far cessare la pioggia, mandare le cavallette a devastare il paese o la peste a colpire il mio popolo. Allora, se il mio popolo, a me consacrato, si umilierà, mi pregherà e abbandonerà la sua condotta cattiva per cercare la mia volontà, io, dal cielo, ascolterò, perdonerò il suo peccato e ridarò vita al paese. Io sarò pronto ad ascoltare le preghiere che mi farete in questo tempio. Infatti, ho scelto io questo tempio e l'ho consacrato: qui io sarò sempre presente: ogni giorno terrò fissi su questo tempio i miei occhi e la mia mente'". 2 Cronache 7:12-16. PR 33 3 Se Israele fosse rimasto fedele a Dio, questo splendido edificio sarebbe stato il simbolo della protezione divina nei confronti del popolo eletto. PR 33 4 Rassicurando Salomone della sua approvazione, Dio gli indicò chiaramente la via del dovere. Gli disse: "Se ti comporterai con me come faceva tuo padre Davide e se metterai in pratica le mie leggi e i miei comandamenti, io renderò stabile il tuo regno. Questo è quel che ho promesso a tuo padre Davide: Ci sarà sempre uno dei tuoi a governare Israele". 2 Cronache 7:17, 18. Se Salomone avesse continuato a servire il Signore con umiltà, avrebbe esercitato un influsso positivo sulle nazioni vicine, già così favorevolmente impressionate da suo padre Davide, dalle sagge parole e dalle magnifiche opere dei primi anni del suo regno. Prevedendo le terribili tentazioni della prosperità e degli onori, Dio avvertì Salomone dei pericoli dell'apostasia e preannunciò le terribili conseguenze del peccato. Perfino lo splendido tempio appena consacrato sarebbe diventato "la favola e lo zimbello di tutti i popoli", se gli israeliti avessero "abbandonato il Signore, il Dio dei loro padri" e avessero persistito nell'idolatria. 2 Cronache 7:20, 22. PR 33 5 Incoraggiato e rallegrato dal messaggio divino che gli assicurava che la preghiera in favore d'Israele era stata ascoltata, Salomone iniziò il periodo più brillante del suo regno, quando "Tutti i re desideravano venire a conoscere la saggezza che Dio gli aveva dato". 2 Cronache 9:23. Molti vennero per ispirarsi ai suoi metodi di governo e per ricevere consigli su come gestire gli affari più difficili. Salomone spiegò loro che il suo Dio era il creatore di tutte le cose, ed essi ritornarono a casa con una maggiore conoscenza del Dio d'Israele e del suo interesse per l'umanità. Ora essi potevano intravedere nelle opere della natura l'espressione del suo amore e la rivelazione del suo carattere. Molti scelsero di adorarlo come loro Dio. PR 34 1 L'umiltà, espressa da Salomone all'inizio del suo regno quando riconobbe davanti a Dio di essere "ancora giovane" (1 Re 6:7), il suo evidente amore per l'Eterno, il suo profondo rispetto per le cose divine, la sfiducia in se stesso, il suo desiderio di esaltare il Creatore di tutte le cose, tutti questi tratti del suo carattere si rivelarono in occasione della cerimonia di consacrazione del tempio, mentre inginocchiato pregò come un umile fedele. PR 34 2 Oggi i discepoli di Cristo dovrebbero fare attenzione a onorare il Signore. Le Scritture ci insegnano come dobbiamo rivolgerci al nostro Creatore: con umiltà e rispetto, tramite la fede in un Mediatore divino. PR 34 3 "Venite, in ginocchio adoriamo, inchiniamoci al Dio che ci ha creati". Salmi 95:6. PR 34 4 Sia in pubblico sia in privato è nostro privilegio inginocchiarci davanti a Dio per rivolgergli le nostre richieste. Gesù, nostro divino modello, "...si mise in ginocchio e pregò". Luca 22:41. È detto che l'apostolo Pietro: "...si mise in ginocchio e pregò". Atti 9:40. Paolo dichiara: "...io mi inginocchio davanti a Dio Padre". Efesini 3:14. Quando confessò davanti a Dio i peccati di Israele, Esdra si inginocchiò. Cfr. Esdra 9:5. Daniele "...Com'era sua abitudine, tre volte al giorno, si mise là in ginocchio per pregare e lodare il suo Dio". Daniele 6:11. PR 34 5 Il vero rispetto nei confronti di Dio è ispirato dal sentimento della sua infinita grandezza e dalla coscienza della sua presenza. Il nostro cuore dovrebbe esserne profondamente compenetrato. L'ora e il luogo della preghiera sono sacri perché siamo in presenza di Dio. Manifestando rispetto nel nostro atteggiamento e nel nostro portamento, il sentimento che lo ispira si radica profondamente in noi. "...Santo e tremendo è il suo nome" (Salmi 111:9) dichiara il salmista. Quando gli angeli pronunciano questo nome si coprono la faccia. Con quale riguardo noi peccatori dovremmo pronunciare questo nome! PR 34 6 Giovani e anziani dovrebbero meditare sulle parole delle Scritture che indicano come considerare il luogo in cui il Signore manifesta la sua presenza. Cfr. Esodo 3:5. Dopo aver contemplato la visione della scala che univa la terra al cielo, Giacobbe gridò: "Veramente in questo luogo c'è il Signore, io non lo sapevo! (...) Questa è certamente la casa di Dio! Questa è la porta del cielo!" Genesi 28:16, 17. PR 34 7 Le parole pronunciate da Salomone, in occasione della consacrazione del tempio, erano destinate a rimuovere tutte quelle superstizioni nei confronti del Creatore, che fino a quel momento avevano offuscato la mente dei pagani. Il Dio del cielo non assomiglia agli dei del paganesimo confinati nei templi costruiti dagli uomini. Tuttavia accetta di incontrarsi con il suo popolo, mediante il suo Spirito, ogni volta che esso si riunisce per adorarlo nella casa che gli è stata consacrata. Alcuni secoli dopo Paolo insegnerà la stessa verità affermando: PR 35 1 "Egli è colui che ha fatto il mondo e tutto quello che esso contiene. Egli è il Signore del cielo e della terra, e non abita in templi costruiti dagli uomini. Non si fa servire dagli uomini come se avesse bisogno di qualche cosa: anzi è lui che dà a tutti la vita, il respiro e tutto il resto... perché gli uomini lo cerchino e si sforzino di trovarlo, anche a tentoni, per poterlo incontrare. In realtà Dio non è lontano da ciascuno di noi. In lui infatti noi viviamo, ci muoviamo ed esistiamo". Atti 17:24-28. PR 35 2 Il Salmista esprime lo stesso concetto nel modo seguente: PR 35 3 "Felice la nazione che ha il Signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come suo. Dall'alto del cielo il Signore guarda e vede tutti gli uomini. Dal luogo dove abita egli osserva tutti gli abitanti della terra". Salmi 33:12-14. PR 35 4 "Il Signore ha posto il suo trono nei cieli; regna su tutto l'universo". Salmi 103:19. PR 35 5 "Nessun Dio è grande come te, sante sono tutte le tue azioni. Sei l'unico Dio che fa prodigi. Hai manifestato la tua potenza alle nazioni". Salmi 77:14, 15. PR 35 6 Anche se Dio non abita in templi costruiti dall'uomo, egli onora con la sua presenza le assemblee dei credenti. Ha promesso che quando essi si riuniscono per cercarlo, per riconoscere i propri peccati e per pregare gli uni per gli altri, tramite il suo Spirito, egli sarà con loro. Chi si riunisce per adorarlo deve abbandonare ogni proposito malvagio. Se non adora in spirito e verità, e nell'armonia della santificazione, qualsiasi assemblea sarà priva di valore. Parlando di tali persone il Signore dichiara: "Questo popolo mi onora a parole ma il suo cuore è molto lontano da me. Il modo con cui mi onorano non ha valore...". Matteo 15:8, 9. PR 35 7 Coloro che adorano Dio devono "lasciarsi guidare dallo Spirito e dalla verità" poiché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Giovanni 4:24. PR 35 8 "Il Signore risiede nel suo santo tempio. Si faccia silenzio davanti a lui su tutta la terra!" Abacuc 2:20. ------------------------Capitolo 3: L'orgoglio della ricchezza PR 36 1 Finché Salomone osservò la legge di Dio, il Signore fu con lui e gli diede la sapienza necessaria per regnare su Israele con imparzialità e misericordia. Inizialmente, pur godendo della ricchezza e degli onori terreni, egli rimase umile e fu in grado di esercitare un benefico influsso. PR 36 2 "Il potere di Salomone si estendeva su tutti i regni al di qua del fiume Eufrate, sul territorio dei Filistei e fino ai confini dell'Egitto. (...) Egli era in pace con i popoli confinanti. Per tutta la vita di Salomone gli abitanti di Israele vissero in pace, da Dan a nord fino a Bersabea a sud. Ognuno curava la sua vigna e il suo orto". 1 Re 5:1, 4, 5. PR 36 3 Ma dopo un inizio così promettente, la sua vita fu oscurata dall'apostasia. Il racconto biblico riferisce che colui che era stato chiamato "Iedidia" ossia "Caro al Signore" (2 Samuele 12:25), che era stato onorato dell'approvazione di Dio con quella sapienza e quell'onestà che gli avevano fatto acquisire una fama mondiale, che aveva insegnato ad altri a rispettare il Dio d'Israele, abbandonò l'Eterno per rivolgersi agli idoli dei pagani. PR 36 4 Alcuni secoli prima che Salomone salisse sul trono, il Signore, prevedendo i pericoli che avrebbero minacciato i re d'Israele, aveva dato a Mosè delle istruzioni che servissero loro come guida. Le disposizioni prescrivevano che colui che sarebbe salito al trono doveva seguire queste indicazioni: "...copiare per sé, su un libro, questa legge custodita dai sacerdoti leviti. La terrà presso di sé e la leggerà tutti i giorni della sua vita. Così imparerà a rispettare il Signore suo Dio, osserverà tutte le prescrizioni di questa legge e queste norme, e le metterà in pratica. In tal modo, eviterà di ritenersi superiore ai suoi connazionali e di trasgredire qualcuno di questi ordini. Allora lui e i suoi discendenti regneranno a lungo su Israele". Deuteronomio 17:18-20. PR 36 5 Con questi consigli il Signore voleva anche avvertire in modo particolare colui che sarebbe stato unto come re di non avere "...molte mogli, perché il suo cuore non si allontani dal Signore, e non dovrà accumulare molto argento e oro". Deuteronomio 17:17. PR 36 6 Salomone conosceva bene questi suggerimenti e ne tenne conto per un certo tempo. Egli desiderava profondamente vivere e governare secondo i precetti dati al Sinai. Il modo in cui gestiva gli affari del suo regno contrastava vivamente con le abitudini delle nazioni di quell'epoca che non temevano Dio e i cui responsabili calpestavano la sua santa legge. PR 37 1 Cercando di consolidare le sue relazioni col potente regno situato a sud di Israele, Salomone si avventurò su un terreno pericoloso. Satana sapeva quali sarebbero stati i risultati della disubbidienza e così, durante i primi anni del regno di Salomone, anni gloriosi grazie alla saggezza, alla benevolenza e alla rettitudine del re, cercò di esercitare quell'influsso che avrebbe minato la fedeltà di Salomone ai princìpi morali e lo avrebbe condotto a separarsi da Dio. La Bibbia ci indica come riuscì a raggiungere questo scopo: "Il re Salomone decise di fare alleanza con il faraone, re d'Egitto; così sposò una delle sue figlie (...) la fece abitare nella città di Davide". 1 Re 3:1. PR 37 2 Da un punto di vista umano questo matrimonio, sebbene contrario agli insegnamenti della legge di Dio, parve essere una benedizione, perché la moglie pagana di Salomone si convertì e si unì a lui nel culto del vero Dio. Inoltre Faraone aiutò Israele donando Ghezer. "L'aveva incendiata e aveva distrutto la popolazione cananea che vi abitava. Quando sua figlia sposò Salomone, il faraone le diede questa città in dote". 1 Re 9:16. Il re d'Israele ricostruì questa città e consolidò il suo regno lungo la costa mediterranea. Alleandosi con una nazione pagana e suggellando questo legame mediante il matrimonio con una principessa pagana idolatra, Salomone trascurò il saggio e prudente consiglio di Dio per salvaguardare la purezza del suo popolo. La speranza che la moglie egiziana potesse convertirsi era solo una debole scusa per giustificare il suo errore. PR 37 3 Per un certo periodo di tempo Dio, nella sua infinita misericordia, limitò le conseguenze di questo terribile errore e il re, con un comportamento corretto, avrebbe potuto arginare almeno in parte le forze del male scatenate dalla sua imprudenza. Ma Salomone aveva cominciato a perdere di vista la fonte del suo potere e della sua gloria. Nella misura in cui i suoi desideri avevano il sopravvento sulla ragione, cominciò a sentirsi autonomo e cercò di attuare il piano di Dio a modo suo. Riteneva che concludendo alleanze politiche e commerciali con le nazioni vicine avrebbe potuto far conoscere il vero Dio, e quindi moltiplicò i trattati di alleanza. Spesso questi patti erano suggellati da matrimoni con principesse pagane. Le leggi di Dio furono accantonate e sostituite dalle usanze dei popoli circostanti. PR 37 4 Salomone si illudeva, tramite la sua saggezza e il suo esempio, di distogliere le mogli dall'idolatria e condurle al culto dell'Altissimo. Pensava anche che le alleanze contratte con i paesi vicini avrebbero creato legami stabili con Israele. Speranze vane! L'errore commesso da Salomone, che si riteneva sufficientemente forte da resistere agli influssi pagani dei suoi alleati, gli fu fatale. Come anche l'illusione che lo spingeva a credere che gli stranieri avrebbero rispettato i princìpi sacri e li avrebbero seguiti mentre lui stesso li disprezzava. PR 38 1 Le alleanze e i rapporti commerciali con le nazioni pagane gli assicurarono fama, prestigio, onore e ricchezza. Egli importò oro in abbondanza da Ofir e argento da Tarsis. "...a Gerusalemme l'argento e l'oro erano comuni come i sassi, e il legname pregiato era comune come gli alberi di sicomoro...". 2 Cronache 1:15. La ricchezza, con le relative tentazioni, aumentava in tutto il regno, ma la purezza del carattere veniva offuscata e alterata. PR 38 2 L'apostasia di Salomone fu così graduale che prima che potesse rendersene conto si ritrovò molto lontano da Dio. Quasi impercettibilmente cominciò a confidare sempre meno nella guida e nelle benedizioni divine, contando soltanto su se stesso. A poco a poco rifiutò di accordare a Dio quell'ubbidienza costante che doveva fare di Israele un popolo particolare e si adattò sempre più alle usanze delle nazioni vicine. Cedendo alle tentazioni derivanti dal successo e dagli onori dimenticò la fonte della sua prosperità. Il desiderio di eccellere su tutte le altre nazioni per potenza e grandezza lo portò a usufruire, per scopi egoistici, dei doni divini che fino a quel momento aveva utilizzati alla gloria di Dio. Il denaro, normalmente destinato ad aiutare i poveri o a diffondere in tutto il mondo i princìpi di una vita santa, fu egoisticamente speso in progetti ambiziosi. PR 38 3 Preso da un irresistibile desiderio di superare le altre nazioni nello sfarzo e nel lusso, il re trascurò la necessità di affinare la bellezza e la perfezione del carattere. Cercando di glorificare se stesso rinunciò all'onore e all'integrità. Le enormi entrate, derivanti dal commercio con molti paesi, aumentarono ulteriormente per le pesanti tasse imposte al popolo. In questo modo orgoglio, ambizione, spreco e rilassatezza morale portarono alla crudeltà e all'estorsione. Lo spirito coscienzioso e rispettoso dei diritti altrui, che aveva caratterizzato i suoi rapporti col popolo nei primi anni del regno, ora era svanito. Il più avveduto e misericordioso dei sovrani degenerò fino a diventare un tiranno. Questo re, un tempo compassionevole, che esortava tutti a rispettare Dio diventò oppressivo e dispotico. Continuò a imporre sempre più tasse per poter mantenere il lusso della sua corte. Il popolo cominciò a lamentarsi. Il rispetto e l'ammirazione che un tempo avevano provato per il loro re si trasformò in disprezzo e avversione. PR 38 4 Per salvaguardarli dalla tentazione di aver troppa fiducia nelle proprie possibilità, il Signore aveva avvertito coloro che avrebbero regnato in Israele di non possedere troppi cavalli. Salomone trasgredì quest'ordine: "I cavalli di Salomone provenivano da Mizraim e da Kue, dove i suoi mercanti li compravano" (2 Cronache 1:16); "Da Mizraim e da tutti i paesi si importavano cavalli per Salomone" (2 Cronache 9:28); "Salomone organizzò una cavalleria di millequattrocento carri e dodicimila cavalieri. Alcuni stavano vicino al re, a Gerusalemme, gli altri nelle città a loro assegnate". 1 Re 10:26. PR 39 1 Il re considerò sempre più il lusso, l'intemperanza e il favore del mondo come elementi del potere; donne belle e attraenti furono portate alla sua corte dall'Egitto, dalla Fenicia, da Edom, da Moab e da molti altri luoghi. Queste donne si contavano a centinaia. Erano pagane, abituate a praticare riti crudeli e degradanti. Infatuato dalla loro bellezza, il re trascurò i suoi doveri nei confronti di Dio e del popolo. PR 39 2 Queste donne esercitarono su di lui un influsso così profondo che a poco a poco le seguì anche nei loro culti idolatri. Aveva trascurato i consigli divini che sarebbero serviti da barriera contro l'apostasia, e questo lo indusse ad adorare gli idoli. PR 39 3 "Salomone sposò settecento principesse ed ebbe trecento concubine. Le sue donne lo allontanarono da Dio e, quando fu vecchio, lo spinsero ad adorare altri dei. A differenza di suo padre, il suo cuore non fu più tutto per il Signore, suo Dio. Andò dietro ad Astarte, dea degli abitanti di Sidone, e a Milcom, l'abominevole dio degli Ammoniti". 1 Re 11:3-50. PR 39 4 Sulla cima meridionale del monte degli Ulivi, opposta al monte Moria dove sorgeva il magnifico tempio dell'Eterno, Salomone eresse un'imponente serie di edifici da utilizzare come santuari pagani. Per accontentare le proprie mogli pose enormi idoli, immagini deformi fatte di legno e di pietra, in mezzo a boschetti di mirti e di ulivi. Là, davanti agli altari di divinità pagane -- "Kemosh, l'abominazione di Moab" e "Moloc, l'abominazione dei figliuoli di Ammon" -- furono praticati i riti più degradanti del paganesimo. PR 39 5 Il comportamento di Salomone lo condusse al castigo. La separazione da Dio per partecipare all'idolatria fu la sua rovina. Trascurando la fedeltà a Dio perse la padronanza di sé. La sua forza morale svanì, la sua sensibilità si offuscò e la sua coscienza si cauterizzò. L'uomo che un giorno aveva dimostrato tanta sapienza e simpatia nel restituire un neonato alla sua legittima madre (cfr. 1 Re 3:16-28), ora era sceso così in basso da consentire la costruzione di un idolo al quale venivano immolati bambini vivi in sacrificio propiziatorio. Colui che durante la sua giovinezza manifestò tanta umiltà e saggezza e che scrisse nella sua maturità queste parole ispirate: "C'è una via che sembra buona, ma alla fin fine conduce alla morte", abbandonò la purezza, arrivando al punto di incoraggiare la licenziosità e gli abominevoli culti di Kemosh e Asera. Colui che aveva dichiarato al popolo in occasione della consacrazione del tempio "...siate sempre fedeli al Signore nostro Dio..." (1 Re 8:61) diventò un rinnegato che sconfessava con le sue stesse parole il suo comportamento e i suoi sentimenti. Confuse la licenziosità con la libertà. Cercò, ma a caro prezzo, di unire la luce alle tenebre, il bene al male, la purezza alla perversione, Cristo a Beliar. PR 40 1 Dopo essere stato uno dei più grandi re che avessero mai impugnato uno scettro, Salomone diventò un uomo corrotto, strumento e schiavo di altri. Trasformando il suo carattere, un tempo nobile e virile, diventò un uomo debole ed effeminato. La sua fede nel Dio vivente fu sostituita da dubbi ateistici. L'incredulità turbò la sua felicità, indebolì i suoi princìpi e degradò la sua vita. La giustizia e la magnanimità espresse all'inizio del suo regno si mutarono in dispotismo e tirannia. Povera, fragile natura umana! Dio può fare ben poco per gli uomini che perdono il loro senso di appartenenza al Creatore. PR 40 2 Durante questi anni di apostasia il declino spirituale di Israele andò progressivamente aumentando. Non poteva esserci un'alternativa dal momento che il re aveva unito i suoi interessi con quelli degli agenti di Satana. Il nemico riuscì a confondere le menti degli israeliti riguardo alla vera natura del culto ed essi si fecero facilmente ingannare. Le relazioni commerciali con le altre nazioni li misero in contatto con coloro che non amavano Dio e ciò contribuì a distaccarli sempre più da lui. Svanì anche la loro certezza dell'elevato e santo carattere di Dio. Essi rifiutarono di ubbidire, si legarono al nemico della giustizia. I matrimoni con gli idolatri diventarono comuni e gli israeliti persero rapidamente la loro avversione per il culto degli idoli. La poligamia fu approvata. Le madri idolatre insegnarono ai loro figli a praticare i riti pagani. Il puro servizio religioso, istituito da Dio, fu sostituito dalle peggiori forme di paganesimo. PR 40 3 I cristiani devono distinguersi dal mondo e allontanarsi dal suo spirito e dai suoi influssi. Dio è in grado di proteggerci nel mondo, ma noi non dobbiamo appartenere al mondo. Il suo amore non è né incerto, né fluttuante. Egli veglia costantemente sui suoi figli con premura infinita, ma richiede da loro fedeltà assoluta. PR 40 4 "Nessuno può servire due padroni: perché, o amerà l'uno e odierà l'altro; oppure preferirà il primo e disprezzerà il secondo. Non potete servire Dio e i soldi". Matteo 6:24. PR 40 5 Salomone era stato dotato di una notevole saggezza, ma le abitudini mondane lo allontanarono da Dio. Oggi gli uomini non sono più forti di lui. Anch'essi sono inclini a cedere agli influssi che determinarono il suo sbandamento. Così come il Signore aveva avvisato Salomone del pericolo a cui andava incontro, anche oggi ha avvertito i credenti di non condividere le abitudini della nostra società per non rischiare di perdere la loro sensibilità spirituale. PR 41 1 "Perciò dice il Signore: non abbiate nulla a che fare con quel che è impuro, separatevi dagli altri, abbandonateli e io vi accoglierò. Sarò per voi come un padre, e voi sarete per me come figli e figlie, dice il Signore onnipotente". 2 Corinzi 6:17, 18. PR 41 2 Il benessere nasconde un pericolo. Attraverso i secoli, la ricchezza e la gloria, hanno sempre messo a repentaglio l'umiltà e la fede. È facile sollevare una coppa vuota, ma non è semplice tenerne in equilibrio una piena fino all'orlo. L'afflizione e l'avversità possono far nascere il dolore, ma la ricchezza minaccia la vita spirituale. Se il cristiano non è in sintonia con la volontà divina, se non è santificato dalla verità, la prosperità lo spingerà irresistibilmente alla presunzione. PR 41 3 Quando l'uomo, cosciente dei suoi limiti, si lascia guidare e consigliare da Dio acquisisce sicurezza. Coloro che hanno grandi responsabilità, e si presume posseggano anche una grande saggezza, corrono il pericolo maggiore. Se non si affidano a Dio sicuramente riporteranno un insuccesso. PR 41 4 Ovunque regna l'orgoglio e l'ambizione, la vita risulta falsata. L'orgoglio impedisce di percepire i propri limiti e rende il cuore insensibile alle infinite benedizioni divine. Colui che ha come obiettivo principale la propria gloria non godrà della grazia divina che permette di acquisire le ricchezze più nobili e le gioie più profonde. Colui che si affida completamente a Cristo e vive per lui vedrà compiersi questa promessa: "La benedizione del Signore fa arricchire, i nostri sforzi non vi aggiungono niente". Proverbi 10:22. Tramite il dolce influsso della grazia, il Salvatore elimina dall'animo ogni ansia e ambizione profana, cambia l'odio in amore e l'incredulità in fiducia. Quando Gesù ci dice "Seguimi" il fascino delle tentazioni terrene si affievolisce. Al suono della sua voce, l'avidità e l'ambizione spariscono dal cuore e gli uomini, nuovamente liberi, possono seguire il Cristo. ------------------------Capitolo 4: Le conseguenze della trasgressione PR 42 1 Una delle principali motivazioni che spinsero Salomone ad adottare un comportamento stravagante e tirannico fu la progressiva propensione all'egoismo. PR 42 2 Quando ai piedi del monte Sinai Mosè comunicò al popolo l'ordine divino: "...Mi facciano un santuario perché io abiti in mezzo a loro" (Esodo 25:8, Luzzi), la risposta degli israeliti fu accompagnata da doni adeguati: "Tutti quelli che erano veramente generosi portarono l'offerta per il Signore...". Esodo 35:21. PR 42 3 Un altro invito alla generosità fu fatto da Davide quando affidò a Salomone la responsabilità di costruire il tempio. Alla folla riunita egli chiese: "E ora, chi altro vuol fare offerte al Signore?" 1 Cronache 29:5. PR 42 4 Questo spirito di consacrazione e di sacrificio spontaneo avrebbe dovuto essere sempre presente nella mente di coloro che si occupavano della costruzione del tempio. PR 42 5 Per la costruzione del tabernacolo nel deserto, alcuni uomini furono dotati da Dio di speciali capacità e di particolare sapienza. PR 42 6 "Perciò Bezaleel, Ooliab e tutti gli altri artigiani che il Signore ha dotato di abilità, di intelligenza e di capacità, per eseguire i lavori della costruzione del santuario, faranno ogni cosa secondo gli ordini del Signore". Esodo 36:1; cfr. 35:30-35. PR 42 7 I loro discendenti ereditarono molti dei talenti dei loro antenati. Per un certo periodo di tempo questi uomini delle tribù di Giuda e di Dan rimasero umili e generosi; poi gradatamente, in modo quasi impercettibile, essi persero il loro contatto con Dio e il desiderio di servirlo disinteressatamente. Chiesero dei compensi sempre più alti con la scusa delle loro straordinarie capacità artistiche. In alcuni casi le loro richieste furono soddisfatte, ma in altre occasioni accettarono di lavorare per le nazioni vicine. Invece di dimostrare la loro generosità, come i loro illustri antenati, si lasciarono travolgere dall'avidità, con il desiderio di ottenere sempre maggiori vantaggi. Per poter soddisfare le loro tendenze egoistiche, utilizzarono l'abilità che Dio aveva dato loro mettendosi al servizio di re pagani e utilizzando i loro talenti per realizzare opere che disonoravano il loro Creatore. PR 43 1 Fra questi uomini Salomone cercò un operaio specializzato perché sovrintendesse i lavori della costruzione del tempio sul monte Moria. PR 43 2 Il re aveva ricevuto per iscritto le disposizioni dettagliate riguardanti ogni parte dell'edificio sacro. Avrebbe potuto contare sul Signore per trovare operai consacrati e abili che fossero in grado di eseguire con precisione il lavoro in questione. Ma Salomone non approfittò di questa occasione per esercitare la sua fede in Dio. Chiese al re di Tiro di inviargli "...un artigiano che sa lavorare bene l'oro e l'argento, il bronzo e il ferro, abile tintore di tessuti in colore violetto, cremisi e porpora e bravo nell'arte dell'intaglio. Egli dirigerà il lavoro degli artigiani scelti da mio padre Davide, che io ho a disposizione qui a Gerusalemme e in Giudea". 2 Cronache 2:6. PR 43 3 Il re fenicio rispose mandando Huram, "...figliuolo di una donna della tribù di Dan e di padre Tiro". 2 Cronache 2:14 (Luzzi). PR 43 4 Huram era discendente, da parte materna, di Ooliab che centinaia di anni prima aveva ricevuto da Dio particolari talenti per la costruzione del tabernacolo. PR 43 5 In questo modo, il gruppo degli operai di Salomone fu guidato da un uomo che non era animato dal desiderio altruistico di lavorare per Dio. Egli serviva il dio di questo mondo: Mammona. Ogni fibra del suo essere vibrava del più puro egoismo. PR 43 6 Per le sue particolari capacità, del tutto fuori del comune, Huram chiese compensi elevati. A poco a poco i discutibili princìpi dai quali era animato finirono con l'essere adottati da coloro che lavoravano con lui. L'avidità sostituì la generosità ed essi chiesero salari sempre più elevati che vennero loro concessi. PR 43 7 Le conseguenze negative che ne risultarono si evidenziarono in tutti i settori dell'opera di Dio e penetrarono un po' dappertutto nel regno. Un certo numero di coloro che erano riusciti a ottenere dei salari elevati ne approfittarono per abbandonarsi al lusso e allo sperpero e svanì quasi completamente lo spirito di sacrificio. È triste constatare che l'apostasia di colui che era stato considerato come il più saggio dei mortali aveva provocato conseguenze così negative. PR 43 8 Lo stridente contrasto fra lo spirito e le motivazioni del popolo che eresse il tabernacolo nel deserto e coloro che erano impegnati nella costruzione del tempio di Salomone ci propone una lezione di grande importanza. L'egoismo che caratterizzò i costruttori si ritrova oggi fra le motivazioni dell'avidità che regna nel mondo. L'aspirazione a posizioni più elevate o a salari più cospicui, è diffusa ovunque: raramente si riscontrano il servizio spontaneo e lo spirito altruistico di coloro che lavorarono per costruire il tabernacolo del deserto. I discepoli di Gesù, invece, dovrebbero essere animati solo da questo spirito. Il nostro divino Maestro ci ha lasciato un esempio di come devono lavorare i suoi discepoli. A coloro che invitò dicendo: "Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini", non offrì nessuna somma in cambio della loro collaborazione. I discepoli dovevano condividere le sue rinunce e i suoi sacrifici. PR 44 1 Non dobbiamo lavorare in funzione di un salario. Al servizio del Signore non conta l'interesse personale. Una devozione disinteressata e uno spirito di sacrificio sono sempre stati e sempre saranno i requisiti fondamentali per compiere un servizio gradito a Dio. Il nostro Signore e Maestro non vuole che il filo dell'egoismo entri nella trama della sua opera. Nel nostro lavoro dobbiamo impegnarci con il tatto, la capacità, la precisione e la sapienza che il Dio della perfezione richiedeva ai costruttori del tabernacolo terreno. Svolgendo qualsiasi attività dobbiamo ricordare che i più grandi talenti o i migliori servizi sono graditi al Signore soltanto quando rinunciamo alle nostre tendenze egoistiche. PR 44 2 Il re d'Israele fece un altro errore che provocò la sua rovina: cedette alla tentazione di attribuirsi la gloria che appartiene soltanto a Dio. Dal giorno in cui gli venne affidata l'opera di costruzione del tempio, fino alla conclusione dei lavori, aveva sempre sostenuto di "costruire una casa al nome dell'Eterno, dell'Iddio d'Israele". 2 Cronache 6:7. PR 44 3 Questa sua intenzione venne ampiamente ribadita davanti al popolo d'Israele in occasione della consacrazione del tempio. Nella sua preghiera, il re riconsceva che Dio aveva detto: "Quivi sarà il mio nome!" 1 Re 8:29. PR 44 4 Uno dei brani più toccanti della preghiera di consacrazione fatta da Salomone fu quello relativo agli stranieri che sarebbero venuti da paesi lontani per imparare a conoscere colui la cui fama si era diffusa fra le nazioni. Il re pregò così: PR 44 5 "Quando uno straniero, uno che non appartiene al tuo popolo, verrà da una terra lontana (...) perché avrà sentito parlare della tua gloria e delle grandi cose che hai fatto...". PR 44 6 In favore di ognuno di questi adoratori stranieri Salomone aveva chiesto: PR 44 7 "Esaudisci ogni richiesta dello straniero. Così, tutti i popoli della terra ti conosceranno, ti ubbidiranno come il popolo d'Israele e sapranno che tu sei adorato in questo tempio che ho fatto costruire". 1 Re 8:42, 43. PR 44 8 Concludendo il servizio di consacrazione Salomone esortò Israele a restare fedele al vero Dio "...così tutti i popoli della terra si accorgeranno che solo il Signore è Dio, lui e nessun altro". 1 Re 8:60. PR 44 9 Qualcuno più grande di Salomone aveva progettato il tempio nel quale erano rivelate la sapienza e la gloria di Dio. Coloro che non ne erano al corrente naturalmente ammiravano ed elogiavano Salomone come architetto e costruttore, ma il re rifiutava ogni onore. PR 45 1 Ciò accadde anche quando la regina di Saba venne a far visita a Salomone. Avendo sentito parlare della sua sapienza e del magnifico tempio da lui costruito, ella decise di "mettere alla prova la sua sapienza con alcuni enimmi" e di vedere personalmente le sue famose opere. Accompagnata da un corteo di servitori con cammelli che portavano "profumi, oro in abbondanza e pietre preziose" ella intraprese il lungo viaggio che l'avrebbe condotta a Gerusalemme. PR 45 2 "Andò da Salomone e lo interrogò su tutti i problemi che la interessavano". PR 45 3 Parlò con lui dei misteri della natura e Salomone, a sua volta, le indicò il Dio della natura, il grande Creatore che abita nei cieli altissimi e regna su tutto. PR 45 4 "Il re Salomone rispose a tutte le sue domande, non c'era niente che non sapesse; poteva risolvere qualunque problema". 1 Re 10:1-3; 2 Cronache 9:1, 2. PR 45 5 "La regina di Saba si rese conto della saggezza di Salomone, vide il suo palazzo.(...) Di fronte a tutto questo, per l'ammirazione restò senza parole. Allora disse al re Salomone: 'Era proprio vero quel che avevo sentito dire nella mia terra su di te e sulla tua saggezza. Io non potevo crederci, ma ora sono venuta e l'ho visto con i miei occhi. Non mi avevano raccontato neppure metà di quel che vedo. La tua saggezza e la tua prosperità sono molto più grandi di quel che mi era stato riferito. Beate le tue mogli e i tuoi funzionari, che stanno sempre qui con te e possono ascoltare i tuoi discorsi pieni di saggezza!'". 1 Re 10:4-8; 2 Cronache 9:4-7. PR 45 6 Al termine della sua visita, la regina era stata così chiaramente informata da Salomone sulla fonte della sua sapienza e della sua prosperità che fu costretta ad esclamare: PR 45 7 "Sia benedetto il Signore, il tuo Dio, che ti ha voluto a capo d'Israele. Il Signore ha manifestato per Israele il suo amore senza fine quando ti ha fatto re perché tu mantenga la legge e la giustizia". 1 Re 10:9. PR 45 8 Il Signore desiderava che tutti i popoli provassero questa stessa impressione. Quando "tutti i re della terra cercavano di vedere Salomone per udire la sapienza che Dio gli aveva messa in cuore" (2 Cronache 9:23), egli inizialmente onorò Dio, presentandolo con rispetto come il Creatore dei cieli e della terra, il Sovrano dell'universo, dotato di sapienza infinita. PR 45 9 Se Salomone avesse continuato, con umiltà, a distogliere l'attenzione degli uomini da se stesso per volgerla su colui che gli aveva dato sapienza, ricchezze e onori, la sua storia sarebbe stata diversa! In realtà, se da un lato il racconto biblico ricorda le sue virtù, dall'altro non può fare a meno di descrivere la sua rovina. Giunto al culmine della gloria, al colmo delle ricchezze e degli onori, Salomone fu preso da una specie di vertigine, perse il suo equilibrio e cadde. Continuamente lodato dagli uomini, non riuscì più a resistere all'adulazione. La saggezza che aveva ricevuto per onorare l'autore dei doni che gli erano stati accordati lo rese orgoglioso. Salomone accettò che lo si considerasse degno di lode per l'incomparabile splendore di quell'edificio progettato e costruito per onorare il nome del Signore, Dio d'Israele. PR 46 1 Il tempio dell'Eterno era ormai noto fra le nazioni come il "tempio di Salomone". Lo strumento umano aveva attribuito a se stesso la gloria appartenente a colui che è chiamato "Altissimo". Ecclesiaste 5:7. PR 46 2 Non c'è tentazione peggiore di quella di attribuirsi la gloria per i doni ricevuti dal cielo. Il vero cristiano offrirà a Dio il posto migliore inserendolo in ogni esperienza della sua vita. Nessun tipo di ambizione deve affievolire il suo amore per lui. Attribuirà tutti gli onori al Padre celeste. Quando noi glorifichiamo fedelmente il nome di Dio e i nostri sentimenti sono posti sotto il controllo divino, possiamo sviluppare le nostre facoltà intellettuali e spirituali. PR 46 3 Gesù, il divino Maestro, esaltava sempre il nome del Padre. Insegnava ai suoi discepoli a pregare in questo modo: "...Padre nostro che sei nei cieli; sia santificato il tuo nome". Matteo 6:9. E non doveva dimenticare di confessare: "Poiché a te appartengono il regno, la potenza e la gloria, in sempiterno". Matteo 6:13. Il grande Medico si impegnava costantemente a distogliere l'attenzione da se stesso per dirigerla verso la fonte della sua potenza, tanto che la folla "...era piena di meraviglia perché vedeva che i muti incominciavano a parlare, gli storpi erano guariti, gli zoppi camminavano bene e i ciechi riacquistavano la vista", e non glorificava Gesù ma "il Dio d'Israele". Matteo 15:31. PR 46 4 Nella magnifica preghiera pronunciata dal Salvatore poco prima della crocifissione egli affermava: PR 46 5 "...Manifesta la gloria del Figlio, perché il Figlio manifesti la tua gloria. (...) Io ho manifestato la tua gloria sulla terra (...) Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto ed essi sanno che tu mi hai mandato. Io ti ho fatto conoscere a loro e ti farò conoscere ancora; così l'amore che hai per me sarà in loro, e anch'io sarò in loro". Giovanni 17:1, 4, 25, 26; cfr. Salmi 69:31; Apocalisse 4:11; Salmi 86:12; 34:4. PR 46 6 L'introduzione di princìpi che alimentavano l'egoismo e l'orgoglio provocò un altro evidente allontanamento dagli obiettivi del piano divino per Israele. Dio desiderava che il suo popolo fosse la luce del mondo. Esso doveva far risplendere la gloria della sua legge così come viene rivelata dalla sua applicazione pratica. Per attuare questo programma, Dio aveva fatto in modo che la nazione eletta occupasse una posizione strategica fra le nazioni della terra. PR 47 1 Al tempo di Salomone, il regno d'Israele si estendeva da Hamat, a nord, all'Egitto, a sud, e dal mare Mediterraneo al fiume Eufrate. Questo territorio era attraversato da molte vie di comunicazione naturali, percorse da carovane provenienti da terre lontane. Salomone e il suo popolo avevano quindi l'opportunità di rivelare a uomini di tutte le nazioni il carattere del Re dei re e insegnare loro a onorarlo e a ubbidirgli. Questa conoscenza doveva essere trasmessa a tutto il mondo. Tramite la simbologia dei sacrifici, Cristo doveva essere presentato alle nazioni affinché tutti coloro che lo desideravano fossero salvati. PR 47 2 Salomone, posto a capo di una nazione che doveva servire come punto di riferimento per i popoli vicini, avrebbe dovuto impiegare il suo grande influsso e la saggezza che Dio gli aveva conferito. Avrebbe dovuto organizzare e dirigere un vasto movimento per illuminare coloro che non conoscevano Dio e la verità. In questo modo, intere nazioni avrebbero potuto accettare gli insegnamenti divini, Israele non sarebbe stato tentato dall'idolatria dei pagani e il Signore della gloria sarebbe stato onorato da tutti. Salomone, invece, perse di vista questo nobile obiettivo: non seppe approfittare delle splendide opportunità che gli venivano offerte, per trasmettere la sua fede a coloro che percorrevano continuamente il suo territorio o si soffermavano nelle città più importanti del suo regno. PR 47 3 Il desiderio di condividere la propria fede, ispirato da Dio nel cuore di Salomone e dei veri israeliti, fu sostituito da aspirazioni puramente venali. Le opportunità di stabilire contatti con altre nazioni furono sfruttate in vista di un profitto esclusivamente personale. Questo re ricostruì Ghezer, vicino a Ioppe, sulla strada che va dall'Egitto alla Siria; Bet-Oron, a ovest di Gerusalemme, città fortificata sulla strada che conduce dal cuore della Giudea a Ghezer e alla costa; Meghiddo, situata sulla strada delle carovane che provengono dall'oriente. Tutte queste città erano potentemente fortificate. Sviluppò le attività commerciali che aveva creato grazie a uno sbocco sul mar Rosso, tramite la costruzione di una flotta mercantile "a Ezion-Gheber (...), sulle rive del mar Rosso, nella regione di Edom". Marinai esperti furono inviati da Tiro "a lavorare con quelli di Salomone" per equipaggiare questi vascelli che "si spinsero fino a Ofir dove presero e portarono a Salomone più di quattordici tonnellate d'oro" (...) "legname pregiato e grandi quantità di pietre preziose". 2 Cronache 8:18; 1 Re 9:26, 28; 10:11. PR 48 1 Le entrate del re e di molti suoi sudditi aumentarono notevolmente, ma a che prezzo! A causa dell'avidità e dell'indifferenza di coloro ai quali era stata affidata la testimonianza degli interventi di Dio nella storia, le grandi folle che percorrevano le principali vie di comunicazione non ebbero l'opportunità di conoscere l'Eterno. PR 48 2 Il comportamento di Gesù, invece, contrasta fortemente con quello di Salomone. Il Salvatore, pur disponendo di qualsiasi potere, non se ne servì mai per i propri vantaggi. Nessuna aspirazione ai successi materiali o alla celebrità offuscò la perfezione della sua opera in favore dell'umanità. Egli disse: "Le volpi hanno una tana e gli uccelli hanno un nido, ma il Figlio dell'uomo non ha un posto dove poter riposare". Luca 9:58. Coloro che rispondono all'appello del Maestro devono conoscere bene i suoi metodi. Egli colse tutte le occasioni che gli si presentavano per entrare in contatto con coloro che frequentavano le principali vie di comunicazione. PR 48 3 Fra un viaggio e l'altro Gesù risiedeva a Capernaum, che era come "la sua città". Matteo 9:1. Situata sulla strada da Damasco a Gerusalemme, verso l'Egitto, e sulla via del Mediterraneo, questa città era al centro della zona in cui Gesù operava. Gente proveniente da ogni nazione passava a Capernaum e vi si fermava per qualche giorno. Gesù aveva così l'occasione di incontrare viaggiatori di tutte le nazionalità e di tutti gli ambienti; essi ascoltavano i suoi insegnamenti che si diffondevano così in numerose famiglie in altri paesi. Le profezie riguardanti la sua venuta suscitavano interesse e l'attenzione si concentrava sul Salvatore e sulla sua missione nel mondo. PR 48 4 Rispetto all'epoca del regno d'Israele, attualmente abbiamo maggiori opportunità di entrare in contatto con uomini e donne di tutte le classi sociali e le nazionalità. Oggi gli uomini viaggiano, spostandosi da un paese all'altro, con una frequenza mille volte maggiore. PR 48 5 Come Cristo, i messaggeri dell'Altissimo dovrebbero essere presenti nei grandi centri in cui possono incontrarsi con tante persone provenienti da ogni parte del mondo. Potranno così gettare il seme del Vangelo, presentando le preziose verità della Sacra Scrittura, che si radicheranno nella mente e nel cuore e cresceranno dando come frutto la vita eterna. PR 48 6 Quanti insegnamenti possiamo trarre dall'esperienza d'Israele durante gli anni in cui il sovrano e il popolo tradirono la nobile missione che era stata loro affidata! Se Israele si è dimostrato così debole da provocare la sua rovina, oggi il popolo di Dio deve essere forte perché ha il compito di portare a termine l'opera che gli è stata affidata e di annunciare il giorno del giudizio. PR 48 7 Gli influssi negativi che tentavano Israele al tempo di Salomone sono presenti ancora oggi. Le forze del nemico della giustizia sono ben dissimulate e solo grazie alla potenza di Dio si può conseguire la vittoria. Il conflitto che ci attende richiede spirito di rinuncia, diffidenza nei confronti delle nostre possibilità e totale dipendenza da Dio per cogliere tutte le opportunità che si presentano in vista della salvezza degli uomini. La chiesa riceverà le benedizioni divine quando i suoi membri si uniranno per trasmettere all'umanità, immersa nelle tenebre e nell'errore, le bellezze della santità manifestate nella generosità, nell'esaltazione di Dio e non dell'uomo, nell'amore per coloro che hanno tanto bisogno del messaggio positivo del Vangelo. ------------------------Capitolo 5: Il pentimento di Salomone PR 50 1 Durante il regno di Salomone, il Signore gli era apparso due volte per assicurargli la sua approvazione e consigliarlo. In una visione notturna a Gabaon, gli promise sapienza, ricchezze, onori e gli raccomandò di essere umile e ubbidiente. Dopo la consacrazione del tempio, il Signore gli apparve una seconda volta esortandolo alla fedeltà. Le raccomandazioni erano state chiare, le promesse meravigliose. Il re con la sua posizione, il suo carattere e la sua vita sembrava perfettamente in grado di soddisfare sia le responsabilità che gli erano state affidate sia le aspettative del cielo, ma la Bibbia ci dice: "Anche se il Signore gli era apparso due volte e gli aveva ordinato di non adorare dèi di altri popoli, Salomone non gli ubbidì e si allontanò da lui". 1 Re 11:9, 10. La sua apostasia era così completa, il suo cuore era talmente indurito nella trasgressione che la situazione sembrava quasi disperata. Trascurando la gioia della comunione con Dio, Salomone cercò soddisfazione nei piaceri dei sensi. La Bibbia descrive questa esperienza: PR 50 2 "Ho fatto anche grandi lavori. Ho fabbricato palazzi, ho piantato vigneti. Ho costruito giardini e parchi. (...) Ho comprato schiavi e schiave. (...) Ho preso le ricchezze e i tesori di altri re e governanti. Ho fatto venire nel mio palazzo cantanti e ballerine: per i miei piaceri, tante belle donne. Insomma, ero diventato più ricco e più famoso di tutti i miei predecessori di Gerusalemme. (...) Ho soddisfatto ogni mio desiderio; non ho rinunziato a nessun piacere. Sono riuscito a godere delle mie attività. (...) Ho tentato di fare un bilancio di tutte le opere che avevo fatte e della fatica che mi erano costate. Ma ho concluso che tutto è vanità, come inseguire il vento. In questa vita sembra tutto inutile! (...) Poi mi sono chiesto: è meglio essere sapienti oppure ignoranti e stolti? (...) Il sapiente vede dove va, lo stolto invece cammina nel buio. Ma tutti e due fanno la stessa fine. (...) Così ho cominciato a odiare la vita. Tutto quel che si fa mi sembra male. Tutto mi appare inutile". Ecclesiaste 2:4-17. PR 50 3 Salomone sperimentò quel vuoto che si prova quando si vive soltanto in funzione delle cose terrene. Gli altari che aveva eretto alle divinità pagane gli ricordavano continuamente che il riposo dell'anima, promesso da questi idoli, era un inganno. Pensieri tristi e ossessivi lo tormentavano costantemente. Non provava più né gioia né serenità; il futuro gli sembrava ormai fosco e disperato. PR 51 1 Il Signore, però, non lo abbandonò. Mediante messaggi di rimprovero e severe punizioni cercò di far comprendere al re la gravità del suo errore. Smise di proteggerlo e permise agli avversari di umiliare e indebolire il suo regno. PR 51 2 "Il Signore spinse Adad, della famiglia reale di Edom, a mettersi contro Salomone. (...) Dio spinse anche un altro nemico contro Salomone, un certo Razon. (...) Geroboamo uno dei funzionari di Salomone, si ribellò a lui...". 1 Re 11:14-26. PR 51 3 Alla fine il Signore, per mezzo di un profeta, fece pervenire a Salomone questo allarmante messaggio: PR 51 4 "Non sei stato fedele alla mia alleanza e hai trasgredito i miei comandamenti. Siccome ti sei comportato così, ti toglierò il regno e lo darò a uno dei tuoi sudditi. Tuttavia, per amore di tuo padre Davide, non lo farò subito, mentre sei ancora vivo; toglierò il regno a tuo figlio". 1 Re 11:11, 12. PR 51 5 Salomone, grazie a questa sentenza di condanna pronunciata contro lui e contro la sua casa, con la coscienza nuovamente sensibile cominciò a uscire dal suo incubo e a valutare la sua follia. Frustrato, indebolito nella mente e nel corpo, stanco e assetato abbandonò "le cisterne rotte della terra" per attingere ancora una volta alla fonte della vita. Finalmente la disciplina della sofferenza era riuscita a compiere la sua opera. Da tempo ossessionato dal timore di una completa rovina, per la sua incapacità di desistere dalla sua follia, scorse un raggio di speranza nel messaggio che gli era stato rivolto. Dio non lo aveva abbandonato completamente ed era pronto a liberarlo da una schiavitù più crudele della morte e dalla quale non era stato in grado di sottrarsi. PR 51 6 Salomone riconobbe la potenza e la bontà affettuosa dell' "Altissimo". Pentito, cominciò a ripercorrere il cammino verso le vette della purezza e della santità dalle quali era caduto. Certamente non poteva sperare di sottrarsi alle tragiche conseguenze del peccato e neanche liberare la sua mente dai ricordi del suo comportamento egoistico; però si sarebbe impegnato a dissuadere altri dal ripetere le sue stesse esperienze. Confessò umilmente i suoi errori e avvertì i suoi simili affinché non si perdessero irrimediabilmente seguendo il suo cattivo esempio. PR 51 7 La persona realmente pentita non dimentica il suo passato. Una volta ottenuta la pace dello spirito non si dimostra indifferente nei confronti degli errori commessi, ma pensa a quanti sono stati spinti verso il male dal suo comportamento sbagliato e cerca in tutti i modi di ricondurli sulla strada giusta. Più grande è la luce che ha ricevuto, più vivo è il suo desiderio di condurre gli altri nella giusta direzione; non cerca di giustificare il suo comportamento passato, di minimizzare i suoi torti, ma avverte gli altri del pericolo in cui possono incorrere. PR 52 1 Salomone riconosceva che "...il cuore degli uomini è pieno di malizia". Ecclesiaste 9:3; cfr. 8:11-13. PR 52 2 Ispirato da Dio, il re scrisse, per le generazioni future, la storia degli anni che aveva sprecato e le lezioni che si potevano trarre da questa esperienza. Sebbene il seme da lui gettato avesse prodotto per il suo popolo un cattivo raccolto, la sua vita non fu completamente inutile. Negli ultimi giorni della sua vita, con dolcezza e umiltà, Salomone "...insegnò al popolo quello che sapeva. Studiò, inventò e compose molti proverbi. Qoelet cercò di esprimersi in modo attraente e piacevole, e ha scritto con precisione parole vere. Le parole dei sapienti sono come colpi di frusta. Le raccolte di proverbi sono come paletti ben piantati. Un unico pastore ci ha dato queste parole e le ha raccolte insieme. (...) In fin dei conti, una sola cosa è importante: 'Credi in Dio e osserva i suoi comandamenti'. E questo solo vale per ogni uomo. Dio giudicherà tutto quel che facciamo di bene e di male, anche le azioni fatte in segreto". Ecclesiaste 12:9-11, 13, 14. PR 52 3 Gli ultimi scritti di Salomone rivelano che dopo essersi reso conto del suo comportamento sbagliato, egli desiderava avvertire soprattutto i giovani affinché non cadessero in quegli stessi errori che lo avevano portato a sprecare inutilmente i doni più preziosi del cielo. Con tristezza e vergogna confessò che nell'età matura, quando avrebbe dovuto trovare in Dio il suo conforto, il suo sostegno e la sua ragione di vita, si era allontanato dalla luce del cielo, dalla sapienza divina e aveva sostituito l'idolatria al culto dell'Eterno. Avendo imparato per esperienza quanto fosse assurdo vivere in un certo modo, desiderava ardentemente avvertire e salvare altri affinché non si trovassero coinvolti nell'amara vicenda da lui vissuta. PR 52 4 Con accenti accorati, si rivolse ai giovani per indicare loro i privilegi e le responsabilità che avrebbero dovuto assumere al servizio di Dio: PR 52 5 "Dolce è la luce, ci rallegriamo alla vista del sole. Anche se vivrai a lungo, godi tutti i giorni della tua vita ma ricordati che saranno molti i giorni oscuri. Non sai come sarà il tuo avvenire, perciò godi la vita, ragazzo! Sii felice finché sei ancora giovane. Fa' tutto quello che ti piace e segui i desideri del tuo cuore. Ma non dimenticare che Dio ti chiederà conto di tutto. Scaccia le preoccupazioni dal tuo animo e tieni lontano da te i dolori, perché la giovinezza passa presto". Ecclesiaste 11:7-10; cfr. 12:1-7. PR 52 6 La vita di Salomone è piena di avvertimenti non soltanto per i giovani ma anche per coloro che sono più maturi, che si avvicinano al tramonto della vita. Sentiamo dire e constatiamo di persona che i giovani sono instabili, oscillano fra il bene e il male; la forza delle passioni è troppo forte per loro. Nelle persone più mature non ci aspettiamo di riscontrare la stessa instabilità o infedeltà; ci auguriamo che alla loro età ci sia una maggiore stabilità di carattere e la loro vita sia caratterizzata da sani princìpi. Purtroppo non sempre è così. Salomone, che come carattere avrebbe dovuto essere saldo come una quercia, cadde preda della tentazione. Quando la sua forza avrebbe dovuto essere maggiormente stabile si rivelò debolissima. PR 53 1 Dalla sua esperienza dovremmo imparare che la vera sicurezza sta nella vigilanza e nella preghiera, sia per i giovani sia per gli anziani: la sicurezza non è legata all'alta posizione occupata e neppure ai grandi privilegi ottenuti. Per molti anni una persona può aver vissuto un'autentica esperienza cristiana e, tuttavia, essere ancora esposta agli attacchi di Satana. Nella lotta contro il peccato anche il saggio e potente Salomone riportò una sconfitta; la sua caduta ci insegna che nonostante le migliori doti intellettuali di un uomo e la sua fedeltà, non potrà mai contare sulla propria saggezza e sulla propria integrità. PR 53 2 Il vero fondamento e il vero modello per la formazione del carattere sono sempre stati gli stessi per ogni generazione e ogni paese. La legge di Dio: "...Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze e con tutta la tua mente e ama il prossimo tuo come te stesso" (Luca 10:27) è stata il principio che ha caratterizzato la personalità e la vita del nostro Salvatore e rappresenta l'unico punto di riferimento sicuro e l'unica guida infallibile. "Egli sarà la tua sicurezza e la tua salvezza. La sapienza, la conoscenza e il timore di Dio sono il tuo tesoro". Isaia 33:6. Solo la Parola di Dio può garantirci questa saggezza e questa intelligenza. PR 53 3 Oggi questo principio ha lo stesso valore che aveva all'epoca del popolo d'Israele. Cfr. Deuteronomio 4:6. Esso è l'unico metodo per salvaguardare l'integrità personale, la purezza della famiglia, il benessere della società e la stabilità di una nazione. Nella nostra vita piena di difficoltà, di pericoli, di lotte l'unica regola infallibile da seguire è quella che ci ha dato il Signore: "I precetti del Signore sono giusti...". Salmi 19:9. PR 53 4 Coloro che sanno riconoscere l'avvertimento che scaturisce dall'apostasia di Salomone eviteranno le tentazioni che lo vinsero. Soltanto l'ubbidienza ai comandamenti di Dio preserverà l'uomo dall'apostasia. Il Signore ci ha indicato la via da seguire e ci ha colmato di benedizioni, ma se non apprezziamo i suoi doni incorreremo nella disubbidienza e nell'apostasia. Quando coloro che hanno ricevuto da Dio incarichi di fiducia e di responsabilità si allontanano da lui per affidarsi alla saggezza umana, le stesse capacità di cui erano stati dotati diventano un'insidia. PR 54 1 Ci saranno sempre uomini che si allontaneranno da Dio. Satana approfitterà di tutte le occasioni per farci cadere, soprattutto se non siamo protetti dalla potenza divina le nostre barriere interiori vacilleranno a nostra insaputa. Dobbiamo chiederci costantemente: "Sto andando nella giusta direzione?" Fino a quando vivremo, dovremo difenderci dalle nostre tendenze e dalle nostre passioni. Se non ci affidiamo a Dio non saremo mai al sicuro. Vegliando e pregando potremo conservarci integri. PR 54 2 Tutti coloro che entreranno nella città celeste passeranno per la porta stretta cioè lotteranno disperatamente perché "nulla d'impuro vi potrà entrare". Apocalisse 21:27. Coloro che hanno commesso degli errori non si lascino prendere dalla disperazione. Uomini, onorati da Dio, possono sbagliare e sacrificare le loro virtù in nome della passione. Tuttavia se si pentono, se abbandonano i loro peccati e ritornano al Signore, non devono perdere la speranza. Colui che ha detto "...Siate fedeli anche a costo di morire, e io vi darò la corona della vittoria: la vita eterna" (Apocalisse 2:10) rivolge ancora questo invito: "Chi è senza fede e senza legge cambi mentalità; chi è perverso rinunci alla sua malvagità! Tornate tutti al Signore, ed egli avrà pietà di voi! Tornate al nostro Dio che perdona con larghezza!" Isaia 55:7. Dio odia il peccato, ma ama il peccatore. Cfr. Osea 14:4. PR 54 3 Il pentimento di Salomone fu sincero, ma il danno provocato dal suo cattivo esempio non poté essere annullato. Durante la sua apostasia vi furono nel suo regno uomini che rimasero fedeli al proprio dovere, conservando la purezza e la fedeltà; molti, però, seguirono il suo esempio. Le forze del male scatenatesi in seguito all'introduzione dell'idolatria e alle abitudini dissolute non poterono essere facilmente arginate dal re pentito. Il suo influsso positivo si era notevolmente indebolito e molti esitavano a riporre la loro fiducia nella sua guida. PR 54 4 Sebbene il re avesse confessato il suo peccato e avesse scritto la storia della sua follia e del suo pentimento, per il bene delle generazioni future, non poteva sperare di eliminare completamente l'influsso negativo dei suoi errori. Incoraggiati dalla sua apostasia, molti continuavano ad agire male. Persino il comportamento sbagliato di molti suoi successori si può far risalire a questa causa: essi non utilizzarono positivamente le facoltà ricevute da Dio. PR 54 5 Angosciato per le conseguenze del suo cattivo comportamento, Salomone si sentì in dovere di affermare: "Vale più la sapienza che le armi da guerra. Ma basta una sciocchezza per rovinare tutto". "Un male ho notato in questo mondo, un grave errore dei capi: mettono un ignorante in posti di responsabilità...". "Basta una mosca morta per sciupare un intero vaso di olio profumato. Si paga più cara un po' di follia che molta sapienza e onore". Ecclesiaste 9:18; 10:5, 6, 1. PR 55 1 Fra le numerose lezioni che possiamo trarre dalla vita di Salomone, nessuna è più eloquente dell'influsso profondo che egli ha esercitato sia in favore del bene sia del male. PR 55 2 Per quanto limitata possa essere la nostra sfera d'azione, esercitiamo tuttavia un influsso positivo o negativo. Questo influsso lo manifestiamo anche inconsapevolmente e indipendentemente dal nostro controllo. Esso può esprimere rancore ed egoismo, o emanare quel veleno mortale che si sprigiona da un peccato a lungo accarezzato; ma può anche essere arricchito dalla potenza vivificante della fede, dal coraggio, dalla speranza e addolcito dal delicato profumo dell'amore. Non dimentichiamo che esso verrà esercitato sempre in vista del bene o del male del nostro prossimo. PR 55 3 Sembra terribile l'idea che l'influsso che noi trasmettiamo possa essere un "odore di morte a morte", eppure è possibile. Chi può immaginare che una persona possa essere indotta a commettere degli errori e perdere così la vita eterna? Eppure un semplice atto inconsulto, una parola sconsiderata possono esercitare un influsso così profondo nella vita del nostro prossimo da contribuire alla perdita della vita futura. Un difetto di carattere a volte può essere sufficiente per allontanare molti da Cristo. PR 55 4 È il seme che garantisce il raccolto. E continuando questa catena, il raccolto si moltiplica. Questa legge risulta vera anche nelle nostre relazioni con gli altri. Ogni atto, ogni parola sono come i semi: porteranno frutto. Ogni atto di bontà, di ubbidienza, di altruismo si riprodurrà nella vita degli altri e tramite loro in altri ancora. Così ogni atto di invidia, di malizia, di dissenso è un seme che produrrà "una radice velenosa" dalla quale molti saranno contaminati (cfr. Ebrei 12:15) facendo del male al prossimo. In questo modo il seme buono e quello cattivo daranno dei frutti nel tempo e per l'eternità. ------------------------Capitolo 6: La divisione del regno PR 56 1 "Quando morì, fu sepolto nella Città di Davide. Dopo di lui regnò suo figlio Roboamo". 1 Re 11:43. PR 56 2 Poco dopo la sua ascesa al trono, Roboamo si recò a Sichem dove pensava di essere proclamato re da tutte le tribù. Cfr. 2 Cronache 10:1. PR 56 3 Tra i presenti vi era Geroboamo, figlio di Nebat, quello stesso Geroboamo che durante il regno di Salomone era conosciuto come "uomo forte e valoroso" e a cui il profeta Achia di Silo aveva rivolto il sorprendente avvertimento: "...Toglierò il regno a Salomone e darò a te dieci tribù!" 1 Re 11:31. PR 56 4 Tramite il suo messaggero, il Signore aveva chiaramente annunciato a Geroboamo la necessità di dividere il regno "...perché Salomone mi ha abbandonato e ha adorato divinità di altri popoli... Salomone non è stato fedele, non ha fatto la mia volontà, non ha messo in pratica le mie leggi e i miei comandamenti, come invece aveva fatto suo padre Davide". 1 Re 11:33. PR 56 5 Più tardi, Geroboamo ricevette delle istruzioni che gli indicavano che il regno non sarebbe stato diviso prima della fine del regno di Salomone. Cfr. 1 Re 11:34, 35. PR 56 6 Sebbene Salomone avesse desiderato preparare Roboamo, suo legittimo successore, ad affrontare con saggezza i momenti difficili predetti dal profeta di Dio, non era mai stato in grado di esercitare su di lui un influsso determinante per orientarlo verso il bene. La sua educazione era stata trascurata fin dalla più tenera infanzia. Sua madre, un'ammonita, gli aveva trasmesso un carattere instabile. Talvolta si impegnava a servire Dio e ne derivava una certa prosperità, ma mancava di costanza e finiva per cedere agli influssi negativi che lo avevano condizionato fin da piccolo. Gli errori commessi da Roboamo e la sua apostasia ci dimostrano quali terribili conseguenze scaturirono dall'unione di Salomone con donne idolatre. PR 56 7 Le tribù d'Israele avevano subito gravi torti da parte del loro precedente sovrano. Le stravaganze del regno di Salomone, durante la sua apostasia, avevano spinto il re a tassare pesantemente il popolo e a pretendere fedeltà assoluta. Prima di procedere all'incoronazione del nuovo sovrano i rappresentanti delle varie tribù decisero di verificare se il figlio di Salomone desiderasse diminuire il loro carico tributario. "Poi, tutti insieme, andarono a parlare a Roboamo e gli dissero: 'Tuo padre Salomone ci ha imposto un giogo molto pesante. Se tu alleggerirai le dure condizioni che tuo padre ci ha imposto e ci lascerai più liberi, noi ti serviremo'". 1 Re 12:3, 4. PR 57 1 Roboamo volle consultare i suoi consiglieri prima di dar loro una risposta e disse: "Ritornate da me dopodomani" e il popolo se ne andò. "Il re Roboamo consultò gli anziani che erano stati a servizio di suo padre Salomone quand'era ancora vivo: -- Che cosa mi consigliate di rispondere al popolo? Essi gli suggerirono: -- Se adesso ti mostri pronto a servire il popolo, se accogli le sue richieste e dai una risposta favorevole, sarai sempre ubbidito". 1 Re 12:5-7. PR 57 2 Insoddisfatto di questa risposta, Roboamo si rivolse ai giovani che erano cresciuti con lui e chiese loro: "Il popolo mi ha chiesto di alleggerire il giogo imposto da mio padre Salomone. Come devo comportarmi?" 1 Re 12:9. I giovani suggerirono di trattare con durezza i sudditi e di far loro comprendere fin dall'inizio che egli non avrebbe tollerato ingerenze nei suoi affari personali. PR 57 3 Lusingato dalla prospettiva di poter esercitare un potere assoluto, Roboamo decise di non tener conto del consiglio degli anziani e di scegliere i più giovani come suoi consiglieri. Così avvenne che nel giorno stabilito, quando "Geroboamo e tutto il popolo andarono dal re Roboamo" per udire la sua risposta in merito alla politica che intendeva seguire, Roboamo rispose duramente al popolo dicendo: "Mio padre vi ha imposto un duro dominio, ma io lo renderò ancor più duro. Mio padre vi ha puniti a frustate, ma io userò fruste con punte di ferro!" 1 Re 12:13, 14. PR 57 4 Se Roboamo e i suoi inesperti consiglieri avessero compreso la volontà di Dio nei confronti di Israele avrebbero preso in considerazione le rivendicazioni del popolo che auspicava una riforma nell'amministrazione del paese. Ma in occasione dell'incontro di Sichem non compresero le profonde motivazioni della necessità di questa riforma e in tal modo persero il loro ascendente su buona parte del popolo. La loro decisione di perpetuare e appesantire il giogo imposto da Salomone era in contrasto con il piano di Dio e fece nascere negli israeliti seri dubbi sulla sincerità delle loro motivazioni. Volendo esercitare il potere in modo insensato, il re e i suoi consiglieri dimostrarono di essere spinti dall'orgoglio e dal dispotismo. PR 57 5 Il Signore non permise a Roboamo di realizzare il suo programma politico. Migliaia di sudditi appartenenti alle tribù d'Israele, indignati dall'oppressione esercitata da Salomone, erano decisi a ribellarsi contro la casa di Davide. Cfr. 1 Re 12:16. PR 58 1 "Gli Israeliti capirono che il re non dava loro retta. Allora gli risposero: 'Non abbiamo niente da spartire con la famiglia di Davide, non abbiamo nulla a che fare con questo figlio di Iesse. Gente d'Israele, torniamo alle nostre tende. E tu discendente di Davide, occupati del tuo regno!'. Così gli Israeliti si separarono da Roboamo". 1 Re 12:16. PR 58 2 La ferita aperta dal duro discorso di Roboamo risultò profonda. Da allora le dodici tribù d'Israele furono divise: le tribù di Giuda e di Beniamino, che formavano il regno di Giuda, rimasero sotto la sovranità di Roboamo, mentre le dieci tribù del nord formarono un governo indipendente noto come "regno d'Israele" con Geroboamo come sovrano. Si adempì così la profezia dello scisma del regno: "Tutto questo era stato predisposto dal Signore". 1 Re 12:15. PR 58 3 Quando Roboamo vide le dieci tribù distaccarsi dal suo regno fece il possibile per risolvere il problema. Incaricò uno degli uomini più influenti del suo regno, Adoram, che era preposto ai tributi, di intervenire nei confronti dei ribelli. Ma i suoi tentativi di riconciliazione non ebbero successo e in quell'occasione il popolo rivelò chiaramente l'ostilità che nutriva per Roboamo: "Essi, però, lo uccisero a sassate". Resosi conto della gravità della situazione "Roboamo saltò sul suo carro e fuggì a Gerusalemme". 1 Re 12:18. Radunò tutta la casa di Giuda e la tribù di Beniamino, centottantamila uomini, guerrieri scelti, per combattere contro la casa d'Israele e riprendere il potere. Ma la parola di Dio fu così rivolta a Semaia, uomo di Dio: "Così dice il Signore: Non andate a far guerra agli Israeliti, vostri fratelli. Ognuno se ne torni a casa sua, perché ho voluto io questa situazione". Gli abitanti di Giuda ubbidirono all'ordine del Signore e rinunciarono a combattere. 1 Re 12:21-24. PR 58 4 Per tre anni Roboamo fece tesoro dell'amara esperienza vissuta salendo sul trono e il suo regno prosperò (cfr. 2 Cronache 11:5, 11, 12), ma il segreto della prosperità di Giuda e di Beniamino, durante i primi anni del regno di Roboamo, non dipendeva dalle scelte fatte. Le tribù di Giuda e di Beniamino si svilupparono perché riconobbero Dio come loro sovrano supremo. Molti uomini fedeli a Dio, provenienti dalle tribù del nord, chiesero di abitare in questo regno. Cfr. 2 Cronache 11:16, 17. PR 58 5 Pur avendo l'opportunità di riscattare ampiamente i suoi errori passati e di rinsaldare la fiducia nella sua capacità di governare con diligenza, il successore di Salomone, come ci riporta il triste racconto biblico, non riuscì a esercitare un benefico influsso sul popolo affinché restasse fedele all'Eterno. Nonostante fosse per natura caparbio, presuntuoso e volitivo, oltre che incline all'idolatria, avendo fiducia in Dio avrebbe potuto rafforzare il suo carattere e la sua fede e adempiere così le esigenze divine. Invece, col passare degli anni, si gloriava sempre più del suo potere come sovrano e delle fortezze da lui costruite. A poco a poco cedette alle sue tendenze ereditate e finì col cadere nell'idolatria. "Quando Roboamo ebbe consolidato il suo regno e si sentì sicuro di sé, si allontanò dalla legge del Signore e tutto il popolo lo imitò". 2 Cronache 12:1. PR 59 1 Queste parole sono significative: "E tutto il popolo lo imitò"! Il popolo che Dio aveva scelto perché fosse un esempio per le nazioni vicine si stava allontanando da quella fonte che gli avrebbe assicurato la potenza. Cercava di imitare quelle nazioni che avrebbe dovuto influenzare: sia con Salomone sia con Roboamo il cattivo esempio sviò molti. Anche oggi, in misura maggiore o minore, si ripete la stessa esperienza: l'influsso esercitato da chi si comporta male non è limitato alla persona responsabile. Nessuno vive per se stesso, nessuno soffre da solo per le conseguenze del suo errore. Ogni vita è una luce che illumina e rallegra anche quella degli altri oppure esercita un influsso negativo e deprimente che può portare alla disperazione e alla morte. Possiamo guidare gli altri verso la felicità e la vita eterna oppure trascinarli verso la disperazione e la morte eterna. Se con le nostre azioni contribuiamo ad aggravare la propensione al male di quanti vivono intorno a noi, ne diventiamo responsabili insieme a loro. PR 59 2 Dio non lasciò impunita l'apostasia del sovrano di Giuda. "In conseguenza di questa ribellione al Signore nel quinto anno del regno di Roboamo, il re d'Egitto, Sisach, marciò contro Gerusalemme... Conquistò le città fortificate del territorio di Giuda e giunse alle porte di Gerusalemme... Il profeta Semaia si presentò loro e disse: 'Ecco che cosa dice il Signore: Voi avete abbandonato me e ora io ho abbandonato voi in mano di Sisach'". 2 Cronache 12:2-5. PR 59 3 Il popolo non si era ancora allontanato da Dio al punto da disprezzare i suoi giudizi. In seguito all'invasione di Sisach e alle perdite subite riconobbe l'intervento di Dio e per un po' di tempo confessò le proprie responsabilità affermando: "Il Signore ha ragione!" 2 Cronache 12:6; cfr. 12:7-12. PR 59 4 Superato questo momento difficile, quando la nazione ritrovò la prosperità, molti dimenticarono i loro timori e ricominciarono a celebrare riti idolatri. Fra questi vi era lo stesso Roboamo. Sebbene umiliato dalle prove che aveva dovuto affrontare, non seppe trarre profitto da questa svolta che avrebbe potuto essere decisiva per la sua vita. Dimenticò la lezione che il Signore aveva cercato di impartirgli e ricadde nei peccati che avevano provocato i giudizi divini nei confronti della nazione. Dopo alcuni anni in cui il re "si comportò male perché non si impegnò a seguire in tutto il Signore... Roboamo fu sepolto nella città di Davide. Dopo di lui regnò suo figlio Abia". 2 Cronache 12:14, 16. PR 59 5 Con la divisione del territorio, all'inizio del regno di Roboamo, la gloria d'Israele iniziò a declinare e non ritrovò più il suo splendore originario. Nei secoli seguenti, il trono di Davide fu anche occupato da uomini moralmente degni e lungimiranti. Le benedizioni destinate agli abitanti di Giuda si estesero alle nazioni vicine, il nome dell'Eterno fu esaltato al di sopra di ogni falso dio e la sua legge fu onorata. Ci furono anche profeti potenti che sostennero l'autorità dei governanti e incoraggiarono il popolo a rimanere fedele al Signore. Ma il seme del male, che già stava germogliando quando Roboamo salì sul trono, non fu mai del tutto estirpato, e in alcune occasioni il popolo, un tempo favorito da Dio, scese così in basso da diventare lo zimbello dei pagani. PR 60 1 Nonostante la perversità di coloro che praticavano l'idoltria, Dio nella sua misericordia fece il possibile per salvare il regno, già diviso, dalla rovina totale. Con il passare del tempo sembrava che la realizzazione del piano di Dio per Israele fosse ostacolata dalle macchinazioni di uomini ispirati da Satana, ma Dio avrebbe continuato a manifestare la sua misericordia tramite l'esilio e la successiva restaurazione della nazione eletta. PR 60 2 La divisione del regno fu solo l'inizio di una storia meravigliosa che rivelò la grande pazienza di Dio e la sua tenera misericordia. Il popolo affrontò molte prove a causa della sua tendenza al male, ereditaria o acquisita. Il Signore cercava di purificarlo per farne una nazione particolare, zelante nelle buone opere. Alla fine esso fu costretto a riconoscere: "Nessuno è come te, Signore! Tu sei grande, grande e potente è il tuo nome! Chi non ti renderà onore, re delle nazioni?... Non c'è nessuno come te in tutti i regni, tra tutti i saggi delle nazioni... tu, Signore, sei il vero Dio, sei tu il Dio vivente, tu sei re per sempre". Geremia 10:6, 7, 10. PR 60 3 Coloro che adoravano gli idoli compresero che i falsi dei non sono in grado di offrire la salvezza "...i vostri dei non hanno fatto il cielo e la terra. Perciò dovranno scomparire dalla faccia della terra, da ogni regione che è sotto il cielo". Geremia 10:11. Soltanto coloro che rimangono fedeli al Dio vivente, Creatore e Signore di tutte le cose, troveranno pace e riposo. PR 60 4 Giuda e Israele, mortificati e pentiti, rinnovarono il loro voto di fedeltà nei confronti del Signore, il Dio dei loro padri: "...Il Signore li farà sparire, quando se li troverà davanti. Il Dio di Giacobbe non è come quelli! Egli ha fatto ogni cosa, e ha scelto Israele come suo popolo. Il suo nome è: il Signore dell'universo". Geremia 10:15, 16; cfr. 10:12-14. ------------------------Capitolo 7: Geroboamo PR 61 1 Posto sul trono dalle dieci tribù d'Israele che si erano ribellate alla casa di Davide, Geroboamo, un tempo servo di Salomone, avrebbe potuto realizzare opportune riforme negli affari civili e religiosi. Durante il regno di Salomone, aveva manifestato intelligenza e saggezza. Le conoscenze acquisite durante gli anni di fedele servizio lo rendevano idoneo a regnare con saggezza. Geroboamo però non dimostrò la sua fiducia in Dio. PR 61 2 Egli temeva che il re che occupava il trono di Davide, a Gerusalemme, riconquistasse i suoi sudditi. Pensava che se le dieci tribù fossero state libere di recarsi spesso nell'antica capitale della monarchia giudaica, in cui i servizi religiosi continuavano a svolgersi nel tempio, come ai tempi di Salomone, un gran numero di israeliti avrebbero rinnovato il loro patto di fedeltà al governo di Gerusalemme. Incoraggiato dai suoi consiglieri, Geroboamo decise di limitare le possibilità di ribellione contro il suo governo. Nel territorio del suo regno, appena costituito, creò due centri di culto a Betel e a Dan. Le dieci tribù sarebbero state invitate a recarvisi per adorare Dio, anziché andare a Gerusalemme. Geroboamo pensò anche di colpire l'immaginazione degli israeliti presentando loro una raffigurazione simbolica del Dio invisibile. Così fece fare due vitelli d'oro e li fece mettere nei centri di culto che erano stati allestiti. Volendo rappresentare la divinità, Geroboamo violò il comandamento di Dio: "Non ti fare scultura alcuna né immagine alcuna... non ti prostrare dinanzi a tali cose e non servir loro". Esodo 20:4, 5 (Luzzi). PR 61 3 Siccome l'obiettivo principale di Geroboamo era quello di impedire con tutte le sue forze che le dieci tribù si recassero a Gerusalemme, non si rese conto della chiara inefficacia dei suoi progetti e del pericolo a cui esponeva gli israeliti proponendo loro un idolo, un simbolo così familiare ai loro antenati nel periodo della loro schiavitù in Egitto. Il recente soggiorno di Geroboamo in Egitto avrebbe dovuto insegnargli che era una follia proporre al popolo tali raffigurazioni pagane. Adottando questa imprudente iniziativa voleva impedire che le tribù del nord continuassero le loro visite annuali alla santa città. PR 62 1 "Non avete più bisogno di andare a Gerusalemme -- egli disse al popolo. Sono questi, o Israeliti, i vostri dèi, questi vi hanno fatto uscire dall'Egitto!" 1 Re 12:28. Così gli israeliti furono invitati a inchinarsi davanti alle immagini d'oro e ad adottare strane forme di culto. PR 62 2 Il re cercò di persuadere i leviti, alcuni dei quali abitavano nel suo regno, a servire come sacerdoti nei nuovi santuari di Betel e di Dan, ma non ebbe successo; fu allora obbligato a elevare al sacerdozio uomini "presi qua e là di fra il popolo". 1 Re 12:31 (Luzzi). Allarmati dalla situazione venutasi a creare, molti dei fedeli e un gran numero di leviti fuggirono e andarono a Gerusalemme dove potevano adorare Dio in armonia con la sua volontà. PR 62 3 "Istituì poi una nuova festa, simile a una che si celebrava nel territorio di Giuda. Essa aveva luogo il quindici dell'ottavo mese. Quando offriva sacrifici al vitello d'oro di Betel, saliva egli stesso all'altare. Mandò anche a Betel alcuni sacerdoti che aveva scelto per i santuari sulle colline". 1 Re 12:32. PR 62 4 Questa temeraria sfida lanciata al Signore non poteva rimanere impunita. Così, mentre Geroboamo stava officiando e bruciava l'incenso durante la consacrazione dell'altare eretto a Betel, si presentò un uomo di Dio, della tribù di Giuda, che denunciò il suo errore: non avrebbe dovuto introdurre nuove forme di culto. Il profeta si mise a gridare contro l'altare e disse: "'Altare, altare! Tra i discendenti di Davide nascerà un uomo di nome Giosia -- dice il Signore. -- Egli sacrificherà sopra di te i sacerdoti dei santuari sulle colline, quelli che depongono su di te le loro offerte d'incenso. Su di te bruceranno ossa umane!'. Quello stesso giorno il profeta disse: 'Ora vi darò una prova che il Signore ha parlato. L'altare si spaccherà e la cenere che c'è sopra si spargerà...' L'altare si spaccò e la cenere si sparse per terra, come il profeta aveva preannunziato per ordine del Signore". 1 Re 13:2, 3, 5. PR 62 5 A questo punto Geroboamo sfidò il Signore cercando di opporsi a colui che aveva dato il messaggio. Furibondo "...alzò la mano dall'altare e ordinò: 'Prendete quest'uomo!'. Il suo gesto impulsivo venne immediatamente punito. La mano tesa contro il messaggero dell'Eterno rimase paralizzata e il re non riusciva più a ritirarla. Terrorizzato, supplicò il profeta di intervenire in suo favore presso il Signore: 'Supplica il Signore, il tuo Dio, di calmare il suo sdegno; pregalo di guarire la mia mano!' Il profeta supplicò il Signore e la mano del re tornò sana come prima". 1 Re 13:4, 6. PR 62 6 Era quindi inutile che Geroboamo cercasse di consacrare solennemente questo altare, destinato a distogliere i fedeli dal culto dell'Eterno celebrato nel tempio di Gerusalemme. Il messaggio del profeta avrebbe dovuto sensibilizzare il re a pentirsi e ad abbandonare le sue cattive intenzioni di distogliere il popolo dal culto del vero Dio. Egli non accettò e decise di realizzare il suo progetto. PR 63 1 Quando venne celebrata la festa a Betel gli israeliti erano ancora sensibili all'influsso dello Spirito Santo. Allora il Signore decise, prima che fosse troppo tardi, di frenare i rapidi progressi dell'apostasia. Mandò il suo messaggero affinché interrompesse i loro riti idolatri e rivelasse al re e al popolo quali sarebbero state le conseguenze dell'apostasia. L'altare si spaccò: il Signore manifestò in questo modo la sua disapprovazione per le abominazioni che si commettevano in Israele. PR 63 2 Il Signore cerca di salvare, non di distruggere. Egli desidera aiutare coloro che commettono degli errori. "Ma io, il Signore, il Dio vivente, dichiaro: Non ho affatto piacere nel veder morire un uomo malvagio...". Ezechiele 33:11. Supplicando e avvertendo esorta i peccatori ad abbandonare il male per tornare a lui e vivere. Dà ai suoi messaggeri una vera sicurezza che fa nascere in coloro che lo ascoltano disposizioni al rispetto e al pentimento. Con quale coraggio il profeta di Dio rimproverò il re! Questo coraggio doveva manifestarsi. Il peccato che regnava in Israele non avrebbe potuto essere denunciato diversamente. Dio diede al suo servitore l'audacia necessaria per impressionare profondamente i suoi uditori. I messaggeri del Signore devono schierarsi in difesa di ciò che è giusto e non temere di doversi confrontare con gli uomini. Nella misura in cui dimostrano la loro fiducia in Dio, non devono temere nulla, poiché colui che gli ha affidato una missione assicura loro anche la sua protezione. PR 63 3 Dopo aver trasmesso il suo messaggio, il profeta stava per andarsene ma arrivò Geroboamo e gli disse: "Vieni a casa mia a mangiare qualcosa. Voglio farti un regalo. Ma il profeta rispose al re: Non verrò a casa tua, non mangerò un solo boccone e non berrò una goccia d'acqua in questo posto, neppure se tu mi darai la metà dei tuoi averi. Il Signore mi ha ordinato di non mangiare né bere niente e di non ritornare per la stessa strada". 1 Re 13:7-9. PR 63 4 Tutto sarebbe andato bene se il profeta fosse ritornato subito in Giudea. Ma mentre si dirigeva verso casa seguendo un'altra via, un uomo anziano che affermava di essere un profeta lo raggiunse e mentendo gli disse: "Anch'io sono un profeta, come te. Un angelo mandato da Dio mi ha ordinato di invitarti a casa mia per mangiare e bere qualcosa". Questa menzogna, accompagnata da un invito insistente, fu ripetuta varie volte e l'uomo di Dio si lasciò convincere a ritornare sui suoi passi. Avendo scelto di seguire una via diversa da quella indicatagli da Dio, subì le conseguenze della sua trasgressione. PR 63 5 Mentre sedeva a tavola con colui che lo aveva invitato, "Il Signore spinse il vecchio profeta di Bethel a parlare. Egli gridò all'altro profeta: 'Ascolta quello che ti dice il Signore: Hai osato resistere ai miei ordini, non hai rispettato le disposizioni che il tuo Dio ti ha dato... Morirai e il tuo cadavere non sarà sepolto con i tuoi padri!'". 1 Re 13:18-22. PR 64 1 Questa minaccia drammatica si realizzò subito. "Dopo il pranzo il vecchio profeta sellò l'asino dell'altro profeta, che si mise in viaggio. Per la strada fu assalito da un leone e ucciso. Il suo cadavere rimase sulla strada, con accanto il leone e l'asino, immobili. Alcuni uomini che passavano per la strada videro il cadavere per terra, e accanto il leone. Andarono a raccontare il fatto nella città dove abitava il vecchio profeta. Così anche lui -- che aveva convinto l'altro profeta a tornare a Betel -- venne a sapere quel che era successo. Allora disse: 'Questo profeta si è opposto alla volontà del Signore...'". 1 Re 13:23-26. PR 64 2 La punizione inflitta al messaggero infedele rafforzava il valore della profezia pronunciata sull'altare di Betel. Se il profeta se ne fosse tornato tranquillamente a casa, dopo aver disubbidito alla parola del Signore, il re si sarebbe servito di questo fatto per cercare di giustificare la propria disubbidienza. L'esperienza dell'altare spaccato, del braccio paralizzato e la terribile sorte dell'uomo che aveva disubbidito a un esplicito ordine di Dio avrebbero dovuto fra comprendere a Geroboamo quanto veloce potesse essere la reazione di un Dio offeso e questi esempi avrebbero dovuto fargli comprendere che non doveva persistere nel male. Ma Geroboamo anziché ravvedersi scelse "a caso i sacerdoti per i santuari sulle colline. Faceva sacerdoti tutti quelli che ne avevano voglia. Questo modo di agire fu la grande colpa della famiglia di Geroboamo. Per questo essa fu distrutta e cancellata per sempre dalla faccia della terra". 1 Re 13:33, 34. PR 64 3 Dopo aver regnato quasi ventidue anni, Geroboamo subì una disastrosa sconfitta nella guerra con Abia, successore di Roboamo. "Geroboamo non si riprese più per tutta la durata del regno di Abia. Alla fine, il Signore lo colpì e Geroboamo morì". 2 Cronache 13:20. PR 64 4 L'apostasia introdotta durante il regno di Geroboamo si estese e portò alla totale rovina del regno di Israele. Prima della morte di Geroboamo, Achia, il vecchio profeta di Silo che aveva predetto molto tempo prima la sua ascesa al trono, dichiarò: "Il Signore colpirà gli abitanti del regno di Israele, ed essi tremeranno come una canna mossa dall'acqua. Li caccerà da questa buona terra che ha dato ai loro padri. Li disperderà oltre il fiume Eufrate, perché hanno costruito dei pali sacri e così lo hanno molto esasperato. Per le colpe di Geroboamo e per quelle che lui ha fatto commettere al popolo, il Signore abbandonerà gli israeliti". 1 Re 14:15, 16. PR 64 5 Il Signore, però, non abbandonò Israele senza aver prima fatto tutti i tentativi possibili per ricondurlo a lui. Nel corso di quegli anni, lunghi e bui, quando i sovrani uno dopo l'altro sfidavano il cielo sospingendo Israele verso l'idolatria, Dio inviò numerosi messaggi al suo popolo apostata. Tramite i suoi profeti gli israeliti ebbero l'opportunità di arginare l'apostasia e di ritornare a lui. Negli anni che seguirono la divisione del regno, Elia e Eliseo esercitarono il loro ministero, mentre gli appelli di Osea, Amos e Abdia trovarono un eco in Israele. Anche nei periodi più difficili alcuni rimasero fedeli e irreprensibili nei confronti del Signore. Essi facevano parte di quel prezioso rimanente che avrebbe reso possibile l'adempimento del progetto eterno di Dio. ------------------------Capitolo 8: L'apostasia nazionale PR 66 1 Dalla morte di Geroboamo fino alla missione di Elia nei confronti del re Acab, il popolo d'Israele, governato da uomini che non temevano Dio e incoraggiavano strane forme di culto, aveva registrato un forte declino spirituale. La maggior parte del popolo perse di vista il proprio dovere di servire il Dio vivente e adottò molti riti pagani. PR 66 2 Nadab, figlio di Geroboamo, regnò solo due anni. La sua carriera fu stroncata da una cospirazione capeggiata da Baasa, uno dei suoi generali, che voleva ottenere il controllo del governo. Nadab fu ucciso insieme a tutta la sua famiglia: "Come il Signore aveva annunziato per mezzo del suo servo, il profeta Achia di Silo... Tutto questo avvenne perché Geroboamo aveva esasperato il Signore, Dio d'Israele, con i peccati che aveva commesso e in cui aveva trascinato il popolo". 1 Re 15:29, 30. PR 66 3 Così finì la discendenza di Geroboamo. Il culto idolatra, da lui introdotto, attirò sui colpevoli il giudizio di Dio. I sovrani che seguirono, Baasa, Ela, Zimri e Omri, per circa quarant'anni continuarono nella stessa direzione. Mentre Israele viveva questo periodo di apostasia, contemporaneamente, in Giuda, regnava Asa che per molti anni "fece la volontà del Signore suo Dio e agì con giustizia. 2 Cronache 14:1; cfr. 14:2-5. PR 66 4 La fede di Asa fu messa a dura prova quando "Zerach l'Etiope attaccò il regno di Giuda con un milione di soldati e trecento carri da guerra". 2 Cronache 14:8. In quel periodo difficile Asa non ripose la sua fiducia nelle città da lui costruite, circondate da mura "con torri e porte", e neppure "nei soldati valorosi" del suo esercito ben preparato, ma nell'Eterno degli eserciti nel nome del quale erano state riportate meravigliose vittorie anche in passato. Asa predispose i suoi soldati per la battaglia e invocò l'aiuto di Dio. PR 66 5 I due eserciti si trovarono l'uno di fronte all'altro. Quello fu un momento terribile per coloro che erano fedeli al Signore. Avevano tutti confessato i loro peccati a Dio? Credevano tutti che la potenza divina avrebbe garantito loro la liberazione? Questi pensieri agitavano la mente dei capi perché da un punto di vista umano il temibile esercito egiziano avrebbe annientato qualsiasi nemico. In tempo di pace, Asa non si era preoccupato del divertimento e del piacere, ma si era preparato per ogni evenienza. Il suo esercito era stato ben addestrato e aveva fatto il possibile perché il popolo fosse in pace con Dio. Ora, sebbene le sue forze fossero numericamente inferiori a quelle del nemico, la sua fede non vacillava. PR 67 1 Nella prosperità il re aveva cercato il Signore; ora che si trovava in difficoltà poteva contare su di lui. Le sue preghiere mostravano che conosceva bene la meravigliosa potenza di Dio. "O Eterno, per te non v'è differenza tra il dar soccorso a chi è in gran numero, e il darlo a chi è senza forza. O Signore, Dio nostro, aiutaci perché noi contiamo su di te e affronteremo questo grande esercito nel tuo nome. O Signore, sei tu il nostro Dio, non permettere che un uomo possa vincere contro di te". 2 Cronache 14:10 (Luzzi). PR 67 2 Quella di Asa è una preghiera che ogni cristiano può rivolgere a Dio in ogni circostanza. Noi infatti non stiamo lottando "contro creature umane, ma contro spiriti maligni del mondo invisibile, contro autorità e potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso". Efesini 6:12. Nella battaglia della vita, dobbiamo fronteggiare le forze del male schierate contro il bene. Non dobbiamo quindi riporre la nostra fiducia negli uomini ma nel Dio vivente. Con la certezza che scaturisce dalla fede possiamo aspettarci che Dio unisca la sua onnipotenza alle forze umane per la gloria del suo nome. Rivestiti dell'armatura della giustizia possiamo ottenere la vittoria su qualsiasi nemico. PR 67 3 La fede di Asa fu premiata. "Il Signore sconfisse gli Etiopi di fronte ad Asa e all'esercito di Giuda, e gli Etiopi si diedero alla fuga. Asa con il suo esercito li inseguì fino a Gerar. Gli Etiopi caddero uno dopo l'altro: non ne rimase vivo neppure uno. Il loro esercito fu annientato davanti al Signore e al suo popolo". 2 Cronache 14:11, 12. PR 67 4 Quando gli eserciti vittoriosi di Giuda e di Beniamino ritornarono a Gerusalemme "lo spirito di Dio spinse un certo Azaria figlio di Oded a presentarsi al re Asa per dirgli: 'Asa, e voi, uomini delle tribù di Giuda e Beniamino, ascoltatemi. Il Signore è con voi se voi siete uniti a lui. Se voi lo cercherete egli si lascerà trovare. Se lo abbandonerete egli vi abbandonerà... dovete essere forti e non perdervi di coraggio, perché il vostro impegno avrà la sua ricompensa'". 2 Cronache 15:1, 2, 7. PR 67 5 Profondamente incoraggiato da queste parole Asa, programmò subito una seconda riforma in Giuda. Cfr. 2 Cronache 15:8-12, 15. PR 67 6 La lunga storia della fedeltà di Asa fu macchiata da alcuni errori commessi quando la sua fede in Dio non era più senza riserve. Una volta, quando il re d'Israele penetrò in Giuda e conquistò Rama, una città fortificata a soli otto chilometri da Gerusalemme, Asa cercò la liberazione alleandosi con Ben-Hadad, re di Siria. Questa sua mancanza di fiducia in Dio, in un momento difficile, fu severamente rimproverata da Hanani, il profeta, che si presentò al re con questo messaggio: "Perché hai cercato appoggio presso il re degli Aramei e non presso il Signore tuo Dio? In questo modo l'esercito degli Aramei è sfuggito al tuo controllo. Non ricordi quando Etiopi e Libici vennero con un esercito enorme, con un numero grandissimo di carri e cavalieri? Allora tu hai cercato appoggio presso il Signore ed egli li ha messi in tuo potere. Il Signore, infatti, osserva tutto quello che accade nel mondo e sostiene quelli che gli rimangono fedeli con tutto il cuore. Questa volta hai agito da sciocco: perciò, d'ora in avanti, dovrai affrontare guerre". 2 Cronache 16:7-9. PR 68 1 Invece di umiliarsi davanti a Dio, per il suo errore, "il re si adirò contro il profeta: la sua ira fu tale che lo fece mettere in prigione. Da allora Asa cominciò a opprimere anche altre persone". 2 Cronache 16:10. PR 68 2 "Nel trentanovesimo anno del suo regno, Asa fu colpito da una grave malattia ai piedi. Neppure in questa malattia egli cercò l'aiuto del Signore, preferì invece ricorrere solo ai medici". 2 Cronache 16:12. Egli morì il quarantunesimo anno del suo regno e Giosafat, suo figlio, regnò al suo posto. PR 68 3 Due anni prima della morte di Asa, Acab cominciò a regnare in Israele. Fin dall'inizio il suo regno fu caratterizzato dall'apostasia. Di suo padre Omri, fondatore di Samaria, è detto: "Omri andò contro la volontà del Signore e si comportò peggio dei suoi predecessori". 1 Re 16:25. Però i peccati di Acab furono maggiori dei suoi. Cfr. 1 Re 16:33, 31. Non contento di incoraggiare le forme di idolatria di Betel e di Dan, guidò il popolo verso le peggiori espressioni del paganesimo sostituendo al culto dell'Eterno l'adorazione di Baal. Prese per moglie Gezabele "figlia di Et-Baal, re di Sidone. Adorò il dio Baal, si inchinò davanti a lui. Gli costruì un tempio con altare a Samaria". 1 Re 16:31, 32. PR 68 4 Acab non solo introdusse il culto di Baal nella capitale del regno, ma sotto la direzione di Gezabele, eresse altari in molti "alti luoghi" dove, all'ombra degli alberi, i sacerdoti e quanti erano addetti a questa seducente forma di culto esercitarono il loro influsso malefico fino al punto in cui quasi tutto Israele fu indotto a seguire Baal. Cfr. 1 Re 21:25, 26. PR 68 5 Acab era di carattere debole. Il suo matrimonio con una donna idolatra, autoritaria e decisa lo portò alla rovina insieme a tutta la nazione. Privo di convinzioni e di princìpi, il suo carattere fu facilmente plasmato dalla forte volontà di Gezabele. Il suo egoismo lo rese incapace di apprezzare le benedizioni del Dio d'Israele e di adempiere ai suoi doveri di guida e di protettore del popolo eletto. PR 68 6 Sotto l'influsso negativo del governo di Acab, i figli d'Israele si allontanarono dal Dio vivente e peccarono. Da molti anni ormai avevano perso il rispetto per tutto ciò che era divino e ora sembrava che nessuno osasse rischiare la propria vita per opporsi all'idolatria che regnava ovunque. L'oscura ombra dell'apostasia copriva tutto il paese. Ovunque si vedevano immagini di Baal e di Asera. I templi pagani, i boschetti consacrati, dove si adoravano gli idoli, si moltiplicavano. L'aria stessa era satura dell'incenso offerto ai falsi dei. Colline e vallate risuonavano di grida di sacerdoti pagani che sacrificavano al sole, alla luna e alle stelle. PR 69 1 Tramite l'influsso di Gezabele e dei suoi sacerdoti veniva insegnato al popolo che le statue erette come idoli erano divinità che dominavano con il loro mistico potere gli elementi della terra, del fuoco e dell'acqua. Tutti i doni del cielo -- i limpidi ruscelli, i fiumi, la rugiada, le piogge che rinfrescavano la terra e assicuravano un abbondante raccolto -- venivano attribuiti a Baal e Asera e non al vero Creatore. Il popolo aveva dimenticato che monti e valli, fiumi e sorgenti erano alimentate dal Dio vivente, che dirigeva il sole, le nuvole e tutte le forze della natura. PR 69 2 Per mezzo di fedeli messaggeri il Signore mandò numerosi avvertimenti al re apostata e al popolo; ma queste sue parole di rimprovero risultarono inutili. Inutilmente i messaggeri di Dio proclamavano che l'Eterno era il solo Dio d'Israele, invano esaltavano i princìpi che aveva affidato loro. Affascinato dallo sfarzo e dai riti del culto idolatra, il popolo seguì l'esempio del re e della sua corte e si abbandonò ai piaceri inebrianti e avvilenti di un culto sensuale. Nella sua cieca follia scelse di rigettare Dio e il suo culto per adorare gli idoli. PR 69 3 La luce così generosamente diffusa era stata mutata in tenebre. L'oro puro era stato alterato. PR 69 4 La gloria d'Israele era svanita! Il popolo di Dio non era mai caduto così in basso nell'apostasia. Vi erano quattrocentocinquanta profeti di Baal e quattrocento di Asera. Solo la potenza miracolosa di Dio poteva preservare la nazione da una distruzione totale. Israele si era volontariamente separato dall'Eterno; il Signore, però, con affetto paterno continuava a occuparsi, con profondo interesse, di coloro che erano stati trascinati nel peccato e stava per inviare uno dei suoi profeti più potenti, la cui opera avrebbe ricondotto molti al Dio dei loro padri. ------------------------Capitolo 9: Elia di Tisbe PR 70 1 Sui monti di Galaad, a oriente del fiume Giordano, al tempo del re Acab, abitava un uomo devoto e fedele che avrebbe agito coraggiosamente per arginare la dilagante apostasia d'Israele. Pur vivendo lontano da ogni città importante e senza avere nessuna posizione di rilievo, Elia di Tisbe accettò la missione affidatagli, fiducioso che Dio lo avrebbe guidato e gli avrebbe assicurato il successo. Egli pronunciava parole forti, che esprimevano la sua fede e tutta la sua vita fu consacrata a un'opera di riforma. La sua era la voce di chi grida nel deserto per condannare il peccato e opporsi all'ondata straripante del male. Pur presentandosi al popolo per rimproverarlo del peccato, trasmetteva anche un messaggio di speranza a tutti coloro che desideravano essere incoraggiati. PR 70 2 Elia, vedendo Israele praticare l'idolatria, era sinceramente preoccupato e sentiva crescere dentro di sé una profonda indignazione. Dio era intervenuto potentemente in favore del suo popolo: lo aveva liberato dalla schiavitù e gli aveva dato "la terra di altri popoli... perché osservassero i suoi comandamenti e ubbidissero alla sua legge". Salmi 105:44, 45. Ma gli obiettivi dell'Eterno erano stati quasi dimenticati. L'incredulità stava rapidamente separando la nazione eletta dalla fonte della sua forza. Considerando questa apostasia, Elia, dall'alto del suo rifugio montano, si sentiva sopraffatto dal dolore. Con l'animo angosciato implorò Dio di frenare la malvagità del popolo e di punirlo, se fosse stato necessario, affinché orientasse diversamente la sua vita e fosse in grado di valutare il suo allontanamento da Dio. Elia desiderava ardentemente che Israele si ravvedesse prima di sprofondare sempre più verso il basso, tanto da costringere il Signore a distruggerlo completamente. PR 70 3 La preghiera di Elia fu esaudita. Ripetuti appelli, rimostranze e avvertimenti non avevano portato Israele al pentimento. Era perciò giunto il tempo in cui Dio doveva parlare agli israeliti evidenziando le conseguenze dei loro errori. Siccome gli adoratori di Baal affermavano che i tesori del cielo -- la rugiada e la pioggia -- non venivano dall'Eterno ma dalle forze che regolavano la natura, e che tramite l'energia creativa del sole la terra veniva arricchita e poteva produrre abbondanti raccolti, la maledizione di Dio doveva colpire il suolo contaminato. Alle tribù apostate d'Israele doveva essere dimostrata la follia di confidare nel potere di Baal per ottenere vantaggi terreni. Fino a quando non si fossero pentiti, riconoscendo Dio come fonte di ogni benedizione, non ci sarebbe stata nel paese né rugiada né pioggia. PR 71 1 A Elia venne affidata la missione di comunicare ad Acab il castigo che gli era destinato. Il profeta non rivendicò l'incarico di essere il portavoce di Dio: il Signore stesso gli affidò il suo messaggio. Fiero dell'onore di essere al servizio di Dio, Elia non esitò a ubbidire all'ordine divino, anche se questo avesse implicato il rischio di una morte rapida decretata dal re. Il profeta si mise subito in viaggio verso Samaria camminando giorno e notte fino a quando non giunse a destinazione. Arrivato al palazzo reale, non chiese di esservi ammesso né attese di essere formalmente annunciato. Indossando il rozzo vestito portato dai profeti del tempo, passò davanti alle guardie, apparentemente senza essere notato, e si trovò alla presenza del sovrano. PR 71 2 Elia non si scusò per questa sua brusca e inattesa apparizione. Qualcuno, più importante del re d'Israele, lo aveva incaricato di parlare ed egli, levando una mano verso il cielo, affermò solennemente per il Dio vivente che i giudizi dell'Altissimo stavano per abbattersi su Israele. Egli dichiarò: "Com'è vero che il Signore, il Dio d'Israele, vive... Nei prossimi anni non vi saranno né pioggia né rugiada se non quando lo dirò io!" 1 Re 17:1. PR 71 3 Solo un'incrollabile fede nell'infallibile potenza di Dio diede a Elia la forza di trasmettere il suo messaggio. Se non avesse avuto fiducia assoluta in colui che serviva non avrebbe mai osato presentarsi davanti ad Acab. Dirigendosi verso Samaria Elia aveva camminato sulle rive di ruscelli, valicato colline verdeggianti e attraversato foreste maestose che sembravano sfidare la siccità. Ovunque si posasse lo sguardo tutto era rivestito di bellezza. Il profeta avrebbe potuto chiedersi come quei corsi d'acqua che non avevano mai cessato di scorrere potevano inaridirsi e come quelle colline e quelle vallate verdeggianti sarebbero state bruciate dalla siccità. Il dubbio non lo sfiorò nemmeno. Era profondamente convinto che Dio avesse deciso di umiliare il regno di Israele apostata e che tramite il castigo esso sarebbe giunto a pentirsi. L'ordine divino era stato dato; la parola di Dio era certa e quindi, rischiando la vita, Elia adempì coraggiosamente al suo mandato. PR 71 4 Come un fulmine a ciel sereno il messaggio del giudizio imminente giunse alle orecchie del re; ma prima che Acab si riavesse e formulasse una risposta, Elia era scomparso, così com'era venuto, senza aspettare di vedere l'effetto prodotto sul re dal suo messaggio. Il Signore lo aveva preceduto preparandogli la strada e dicendo al profeta: "Parti e vai verso oriente. Nasconditi nei pressi del torrente Cherit, a est del Giordano. Laggiù berrai l'acqua del torrente e io manderò dei corvi a portarti da mangiare". 1 Re 17:3. PR 72 1 Il re ordinò subito di ritrovare il profeta, ma lo cercarono invano. La regina Gezabele, irritata dal messaggio che annunciava la sospensione delle benedizioni divine, non esitò a parlarne con i sacerdoti di Baal i quali si unirono a lei nel maledire il profeta e nello sfidare l'ira dell'Eterno. Ma tutti gli sforzi per rintracciare colui che aveva pronunciato delle parole di maledizione furono inutili. Non poterono nascondere agli israeliti l'annuncio di questo castigo provocato dalla loro evidente idolatria. La notizia si diffuse rapidamente in tutto il paese. Questo messaggio divino risvegliò in alcuni la paura, ma in generale fu accolto con scherno o con disprezzo. PR 72 2 Le parole del profeta ebbero un effetto immediato. Coloro che inizialmente si erano beffati dell'annuncio della siccità, dopo alcuni mesi furono costretti a riflettere seriamente perché la terra, non più bagnata dalla rugiada e dalla pioggia, si inaridì e la vegetazione appassì. Col passare del tempo i ruscelli, che non si erano mai prosciugati, diminuirono la loro portata d'acqua e i torrenti a poco a poco si prosciugarono. Nonostante tutto ciò il popolo fu esortato a fidarsi del potere di Baal e a considerare falsa la profezia di Elia. I sacerdoti insistettero ancora sul fatto che la pioggia cadesse grazie alla potenza di Baal. "Non dovete temere il Dio d'Elia -- dicevano al popolo -- non tremate per le sue parole. È Baal che fa crescere le messi al tempo opportuno e provvede ai bisogni degli uomini e degli animali". PR 72 3 Il messaggio di Dio ad Acab dava a Gezabele, ai suoi sacerdoti e a tutti i seguaci di Baal, l'opportunità di mettere alla prova il potere dei loro dei e, se possibile, di dimostrare la falsità delle parole pronunciate da Elia. La profezia di Elia si contrapponeva alle promesse fatte da centinaia di sacerdoti idolatri. Se, nonostante la dichiarazione del profeta, Baal avesse potuto continuare ad assicurare rugiada e pioggia, a far scorrere regolarmente le acque dei torrenti e a far fiorire la vegetazione, il re d'Israele poteva adorarlo e il popolo affermare che egli era Dio. PR 72 4 Volendo che il popolo restasse nell'errore, i sacerdoti di Baal continuarono a offrire sacrifici ai loro dei e a supplicarli giorno e notte di bagnare la terra. Si impegnarono a placare la collera di questi dei offrendo loro sacrifici grandiosi. Con zelo e perseveranza, degni del migliore obiettivo, essi affollavano gli altari pagani e pregavano ardentemente perché piovesse. Giorno e notte si sentivano le grida delle loro suppliche. Ma nessuna nuvola apparve all'orizzonte, durante il giorno, per mitigare il calore bruciante del sole. Non c'era più rugiada, né pioggia che rinfrescasse la terra arida. Tutti i tentativi dei sacerdoti di Baal risultarono inutili, la decisione divina rimase invariata. PR 73 1 Passò un anno e non piovve. La terra era come arsa dal fuoco. Il cocente calore del sole aveva distrutto quel poco di vegetazione ancora esistente. I corsi d'acqua si erano prosciugati e le mandrie che muggivano e le greggi che belavano andavano errando qua e là in cerca di pascolo. I campi, un tempo fertili, erano diventati dei deserti. Regnava la desolazione. I boschetti consacrati al culto degli idoli avevano perso tutte le loro foglie; gli alberi della foresta ridotti a scheletri non offrivano più la loro ombra. L'aria era secca e soffocante; tempeste di sabbia accecavano e toglievano il respiro. Città e villaggi, un tempo prosperi, erano diventati luoghi desolati. Fame e sete colpivano uomini e animali provocandone la morte. La carestia, con tutti i suoi orrori, si diffondeva ovunque. PR 73 2 Eppure, nonostante queste prove evidenti della potenza di Dio, Israele non si pentì né imparò la lezione che Dio voleva insegnargli. Gli israeliti non capivano che colui che aveva creato la natura ne controllava le leggi e poteva farne uno strumento di benedizione o di maledizione. Schiavi del loro orgoglio e della loro idolatria, essi non erano disposti a umiliarsi davanti a Dio e cominciarono a cercare altre motivazioni a cui attribuire le loro sofferenze. PR 73 3 Gezabele, a sua volta, rifiutò di riconoscere la carestia come un castigo di Dio. Inflessibile nella sua decisione di sfidare il Dio del cielo, insieme al popolo d'Israele denunciò Elia come causa di tutte le loro sofferenze. Non era stato lui a disapprovare le loro forme di culto? Se si fosse riusciti a sbarazzarsi di lui, diceva, la collera degli dei si sarebbe placata e le sofferenze d'Israele sarebbero cessate. PR 73 4 Sollecitato dalla regina, Acab decise di individuare il luogo dove si era rifugiato il profeta. Mandò dei messaggeri nelle nazioni vicine per cercare l'uomo che odiava e temeva al tempo stesso. Nel suo accanimento per perseguitare l'uomo di Dio fece giurare tutti i suoi sudditi di non sapere dove si trovasse il profeta. Le sue ricerche non diedero risultati. Il profeta era protetto dalla malvagità del re i cui peccati avevano attirato sul paese la punizione di un Dio offeso. PR 73 5 Non riuscendo a trovare Elia, Gezabele decise di vendicarsi facendo mettere a morte tutti i profeti dell'Eterno che abitavano in Israele. Nessuno doveva rimanere in vita. Furente attuò il suo progetto massacrando molti servi di Dio. Però non tutti morirono. Abdia, maggiordomo della casa di Acab, ma fedele a Dio, aveva "preso cento profeti" e a rischio della vita "cinquanta li aveva nascosti in una caverna e cinquanta in un'altra e aveva procurato loro cibo e acqua". 1 Re 18:4. PR 73 6 Passò il secondo anno di carestia senza che il cielo mostrasse nessun segno di pioggia. In tutto il regno la siccità continuò la sua opera devastatrice. Padri e madri, impotenti ad alleviare le sofferenze dei loro figli, assistevano alla loro agonia. Ma Israele rifiutò di umiliarsi davanti a Dio e continuò a mormorare contro l'uomo che con il suo messaggio aveva permesso che sul paese si abbattessero i terribili giudizi divini. Il popolo si dimostrava incapace di riconoscere, nella disperazione e nella sofferenza che lo colpiva, un appello al pentimento, un intervento divino che voleva impedire loro di superare quel limite che li avrebbe privati del perdono. PR 74 1 L'apostasia di Israele era un male senz'altro peggiore rispetto ai terribili orrori della carestia. Dio cercava di liberare il popolo dalle sue illusioni e convincerlo a riconoscere colui che aveva donato loro la vita e tutto ciò di cui potevano godere. Egli cercava di aiutarli a ritrovare la fede e questo implicava il superamento di questo periodo di grande afflizione. PR 74 2 "Pensate che io abbia piacere nel veder morire un uomo malvagio? Io, Dio, il Signore, dichiaro che desidero, invece, vederlo cambiare comportamento e vivere... Cessate di essere perversi e ribelli, trasformate i vostri cuori e i vostri spiriti, Israeliti, perché volete morire? Lo ripeto: io, Dio il Signore, non desidero la morte di nessuno. Cambiate vita e vivrete! ... Smettete di agire in modo malvagio, cambiate vita. Perché volete morire?" Ezechiele 18:23, 31, 32; 33:11. Dio aveva mandato a Israele dei messaggeri per invitarlo a riconsacrarsi a lui. Se avessero ascoltato questi appelli, se avessero abbandonato il culto di Baal per rivolgersi nuovamente al Dio vivente, il messaggio di Elia non sarebbe mai stato pronunciato. Ma gli avvertimenti che avrebbero potuto essere "un odore di vita che dà la vita", risultarono per loro "un odore di morte che procura la morte". Feriti e irritati nei confronti dei profeti, gli Israeliti nutrivano per Elia un odio irrefrenabile. Se fosse caduto nelle loro mani lo avrebbero consegnato con gioia alla regina Gezabele. Facendo tacere la sua voce avrebbero forse impedito l'adempimento della profezia? Nonostante questa calamità continuarono a perseverare nell'idolatria, peggiorando così quella situazione che aveva provocato il castigo di Dio. L'unica soluzione possibile per Israele era abbandonare i peccati che avevano provocato la punizione dell'Onnipotente e ritornare a lui con tutto il cuore. Infatti potevano contare su questa certezza: "Il mio popolo, a me consacrato, si umilierà, mi pregherà e abbandonerà la sua condotta cattiva per cercare la mia volontà, io, dal cielo, ascolterò, perdonerò il suo peccato e ridarò vita al paese". 2 Cronache 7:14. Per poter ottenere questa vittoria Dio continuò a impedire che la rugiada e la pioggia cadessero fino a quando non si fosse verificata una radicale riforma. ------------------------Capitolo 10: Severi rimproveri PR 75 1 Per un certo periodo di tempo Elia rimase nascosto vicino al torrente Cherit dove ricevette miracolosamente del cibo. Quando, però, a causa della persistente siccità il torrente si prosciugò, Dio ordinò al suo servitore di emigrare in terra straniera. Gli disse: "Va' a Sarepta, nel territorio di Sidone, e fermati là, perché ho ordinato ad una vedova di provvedere al tuo mantenimento". 1 Re 17:9. PR 75 2 Quella donna non era israelita e non aveva mai goduto né dei privilegi né delle benedizioni del popolo eletto di Dio, ma credeva nel vero Dio ed era fedele al messaggio che aveva conosciuto. Ora che il profeta non era più al sicuro in Israele, Dio lo mandò in casa di quella donna affinché trovasse protezione e assistenza. "Elia partì dunque per Sarepta. Giunto alle porte della città, vide una vedova che raccoglieva legna e le disse: Ti prego, portami una brocca con un po' d'acqua da bere. Mentre la donna andava a prendergli l'acqua, Elia gridò: Portami anche un pezzo di pane!" 1 Re 17:10, 11. PR 75 3 In questa famiglia, caduta in miseria, gli effetti della carestia erano terribili e le scarse provviste della vedova erano sul punto di esaurirsi. L'arrivo di Elia, il giorno stesso in cui ella si chiedeva con ansia se avesse dovuto abbandonare la lotta, mise a dura prova la fede di questa povera donna che contava sulla potenza del Dio vivente che avrebbe sopperito ai suoi bisogni. Anche nella sua crudele miseria, manifestò la sua fede rispondendo positivamente alla domanda dello straniero che gli chiedeva di dividere con lui il suo ultimo mezzo di pane. PR 75 4 Alla richiesta di acqua e pane fatta da Elia, la vedova disse: "Com'è vero che il Signore, il tuo Dio, vive, ti assicuro che non ho più pane! Ho soltanto un pugno di farina e un po' d'olio in una brocca. Adesso raccolgo due pezzi di legna e vado a cuocere una focaccia per me e mio figlio; mangeremo e poi non ci resterà che morire!" Elia le disse: Non preoccuparti! Fa' pure come hai detto, ma prima cuoci una focaccia per me e portamela. Dopo ne farai anche per te e tuo figlio. Infatti il Signore, il Dio d'Israele, ha detto: Il vaso della farina non si svuoterà, nella brocca non mancherà olio fino al giorno in cui io manderò di nuovo la pioggia sulla terra". 1 Re 17:12-14. PR 76 1 Non ci si poteva aspettare una prova di fede maggiore di questa. Fino ad allora la vedova aveva trattato tutti gli stranieri con gentilezza e generosità. Ora, senza tener conto delle ripercussioni di questa scelta sulla sua vita e su quella di suo figlio, e confidando nel Dio di Israele che avrebbe sopperito a ogni sua necessità, accettò di essere ospitale facendo quanto Elia le chiedeva. PR 76 2 L'ospitalità offerta al profeta di Dio da questa donna sirofenicia fu straordinaria e la sua fede e la sua generosità furono meravigliosamente ricompensate. "Ebbero abbastanza cibo per molto tempo. Il vaso della farina e la brocca dell'olio non si svuotarono, come il Signore aveva annunziato per mezzo di Elia". 1 Re 17:15, 16; cfr. 17:17-24. PR 76 3 La vedova di Sarepta divise il suo pezzo di pane con Elia e in cambio la sua vita e quella di suo figlio furono risparmiate. Dio ha promesso una grande benedizione a tutti coloro che nei momenti difficili offrono simpatia e assistenza a chi è particolarmente svantaggiato: egli non è cambiato. Oggi la sua potenza non è inferiore a quella manifestata all'epoca di Elia. È ancora valida la promessa fatta dal Salvatore: "Chi accoglie un profeta per il fatto che è profeta di Dio, riceverà una ricompensa degna di un profeta". Matteo 10:41. PR 76 4 "Non dimenticate di ospitare volentieri chi viene da voi. Ci furono alcuni che, facendo così, senza saperlo ospitarono degli angeli". Ebrei 13:2. Queste parole non hanno perso la loro importanza con il passare dei secoli. Il nostro Padre celeste continua a presentare ai suoi figli delle opportunità che nascondono delle potenziali benedizioni e coloro che ne approfittano proveranno grandi gioie. "...Se dividi il tuo cibo con chi ha fame e sazi il povero, la luce del pieno giorno ti illuminerà. Il Signore ti guiderà sempre: ti sazierà anche in mezzo al deserto e ti restituirà le forze: Sarai rigoglioso come un giardino ben irrigato, come una sorgente che non si prosciuga". Isaia 58:10, 11. PR 76 5 Il Cristo dice oggi ai suoi discepoli fedeli: "Chi accoglie voi accoglie me; e chi accoglie me accoglie il Padre che mi ha mandato". Matteo 10:40. Ogni atto di bontà fatto in nome suo non rimarrà senza ricompensa. Il Signore manifesterà la stessa riconoscenza nei confronti dei più umili e dei più deboli della famiglia di Dio. "Chi darà anche solo un bicchier d'acqua fresca, a uno di questi piccoli perché è mio discepolo, vi assicuro che riceverà la sua ricompensa". Matteo 10:42. PR 76 6 Durante gli anni della siccità e della carestia, Elia pregò con fervore affinché gli israeliti abbandonassero gli idoli e si rivolgessero a Dio. Il profeta attendeva pazientemente questo risveglio mentre l'Eterno colpiva la terra. Pensando alle sofferenze e alla miseria dei suoi compatrioti, provava un profondo dolore e avrebbe desiderato realizzare una rapida riforma fra gli idolatri. Ma Dio stesso attuò il suo piano: il profeta doveva soltanto perseverare nella preghiera e attendere il momento in cui sarebbe entrato coraggiosamente in azione. PR 77 1 L'apostasia del tempo di Acab era il risultato di molti anni di progressivo allontanamento da Dio. A poco a poco Israele aveva abbandonato la via indicata dal Signore. Per generazioni aveva rifiutato di seguire la via del bene, e alla fine quasi tutto il popolo aveva ceduto all'influsso del male. PR 77 2 Circa un secolo era trascorso da quando, sotto il regno di Davide, Israele si era unito al re per innalzare inni di lode all'Altissimo riconoscendo la sua totale dipendenza da colui che, giorno dopo giorno, lo colmava delle sue benedizioni. Ecco le parole di adorazione che erano salite verso il cielo: "...Ti prendi cura della terra, la rendi fertile e molto ricca; i tuoi canali sono ricolmi d'acqua, assicuri agli uomini il frumento...". Salmi 65:10, 11-14. PR 77 3 Israele, allora, aveva riconosciuto Dio come colui che aveva "gettato le fondamenta della terra" e aveva espresso la sua fede con questo canto: "Hai fissato la terra su solide basi... L'oceano la ricopriva con il suo manto, le acque superavano le cime dei monti. Sotto la tua minaccia fuggirono, scapparono al fragore del tuo tuono. Scalarono i monti, discesero valli fino al luogo che tu hai fissato. Hai segnato per loro un confine da non superare perché non tornino a coprire la terra". Salmi 104:59; cfr. Deuteronomio 28:12; Salmi 104:10-14, 24-28. PR 77 4 Israele aveva avuto molte occasioni in cui rallegrarsi. La terra nella quale il Signore lo aveva condotto era una terra dove scorrevano latte e miele. Durante le peregrinazioni nel deserto Dio aveva promesso agli israeliti un paese dove non avrebbero mai sofferto la siccità. PR 77 5 "In questa terra che state per possedere, non sarà come nell'Egitto, da dove siete usciti: là quando seminavate i campi, dovevate irrigarli con fatica, come si fa per un orto; ma nella terra in cui andate ci sono monti e valli e il suolo è irrigato dalla pioggia. Il Signore, vostro Dio, si prende cura di questa terra e la rende sempre rigogliosa dall'inizio alla fine dell'anno". Deuteronomio 11:10-12. PR 77 6 La promessa di abbondanza e fertilità era stata fatta a condizione che essi ubbidissero. "Se ubbidirete veramente agli ordini che oggi vi comunico: se amerete il Signore, vostro Dio, e lo servirete con tutto il cuore e con tutta l'anima, egli farà scendere la pioggia sui vostri campi nella stagione giusta, in autunno e in primavera, e voi ne ricaverete frumento, vino e olio. Il Signore farà crescere nei pascoli l'erba per il vostro bestiame. Avrete sempre da mangiare e da saziarvi". Deuteronomio 11:13-15. PR 77 7 Dio aveva dato al popolo questo avvertimento: "State attenti e non lasciatevi ingannare: non allontanatevi dal Signore, non servite dèi stranieri e non adorateli. Altrimenti il Signore andrà in collera contro di voi: chiuderà il cielo e non vi sarà più pioggia. Allora la terra non darà più raccolti, e voi scomparirete presto dalla terra fertile che il Signore sta per assegnarvi". Deuteronomio 11:16, 17; cfr. anche 28:15, 23, 24. Questi avvertimenti erano molto chiari eppure, con il passare dei secoli e con l'avvicendarsi delle generazioni, i consigli divini per il benessere spirituale del popolo vennero dimenticati e gli influssi deleteri dell'apostasia minacciarono di far crollare le barriere protettive della grazia divina. PR 78 1 Ecco perché Dio colpiva il suo popolo con i più severi giudizi. Per tre anni il messaggero che annunciava la sventura fu cercato in ogni città e nazione. In seguito alla richiesta di Acab molti governanti avevano data la loro parola d'onore affermando che il profeta non si trovava sul loro territorio. Comunque la ricerca proseguì: Gezabele e i profeti di Baal odiavano Elia e non trascuravano nessun tentativo per poterlo catturare. Nel frattempo la siccità continuava. PR 78 2 "Qualche tempo dopo" il Signore si rivolse a Elia: "Presentati al re Acab perché sto per far cadere la pioggia sulla terra". Ubbidendo all'ordine "Elia andò dal re Acab". 1 Re 18:1, 2. Mentre il profeta si metteva in viaggio diretto a Samaria, Acab propose ad Abdia, il maggiordomo della sua casa, di cercare accuratamente vicino a "tutte le sorgenti e i corsi d'acqua" per trovare dell'erba per le greggi e le mandrie affamate. Perfino nei pressi della corte reale l'effetto della prolungata siccità si faceva sentire in modo acuto. Il re, seriamente preoccupato per la sua stessa famiglia, decise di unirsi personalmente nella ricerca dei pascoli. "...Acab e Abdia si divisero le zone del territorio da esplorare e partirono ognuno in direzione diversa. Mentre Abdia era in cammino, all'improvviso vide Elia venirgli incontro. Lo riconobbe, si inchinò fino a terra e gli disse: 'Sei proprio tu, Elia, mio signore?'". PR 78 3 Durante l'apostasia d'Israele Abdia era rimasto fedele. Il re non era riuscito a fargli rinunciare alla fedeltà al Dio vivente. Ora riceveva l'onore di portare un messaggio di Elia: "Va' a riferire al tuo padrone che mi hai visto qui". PR 78 4 Terrorizzato, Abdia esclamò: "Che cosa ho fatto di male? Vuoi proprio che Acab mi uccida?" Trasmettere un simile messaggio al re significava incorrere in una morte sicura. Abdia spiegò al profeta: "Com'è vero che il Signore il tuo Dio, vive, non c'è nazione o regno della terra in cui il re Acab non ti abbia fatto cercare! Quando rispondevano che non c'eri, Acab pretendeva addirittura un giuramento! Come puoi chiedermi di dire ad Acab che tu, Elia, sei qui? Quando io me ne sarò andato, lo Spirito del Signore ti trasporterà non so dove. Io intanto andrò a dire ad Acab quel che mi hai detto; lui non ti troverà e mi ucciderà!" 1 Re 18:13, 14. Abdia supplicò il profeta di non insistere. PR 79 1 Elia allora, con un solenne giuramento rispose: "Com'è vero che il Signore dell'universo vive, io, suo servo, ti assicuro che oggi stesso mi farò vedere dal re!" 1 Re 18:15. Abdia dunque, rassicurato, andò da Acab e glielo disse. PR 79 2 Con stupore misto a terrore il re ascoltò il messaggio dell'uomo che temeva e odiava e che aveva cercato instancabilmente. Si rendeva conto che Elia non avrebbe messo in pericolo la propria vita semplicemente per incontrarsi con lui. Il profeta stava forse per pronunciare un'altra sentenza contro Israele? Il re era terrorizzato. Ricordava il braccio paralizzato di Geroboamo; non poteva rifiutare un incontro con l'uomo di Dio e neanche pensare di fargli del male. Così, scortato dalla sua guardia del corpo, il re tremante andò incontro al profeta. PR 79 3 Eccoli l'uno di fronte all'altro. Sebbene Acab nutrisse un odio profondo per Elia, in presenza del profeta sembrava privo di energia, disarmato. Con le sue prime parole esitanti: "Sei tu la causa di tutte le disgrazie di Israele!" inconsciamente rivelò gli intimi sentimenti del suo cuore. 1 Re 18:17. Acab sapeva che era Dio che aveva decretato la siccità ma cercò di fare ricadere sul profeta la responsabilità dei giudizi abbattutisi sul paese. PR 79 4 Chi si comporta male considera i messaggeri di Dio responsabili delle disgrazie che si verificano in seguito alla trasgressione delle leggi divine. Coloro che cedono al potere di Satana sono incapaci di vedere le cose come le vede Dio. Quando viene loro presentata la verità, essi sono indignati al pensiero di dover ricevere un rimprovero. Accecati dal peccato, rifiutano di pentirsi; pensano che i servitori di Dio si siano schierati contro di loro e siano quindi degni dei più terribili castighi. PR 79 5 Consapevole della sua innocenza Elia non cercò né di scusarsi né di adulare il re. Non cercò neanche di placare la sua ira comunicandogli la buona notizia che la siccità stava per finire. Non aveva nessuna scusa da presentare. Indignato e preoccupato soltanto per l'onore di Dio, respinse l'accusa di Acab dicendogli, senza timore, che erano stati i suoi peccati e quelli dei suoi padri ad attirare sul popolo d'Israele quella terribile calamità: "Non sono io! La causa delle disgrazie d'Israele siete voi, tu e la tua famiglia, perché avete smesso di osservare i comandamenti del Signore e avete adorato gli idoli di Baal!" 1 Re 18:18. PR 79 6 Anche oggi è necessario ascoltare la voce che rimprovera gli uomini per i gravi peccati che li hanno separati da Dio. L'incredulità è sempre più di moda. Migliaia di persone affermano: "Non vogliamo che costui regni su noi". Luca 19:14 (Luzzi). Molto spesso i sermoni presentati non provocano nessun effetto duraturo; la tromba non dà nessun segnale d'allarme e le chiare e incisive verità della Parola di Dio non penetrano nel cuore degli uomini. PR 80 1 Se alcuni di coloro che si definiscono cristiani dovessero esternare i loro reali sentimenti direbbero: "È veramente necessario parlare con chiarezza?" Potrebbero anche porsi le seguenti domande: "Era forse necessario che Giovanni Battista dicesse ai farisei: "Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter fuggire al castigo, che ormai è vicino?" Luca 3:7. Che bisogno c'era di provocare l'ira di Erodiade dicendo a Erode che non era lecito vivere con la moglie di suo fratello? Il precursore di Cristo, perse la vita per aver parlato con franchezza. Non poteva fare a meno di provocare coloro che vivevano nel peccato?" PR 80 2 Così ragionano gli uomini che dovrebbero presentarsi come i fedeli guardiani della legge di Dio. In questo modo la diplomazia ha preso il posto della fedeltà e il peccato viene tollerato. Quando sentiremo risuonare nuovamente nella chiesa dei messaggi di rimprovero? PR 80 3 "Quell'uomo sei tu". 2 Samuele 12:7. Queste parole, che non potevano essere fraintese, furono pronunciate da Natan quando si rivolse a Davide. Oggi le sentiamo pronunciare raramente da un pulpito, difficilmente le leggiamo sui giornali. Se venissero ripetute più frequentemente, vedremmo la potenza di Dio manifestarsi fra gli uomini. I servitori dell'Eterno non si lamenterebbero di lavorare inutilmente se si pentissero della loro tendenza ad approvare il male e del loro desiderio di accontentare gli uomini privando la verità del suo valore. PR 80 4 I messaggeri del Signore che cercano di piacere agli uomini e gridano: "Pace, pace", quando Dio non ne ha parlato, dovrebbero umiliarsi davanti al Signore e chiedergli perdono per la loro ipocrisia e la loro mancanza di coraggio morale. Non sono motivati dall'amore per il prossimo quando attenuano il tono del messaggio loro affidato, ma pensano al proprio interesse e amano il quieto vivere. Il vero amore ha come primo obiettivo il rispetto per Dio e la salvezza degli uomini. Chi nutre questo tipo di amore non si sottrae alla verità per mettersi al riparo dalle conseguenze, non sempre piacevoli, della sincerità. Quando le persone sono in pericolo, i messaggeri di Dio non penseranno a loro stessi ma si esprimeranno con chiarezza senza scusare o mitigare il male. PR 80 5 Tutti coloro che collaborano con il Signore dovrebbero rendersi conto del carattere sacro della loro missione e della sacralità della loro opera, manifestando il coraggio di Elia! PR 80 6 In quanto messaggeri del cielo si assumono gravi responsabilità. Essi devono rimproverare, raccomandare e incoraggiare, usando tutta la pazienza e la capacità d'insegnare. Cfr. 2 Timoteo 4:2. Al posto di Cristo devono gestire, come buoni amministratori, i misteri del cielo, incoraggiando coloro che sono fedeli, avvertendo gli increduli. Le abitudini sociali non possono influenzarli. Essi non si devono mai allontanare dalla via tracciata da Gesù. Devono camminare per fede e ricordarsi che sono circondati da tantissimi testimoni. Non devono presentare il loro punto di vista, ma diffondere il messaggio che è stato affidato loro da colui la cui potenza è superiore a quella di tutti i potenti della terra. Questo messaggio deve essere sempre: "Così dice l'Eterno". PR 81 1 Dio chiama uomini come Elia, Nathan e Giovanni Battista, uomini che trasmetteranno il suo messaggio con fedeltà indipendentemente dalle conseguenze che potrebbero derivarne; uomini che affermeranno coraggiosamente la verità anche a costo di sacrificare tutto ciò che posseggono. PR 81 2 Dio non può fidarsi di uomini che nei momenti difficili, quando sono indispensabili la loro forza, il loro coraggio e il loro esempio, hanno paura di assumere una posizione ferma in favore della giustizia. Egli cerca uomini che sappiano lottare fedelmente contro l'ingiustizia, "contro i principati, contro le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità che sono nei luoghi celesti". A questi dirà: "Bene, sei un servo bravo e fedele... entra nella gioia del tuo Signore!" Matteo 25:23. ------------------------Capitolo 11: Il monte Carmelo PR 82 1 In piedi, davanti ad Acab, Elia ordinò che tutto Israele si presentasse per incontrarsi con lui e con i profeti di Baal e di Asera sul monte Carmelo: "Ora fai riunire tutto il popolo d'Israele intorno a me sul monte Carmelo e convoca i quattrocentocinquanta profeti del dio Baal e i quattrocento della dea Asera, i protetti della regina Gezabele". 1 Re 18:19. PR 82 2 L'ordine era stato dato da qualcuno che sembrava si sentisse in presenza dell'Eterno e Acab si affrettò a ubbidire come se il profeta fosse il sovrano e il re un suo suddito. Veloci messaggeri furono inviati in tutto il regno per trasmettere al popolo l'invito di incontrarsi con Elia e con i profeti di Baal e di Asera. In ogni città o villaggio la gente si preparò per questo appuntamento per la data stabilita. Avvicinandosi al luogo prestabilito, molti avevano strani presentimenti: sarebbe successo qualcosa di straordinario, altrimenti non sarebbero stati convocati sul monte Carmelo. Quale nuova calamità stava per abbattersi sul popolo e sul paese? PR 82 3 Prima della siccità il Carmelo era stato un luogo meraviglioso con i suoi ruscelli alimentati da sorgenti inesauribili, i suoi pendii ammantati di fiori e i suoi verdeggianti boschetti. Ora invece questo scenario rigoglioso languiva a causa della maledizione. Gli altari eretti a Baal e ad Asera si trovavano in mezzo ad alberi brulli. Su una delle cime più alte, in stridente contrasto con gli altri luoghi d'adorazione, l'altare dell'Eterno giaceva in rovina. PR 82 4 La catena del Carmelo dominava un'immensa pianura. Le sue vette si potevano individuare da quasi tutte le zone del regno d'Israele. Ai piedi del Carmelo, da alcuni punti particolari, si poteva scorgere tutto quello che accadeva in cima. Era proprio là che il Signore era stato disonorato in maniera così eclatante dal culto idolatra, celebrato sui verdi pendii del monte. Proprio questo fu il luogo scelto da Elia come posto ideale per sottolineare la potenza di Dio e riscattare l'onore del suo nome. PR 82 5 Fin dal mattino, nel giorno stabilito, le folle dell'Israele apostata si riunirono vicino alla cima del monte Carmelo, in ansiosa attesa. I profeti di Gezabele avanzavano in gran pompa. Il re, in tutto il suo fasto regale, camminava davanti ai sacerdoti e gli idolatri lo accolsero con grida frenetiche. I profeti erano comunque pervasi da una strana sensazione di timore pensando alle parole di Elia che aveva predetto la siccità per tre anni e mezzo. Erano certi che si sarebbe verificato qualcosa di terribile. Gli dei che servivano erano stati incapaci di dimostrare la falsità delle parole di Elia. Erano rimasti indifferenti alle loro grida deliranti, alle preghiere, alle lacrime, all'umiliazione, alle cerimonie rivoltanti, ai sacrifici continui e dispendiosi. PR 83 1 Ecco che Elia si presenta davanti al re e ai falsi profeti, circondato dalla folla degli israeliti, il solo che rivendica l'onore dell'Eterno. Colui che era stato accusato da tutti di essere il responsabile delle loro disgrazie ora si trova, apparentemente indifeso, in presenza del monarca d'Israele, dei profeti di Baal, dei soldati e di tutto il popolo. Elia, però, non è solo; è circondato dagli eserciti celesti, da angeli straordinariamente potenti. PR 83 2 Senza timori o incertezze, il profeta affronta la folla, pienamente cosciente della grandezza del compito che gli è stato affidato. Il suo volto è illuminato da un'espressione di maestosa solennità. Il popolo attende con impazienza di ascoltarlo. Elia, dopo aver guardato l'altare di Dio in rovina, fissa la folla e quindi, con un tono simile a uno squillo di tromba, grida: "Fino a quando ondeggerete senza decidervi? Se il Signore è Dio servitelo, ma se il Dio è Baal, servite lui!" 1 Re 18:21. PR 83 3 La folla non risponde. Nessuno, in quella grande assemblea, osa esprimere la propria fedeltà all'Eterno. L'ignoranza e l'errore si erano diffusi in Israele come le nuvole nere di un temporale. L'apostasia non si era manifestata improvvisamente ma gradualmente, nella misura in cui si ostinavano a ribellarsi alle parole di avvertimento e di rimprovero che il Signore rivolgeva loro. Ogni deviazione dalla retta via, ogni rifiuto di pentirsi, avevano aumentato le loro responsabilità e li avevano allontanati da Dio. Anche in questo momento di particolare tensione, il popolo si ostinava a non schierarsi dalla parte di Dio. PR 83 4 Il Signore non sopporta l'indifferenza e l'infedeltà nei momenti di crisi che può attraversare la sua chiesa. L'intero universo osserva con grande interesse le scene conclusive del conflitto fra il bene e il male. Il popolo di Dio si sta avvicinando alle frontiere del mondo eterno: che cosa ci può essere di più importante della fedeltà all'Altissimo? In ogni epoca, Dio ha avuto i suoi eroi della fede e ce ne sono ancora oggi. Eroi che, come Giuseppe, Elia e Daniele, non si vergognano di far parte del popolo eletto. Benedizioni particolari sono riservate a coloro che agiscono, senza mai trascurare il proprio dovere, e che gridano con forza divina: "...chi sta con il Signore venga qua!" Esodo 32:26. Uomini che non si limitano a pronunciare queste parole, ma esigono che coloro che vogliono identificarsi con il popolo di Dio si espongano e mostrino chiaramente la loro fedeltà al Re dei re e al Signore dei signori. Uomini simili subordinano la loro volontà e i loro progetti alla legge divina. Per amore del Signore non si preoccupano della loro vita. Tutto ciò che desiderano è comprendere la Parola di Dio e diffonderla nel mondo intero. Il loro motto è: fedeli a Dio. PR 84 1 Mentre sul monte Carmelo Israele dubita ed esita, la voce di Elia rompe nuovamente il silenzio: "Sono rimasto solo io, sono l'unico profeta del Signore, mentre quelli di Baal sono quattrocentocinquanta. Portateci due tori. I profeti di Baal ne sceglieranno uno, lo faranno a pezzi e lo metteranno sulla legna sopra l'altare, senza però darvi fuoco. Io preparerò l'altro, lo metterò anch'io sulla legna, ma non accenderò il fuoco. Voi invocherete i vostri dèi e io invocherò il Signore. Il vero Dio sarà quello che risponderà mandando il fuoco!" 1 Re 18:22-24. PR 84 2 La proposta di Elia è così ragionevole che il popolo non può sottrarvisi e trova il coraggio di rispondere: "Siamo d'accordo!" I profeti di Baal non osano protestare. Rivolgendosi direttamente a loro, Elia dice: "Scegliete un toro e cominciate voi per primi, perché siete più numerosi. Invocate i vostri dèi ma non accendete il fuoco". 1 Re 18:25. PR 84 3 Apparentemente baldanzosi e provocatori, ma con il terrore nel cuore, i falsi profeti preparano il loro altare, sistemano la legna e la vittima, e iniziano quindi i loro riti. Le loro grida acute echeggiano attraverso le foreste e le colline circostanti mentre invocano il nome del loro dio dicendo: "Baal, ascoltaci!" I sacerdoti si raccolgono intorno al loro altare e con salti, contorcimenti e urla, strappandosi i capelli e facendosi incisioni sulla pelle, implorano il loro dio di aiutarli. PR 84 4 Trascorre tutta la mattinata, giunge mezzogiorno, ma non c'è nessuna certezza che Baal ascolti le grida dei suoi seguaci delusi. Non c'è nessuna voce, nessuna risposta alle loro frenetiche preghiere. Il sacrificio non viene consumato. PR 84 5 Mentre continuano i loro strani riti, i sacerdoti più astuti cercano di trovare un espediente per riuscire ad accendere il fuoco dell'altare e far credere al popolo che il fuoco sia stato inviato da Baal. Ma Elia vigila su ogni loro movimento e i sacerdoti, sperando contro ogni speranza, di trovare una qualsiasi opportunità per ingannarlo, continuano a celebrare le loro cerimonie senza senso. PR 84 6 "Verso mezzogiorno Elia cominciò a prenderli in giro: 'Gridate più forte, perché Baal è un dio! È occupato! Oppure ha dovuto assentarsi un momento! Si è messo in viaggio! Dorme! Svegliatelo!'. I profeti di Baal si misero a gridare più forte. Secondo il loro rituale si fecero dei tagli sul corpo con spade e lance, fino a far uscire il sangue. Nel pomeriggio parlarono in estasi fino all'ora del sacrificio, ma non udirono nessuna voce e non ebbero alcun cenno di risposta". 1 Re 18:27-29. PR 85 1 Satana sarebbe venuto, molto volentieri, in aiuto di coloro che stava ingannando e che si dedicavano al suo servizio. Volentieri avrebbe mandato un fulmine per bruciare il loro sacrificio! Ma Dio aveva posto un limite al suo potere, e quindi i migliori espedienti sarebbero risultati inutili anche per provocare una semplice scintilla sull'altare di Baal. PR 85 2 Alla fine, con le voci rauche per le grida continue, gli abiti macchiati di sangue per le ferite che si erano provocati, i sacerdoti caddero in preda alla disperazione. Con accresciuta frenesia, a questo punto aggiunsero alle loro invocazioni terribili maledizioni per il loro dio sole, mentre Elia continuava a sorvegliarli attentamente perché sapeva che, se con qualche espediente i sacerdoti fossero riusciti ad accendere il fuoco sull'altare, egli sarebbe stato fatto letteralmente a pezzi. PR 85 3 Si avvicina la sera. I profeti di Baal sono esausti, spossati, confusi. Uno suggerisce una cosa, l'altro ne suggerisce un'altra, fino a quando alla fine rinunciano a proseguire. Le loro urla e le loro imprecazioni non echeggiano più sul monte Carmelo. Disperati, desistono dalla lotta. PR 85 4 Per l'intera giornata il popolo aveva assistito allo spettacolo dei sacerdoti frustrati. Aveva visto la loro folle danza intorno all'altare, quasi avessero voluto afferrare i raggi cocenti del sole per realizzare il loro obiettivo. Aveva assistito con orrore alle spaventose mutilazioni che i sacerdoti stessi si erano procurate e aveva avuto l'opportunità di riflettere sulla follia dell'idolatria. Molti nella folla erano stanchi delle esibizioni demoniache e aspettavano ora con crescente curiosità le mosse di Elia. PR 85 5 Al momento del sacrificio della sera Elia dice al popolo: "Avvicinatevi tutti!" Mentre le persone si avvicinano tremando, egli si volge verso l'altare demolito, dove un tempo gli uomini adoravano il Dio del cielo e lo ricostruisce. Per il profeta quell'ammasso di rovine è più prezioso di tutti i sontuosi altari del paganesimo. PR 85 6 Nel ricostruire l'altare, Elia rivelò il suo rispetto per il patto fatto dal Signore con Israele quando il popolo attraversò il Giordano e raggiunse la terra promessa... "Prese dodici pietre, una per ogni tribù dei discendenti di Giacobbe... Con queste pietre ricostruì l'altare dedicato al Signore". 1 Re 18:31, 32. PR 85 7 Confusi ed esausti per i loro sforzi inutili, i sacerdoti di Baal aspettano di vedere che cosa farà Elia. Essi odiano il profeta per aver proposto una prova che ha messo in luce la debolezza e l'inefficienza dei loro dèi, però ne temono il potere; il popolo, anch'esso impaurito e quasi trattenendo il respiro osserva Elia che prepara il suo sacrificio. L'atteggiamento tranquillo dell'uomo di Dio contrasta nettamente con la frenesia fanatica e insensata dei seguaci di Baal. PR 86 1 Ricostruito l'altare il profeta scava intorno un fosso e dopo aver preparato la legna e il toro mette la vittima sull'altare e ordina alle persone di versare acqua sull'olocausto e sulla legna. ""Riempite quaranta vasi d'acqua e versatela sull'offerta e sulla legna". Lo ripeté per tre volte e per tre volte gli Israeliti eseguirono il suo ordine. L'acqua scorreva intorno all'altare e il fosso si riempì". 1 Re 18:34, 35. PR 86 2 Elia ricorda allora agli israeliti che è stata la loro costante apostasia a provocare l'ira dell'Eterno; li invita al pentimento e a rivolgersi al Dio dei loro padri affinché Israele venga liberato dalla calamità che lo ha colpito. Quindi, inchinandosi con riverenza davanti al Dio invisibile, alza le mani al cielo e pronuncia una semplice preghiera. I profeti di Baal avevano urlato, si erano scalmanati dall'alba fino al tramonto. Elia prega in silenzio. Intercede presso Dio sapendo che è presente e ascolta le sue parole. I profeti di Baal avevano pregato con parole violente e sconclusionate. Elia prega semplicemente, con fervore; chiede a Dio di dimostrare la sua superiorità su Baal, affinché Israele possa ritornare a lui. PR 86 3 Il profeta prega: "Signore, Dio d'Abrahamo, d'Isacco e d'Israele! È venuto il momento! Fa' vedere a tutti che tu sei Dio in Israele, che io sono il tuo servo e che ho fatto tutto questo per ordine tuo. Ascoltami, Signore! Così questo popolo capirà che tu solo, o Signore, sei Dio e che ora conduci di nuovo Israele ad esserti fedele". 1 Re 18:36, 37. PR 86 4 Un silenzio solenne grava su tutti. I profeti di Baal tremano di paura. Consci della loro colpevolezza si aspettano un rapido castigo. PR 86 5 Non appena Elia conclude la sua preghiera, fiamme di fuoco simili a lampi scintillanti scendono dal cielo, sopra l'altare, bruciando il sacrificio, prosciugando l'acqua del fossato e consumando persino le pietre dell'altare. Lo splendore delle fiamme illumina la montagna e abbaglia gli occhi della folla. Nelle valli sottostanti, dove molti stanno osservando con impaziente scetticismo i movimenti dei profeti, si vede chiaramente il fuoco e tutti rimangono stupiti dallo spettacolo che somiglia alla colonna di fuoco che al mar Rosso separò i figli d'Israele dall'esercito egiziano. PR 86 6 Sul monte Carmelo la folla si inchina davanti al Dio invisibile; non osa continuare a guardare il fuoco sceso dal cielo per paura di essere anch'essa consumata. Convinti di dovere riconoscere il Dio di Elia come il Dio dei loro padri, gli israeliti gridano all'unisono: "...Il Signore è Dio! È lui il vero Dio!" 1 Re 18:39. Con impressionante chiarezza il grido risuona sul monte ed echeggia nella pianura sottostante. Alla fine Israele è risvegliato, disincantato, pentito. Finalmente il popolo vede fino a che punto ha disonorato Dio. Il carattere del culto di Baal risulta chiaramente in contrasto col servizio ragionevole richiesto dal vero Dio. Il popolo riconosce la giustizia e la misericordia del Signore nel trattenere la rugiada e la pioggia per indurlo a confessare il suo nome. È ormai pronto ad ammettere che il Dio di Elia è al di sopra di ogni idolo. PR 87 1 I sacerdoti di Baal assistono costernati alla meravigliosa dimostrazione della potenza di Dio. Eppure, nella sconfitta e in presenza della gloria divina, rifiutano di pentirsi e intendono rimanere profeti di Baal. In questo modo dimostrano di meritare il castigo divino. Affinché Israele pentito sia protetto dagli inganni di coloro che gli hanno insegnato ad adorare Baal, Elia è incaricato dal Signore di eliminare questi falsi profeti. Il popolo si ribella nei confronti di coloro che lo hanno ingannato e quando Elia ordina: "Prendete i profeti di Baal! Non lasciatene scappare neppure uno!" (1 Re 18:40), è pronto a ubbidire. I falsi profeti vengono presi, portati al torrente Kison e là, prima di concludere questa giornata che ha segnato l'inizio di una decisa riforma, vengono messi a morte. Nessuno si salva. ------------------------Capitolo 12: Da Izreel a Oreb PR 88 1 Con la morte dei profeti di Baal era iniziata una nuova fase per attuare una profonda riforma spirituale fra le dieci tribù del regno d'Israele. Elia aveva denunciato l'apostasia del popolo e lo aveva invitato a umiliarsi e a ritornare al vero Dio. I giudizi del cielo erano stati eseguiti, gli israeliti avevano confessato i loro peccati e riconosciuto il Dio dei loro padri come un Dio vivente. Ora la maledizione sarebbe stata revocata e rinnovate le benedizioni materiali. La terra sarebbe stata finalmente rinfrescata dalla pioggia. PR 88 2 Elia disse ad Acab: "Ora va' pure a mangiare e a bere, perché si sente già il rumore della pioggia". 1 Re 18:41. Poi il profeta salì in cima al monte a pregare. PR 88 3 Nessun segno premonitore di un temporale imminente aveva indotto Elia ad avvertire Acab di prepararsi per la pioggia. Il profeta non aveva visto nessuna nube in cielo, non aveva udito nessun tuono. Egli pronunciò semplicemente le parole che lo Spirito del Signore gli suggeriva in risposta alla sua grande fede. Per tutto il giorno aveva compiuto con fermezza incrollabile la volontà divina e manifestato la sua implicita fiducia nelle profezie delle Scritture. Dopo aver fatto tutto ciò che poteva, sapeva che Dio avrebbe accordato ricche benedizioni. Lo stesso Dio che aveva mandato la siccità aveva promesso pioggia abbondante a tutti coloro che si sarebbero comportati correttamente. Elia attendeva quindi che piovesse. Manifestando la sua umiltà, con "la testa fra le ginocchia" intercedeva ora presso Dio in favore di un Israele pentito. PR 88 4 Elia mandò ripetutamente il suo servitore in un punto in cui si scorgeva il Mediterraneo, per vedere se vi fosse qualche segno visibile indicante che Dio aveva udito la sua preghiera. Ma ogni volta il servitore tornava dicendo: "Non c'è niente". Il profeta non diventò impaziente né perse la sua fede e continuò a pregare con fervore. Per sei volte il servitore ritornò affermando che non vi era nessun segno di pioggia nel cielo limpido. PR 88 5 Elia, fermo nella sua convinzione, lo inviò ancora una volta e quando tornò pronunciò queste parole: "Una piccola nube, non più grande del palmo di una mano, sta salendo dal mare". Era quanto bastava. L'uomo di Dio non attese che il cielo si oscurasse. In quella piccola nuvola egli vide per fede una pioggia abbondante e con questa fede mandò il suo servo da Acab per dirgli: "Attacca i cavalli al carro e scendi, che la pioggia non si fermi". 1 Re 18:44 (Luzzi). PR 89 1 Elia era un uomo di grande fede e Dio si servì di lui in questo grave momento di crisi della storia d'Israele. Pregando, la sua fede si rafforzava e si appropriava delle promesse divine. Egli perseverava nella preghiera fino a quando non vedeva esaudite le sue richieste. Elia non si aspettava l'adempimento completo, ma la prova che Dio lo avesse ascoltato ed era pronto a rischiare tutto contando su un semplice segno del consenso divino. Tutti coloro che lavorano per il Signore possono fare ciò che ha fatto Elia, perché del profeta dei monti di Galaad sta scritto: "Il profeta Elia era soltanto un uomo come noi. Egli pregò con insistenza chiedendo che non venisse la pioggia e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi". Giacomo 5:17. PR 89 2 Oggi gli uomini hanno bisogno di una fede simile a quella di Elia: una fede che sa cogliere le promesse divine e permette di implorare Dio fino alla certezza di essere stati esauditi. Questa fede ci unisce maggiormente al Signore e ci dà la forza necessaria per lottare contro il male. Grazie alla fede i figli di Dio "conquistarono paesi, praticarono la giustizia, ottennero ciò che Dio aveva loro promesso. Chiusero le fauci dei leoni, riuscirono a spegnere fuochi violenti, evitarono di essere uccisi con la spada. Essi erano deboli e diventarono forti, furono potenti in battaglia e cacciarono indietro invasori stranieri". Ebrei 11:33, 34. Per fede possiamo raggiungere gli obiettivi che Dio ci propone. "...Tutto è possibile per chi ha fede". Marco 9:23. PR 89 3 La fede è un elemento indispensabile della preghiera efficace. "...chi si avvicina a Dio deve credere che Dio esiste e ricompensa quelli che lo cercano" (Ebrei 11:6); "...egli ci ascolta se gli chiediamo qualcosa secondo la sua volontà. Sapendo dunque che Dio ascolta le nostre preghiere, noi abbiamo la certezza di possedere già quello che gli abbiamo chiesto". 1 Giovanni 5:14, 15. PR 89 4 Con la fede perseverante di Giacobbe, con l'ostinata insistenza di Elia, possiamo presentare le nostre richieste al Padre, credendo in tutte le sue promesse. L'onore del suo trono dipende dall'adempimento della sua parola. PR 89 5 Le ombre della sera calavano sul monte Carmelo mentre il re Acab si preparava a scendere. "Nel frattempo il cielo si era riempito di nuvole scure e il vento si era messo a soffiare. Poi cominciò a piovere a dirotto. Acab tornò con il suo carro nella città di Izreel". 1 Re 18:45. Mentre procedeva verso la città reale, sotto la pioggia accecante e le fitte tenebre, non era in grado di scorgere la strada davanti a sé. Elia, che quel giorno lo aveva umiliato davanti ai suoi sudditi e aveva messo a morte i suoi profeti idolatri, lo riconosceva ancora come re d'Israele e ora, come atto di omaggio, grazie alla potenza di Dio, si mise a correre davanti al carro reale guidando così il re fino alla porta della città. PR 90 1 In questo atto di cortesia da parte del messaggero di Dio verso un re malvagio c'è un esempio per tutti coloro che si dicono servitori di Dio, ma sono molto orgogliosi. Alcuni, infatti, si considerano superiori e non vogliono abbassarsi a compiere doveri che ritengono servili. Essi esitano addirittura a offrire un certo servizio per paura di svolgere un compito troppo umile. PR 90 2 Quanto avrebbero da imparare dall'esempio di Elia! Alla sua parola le benedizioni divine non si erano riversate sulla terra per tre anni e mezzo; Dio lo aveva onorato quando, sul monte Carmelo, il fuoco era sceso dal cielo per consumare l'olocausto. La sua mano aveva eseguito il giudizio di Dio uccidendo i profeti idolatri; la sua preghiera per la pioggia era stata esaudita. E dopo i grandi trionfi con i quali Dio aveva voluto onorare il suo ministero pubblico, Elia era disposto a offrire il servizio di un semplice servo. PR 90 3 Alla porta di Izreel, Elia e Acab si separarono. Il profeta scelse di fermarsi fuori dalle mura della città: si avvolse nel suo mantello e si distese sul nudo suolo per dormire. Il re entrò nella città, e raggiunto velocemente il suo palazzo, raccontò alla regina gli straordinari eventi di quel giorno e la magnifica rivelazione della potenza divina che aveva convinto Israele che l'Eterno era il vero Dio ed Elia il suo messaggero. Ma quando Acab riferì alla regina impenitente e insensibile l'uccisione dei profeti idolatri, ella divenne furibonda. Si rifiutò di riconoscere negli eventi del Carmelo la potenza di Dio e affermò con tono di sfida che Elia doveva morire. PR 90 4 Quella notte un messaggero svegliò il profeta e gli riferì il messaggio di Gezabele: "Mi puniscano gli dèi, se entro domani a quest'ora non ti avrò fatto fare la stessa fine dei profeti". 1 Re 19:2. PR 90 5 Si potrebbe pensare che dopo aver dato prova di un grande coraggio e ottenuto una così brillante vittoria sul re, sui sacerdoti e sul popolo, Elia non avrebbe mai più provato scoraggiamento né si sarebbe lasciato intimidire da nessuno. Ma colui che aveva sperimentato la protezione divina non era esente dalle debolezze umane, e in quel momento la fede e il coraggio lo abbandonarono. Sconcertato e confuso si alzò. La pioggia continuava a cadere e le tenebre avvolgevano tutto intorno a lui. Dimenticando che tre anni prima Dio gli aveva indicato un luogo sicuro per sottrarsi all'odio di Gezabele e alle ricerche di Acab, il profeta fuggì per salvarsi la vita. Giunse a Bersabea, vi "lasciò il suo servitore e proseguì nel deserto un'altra giornata di cammino". 1 Re 19:4. PR 91 1 Elia non avrebbe mai dovuto abbandonare il luogo in cui compiere la sua opera. Avrebbe dovuto affrontare la collera di Gezabele, chiedendo la protezione di colui che l'aveva inviato per vendicare l'onore del suo nome, avrebbe dovuto dire al messaggero della regina che il Dio in cui riponeva la sua fiducia lo avrebbe protetto. Erano trascorse soltanto poche ore da quando aveva assistito alla meravigliosa manifestazione della potenza divina. Ciò avrebbe dovuto dargli la certezza che non sarebbe stato abbandonato. Rimanendo dov'era, e facendo di Dio il suo rifugio e la sua forza, sarebbe stato preservato dal male. Il Signore gli avrebbe fatto riportare un'altra vittoria, altrettanto eclatante, inviando a Gezabele un terribile castigo. L'impressione prodotta sul re e sul popolo avrebbe provocato una grande riforma. PR 91 2 Elia si era aspettato molto dal miracolo del Carmelo. Aveva creduto che dopo questa manifestazione della potenza divina, Gezabele avrebbe perso il suo ascendente su Acab e che in Israele si sarebbe operata una rapida riforma. Per tutta la giornata aveva lavorato sulla vetta del Carmelo senza prendere cibo. Eppure quando aveva guidato il carro di Acab fino alle porte di Izreel, aveva dimostrato un coraggio indomito nonostante la forte tensione fisica. PR 91 3 Elia era minacciato dalla reazione che spesso segue quei momenti in cui si manifesta una grande fede e si conseguono vittorie spirituali. Egli temeva che la riforma, iniziata sul monte Carmelo, potesse non essere duratura e così fu vittima dello scoraggiamento. Egli era salito fin sulla vetta del Pisga, ma ora eccolo ridisceso a valle. Mentre sotto l'ispirazione dell'Altissimo era riuscito a superare una prova così severa, in questo momento di avvilimento, con la minaccia di Gezabele che gli risuonava nelle orecchie e con Satana che, apparentemente, aveva preso il sopravvento grazie al complotto di questa donna malvagia, egli perse la sua fiducia in Dio. Dopo l'esperienza della gloria la reazione fu terribile. Dimenticando il Signore fuggì via fino a quando non si trovò in un luogo solitario. Completamente abbattuto sedette per riposare sotto una ginestra e là chiese la morte: "Signore, non ne posso più! Toglimi la vita, perché non valgo più dei miei padri". Fuggiasco e solitario, lo spirito oppresso dalla più profonda delusione, Elia desiderava non vedere più nessun volto umano. Alla fine, completamente esausto, si accasciò in un sonno profondo. PR 91 4 Tutti possiamo vivere momenti di profonda depressione e di completo scoraggiamento, momenti in cui la tristezza invade l'animo ed è quindi difficile credere che Dio sia ancora il generoso benefattore dei suoi figli terreni, momenti in cui le difficoltà tormentano l'anima a tal punto che la morte è preferibile alla vita. In questi casi molti perdono la fiducia in Dio e diventano schiavi del dubbio e dell'incredulità. Se in quei momenti potessimo comprendere il significato delle scelte divine, vedremmo gli angeli impegnati a salvarci da noi stessi e ad aiutarci a consolidare le basi delle nostre convinzioni, in questo modo una fede e un ardore nuovi potrebbero trasformare tutto il nostro essere. PR 92 1 Nei momenti difficili Giobbe aveva dichiarato: "Maledetto il giorno in cui sono nato...". Giobbe 3:3; cfr. 6:2, 8-10; 7:11, 15, 16. PR 92 2 Nonostante Giobbe fosse stanco della vita, non gli fu concesso di morire. Lo aspettava un avvenire migliore e ricevette questo messaggio di speranza: "...allora potrai camminare a testa alta, sicuro di te, non avrai più paura di nulla. Dimenticherai i tuoi affanni, e saranno per te acqua passata". Giobbe 11:15, 16; cfr. 11:17-20. PR 92 3 Dallo scoraggiamento e dall'abbattimento più profondo, Giobbe si rialzò affidandosi completamente alla misericordia e alla potenza redentrice di Dio, gridando trionfalmente: "Io lo so, colui che mi difende è vivo; egli un giorno mi riabiliterà, e, perduta la mia pelle, distrutto il mio corpo, io stesso vedrò Dio. Lo vedrò accanto a me e lo riconoscerò. Lo sento con il cuore, ne sono certo". Giobbe 19:25-27; cfr. 13:15, 16. PR 92 4 "Poi il Signore stesso, avvolto da un forte vento, parlò a Giobbe..." (Giobbe 38:1) e fece conoscere al suo servitore la sua potenza. Quando Giobbe ricevette la rivelazione del suo Creatore si vergognò di se stesso e si pentì umiliandosi nella polvere e nella cenere. Allora il Signore poté benedirlo abbondantemente e i suoi ultimi anni furono i migliori della sua vita. PR 92 5 La speranza e il coraggio sono indispensabili per un perfetto servizio nei confronti di Dio. Essi sono il frutto della fede. Non è giusto e ragionevole scoraggiarsi. Dio può e desidera accordare ai suoi servitori la forza di cui hanno bisogno per affrontare le prove della vita. I piani dei nemici della sua opera possono sembrare ben elaborati, ma Dio può sventare anche quelli più efficaci. E lo fa al momento opportuno, quando vede che la fede dei suoi servitori è stata sufficientemente provata. PR 92 6 Per gli scoraggiati vi sono dei rimedi sicuri: la fede, la preghiera, l'azione. PR 92 7 La fede e il lavoro generano certezza e soddisfazione che cresceranno giorno dopo giorno. Siete tentati di lasciarvi andare allo scoraggiamento o attribuire importanza a cupi presentimenti? Ebbene, nei giorni più bui, quando tutto apparentemente sembra andare storto, non temete. Abbiate fede in Dio che conosce le vostre necessità e dispone di un potere assoluto; il suo amore infinito e la sua compassione senza limiti non si stancano mai. Non abbiate timore che venga meno alle sue promesse: egli è l'eterna verità e non muterà mai il patto stabilito con coloro che lo amano. Ai suoi fedeli collaboratori Dio concederà quell'efficienza di cui hanno bisogno. L'apostolo Paolo afferma: ""Ti basta la mia grazia. La mia potenza si manifesta in tutta la sua forza proprio quando uno è debole"... Perciò io mi rallegro della debolezza, degli insulti, delle difficoltà, delle persecuzioni e delle angosce che io sopporto a causa di Cristo, perché quando sono debole, allora sono veramente forte". 2 Corinzi 12:9, 10. PR 93 1 Elia era forse stato abbandonato da Dio nell'ora della prova? No! Dio amava il suo servitore, ora che si sentiva abbandonato da lui e dagli uomini, così come lo aveva amato quando aveva risposto alla sua preghiera, mandando il fuoco dal cielo che aveva incendiato la cima del Carmelo. PR 93 2 Mentre dormiva, Elia fu svegliato da un tocco delicato e da una voce suadente. Tremante di paura, stava per scappare perché pensava di essere stato scoperto dal nemico, ma il volto chino su di lui non era quello di un nemico ma di un amico. Dio aveva mandato del cibo per il profeta tramite un angelo del cielo che gli disse: "Alzati e mangia". Elia "subito notò accanto alla sua testa una focaccia, di quelle cotte su pietre arroventate, e una brocca d'acqua. Dopo avere mangiato e bevuto, si mise di nuovo a dormire. L'angelo del Signore lo svegliò una seconda volta: "Mangia ancora -- gli disse -- perché il cammino sarà molto lungo per te". 1 Re 19:5-7. PR 93 3 Egli si alzò, mangiò e bevve e rinvigorito dal cibo, camminò quaranta giorni e quaranta notti fino a Oreb, il monte di Dio, dove trovò rifugio in una caverna. ------------------------Capitolo 13: "Cosa fai qui?" PR 94 1 Se il rifugio di Elia, sul monte Oreb, era sconosciuto agli uomini, era però noto a Dio. Il profeta, stanco e scoraggiato, non era solo a lottare contro le potenze del male. Dio entrò in contatto con lui per mezzo di un potente angelo che si affacciò all'ingresso della caverna dove Elia si era rifugiato. Il messaggero celeste volle conoscere le sue necessità e gli fece capire chiaramente quali fossero i propositi divini per Israele. PR 94 2 L'opera intrapresa da Elia nei confronti degli adoratori di Baal non si sarebbe compiuta fino a quando il profeta non avesse imparato a confidarsi completamente in Dio. Il successo ottenuto sul Carmelo aveva aperto la via a vittorie maggiori. Le straordinarie prospettive che aveva intravisto sembravano svanite dopo la minaccia di Gezabele. Era necessario che l'uomo di Dio comprendesse l'inammissibilità dell'esperienza che stava vivendo rispetto all'importante ruolo che gli era stato affidato. PR 94 3 In questo momento Dio rivolse al suo profeta la domanda: "Che fai qui, Elia?" Ti ho mandato presso il torrente Cherit, poi dalla vedova di Sarepta. Ti ho incaricato di tornare da Israele per affrontare i sacerdoti idolatri sul Carmelo. Ti ho dato la forza necessaria per guidare il carro del re fino alla porta di Izreel. Ma chi ti ha detto di fuggire così rapidamente nel deserto? Quale incarico stai adempiendo qui? PR 94 4 Con l'animo amareggiato, Elia si lamentò: "Signore, Dio dell'universo, sono stato preso da un'ardente passione per te, quando ho visto che gli Israeliti hanno violato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari e hanno ucciso i tuoi profeti. Sono l'unico rimasto ma cercano di togliermi la vita". 1 Re 19:10. Invitando il profeta a uscire dalla caverna, l'angelo gli disse di rimanere sulla montagna davanti all'Eterno e ascoltare la sua parola. "Infatti il Signore stava passando. Davanti a lui un vento fortissimo spaccava le montagne e fracassava le rocce, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento venne il terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto venne il fuoco, ma il Signore non era neppure nel fuoco. Dopo il fuoco, Elia udì come un lieve sussurro. Si coprì la faccia col mantello, uscì sull'apertura della grotta...". 1 Re 19:11-13. PR 95 1 Dio si rivelò al suo servitore, non con violente manifestazioni della sua potenza, ma mediante un "lieve sussurro". In questo modo voleva insegnare a Elia che non è sempre l'opera eseguita nelle condizioni più brillanti a essere la più efficace per la realizzazione del progetto divino. Mentre Elia aspettava che il Signore si rivelasse a lui, ecco scatenarsi una violenta tempesta, accompagnata da tuoni e fulmini, seguita da un fuoco divorante. Ma Dio non era negli elementi infuriati. Si udì poi un lieve sussurro e il profeta allora si coprì il capo alla presenza del Signore; egli si calmò e il suo spirito fu addolcito e reso mansueto. Ora capiva che soltanto una fiducia serena e una salda fede in Dio gli avrebbero permesso di trovare aiuto nei momenti difficili. PR 95 2 Gli uomini non vengono sempre convinti e convertiti da una dotta presentazione della verità di Dio. I cuori degli uomini non si raggiungono né con la logica né con l'eloquenza, ma tramite il dolce influsso dello Spirito Santo che opera silenziosamente ma con efficacia per la trasformazione e lo sviluppo del carattere. È soltanto il lieve sussurro dello Spirito di Dio che può cambiare il cuore. PR 95 3 "Che fai qui, Elia?" chiese nuovamente la voce e il profeta ripeté le stesse parole. Cfr. 1 Re 19:14. Dio disse a Elia che quanti in Israele avevano agito male non sarebbero rimasti impuniti. Sarebbero stati scelti alcuni uomini per realizzare il piano divino e per punire il regno idolatra. Vi era ancora un'opera difficile da compiere; a tutti doveva essere offerta la possibilità di ritornare al vero Dio. Elia doveva rientrare in Israele e congiungersi ad altri per operare una riforma. Il Signore gli ordinò: "Ritorna sui tuoi passi in direzione del deserto di Damasco. Entra in città e consacra Cazael re di Aram. Poi va' a consacrare re d'Israele Ieu, figlio di Nimsi, e consacra come profeta al posto tuo Eliseo, figlio di Safat, originario di Abel-Mecola. Chi sfuggirà alla spada di Cazael sarà ucciso da Ieu. Chi scamperà alla spada di Ieu sarà ucciso da Eliseo". 1 Re 19:15-17. PR 95 4 Elia aveva pensato di essere rimasto il solo in Israele ad adorare il vero Dio. Ma colui che legge nel cuore degli uomini gli rivelò che vi erano molti altri che, nel corso dei lunghi anni di apostasia, gli erano rimasti fedeli. "Risparmierò settemila Israeliti, tutti quelli che non hanno piegato le ginocchia davanti al dio Baal e non hanno baciato la sua statua". 1 Re 19:18. PR 95 5 Dall'esperienza di Elia in quei giorni di scoraggiamento e di apparente sconfitta possono essere tratte molte lezioni. L'apostasia che attualmente regna ovunque è simile a quella che si era diffusa in Israele al tempo del profeta. Folle intere seguono ancora oggi Baal esaltando l'umano rispetto al divino, incensando le celebrità, adorando Mammona, il dio della ricchezza, e ponendo la scienza al di sopra delle verità della rivelazione divina. Il dubbio e l'incredulità esercitano il loro influsso negativo sulla mente e sul cuore e le teorie umane sostituiscono la verità di Dio. Viene pubblicamente insegnato che noi, oggi, siamo giunti a un'epoca in cui la ragione deve prevalere sugli insegnamenti della Parola di Dio. La legge di Dio, divina regola di giustizia, viene considerata inutile. Il nemico della verità esercita il suo potere per indurre gli uomini a porre le istituzioni terrene al posto di Dio e a dimenticare tutto ciò che era stato stabilito per la felicità e la salvezza dell'umanità. PR 96 1 Comunque, questa apostasia, per quanto diffusa, non è universale. Non tutti gli uomini vivono senza legge e amano la trasgressione. Non tutti si sono schierati dalla parte del nemico. Dio ha molte migliaia di figli che non hanno piegato le loro ginocchia davanti a Baal e che desiderano comprendere meglio le verità riguardanti il Cristo e la sua legge. Ve ne sono anche molti che hanno adorato Baal per ignoranza e nei confronti dei quali sta operando lo Spirito di Dio. Essi hanno bisogno dell'aiuto di coloro che hanno conosciuto Dio e la potenza della sua Parola. Oggi ogni figlio di Dio dovrebbe impegnarsi attivamente per aiutare il prossimo. PR 96 2 Quando coloro che conoscono le verità bibliche le trasmetteranno a uomini e donne che sono disposti ad accettare il messaggio divino, godranno dell'assistenza degli angeli di Dio. E con la presenza degli angeli si può avanzare senza timori. Grazie a questo impegno molti abbandoneranno l'idolatria e saranno guidati all'adorazione del Dio vivente. Molti cesseranno di esaltare le istituzioni umane e si schiereranno con decisione per Dio e per la sua santa legge. PR 96 3 Siccome questi risultati dipendono in gran parte dall'incessante attività dei figli di Dio fedeli e sinceri, Satana fa l'impossibile per indurli a disubbidire, affinché i piani di Dio non si realizzino. Ad alcuni fa perdere di vista la nobile e santa missione alla quale sono stati chiamati e li rende sensibili ai piaceri della vita. Li spinge a sistemarsi in case confortevoli o a cambiare residenza se i vantaggi materiali sembrano più interessanti altrove. In questo modo abbandonano delle località in cui avrebbero potuto esercitare il loro influsso. Altri vengono indotti da Satana a lasciare il lavoro quando lo scoraggiamento s'impadronisce di loro a causa dell'opposizione o della persecuzione. Ma il Signore ama tutti questi uomini. PR 96 4 A ogni figlio di Dio, la cui voce è stata spenta dal nemico, viene rivolta la domanda: "Che fai tu qui? Io ti ho dato il compito di andare in tutto il mondo, di predicare il Vangelo e di preparare un popolo per il gran giorno di Dio; perché sei qui? Chi ti ha mandato?" PR 97 1 La gioia di Cristo, nonostante il suo sacrificio e le sue sofferenze, era motivata dalla salvezza degli uomini. Tale gioia dovrebbe essere provata da tutti i veri discepoli e mobilitare i loro interessi. Coloro che si rendono conto, anche su scala ridotta, di ciò che significa la loro redenzione e quella del prossimo, potranno comprendere in qualche modo le necessità dell'umanità. Proveranno un profondo interesse vedendo la decadenza morale e spirituale di migliaia di peccatori immersi nell'errore e la cui sofferenza fisica non è paragonabile a quella morale. PR 97 2 Alle famiglie e ai singoli individui è rivolta la domanda: "Che cosa fai qui?" In molte chiese vi sono famiglie che conoscendo bene il messaggio della Parola di Dio potrebbero ampliare la loro sfera d'azione e d'influsso trasferendosi in luoghi dove mancano i predicatori della Parola per poterli facilmente sostituire. Dio invita queste famiglie ad andare in quelle regioni in cui nessuno conosce il messaggio della salvezza e impegnarsi con saggezza e perseveranza in favore di coloro che vivono nelle tenebre spirituali. Ma per accettare questo appello bisogna essere disposti a fare dei sacrifici. Le persone muoiono senza speranza e senza Dio; mentre coloro che dovrebbero rispondere all'appello divino, prima di prendere una decisione, aspettano che gli ostacoli vengano rimossi. Per i vantaggi che la società offre loro, per il desiderio di acquisire la conoscenza scientifica, gli uomini sono disposti ad avventurarsi in regioni malsane e sopportare avversità e privazioni. Dove sono invece quelli disposti a fare altrettanto, motivati dall'amore e dal desiderio di parlare ad altri del Salvatore? PR 97 3 Se in circostanze particolarmente difficili uomini dotati di vigore spirituale, tormentati al di là delle loro forze, si scoraggiano e si abbattono convinti dell'inutilità della vita, ricordino Elia e ritrovino il coraggio ispirandosi all'esempio offerto dal profeta. Si ricordino che uno dei profeti più potenti fuggì per salvare la propria vita minacciata dall'ira di una donna furibonda. Ma fu proprio quando la sua speranza sembrava svanita, perché tutta l'opera della sua vita stava per essere distrutta, che imparò una delle lezioni più preziose: la necessità e la possibilità di confidare in Dio anche in circostanze apparentemente difficili. PR 97 4 Se coloro che hanno impegnato tutte le loro energie al servizio di un'iniziativa che implicava dei sacrifici sono caduti in preda al dubbio e allo scoraggiamento, pensino all'esempio offerto dal profeta per ritrovare il loro coraggio. L'interesse costante di Dio, il suo amore e la sua potenza si manifestano particolarmente nei confronti di coloro che lavorano per lui e il cui zelo è frainteso o criticato, i consigli e i rimproveri disprezzati e il desiderio di riforma contrastato dall'odio e dalla resistenza. PR 98 1 Quando siamo più deboli Satana ci presenta le tentazioni più crudeli. In questo modo aveva sperato di trionfare sul Figlio di Dio poiché aveva già ottenuto tante vittorie sugli uomini. Ogni volta che la volontà si indeboliva e la fede si affievoliva, coloro che con grande coraggio e per lungo tempo avevano lottato per la giustizia finivano col cedere alla tentazione. PR 98 2 Stanco per i quarant'anni di peregrinazioni nel deserto, per le lotte contro l'incredulità, Mosè perse per un certo periodo di tempo il suo contatto con Dio. Si dimostrò debole proprio quando doveva entrare nella terra promessa. Elia visse un'esperienza simile. L'uomo che aveva manifestato la sua fiducia nell'Eterno durante gli anni di siccità e di carestia, che si era fatto annunciare senza timore al re Acab, che per un'intera giornata, sul monte Carmelo, si era presentato al popolo d'Israele come l'unico testimone del vero Dio, ora, in un momento di stanchezza, lasciava che la paura della morte avesse il sopravvento sulla sua fede. PR 98 3 Anche oggi è così. Quando siamo messi alle strette dal dubbio, resi perplessi dalle circostanze, o abbattuti per la povertà o le sofferenze, allora Satana cerca di indebolire la nostra fiducia in Dio, sottolinea i nostri errori e cerca di indurci a dubitare di Dio e del suo amore. In questo modo spera di farci cadere nello scoraggiamento e di separarci dal Signore. PR 98 4 Coloro che trovandosi in prima linea, sono incaricati dallo Spirito Santo di svolgere un'opera speciale, spesso hanno questa reazione quando la tensione si allenta. Lo sconforto può scuotere perfino la fede più eroica e indebolire la volontà più salda. Ma il Signore comprende ogni cosa e continua ad amare e a comprendere i suoi figli. Legge i moventi e i propositi del cuore. Coloro che sono chiamati a dirigere l'opera di Dio devono imparare ad aspettare pazientemente e confidare in Dio quando non vedono vie d'uscita. Nel momento della prova Dio non li abbandonerà. Nessuno è apparentemente più impotente, ma in realtà più invincibile, dell'uomo che riconosce la propria nullità e confida completamente in Dio. PR 98 5 Quando si presenteranno delle difficoltà non soltanto coloro che assumono incarichi importanti dovranno seguire l'esempio di Elia. Nonostante la sua debolezza il figlio di Dio può aver fiducia in colui che ha dato coraggio al profeta. Il Signore conta sulla fedeltà di tutti coloro ai quali accorda il soccorso necessario. Da solo l'uomo è impotente, ma con Dio è capace di vincere il male e di aiutare i suoi simili ad affrontarlo. È impossibile per Satana trionfare su colui che ha il Signore come suo difensore. "Solo nel Signore troviamo la vittoria e la forza...". Isaia 45:24. PR 99 1 Amico cristiano, il diavolo conosce la tua debolezza: affidati quindi a Gesù. Contando sull'amore di Dio potrai sopportare la prova. Soltanto la giustizia di Cristo ti darà la forza di arginare l'ondata del male che sta dilagando nel mondo. La tua vita sia caratterizzata dalla fede. La fede alleggerisce ogni peso, attenua ogni stanchezza. Tramite una costante fiducia in Dio, potrai accettare le difficoltà della vita che oggi ti appaiono misteriose. Cammina per fede nel sentiero tracciato da Dio; dovrai affrontare le prove ma avanzerai costantemente. Esse serviranno a rafforzare la tua fede e a prepararti per l'opera che Dio ti ha affidato. Il racconto sacro non è scritto soltanto perché lo leggiamo e ne rimaniamo meravigliati, ma perché possiamo ottenere una fede simile a quella che possedevano un tempo i profeti di Dio. Il Signore agisce anche oggi con la stessa potenza di allora. Ovunque trova uomini pieni di fede per servire come canale di comunicazione della sua potenza. PR 99 2 A noi, come a Pietro un tempo, il Signore dice: "...Satana ha preteso di passarvi al vaglio, come si fa con il grano per pulirlo. Ma io ho pregato per te, perché tu sappia conservare la tua fede". Luca 22:31, 32. Cristo non abbandonerà mai coloro per i quali ha dato la vita. Possiamo dimenticarlo, essere vinti dalla tentazione, ma egli non respingerà colui che è venuto a riscattare a prezzo del suo sangue. PR 99 3 Se avessimo una più chiara visione spirituale vedremmo gli uomini cadere sotto il peso della tentazione e del dolore, sul punto di morire per lo scoraggiamento. Vedremmo gli angeli volare rapidamente in soccorso di coloro che sono tentati, respingendo le forze del male che li assediano e mettendoli in salvo sulla "roccia eterna". Le battaglie che scoppiano fra questi due eserciti sono reali quanto quelle che vediamo intorno a noi e i destini eterni dipendono dalla vittoria in questo conflitto spirituale. PR 99 4 Nella celebre visione del profeta Ezechiele, una mano appare sotto le ali dei cherubini. Lo scopo di questa visione è quello di sottolineare ai servitori di Dio che è grazie alla potenza divina che si può vincere. Coloro che il Signore sceglie come messaggeri non devono pensare che l'opera di Dio dipenda da loro. Esseri così limitati non potrebbero assumersi questa responsabilità. Colui che non sonnecchia e non dorme è costantemente impegnato a realizzare i suoi progetti, è lui che compirà l'opera. Impedirà l'adempimento dei piani dei malvagi e confonderà le idee di coloro che tramano il male nei confronti dei figli di Dio. Colui che è il Re dei re e il Signore dei signori siede fra i cherubini e, in mezzo al tumulto e alle contese delle nazioni, rasserena i suoi figli. Quando le fortezze dei re saranno abbattute, quando il giudizio di Dio si esprimerà nei confronti dei suoi nemici, il suo popolo sarà al sicuro. ------------------------Capitolo 14: Lo Spirito e la potenza di Elia PR 100 1 Nei secoli successivi, il racconto dell'esperienza di Elia ha ispirato e incoraggiato tutti coloro che sono stati chiamati a lottare contro l'apostasia. Per noi "che ci troviamo agli ultimi termini dei tempi" esso riveste un significato speciale. La storia si ripete. Il mondo oggi ha i suoi Acab e le sue Gezabele; rassomiglia stranamente a quello nel quale visse il grande profeta. Forse non sono visibili gli altari dedicati agli idoli, come pure non si notano le statue, ma migliaia di persone seguono gli dei della nostra società: le ricchezze, la fama, il piacere, le filosofie che permettono agli uomini di seguire le inclinazioni dei loro cuori non rigenerati. Molti popoli hanno un concetto sbagliato di Dio e dei suoi attributi e quindi servono falsi dei come gli adoratori di Baal. Molti di coloro che si dicono cristiani hanno subìto influssi diametralmente opposti a Dio e alle sue verità. Si allontanano da ciò che è divino per esaltare ciò che è umano. PR 100 2 Lo spirito che prevale nel nostro tempo è un miscuglio di incredulità e di apostasia. Gli uomini pretendono di essere illuminati perché conoscono la verità, ma in realtà si tratta di cieca presunzione. Si esaltano le teorie umane che si sostituiscono a Dio e alla sua legge. Satana incita gli uomini alla disubbidienza con la premessa che così facendo essi troveranno la libertà, quella libertà che li farà essere simili agli dei. Si riscontra così uno spirito di opposizione alla chiara parola di Dio, di idolatrica esaltazione dell'umana sapienza posta al di sopra della rivelazione divina. PR 100 3 Conformandosi alle abitudini e agli influssi della società, gli uomini si sono lasciati attrarre dal male e dalla confusione, tanto da non riuscire più a distinguere il bene dal male, la verità dall'errore. Si sono allontanati dalla verità tanto da considerare l'opinione di qualche filosofo più importante delle verità bibliche. Le promesse della Parola di Dio, i suoi avvertimenti nei confronti della disubbidienza e dell'idolatria sembrano inutili per sensibilizzare i cuori. Una fede simile a quella di Paolo, Pietro e Giovanni sembra arretrata, mistica, indegna dell'intelligenza dei pensatori moderni. PR 100 4 Nel principio Dio diede all'umanità la sua legge come mezzo per raggiungere la felicità e la vita eterna. L'unica possibilità di Satana di ostacolare i piani di Dio era indurre uomini e donne a disubbidire a questa legge e il suo costante sforzo è stato di travisarne gli insegnamenti e di sminuirne l'importanza. Il suo colpo magistrale si è evidenziato nel tentativo di mutare la legge stessa in modo da portare gli uomini a violarne i precetti pur professando di ubbidire ai suoi princìpi. PR 101 1 Uno scrittore ha paragonato il tentativo di cambiare la legge di Dio a un'antica usanza che consisteva nel girare in una posizione sbagliata il cartello indicatore collocato all'incrocio di due strade importanti. La perplessità e gli inconvenienti che ne derivavano si possono facilmente immaginare. PR 101 2 Dio predispose una specie di segnaletica per coloro che viaggiavano nel nostro mondo. Un cartello indicava la volontaria ubbidienza al Creatore nel cammino verso la felicità e la vita, mentre l'altro indicava la via della disubbidienza che portava alla sofferenza e alla morte. La strada della felicità era chiaramente delineata come lo era quella che conduceva alle città di rifugio sotto la dispensazione ebraica. Purtroppo il nemico ha girato il cartello e così folle intere hanno smarrito la strada. PR 101 3 Per mezzo di Mosè, Dio diede le seguenti istruzioni agli israeliti: "Dovrete rispettare il sabato: è un segno del legame che c'è tra me e voi per tutte le generazioni; così riconoscerete che sono stato io a scegliervi. Rispettate dunque il sabato perché per voi è un giorno sacro. Chi non lo rispetterà... sarà messo a morte... Gli israeliti dovranno rispettare il riposo del sabato per tutte le generazioni; si tratta infatti di un impegno per sempre. Per sempre questo giorno sarà un segno del legame che c'è tra me e gli israeliti: io ho fatto il cielo e la terra in sei giorni, ma nel settimo ho smesso il lavoro e mi sono riposato". Esodo 31:13-17. PR 101 4 Con queste parole il Signore definì chiaramente l'ubbidienza come via che conduce alla città di Dio, ma Satana ha spostato il pannello indicatore orientandolo nella direzione sbagliata: ha istituito un falso giorno di riposo e ha fatto credere che gli uomini ubbidissero ugualmente all'ordine del Creatore. Dio ha dichiarato che il settimo giorno è il giorno di riposo dell'Eterno. Quando "furono compiuti il cielo e la terra", egli glorificò questo giorno rendendolo il memoriale della sua opera creatrice. "Il settimo giorno, terminata la sua opera, Dio si riposò. Il settimo giorno aveva finito il suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e disse: 'È mio!'" Genesi 2:2, 3. PR 101 5 All'uscita dall'Egitto il popolo eletto ricevette chiare istruzioni in merito. Al tempo della schiavitù gli israeliti subirono il giogo degli oppressori che li obbligarono a lavorare in giorno di sabato aumentando la quantità di lavoro richiesto ogni settimana e le condizioni di lavoro divennero sempre più aspre e impegnative. Ma essi furono liberati dalla schiavitù e condotti dove potevano osservare senza molestie tutti i precetti dell'Eterno. Al Sinai fu data la legge e una copia di essa fu scritta con il dito di Dio su due tavole di pietra e fu consegnata a Mosè. Durante i quarant'anni trascorsi nel deserto agli israeliti fu costantemente ricordato il giorno di riposo istituito da Dio, sia per il fatto che ogni settimo giorno non cadeva la manna, sia per la miracolosa conservazione della doppia porzione di manna che cadeva il giorno della preparazione o sesto giorno. PR 102 1 Prima di entrare nel paese della promessa, gli israeliti furono esortati da Mosè con queste parole: "Rispetta il giorno di sabato e consacralo a me...". Deuteronomio 5:12. Dio voleva che, tramite una fedele osservanza del sabato, Israele si ricordasse del suo Creatore e Redentore. Se avesse osservato quel giorno nel giusto spirito non si sarebbe orientato verso l'idolatria. Ma se i precetti del Decalogo fossero stati trascurati, il Creatore sarebbe stato ben presto dimenticato e gli uomini avrebbero adorato falsi dei. "Io ho istituito il giorno del sabato come segno della relazione che esiste fra me e loro, perché si ricordassero che io, il Signore, li ho consacrati al mio servizio". Ezechiele 20:12. Ciononostante "...avevano rifiutato di osservare le mie leggi, di ubbidire ai miei ordini, di rispettare il giorno del sabato tanto erano attaccati ai loro sporchi idoli" (Ezechiele 20:16) aggiunse il Signore. Invitandoli a tornare a lui, Dio insistette di nuovo sull'importanza di santificare il sabato. "Io sono il Signore, vostro Dio. Mettete in pratica i miei ordini, rispettate le mie leggi. Consacrate il giorno del sabato come segno della relazione che vi unisce a me. Vi ricorderà che io sono il Signore, vostro Dio!" Ezechiele 20:19, 20. PR 102 2 Nel richiamare l'attenzione di Giuda sui peccati che alla fine provocarono la sua cattività in Babilonia il Signore dichiarò: "...Si profana il giorno del sabato dedicato a me... Allora sfogherò la mia collera su di loro, li distruggerò con il fuoco del mio furore; pagheranno le conseguenze del loro comportamento". Ezechiele 22:8, 31. PR 102 3 Quando Gerusalemme fu ricostruita al tempo di Neemia, la trasgressione del sabato fu oggetto di questi severi rimproveri: "Anche i vostri padri hanno agito così, ma Dio ha fatto venire su di noi e la nostra città tutti i mali che ben ricordate. Se non rispettate il sabato, voi attirate castighi sugli israeliti". Neemia 13:18. PR 102 4 Nel corso del suo ministero terreno Gesù insistette sull'importanza del sabato. In tutti i suoi insegnamenti dimostrò rispetto per l'istituzione che egli stesso aveva concepito. In quell'epoca il sabato era così poco rispettato che la sua osservanza rifletteva il carattere egoista e dispotico dell'uomo piuttosto che quello di Dio. PR 103 1 Cristo rifiutò la falsa dottrina insegnata da coloro che pretendevano di conoscere Dio mentre in realtà ne avevano travisato gli insegnamenti. Sebbene oggetto della spietata ostilità dei rabbini, egli continuò a osservare il sabato secondo la legge divina, senza ascoltare minimamente le loro direttive. PR 103 2 Con un linguaggio inconfondibile, dichiarò, parlando della legge di Dio: "Non dovete pensare che io sia venuto ad abolire la legge di Mosè e l'insegnamento dei profeti. Io non sono venuto per abolirla ma per compierla in modo perfetto. Perché vi assicuro che fino a quando ci sarà il cielo e la terra, nemmeno la più piccola parola, anzi nemmeno una virgola, sarà cancellata dalla legge di Dio, e così fino a quando tutto non sarà compiuto. Perciò, chi disubbidisce al più piccolo dei comandamenti e insegna agli altri a fare come lui, sarà il più piccolo nel regno di Dio. Chi invece mette in pratica tutti i comandamenti e li insegna agli altri, sarà grande nel regno di Dio". Matteo 5:17-20. PR 103 3 Durante la dispensazione cristiana il grande nemico della felicità dell'uomo si è scagliato in modo particolare contro il quarto comandamento. Satana dice: "Mi opporrò ai propositi di Dio. Incoraggerò i miei seguaci a non tener conto del memoriale del Signore, il settimo giorno della settimana. Dimostrerò agli uomini che il giorno benedetto e santificato dall'Eterno è stato cambiato. Quel giorno non rimarrà nelle menti degli uomini perché ne cancellerò perfino il ricordo. Lo sostituirò con un giorno che non ha l'impronta divina, un giorno che non sia un segno fra Dio e il suo popolo. Indurrò coloro che accettano questo mio giorno ad attribuirgli la santità conferita da Dio al settimo giorno. Tramite il mio giorno sostitutivo esalterò me stesso. Si osserverà il primo giorno della settimana e il mondo protestante accetterà questo giorno di riposo apocrifo come autentico. Con la trasgressione del sabato, istituito da Dio, getterò il discredito sulla legge divina. Farò in modo che le parole "un segno fra me e voi per tutte le vostre generazioni" siano applicate al mio giorno di riposo. In questo modo il mondo sarà mio; io sarò il dominatore della terra, il principe di questo mondo. Controllerò le menti degli uomini tanto che il sabato di Dio sarà oggetto di particolare disprezzo. Un segno? Farò dell'osservanza di questo giorno un segno di infedeltà nei confronti delle autorità della terra. Le leggi degli uomini saranno così drastiche che nessuno oserà più osservare il sabato per timore di mancare di cibo e di vestiario. I credenti si uniranno con il mondo nella trasgressione della legge divina. La terra sarà così interamente sotto il mio dominio". PR 103 4 Stabilendo un falso giorno di riposo il nemico ha pensato di cambiare i tempi e le leggi. Ma è davvero riuscito a cambiare la legge di Dio? La risposta ci viene dal capitolo 31 dell'Esodo. Colui che è lo stesso ieri, oggi e in eterno ha detto a proposito del settimo giorno: "...Dovrete rispettare il sabato... Per sempre questo giorno sarà un segno del legame che c'è tra me e gli Israeliti...". Esodo 31:13, 17. Il pannello indica la via sbagliata, ma Dio non è mutato. Egli è sempre l'Onnipotente Dio d'Israele. "Per lui, i popoli sono come una goccia in un secchio, come la polvere su una bilancia; per lui le popolazioni lontane pesano meno di un granello di sabbia. Per un sacrificio degno di Dio non bastano tutti gli animali del Libano... Di fronte a Dio tutti i popoli sono come un nulla, per lui non valgono niente, non sono che ombre!" Isaia 40:15-17. PR 104 1 Dio è geloso della sua legge oggi come lo era ai tempi di Elia e di Acab. PR 104 2 Ma in che modo questa legge è ignorata? Guardate il mondo di oggi in aperta ribellione contro Dio. La nostra generazione è composta da persone scontente, ingrate, caratterizzate dal formalismo, dalla falsità, dall'orgoglio e dall'apostasia. Gli uomini trascurano la Bibbia e odiano la verità. Gesù vede la sua legge rigettata, il suo amore disprezzato, i suoi messaggeri trattati con indifferenza. Ha parlato tramite le sue benedizioni, ma non sono state riconosciute, ha parlato tramite i suoi avvertimenti, ma nessuno ne ha tenuto conto. I cortili del tempio dell'animo umano sono stati trasformati in un luogo di traffico profano: egoismo, invidia, orgoglio, malizia sono sistematicamente alimentati. PR 104 3 Molti non esitano a disprezzare la Parola di Dio. Coloro che credono ancora a questa parola vengono messi in ridicolo; la legge e l'ordine vengono sempre più disprezzati perché vengono trasgrediti i comandamenti divini. La violenza e il crimine ne rappresentano i risultati visibili. Come è triste constatare la povertà e la miseria dei popoli che si inchinano davanti agli idoli, cercando invano la felicità e la pace! Il disprezzo del comandamento relativo al sabato è quasi universale. Si vede con quale cinismo alcuni uomini promulgano decreti per salvaguardare la pretesa santità del primo giorno della settimana, e nello stesso tempo ne emettono altri che permettono la vendita di alcolici! La loro saggezza non si fonda sulle Scritture, essi cercano di costringere le coscienze mentre favoriscono un vizio che degrada e avvilisce gli esseri creati a immagine di Dio. È Satana stesso che ispira simili leggi. Sa benissimo che la collera divina raggiungerà coloro che considerano i decreti umani superiori alle leggi di Dio e fa l'impossibile per sviare gli uomini indicando loro la via che conduce alla morte. PR 104 4 Gli uomini si sono talmente interessati alle opinioni e alle istituzioni umane che quasi tutto il mondo adora degli idoli. Colui che si è sforzato di mutare la legge di Dio impiega tutti i mezzi possibili per indurre uomini e donne a schierarsi contro il Signore e annientare quel segno che distingue i giusti. Dio però non permetterà che la sua legge sia costantemente trasgredita e impunemente disprezzata. Verrà il tempo in cui "...l'orgoglio umano cesserà e l'arroganza umana sarà distrutta. Allora si vedrà che solo il Signore è grande!" Isaia 2:11. PR 105 1 Lo scetticismo può considerare le giuste esigenze della legge di Dio con scherno, disprezzo e superiorità; la mondanità può contaminare la maggior parte degli uomini e dominarne la minoranza; la proclamazione del messaggio di Dio può richiedere grandi sforzi e sacrifici continui; ma alla fine la verità trionferà gloriosamente. PR 105 2 Quando il Signore concluderà la sua opera sulla terra, la legge divina sarà di nuovo esaltata. La falsa religione può avere il sopravvento, l'iniquità può abbondare, l'amore di molti può raffreddarsi, la croce di Cristo può essere ignorata e le tenebre spirituali invadere il mondo, l'opinione pubblica può volgersi contro la verità, complotti su complotti possono essere orditi per abbattere il popolo di Dio, ma nell'ora del supremo pericolo il Dio di Elia invierà degli uomini la cui voce non potrà essere ridotta al silenzio. Nei grandi agglomerati urbani, nei luoghi dove gli uomini avranno bestemmiato contro l'Onnipotente, si innalzerà una voce di severo rimprovero. Uomini scelti da Dio denunceranno coraggiosamente l'unione fra la chiesa e il mondo e con slancio inviteranno uomini e donne a passare dall'osservanza di una istituzione umana all'osservanza del vero giorno di riposo. Essi proclameranno a ogni nazione e lingua: "...Date a Dio il rispetto e l'ubbidienza, lodatelo, perché è venuto il momento in cui egli giudicherà il mondo. Inginocchiatevi davanti a colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le sorgenti... Chiunque adora il mostro e la sua statua, e riceve il suo marchio sulla fronte o sulla mano, berrà il vino dell'ira di Dio, versato puro nel calice del suo terribile giudizio...". Apocalisse 14:7, 9. PR 105 3 Dio non violerà il suo patto, non modificherà le parole che sono uscite dalla sua bocca; esse sono eterne, immutabili come il suo trono. Nel giorno del giudizio i comandamenti verranno presentati così come sono stati scritti dal dito di Dio. Gli uomini passeranno davanti al tribunale della giustizia suprema per ascoltare la loro sentenza. PR 105 4 Oggi come ai giorni di Elia, la linea di demarcazione fra gli osservatori dei comandamenti di Dio e gli adoratori di falsi dei è chiaramente tracciata. "...Fino a quando ondeggerete senza decidervi? Se il Signore è Dio servitelo; ma se il Dio è Baal servite lui!" 1 Re 18:21. Ed ecco il messaggio per la nostra epoca: "... È caduta! La grande Babilonia è caduta! (...) Uscite da Babilonia, popolo mio, per non diventare complici dei suoi peccati; fuggite, per non subire insieme con lei il castigo che la colpisce". Apocalisse 18:2, 4, 5. PR 106 1 Sta per scoccare l'ora in cui ognuno di noi sarà messo alla prova. Sarà imposta l'osservanza del falso sabato e si scatenerà la lotta fra i comandamenti di Dio e quelli degli uomini. Coloro che si sono adeguati a poco a poco alle esigenze della società e si sono conformati alle abitudini mondane cederanno alle sollecitazioni umane piuttosto che esporsi al ridicolo, alla derisione, alla minaccia di carcerazione e di morte. Allora l'oro sarà separato dalle scorie. La vera religione sarà nettamente distinta dalla semplice apparenza. Molte stelle da noi ammirate per il loro splendore svaniranno nelle tenebre. Coloro che hanno indossato i paramenti sacerdotali ma non hanno rivestito la giustizia di Cristo appariranno in tutta la vergogna della loro nudità. PR 106 2 Fra gli abitanti della terra, sparsi in ogni parte del mondo, ve ne sono alcuni che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal. Simili alle stelle che appaiono solo di notte, questi fedeli risplenderanno quando le tenebre copriranno la terra e una fitta oscurità avvolgerà i popoli. Nell'Africa pagana, nei paesi cattolici in Europa, in America del sud, in Cina, in India, nelle isole lontane e in ogni angolo sperduto della terra il Signore ha un gran numero di fedeli che brilleranno in mezzo alle tenebre rivelando chiaramente all'umanità apostata la potenza trasformatrice dell'ubbidienza alla sua legge. PR 106 3 Già oggi li vediamo emergere in ogni nazione, popolo, tribù e lingua. Nel giorno della grande apostasia, quando Satana tenterà di fare il possibile perché "tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi" ricevano, per scampare alla pena di morte, il suggello dell'ubbidienza al falso giorno di riposo, questi fedeli "autentici figli di Dio" che vivono "senza colpa e con semplicità" risplenderanno "come stelle nel cielo". Filippesi 2:15. Più la notte sarà scura più viva sarà la loro luce. PR 106 4 Che strana idea quella di Elia di voler contare i fedeli in Israele quando i giudizi di Dio si stavano abbattendo sul popolo apostata! Era riuscito a trovare soltanto un uomo fedele al Signore. Ma quando disse: "Sono rimasto solo io, ma cercano di togliermi la vita!", la parola del Signore lo sorprese: "Risparmierò settemila israeliti, tutti quelli che non hanno piegato le ginocchia davanti al dio Baal...". 1 Re 19:14, 18. PR 106 5 Perciò che nessuno cerchi, oggi, di contare Israele, ma piuttosto che ognuno abbia un cuore traboccante d'amore, come quello di Cristo, per salvare gli uomini di un mondo perduto. ------------------------Capitolo 15: Giosafat PR 107 1 Fino al momento in cui salì sul trono di Giuda, all'età di trentacinque anni, Giosafat ebbe dinanzi a sé l'esempio del buon re Asa, suo padre, che in quasi ogni momento difficile aveva fatto "ciò che è giusto agli occhi dell'Eterno". 1 Re 15:11. Nel corso del suo prospero regno, per venticinque anni, "Giosafat seguì la via tracciata da suo padre Asa e fece sempre la volontà del Signore". 1 Re 22:43. Cercando di governare con saggezza, fece il possibile per indurre i suoi sudditi a evitare con fermezza l'idolatria. Molta gente infatti, durante il suo regno, "continuò a offrire sacrifici e a bruciare incenso" nei santuari sulle colline. 1 Re 22:44. Il re non fece distruggere subito quei luoghi del culto pagano ma fin dall'inizio del suo regno cercò di salvaguardare Giuda dai peccati che caratterizzavano Israele. Questo regno era governato da Acab, di cui Giosafat fu per vari anni contemporaneo. PR 107 2 Giosafat stesso fu fedele a Dio: "...non si rivolse agli idoli di Baal. Seguì in tutto il Dio di suo padre, osservò le sue leggi e non si comportò come gli Israeliti del nord". 2 Cronache 17:3, 4. Grazie alla sua integrità, l'Eterno consolidò il suo potere e il regno. PR 107 3 "Gli abitanti di Giuda fecero numerosi doni al re Giosafat ed egli divenne molto ricco e onorato. La sua più grande aspirazione fu quella di seguire la volontà del Signore...". 2 Cronache 17:5, 6. Con il passare degli anni e la realizzazione delle riforme il re "...eliminava dal territorio di Giuda gli idoli della dea Asera e i santuari sulle colline". 2 Cronache 17:6; cfr. 1 Re 22:47. In questo modo, a poco a poco, gli abitanti del regno furono liberati dal pericolo che li minacciava e che avrebbe seriamente ritardato la loro crescita spirituale. PR 107 4 In tutto il regno il popolo aveva bisogno di conoscere la legge di Dio. Era in gioco la loro salvezza; conformando la loro vita alle sue indicazioni avrebbero dimostrato la loro fedeltà a Dio e il loro rispetto per il prossimo. Con questo obiettivo Giosafat volle trasmettere al suo popolo una conoscenza approfondita delle Sacre Scritture. I prìncipi, responsabili delle varie regioni del suo regno, furono incaricati di organizzare l'opera di sacerdoti-insegnanti. Per decreto reale questi istruttori, che operavano sotto la diretta supervisione dei prìncipi, "passarono in ogni città del territorio di Giuda e istruirono gli abitanti". 2 Cronache 17:9. Si manifestò un risveglio e molti cercarono di conoscere la volontà di Dio. PR 108 1 Il regno di Giosafat fu prospero grazie alle conoscenze spirituali trasmesse dal re ai suoi sudditi. L'ubbidienza alla legge divina esercita in realtà un grande influsso. Quando ci si adegua alle sue direttive, si verifica una meravigliosa trasformazione che assicura la pace interiore. Se gli insegnamenti della Parola di Dio guidassero la vita di ogni uomo e di ogni donna, se il loro spirito e il loro cuore fossero controllati dalla sua potenza i problemi che affliggono la società scomparirebbero. Ogni famiglia eserciterebbe un influsso tale da rafforzare la spiritualità e la moralità degli individui, tanto che le nazioni potrebbero godere di una notevole stabilità. PR 108 2 Per molti anni Giosafat visse in pace, senza essere disturbato dalle nazioni vicine. "Tutti i regni confinanti con il regno di Giuda ebbero timore del Signore... I Filistei portarono a Giosafat molti doni e una grande quantità d'argento. Gli Arabi portarono capi di bestiame... La potenza di Giosafat cresceva sempre più. Nel territorio di Giuda egli costruì fortificazioni e città con depositi commerciali". 2 Cronache 17:10-12. Ricco e onorato, Giosafat esercitò un forte influsso in favore della verità e della giustizia. PR 108 3 Alcuni anni dopo la sua ascesa al trono, Giosafat, ormai giunto al culmine della sua prosperità, acconsentì al matrimonio di suo figlio Gioram con Atalia, figlia di Acab e di Gezabele. Questa unione stabilì fra i regni di Giuda e di Israele un'alleanza che non rientrava nei piani di Dio e che in seguito fu causa di disgrazie per il re e per molti dei suoi sudditi. PR 108 4 In una certa occasione Giosafat si recò in Samaria a far visita al re d'Israele e fu oggetto di grandi onori. Prima di ripartire si lasciò convincere a unirsi con il re d'Israele che era in guerra contro la Siria; Acab infatti sperava che unendo le sue forze con quelle di Giuda sarebbe riuscito a riconquistare Ramot, antica città di rifugio, che riteneva appartenesse di diritto agli israeliti. PR 108 5 Ma anche se Giosafat, in un momento di debolezza, aveva promesso di unirsi a Israele nella guerra contro i siri, il suo buon senso lo spinse successivamente a ricercare la volontà di Dio. Pertanto suggerì ad Acab: "Prima, però, interroghiamo il Signore, oggi stesso". In risposta Acab convocò quattrocento falsi profeti di Samaria e chiese loro: "Possiamo attaccare Ramot di Galaad o io devo rinunziare? Va' pure all'attacco -- risposero i profeti -- Dio farà cadere la città in tuo potere". 2 Cronache 18:4, 5. PR 108 6 Insoddisfatto, Giosafat cercò di conoscere con certezza la volontà di Dio e chiese: "Non c'è un altro profeta del Signore che ci aiuti a interrogarlo? Il re Acab rispose: Ce n'è ancora uno: è Michea... però io lo detesto perché non mi annunzia mai niente di buono: sempre cose cattive!" 2 Cronache 18:6, 7. PR 109 1 Giosafat però insistette nella sua richiesta affinché fosse chiamato l'uomo di Dio. Quando si presentò davanti a loro, Acab lo scongiurò di dire la verità nel nome dell'Eterno. "Allora Michea rispose: -- Ho visto il popolo d'Israele disperso sulle montagne, come un gregge senza pastore. Il Signore ha detto: 'Questi uomini son senza guida; tornino in pace alle loro case!'". 2 Cronache 18:16. PR 109 2 Queste parole erano sufficienti per far capire al re che il loro progetto non era gradito al Signore, ma nessuno dei due era disposto a prestare ascolto all'avvertimento. Acab si era già espresso ed era deciso ad andare avanti. Giosafat aveva dato la sua parola: "Conta pure su di me e sul mio esercito". 2 Cronache 18:3. Avendo fatto una tale promessa si vergognava di tornare indietro: "Il re d'Israele, Acab, e il re di Giuda, Giosafat, salirono a Ramot di Galaad". 1 Re 22:29. PR 109 3 Durante la battaglia che seguì, Acab fu ferito da una freccia e verso sera morì. "Al tramonto un grido si diffuse per il campo: 'Ritiriamoci! Tutti al proprio paese o alla propria città'". 1 Re 22:36. Così si realizzò la profezia di Michea. PR 109 4 Dopo questa disastrosa battaglia Giosafat fece ritorno a Gerusalemme. Mentre si avvicinava alla città, incontrò il profeta Ieu che lo rimproverò dicendo: PR 109 5 "Giosafat, perché sei andato ad aiutare un malvagio? Come puoi essere amico di un nemico del Signore? Il Signore è in collera con te per quello che hai fatto. Ma egli approva le altre cose buone che hai compiuto, quando hai eliminato dal paese gli idoli della dea Asera per seguire il Signore con ferma volontà". 2 Cronache 19:2, 3. PR 109 6 Gli ultimi anni del suo regno Giosafat li trascorse a rafforzare le difese nazionali e spirituali di Giuda. "Giosafat... visitò tutto il territorio, da Bersabea a sud fino alla regione montuosa di Efraim a nord, per ricondurre tutti gli abitanti al Signore, Dio dei loro padri". 2 Cronache 19:4. PR 110 7 Fra le maggiori iniziative di Giosafat bisogna segnalare l'organizzazione e il mantenimento delle corti di giustizia. "Egli nominò giudici in tutte le città fortificate del territorio di Giuda, uno in ogni città. Raccomandò loro: 'Fate bene attenzione a come dovete comportarvi: voi non avete solo un'autorità umana, ma giudicherete con l'autorità del Signore; egli stesso sarà con voi quando pronunzierete le vostre sentenze. Abbiate grande rispetto del Signore e pensate a quel che fate: il Signore nostro Dio non tollera ingiustizie né parzialità né favoritismi per regali ricevuti'". 2 Cronache 19:6, 7. L'amministrazione giudiziaria fu perfezionata con l'istituzione di una corte d'appello a Gerusalemme, dove "Giosafat scelse... alcuni uomini fra i leviti, i sacerdoti e i capifamiglia degli Israeliti, perché giudicassero nel nome del Signore e risolvessero le contese...". 2 Cronache 19:8. PR 110 1 Il re esortò questi giudici a essere fedeli al Signore. Cfr. 2 Cronache 19:9-11. PR 110 2 Desideroso di salvaguardare i diritti e le libertà dei suoi sudditi, Giosafat insisteva sull'amore di Dio per ogni membro della famiglia umana. "Nell'assemblea Dio prende la parola, giudica i capi delle nazioni". Quelli che avevano ricevuto la funzione di giudici sotto di lui avevano ricevuto queste indicazioni: "...fate giustizia al debole e all'orfano, difendete il povero e lo sfruttato. Liberate il debole e l'oppresso...". Salmi 82:1, 3, 4. PR 110 3 Verso la fine del regno di Giosafat, il regno di Giuda fu invaso da un esercito che fece tremare gli abitanti del paese. "Dopo questi fatti, i Moabiti e gli Ammoniti, con rinforzi di Meuniti, attaccarono Giosafat". Notizie di questa invasione pervennero a Giosafat tramite un messaggero che si presentò a lui dicendo: "...Un esercito enorme marcia contro di te. È venuto dall'altra sponda del mar Morto, dal territorio di Edom, ora si trova a Cazazon-Tamar, cioè a Engaddi". 2 Cronache 20:2. PR 110 4 Giosafat era un uomo coraggioso. Per molti anni aveva rafforzato il suo esercito e fortificato le sue città: era perciò ben preparato ad affrontare qualsiasi nemico. Però davanti al pericolo non ripose la sua fiducia in se stesso. Il suo esercito ben disciplinato e le sue città fortificate non erano sufficienti per assicurargli la vittoria, ma grazie a una fede vivente nel Dio di Israele poteva sperare nella vittoria su questi pagani che si vantavano della loro potenza per umiliare Giuda agli occhi delle nazioni. PR 110 5 "Giosafat ebbe paura e decise di rivolgersi al Signore. Ordinò un digiuno in tutto il territorio di Giuda. Gli abitanti si radunarono da tutte le città per chiedere aiuto al Signore...". 2 Cronache 20:3, 4. PR 110 6 Stando nel cortile del tempio di fronte al suo popolo, Giosafat aprì il suo animo nella preghiera reclamando le promesse di Dio e confessando l'impotenza di Israele. Cfr. 2 Cronache 20:4-12. Con fiducia Giosafat poteva dire: "...Non sappiamo che cosa fare: ci rivolgiamo a te!" 2 Cronache 20:12. Per anni egli aveva insegnato al popolo a confidare in colui che nel passato era così spesso intervenuto per salvare i suoi figli sottraendoli alla distruzione totale; e ora, mentre il regno era in pericolo, non si sentiva solo. "Tutti gli abitanti di Giuda stavano in preghiera davanti al Signore, comprese le donne con i loro figli e i bambini piccoli". 2 Cronache 20:13. Insieme digiunarono e pregarono, implorando il Signore perché mettesse in fuga i nemici e il suo nome potesse essere glorificato. Cfr. Salmi 83. PR 111 1 Mentre il popolo si univa al suo re umiliandosi davanti a Dio e chiedendo il suo aiuto, lo Spirito del Signore scese su Iacaziel, un levita, il quale disse: "Voi tutti, abitanti di Gerusalemme e di Giuda, e tu, re Giosafat, ascoltate quel che dice il Signore: "Non temete e non perdetevi di coraggio di fronte a questo immenso esercito: non sarete voi a combattere, ma Dio stesso. Domani i vostri nemici avanzeranno per la salita di Ziz. Voi andrete loro incontro e li raggiungerete in fondo alla valle, di fronte al deserto di Ieruel. Ma non toccherà a voi combatterli. Fermatevi là, schierati per l'attacco, e vedrete come il Signore vi salverà. Uomini di Gerusalemme e di Giuda, non temete e non perdetevi di coraggio: domani andate contro i vostri nemici e il Signore sarà con voi!" A queste parole, Giosafat si gettò con la faccia a terra. Anche tutti gli abitanti di Gerusalemme e di Giuda si inchinarono profondamente per adorare il Signore. Poi i leviti dei gruppi di Keat e di Kore si alzarono per lodare ad alta voce il Signore Dio d'Israele. Il mattino dopo l'esercito di Giuda si mosse verso la zona desertica di Tekoa. Prima della partenza, Giosafat parlò alle truppe: 'Uomini di Gerusalemme e di Giuda, ascoltatemi. Contate sulla forza del Signore vostro Dio e troverete forza. Fidatevi della parola dei suoi profeti e avrete successo'". 2 Cronache 20:15-20. Poi, d'accordo con le truppe "mandò davanti allo schieramento i cantori, vestiti con i paramenti sacri, perché lodassero il Signore con il canto...". 2 Cronache 20:21. Questi cantori marciavano in testa all'esercito lodando il Signore per la promessa della vittoria. PR 111 2 Era davvero un modo particolare per affrontare un esercito nemico! Lodare il Dio d'Israele con il canto era il grido di guerra di questi uomini di fede. Essi possedevano "la santa magnificenza". Se oggi rivolgessimo maggiormente la nostra lode al Signore, la speranza, il coraggio e la fede aumenterebbero in proporzione. In questo modo i coraggiosi sostenitori della verità potrebbero rinnovare le loro forze. PR 111 3 "...il Signore sconvolse di sorpresa Ammoniti, Moabiti ed Edomiti che stavano marciando contro l'esercito di Giuda. Cominciarono a combattersi tra di loro. Ammoniti e Moabiti si lanciarono contro gli Edomiti fino a ucciderli e sterminarli tutti. (...) Intanto gli uomini del regno di Giuda erano giunti sulla collina dalla quale si poteva vedere il deserto. Essi guardavano dove si trovava l'esercito nemico e non videro altro che cadaveri stesi a terra: non c'era nessun superstite". 2 Cronache 20:22-24. PR 111 4 In tempo di crisi il Signore era la forza di Giuda come lo è ancora oggi per il suo popolo. Non dobbiamo confidare nei re né mettere gli uomini al posto di Dio. Dobbiamo ricordare che gli esseri umani possono sbagliare. L'Onnipotente è il nostro rifugio, ricordiamoci che in qualsiasi circostanza egli lotta per noi. Le sue risorse sono illimitate e più le circostanze ci sembreranno avverse, più grande sarà la vittoria. Cfr. Salmi 106:47, 48. PR 112 1 Carichi di bottino, gli eserciti di Giuda tornarono a Gerusalemme "pieni di gioia. Il Signore aveva reso felici tutti, facendoli trionfare sui nemici. Entrarono in città al suono delle trombe, delle arpe e delle cetre e si diressero al tempio". 2 Cronache 20:27, 28. Si fecero grandi festeggiamenti. Ubbidendo a quest'ordine "...Fermatevi là, schierati per l'attacco, e vedrete come il Signore vi salverà... non temete e non perdetevi di coraggio" (2 Cronache 20:17) si erano completamente affidati a Dio che avevano riconosciuto come il loro liberatore. PR 112 2 In quell'occasione compresero bene gli inni ispirati da Davide. Cfr. Salmi 106:46; 48:11, 12, 15. PR 112 3 Grazie alla fede del re di Giuda e dei suoi eserciti tutte le nazioni vicine rispettarono Dio. "Quando, nei regni stranieri, si seppe che il Signore aveva liberato Israele dai suoi nemici tutta la terra ebbe timor di Dio. Il regno di Giosafat fu tranquillo e Dio gli concesse pace su tutte le frontiere". 2 Cronache 20:29, 30. ------------------------Capitolo 16: La rovina della casa di Acab PR 113 1 L'influsso negativo che Gezabele aveva esercitato su Acab già nei primi anni del loro matrimonio continuò a esercitarlo fino alla fine della vita del re e in questo modo lo spinse a compiere le azioni più malvage e violente verificatesi nella storia sacra. "Nessuno fu così ostinato contro la volontà del Signore come Acab, perché sua moglie lo istigava". 1 Re 21:25. Ambizioso di natura e incoraggiato da Gezabele, Acab seguì gli impulsi del suo cuore malvagio al punto tale da lasciarsi completamente dominare dall'egoismo. Egli non tollerava che ci si opponesse ai suoi desideri e riteneva fosse suo diritto entrare in possesso di tutto ciò che gli piaceva. PR 113 2 Questo lato del suo carattere, che influì negativamente sulla sorte del suo regno sotto i suoi successori, si rivelò in occasione di un incidente accaduto quando Elia era ancora profeta in Israele. Cfr. 1 Re 21:21. Vicino al palazzo del re vi era una vigna appartenente a Nabot, della città di Izreel. Acab, desideroso di averla, ne propose l'acquisto o lo scambio con un'altra vigna situata altrove. Cfr. 1 Re 21:2. PR 113 3 Nabot teneva molto a quella vigna perché da sempre apparteneva alla sua famiglia e quindi si rifiutò di disfarsene. Cfr. 1 Re 21:4. PR 113 4 Secondo il codice levitico nessun terreno poteva essere trasferite in modo permanente, per vendita o per scambio: ogni figlio d'Israele "resterà legato al territorio della sua tribù". Cfr. 1 Re 36:8, 9. PR 113 5 Il rifiuto di Nabot fece ammalare l'egoistico monarca: Acab "Andò a letto senza mangiare e voltò la faccia contro il muro". 1 Re 21:4. Gezabele, venuta a conoscenza dell'accaduto e indignata che qualcuno avesse respinto la richiesta del re, rassicurò Acab che non era necessario che si rattristasse, e gli disse: "Sei o non sei tu il re d'Israele?... Adesso alzati, vieni a mangiare e non preoccuparti; ti farò avere io la vigna di Nabot di Izreel". 1 Re 21:7. Acab non si preoccupò di sapere con quali metodi sua moglie sarebbe riuscita a realizzare il suo obiettivo. Gezabele eseguì immediatamente il suo piano: scrisse lettere a nome del re, apponendo il suo sigillo e le inviò agli anziani e ai nobili della città dove abitava Nabot: "Proclamate un giorno di digiuno -- diceva loro -- radunate la gente e fate sedere Nabot davanti a tutti. Poi fate venire due persone senza scrupoli ad accusare Nabot di avere maledetto Dio e il re. Alla fine conducetelo fuori città e uccidetelo a sassate". 1 Re 21:9, 10. PR 114 1 Appena l'ordine fu eseguito, Gezabele si recò dal re, lo invitò ad alzarsi e a prendere possesso della vigna. Acab, senza pensare alle conseguenze, seguì ciecamente il suo invito. PR 114 2 Al re, però, non fu permesso di godere impunemente di un bene ottenuto con la frode e il crimine. Il Signore ordinò a Elia di pronunciare contro Acab una terribile sentenza di condanna. PR 114 3 Il profeta eseguì subito l'ordine divino. Il sovrano colpevole, incontrandosi col severo messaggero dell'Eterno a faccia a faccia nella vigna, espresse il suo timore dicendo: "Sei riuscito a trovarmi, mio nemico?" 1 Re 21:20. Senza esitazione il messaggero del Signore rispose: "Sì, ti ho trovato, perché tu non fai altro che andare contro la volontà del Signore. Perciò Egli ti manda a dire: 'Manderò una rovina sulla tua famiglia. Eliminerò ogni maschio della tua famiglia, dal primo all'ultimo, in tutto Israele'". 1 Re 21:21, 22. Non c'era nessuna pietà, la casa di Acab doveva essere completamente distrutta come la casa di Geroboamo, figlio di Nebat, e come la casa di Baasa, figlio di Achia, "perché tu mi hai esasperato e hai spinto il popolo d'Israele nel peccato!" 1 Re 21:22. PR 114 4 Riguardo a Gezabele, Dio decretò: "Il suo corpo sarà divorato dai cani nella città di Izreel. Acab! -- concluse Elia -- Tutti quelli della tua famiglia che morranno in città saranno sbranati dai cani, quelli che morranno in campagna li mangeranno gli uccelli rapaci". 1 Re 21:23, 24. PR 114 5 Quando il re udì queste parole terribili "...si strappò le vesti, si mise addosso un sacco e cominciò a digiunare. Dormiva avvolto nel sacco e camminava a testa bassa". 1 Re 21:27. PR 114 6 Meno di tre anni dopo il re Acab fu ucciso dai siriani. Acazia, il suo successore "Andò contro la volontà del Signore. Si comportò male come suo padre e sua madre e come Geroboamo... Adorò il dio Baal e si inginocchiò davanti alla sua statua. Offese il Signore, il Dio d'Israele, proprio come aveva fatto suo padre". 1 Re 22:53, 54. PR 114 7 Ma il castigo per i peccati di questo re ribelle non si fece attendere. Una disastrosa guerra contro Moab e un incidente che mise in pericolo la sua vita manifestarono la disapprovazione di Dio nei suoi confronti. PR 114 8 Caduto da una cancellata della sala superiore di un suo appartamento a Samaria, Acazia, gravemente ferito e preoccupato delle conseguenze che ne potevano derivare, mandò alcuni suoi servitori a consultare Baal-Zebub, dio di Accaron, per sapere se sarebbe guarito. Il dio di Accaron era conosciuto per la sua capacità di predire l'avvenire, che rivelava tramite i suoi sacerdoti. Un gran numero di persone, perciò, andavano a consultarlo, ma le predizioni fatte e le informazioni fornite venivano dal principe delle tenebre. PR 115 1 I servitori di Acazia incontrarono un uomo di Dio il quale disse loro di ritornare dal re con questo messaggio: "Perché vuoi far consultare Baal-Zebub, il dio della città di Accaron? Non c'è un Dio in Israele? Non ti alzerai più dal letto: morirai di sicuro!" 2 Re 1:6. Dato il messaggio, il profeta scomparve. PR 115 2 I servitori stupiti si affrettarono a tornare dal re e gli riferirono le parole dell'uomo di Dio. Acazia chiese loro: "Com'era l'uomo che vi è venuto incontro e vi ha detto queste cose?" Essi risposero: "Aveva un mantello di pelo, una cintura di cuoio sui fianchi". "Allora è Elia di Tisbe", esclamò il re. 2 Re 1:7, 8. Egli sapeva che se lo straniero, che i suoi messaggeri avevano incontrato, fosse stato Elia le sue parole si sarebbero sicuramente avverate. Ansioso di scongiurare, se possibile, il giudizio annunciato, ordinò che fosse convocato il profeta. PR 115 3 Due volte Acazia mandò una compagnia di soldati per intimidire il profeta e due volte il giudizio di Dio si abbatté su di loro uccidendoli. PR 115 4 La terza compagnia di soldati si umiliò davanti a Dio e il capitano che la comandava s'inginocchiò davanti a Elia e lo supplicò: "Uomo di Dio, non far morire me e i miei uomini, tuoi servitori! L'angelo del Signore ordinò a Elia: "Va' con l'ufficiale; non aver paura". Elia seguì l'ufficiale, andò dal re e gli disse: 'Questo è il messaggio del Signore: Tu hai mandato messaggeri a consultare Baal-Zebub, il dio della città di Accaron. Non c'era forse in Israele un Dio da consultare? Non ti alzerai più dal letto: morirai!'" 2 Re 1:13-16. PR 115 5 Durante il regno di suo padre, Acazia era stato testimone delle opere meravigliose dell'Altissimo. Aveva assistito alle terribili manifestazioni della potenza divina nei confronti del popolo apostata d'Israele e si era reso conto del modo in cui il Signore giudica coloro che si rifiutano di sottomettersi alle esigenze della sua legge. Ma agiva come se queste solenni verità non fossero che favole senza importanza. Invece di chiedere perdono a Dio, seguiva Baal che aveva consultato durante la sua malattia, manifestando una delle peggiori forme di apostasia. Ribellandosi, non provando nessun desiderio di pentirsi, Acazia morì "Come il Signore aveva annunziato per mezzo di Elia...". 2 Re 1:17. PR 115 6 Il racconto del peccato di Acazia e della sua punizione racchiude un avvertimento che nessuno può impunemente trascurare. Oggi non si adorano gli dei pagani, ma sono migliaia coloro che rendono omaggio a Satana come lo fece il re d'Israele. L'idolatria è diffusa nella nostra società anche se, sotto influsso della scienza e della cultura, ha assunto forme più raffinate di quelle dei tempi in cui Acazia consultò il dio di Accaron. Ogni giorno abbiamo la prova che la fiducia nella parola profetica diminuisce mentre la superstizione e la magia sataniche conquistano lo spirito delle folle. PR 116 1 Oggi, i misteri del culto pagano sono sostituiti dalle associazioni e dalle riunioni segrete, dai misteri e dai prodigi dei medium. Le rivelazioni di questi medium sono accolte con entusiasmo da migliaia di persone che rifiutano di accettare il messaggio della Parola di Dio. I seguaci dello spiritismo possono deridere i maghi dell'antichità, ma il grande seduttore ride trionfante quando essi cedono ai suoi inganni presentati sotto una forma diversa. PR 116 2 Molti rabbrividiscono di orrore al pensiero di consultare dei medium mentre sono affascinati da altre forme più gradevoli di spiritismo. Si lasciano sedurre dagli insegnamenti della Scienza Cristiana, dal misticismo della Teosofia e da altre religioni orientali. PR 116 3 I discepoli di quasi tutte le forme di spiritismo pretendono di avere il potere di guarire. Essi attribuiscono questo potere all'elettricità, al magnetismo, ai cosiddetti "rimedi simpatici" oppure alle forze latenti nella mente dell'uomo. Oggi sono molti coloro che ricorrono a questi guaritori invece di confidare nel Dio vivente o nelle capacità di medici qualificati. Una mamma al capezzale del figlio ammalato esclama: "Non posso fare di più! Non c'è nessun medico che possa guarire il mio bambino?" Le vengono riferite guarigioni meravigliose operate da qualche guaritore o mago ed ella gli affida il suo bimbo, mettendolo così, in realtà, nelle mani di Satana, come se lui stesso fosse al suo fianco. In molti casi, la futura vita del bambino viene posta sotto il controllo di un potere satanico che sembra non sia più possibile eliminare. PR 116 4 Dio aveva delle valide motivazioni per essere scontento della malvagità di Acazia. Cosa non aveva fatto per conquistare il popolo di Israele e indurlo a confidare in lui! Per anni aveva dimostrato la sua bontà e il suo amore incomparabili. Fin dalle origini aveva affermato che la sua gioia "...era vivere con gli uomini". Proverbi 8:31. Aveva aiutato tutti coloro che lo avevano cercato sinceramente. Nonostante questo il re d'Israele si era allontanato dall'Eterno per cercare un appoggio dal peggiore nemico del suo popolo. Aveva dichiarato ai pagani che aveva più fiducia negli idoli che nel Dio del cielo. Oggi gli uomini disonorano il Signore nello stesso modo, allontanandosi dalla fonte della saggezza e della potenza per chiedere aiuto e consiglio alle forze delle tenebre. Se la collera divina si era accesa per l'atto di apostasia di Acazia a maggior ragione si accenderà nei nostri confronti che abbiamo una conoscenza maggiore rispetto a questo re e seguiamo comunque una via identica alla sua. PR 116 5 Quelli che si abbandonano alla stregoneria di Satana possono vantarsi di averne ricavato un gran bene, ma questo prova forse che il loro comportamento è quello giusto? Cosa importa se la loro vita viene prolungata? O se si assicurano un cospicuo guadagno? Alla fine, quale profitto ne trarranno ignorando o disdegnando la volontà di Dio? Tutto questo apparente vantaggio risulterà in realtà una perdita irreparabile. Non possiamo eliminare impunemente l'unica barriera che il Signore ha innalzato per proteggere il suo popolo dagli attacchi di Satana. PR 117 1 Acazia, non avendo figli, fu sostituito sul trono dal fratello Gioram che regnò per dodici anni sulle dieci tribù. Sua madre Gezabele, che era ancora in vita, continuò a esercitare il suo malefico influsso sugli affari della nazione. Erano ancora in molti a praticare l'idolatria. Gioram stesso "...andò contro la volontà del Signore, ma non come suo padre e sua madre: se non altro, eliminò la stele fatta erigere da suo padre in onore del dio Baal. Tuttavia rimase legato alla colpa del re Geroboamo, figlio di Nebat, che aveva fatto peccare Israele: non se ne staccò mai". 2 Re 3:2, 3. PR 117 2 Fu durante il regno di Gioram che Giosafat morì e che suo figlio, che si chiamava anch'egli Gioram, ascese al trono di Giuda. Tramite il matrimonio con la figlia di Acab e di Gezabele egli si imparentò con il re d'Israele e andò dietro a Baal "...alla maniera dei re d'Israele... Gioram fece anche costruire santuari sulle colline del territorio di Giuda; così spinse gli abitanti di Gerusalemme e Giuda a tradire il Signore". 2 Cronache 21:6, 11. PR 117 3 Al re di Giuda non fu permesso di praticare orribili forme di apostasia senza essere rimproverato. Il profeta Elia, che non era ancora asceso al cielo, non poteva rimanere muto mentre il regno di Giuda stava seguendo la stessa strada che aveva portato il regno del nord sull'orlo della rovina. Egli mandò dunque a Gioram un messaggio scritto nel quale l'empio re lesse queste terribili parole: "...Il Signore, Dio di Davide tuo padre, ti manda questo avvertimento: Tu non hai seguito la condotta di tuo padre Giosafat né di tuo nonno Asa, re di Giuda. Hai agito come i re d'Israele, hai spinto anche gli abitanti di Gerusalemme e di Giuda a tradire il Signore, come al nord ha fatto la famiglia di Acab. Per di più hai fatto uccidere i tuoi fratelli, persone della tua famiglia che erano migliori di te. Per tutto questo il Signore manderà un castigo molto duro sul tuo popolo, i tuoi figli, le tue mogli e i tuoi beni. Tu sarai colpito da molte malattie...". 2 Cronache 21:12-15. PR 117 4 In adempimento di questa profezia, "Il Signore spinse contro Gioram i Filistei e gruppi di Arabi vicini agli Etiopi. Essi invasero il regno di Giuda e portarono via tutti i beni che si trovavano nella reggia, comprese le donne e i figli del re. Lasciarono solo il figlio più piccolo di Gioram, di nome Acazia. In seguito il Signore colpì il re con una malattia incurabile al ventre. Il male peggiorò giorno dopo giorno. Passati quasi due anni... il re morì tra atroci dolori...". 2 Cronache 21:16-19. "Dopo di lui regnò suo figlio Acazia". 2 Re 8:24. PR 118 1 Acazia di Giuda ben presto fece una tragica fine. I membri della casa di Acab che ancora erano in vita "...furono suoi consiglieri, per sua rovina". 2 Cronache 22:4 (Luzzi). Mentre Acazia era a Izreel in visita da suo zio, il profeta Eliseo fu divinamente incaricato di mandare uno dei figli dei profeti a Ramot di Galaad per ungere Ieu re d'Israele. In quel tempo le forze alleate di Giuda e di Israele erano impegnate in una campagna militare contro i siriani di Ramot-Galaad. Il re Gioram fu ferito in battaglia e tornò a Izreel lasciando a Ieu il comando degli eserciti reali. PR 118 2 Nell'ungere Ieu, il messaggero di Eliseo aveva dichiarato: "...Ti consacro re del mio popolo, re d'Israele. Sarai tu a distruggere la dinastia di Acab, tuo padrone di un tempo. In questo modo vendicherò tutti i miei profeti e i miei servitori fatti uccidere da Gezabele. I discendenti di Acab devono sparire...". 2 Re 9:6-8. PR 118 3 Dopo essere stato proclamato re dall'esercito, Ieu si affrettò a raggiungere Gerusalemme e cominciò a eseguire gli ordini che gli erano stati dati rispetto a coloro che avevano deliberatamente scelto di continuare a rimanere nel peccato e di indurre altri a peccare. Gioram, re d'Israele, Acazia di Giuda e Gezabele, la regina madre, con "...tutti quelli ch'erano rimasti della casa di Acab a Izreel, tutti i suoi grandi, i suoi amici e i suoi consiglieri..." furono uccisi. "...Tutti i profeti di Baal, tutti i suoi servi, tutti i suoi sacerdoti" che abitavano nella sede del culto di Baal, vicino a Samaria, furono passati a fil di spada. Le statue e gli idoli furono distrutti e bruciati e il tempio di Baal demolito. "Così Jehu estirpò Baal da Israele". 2 Re 10:11, 19, 28 (Luzzi). PR 118 4 La notizia di questo sterminio giunse ad Atalia, figlia di Gezabele, che occupava ancora una posizione importante nel regno di Giuda. Quando apprese che suo figlio, il re di Giuda, era morto "...decise di eliminare tutti i componenti della famiglia reale di Giuda". 2 Cronache 22:10. PR 118 5 In questo massacro tutti i discendenti di Davide che erano eleggibili al trono furono distrutti eccetto uno: un bimbo di nome Ioas che la moglie del sommo sacerdote Ioiada aveva nascosto nel tempio. Per sei anni il bambino rimase nascosto mentre "...Atalia regnava nel paese". 2 Cronache 22:12. Alla fine di questo periodo di tempo, "I leviti e tutto il popolo..." (2 Cronache 23:8) si unirono al sommo sacerdote Ioiada per incoronare e ungere il fanciullo Ioas e acclamarlo re. "...Tutti battevano le mani e gridavano: 'Viva il re!'". 2 Re 11:12. PR 118 6 "Atalia udì le voci della gente che accorreva ad acclamare il re e raggiunse la folla al tempio. Si accorse che, presso la colonna all'entrata del tempio, stava Ioas. Attorno a lui c'erano i comandanti e i trombettieri. Tutto il popolo manifestava la sua gioia mentre le trombe suonavano... Atalia, indignata, si strappò i vestiti e gridò: 'È un tradimento!'". 2 Cronache 23:12, 13. Ma il sacerdote Ioiada ordinò agli ufficiali dell'esercito di arrestare Atalia e tutti i suoi seguaci, di condurli fuori del tempio, nel luogo delle esecuzioni in cui furono messi a morte. PR 119 1 Così morì l'ultimo rappresentante della casa di Acab. I terribili effetti del male provocato dall' alleanza di Acab con Gezabele continuarono fino a quando non venne eliminata l'ultima esponente dei suoi discendenti. Infatti Atalia era riuscita a trascinare nell'idolatria numerose persone anche in Giuda dove il culto del vero Dio non era stato mai formalmente abbandonato. PR 119 2 Immediatamente dopo l'esecuzione della malvagia regina, "Tutto il popolo si recò al santuario del dio Baal; lo demolì e fece a pezzi gli altari e le statue; uccise Matan il sacerdote di Baal, davanti all'altare...". 2 Re 11:18. PR 119 3 Seguì una riforma. Coloro che avevano partecipato all'incoronazione di Ioas si impegnarono solennemente a: "...essere veramente il popolo del Signore". 2 Cronache 23:16. Ora che il malefico influsso della figlia di Gezabele non si diffondeva più nel regno di Giuda, i sacerdoti di Baal erano stati uccisi e il loro tempio distrutto, "Tutti erano pieni di gioia... la città fu in pace". 2 Cronache 23:21. ------------------------Capitolo 17: Il profeta Eliseo PR 120 1 Dio aveva ordinato a Elia di ungere un altro profeta al suo posto: "...consacra come profeta al posto tuo Eliseo, figlio di Safat, originario di Abel-Mecola". 1 Re 19:16. Ubbidendo a quest'ordine il profeta partì per cercare Eliseo. Dirigendosi verso nord notò quanto fosse cambiato il paesaggio dopo così poco tempo. Si ricordava il suolo riarso, i campi non lavorati perché per tre anni e mezzo non era caduta né rugiada né pioggia. Ora invece la vegetazione stava spuntando ovunque come se volesse riscattare il periodo di siccità e di carestia. PR 120 2 Il padre di Eliseo era un ricco proprietario terriero. I membri della sua famiglia facevano parte di coloro che non si erano inginocchiati davanti a Baal nel momento in cui l'apostasia era diffusa in tutto il paese. Essi onoravano il Signore e ubbidivano fedelmente ai comandamenti divini, che seguivano come unica regola di condotta. È in questa atmosfera che Eliseo visse i suoi primi anni. Nella tranquillità della vita agreste imparò i princìpi divini e quelli della natura sottoponendosi alla dura disciplina del lavoro. Si abituò alla semplicità, all'ubbidienza ai genitori e al Signore e ciò gli permise di assumere in seguito maggiori responsabilità. PR 120 3 La chiamata profetica giunse a Eliseo mentre con i servi di suo padre stava arando un campo. Egli svolgeva l'attività che gli era più congeniale. Il futuro profeta aveva sia le capacità di un capo sia l'umiltà di un servo. Di natura quieta e affabile, sapeva anche essere energico e deciso. Possedeva integrità, fedeltà unite all'amore e al timore di Dio. Nell'ambito del lavoro quotidiano acquisì fermezza di propositi, nobiltà di carattere e crebbe continuamente nella grazia e nella conoscenza. Pur collaborando col padre, imparava anche a collaborare con Dio. PR 120 4 Tramite la fedeltà nelle piccole cose, Eliseo si stava preparando ad assumere compiti importanti. Ogni giorno acquisiva l'esperienza indispensabile per un'opera più vasta e più nobile. Imparava a servire, e servendo a istruire e a guidare gli altri. La lezione vale per tutti. Nessuno conosce le intenzioni di Dio riguardo alla disciplina che ci impone, tutti però possono essere certi che la fedeltà nelle piccole cose sarà la prova della capacità ad assumere responsabilità maggiori. PR 121 1 Il carattere si rivela in ogni atto della vita quotidiana; soltanto a chi si comporta "...come un lavoratore che non deve vergognarsi del suo lavoro..." (2 Timoteo 2:15) il Signore affiderà un nobile incarico. Colui che ritiene che il compimento dei piccoli doveri quotidiani non abbia importanza non è degno di occuparsi di maggiori responsabilità. Può considerarsi sufficientemente competente per gestire incarichi più importanti, ma Dio giudica diversamente, non valuta la situazione con superficialità. Dio si rivolgerà a lui in questi termini: "Sei stato pesato e sei stato trovato mancante". La sua infedeltà si ritorce contro di lui; non riceve né la grazia, né la forza, né la fermezza che il Signore accorda a coloro che si sottomettono completamente alla sua volontà. PR 121 2 Non essendo impegnati in attività religiose, molti ritengono che la loro vita sia inutile e che non stiano facendo nulla per l'avanzamento del regno di Dio: con quanta gioia si impegnerebbero in un compito veramente importante! Però, siccome possono solo adempiere compiti secondari, si sentono autorizzati a non fare nulla. Naturalmente si sbagliano: si è attivi al servizio di Dio quando si è impegnati nei comuni doveri di ogni giorno, ad esempio abbattendo alberi, dissodando il terreno o spingendo l'aratro. La madre che educa i suoi figli per Cristo svolge un lavoro importante quanto quello del pastore sul pulpito. PR 121 3 Alcuni cristiani vorrebbero possedere dei doni speciali per compiere un'opera di particolare rilevanza, ma in questo modo perdono di vista i doveri della vita quotidiana che, se compiuti fedelmente, darebbero significato alla loro esistenza. Essi dovrebbero adempiere coscienziosamente, ogni giorno, il loro dovere. Inoltre è importante che sappiano accontentarsi e interessarsi sinceramente al bene del prossimo. Si può trovare la perfezione anche nelle responsabilità più umili. Gli incarichi più banali, assolti con amore, sono i più belli agli occhi di Dio. PR 121 4 Quando Elia, guidato da Dio nella ricerca di un successore, giunse al campo dove Eliseo stava arando, gettò sulle spalle del giovane il suo mantello di profeta. Durante la carestia, la famiglia di Safat era stata informata dell'opera e della missione di Elia e ora lo Spirito di Dio operava nel cuore di Eliseo facendogli capire il significato del gesto del profeta. Per lui rappresentava il segno che Dio lo chiamava per essere il successore di Elia. "Eliseo lasciò i buoi, corse dietro a Elia e gli disse: "Vorrei andare a salutare mio padre e mia madre, poi ti seguirò". "Va' pure, ma torna di nuovo! Sai quello che ho fatto di te!" rispose Elia". 1 Re 19:20. Non si trattava di un rifiuto ma di una prova per la sua fede. Eliseo doveva valutare l'importanza della chiamata e doveva essere lui, personalmente, ad accettare o respingere l'invito. Se desiderava rimanere legato alla casa paterna e ai vantaggi che ne derivavano era libero di rifiutare. Ma Eliseo capì il significato dell'appello; sapeva che proveniva da Dio e perciò non esitò a ubbidire. Nessun vantaggio materiale gli avrebbe fatto perdere l'opportunità di diventare il messaggero del Signore e il collaboratore del profeta. Egli, infatti, "uccise un paio di buoi e li offerse in sacrificio; usò la legna del giogo per cuocere la carne e fece un pranzo a quelli che erano con lui. Poi partì e seguì Elia come suo aiutante". 1 Re 19:21. Senza esitazione lasciò la famiglia dove era amato per accompagnare il profeta nella sua vita avventurosa. PR 122 1 Se Eliseo avesse chiesto a Elia ciò che si aspettava da lui, quale sarebbe stato il suo incarico, il profeta gli avrebbe risposto: "Dio lo sa. Te lo dirà. Se hai fiducia in lui, risponderà a tutte le tue domande. Se sei convinto che ti ha chiamato, puoi seguirmi. Ma sappi che il Maestro è vicino a me ed è la sua voce che hai sentito. Se, per guadagnare il cielo tu consideri tutto il resto come polvere, allora vieni!" PR 122 2 Analoga alla chiamata di Eliseo fu la risposta di Gesù al giovane ricco che gli chiedeva: "... "Maestro, che cosa devo fare di buono per avere la vita eterna?" E Gesù gli rispose: 'Per essere perfetto, vai a vendere tutto quello che hai, e i soldi che ricavi dalli ai poveri. Allora avrai un tesoro in cielo. Poi, vieni e seguimi'". Matteo 19:16, 21. PR 122 3 Eliseo accettò la chiamata al servizio senza gettare uno sguardo indietro ai piaceri e alle comodità che si accingeva a lasciare. Il giovane ricco, invece, quando udì le parole del Salvatore "...se ne andò via con la faccia triste, perché era molto ricco". Matteo 19:22. Egli non era disposto a questo sacrificio; il suo amore per i beni che possedeva era maggiore di quello per Dio. Rifiutando di lasciare tutto per Cristo, dimostrò di essere indegno di servirlo. PR 122 4 L'invito a sacrificare tutto per il servizio è rivolto anche a noi. Non ci viene chiesto di servire come Eliseo, né di vendere tutti i nostri beni, ma di offrire al Signore il primo posto nella nostra vita e non sprecare quindi nessuna occasione per fare qualcosa per lo sviluppo della sua opera. Non siamo chiamati tutti a compiere lo stesso lavoro. Uno forse dovrà partire per un paese straniero, l'altro sarà chiamato a sostenere finanziariamente l'opera di evangelizzazione. Ma il Signore accetta il dono di ognuno. Ciò che conta è la consacrazione della nostra vita e di tutto ciò che essa implica. Coloro che desiderano realizzare questo obiettivo sentiranno l'appello divino e risponderanno positivamente. A tutti i destinatari della sua grazia Dio assegna un compito in favore degli altri. Come Isaia dovremmo dire individualmente: "Eccomi, manda me!" Che un uomo sia medico o ministro della parola, commerciante o agricoltore, professionista o meccanico, a ognuno è affidata la responsabilità di comunicare agli altri il messaggio della salvezza. Qualsiasi compito ci venga affidato deve essere un mezzo per raggiungere questo fine. PR 123 1 Inizialmente a Eliseo non furono affidati incarichi importanti; la sua formazione lo rendeva disponibile anche a svolgere attività molto semplici come quella di versare l'acqua sulle mani di Elia, il suo maestro. Eliseo era disposto a fare qualunque cosa gli venisse richiesta dal Signore e imparava così lezioni di servizio nell'umiltà. Come assistente personale del profeta continuò a dimostrare fedeltà nelle piccole cose preparandosi all'importante missione assegnatagli da Dio. PR 123 2 Dopo essersi unito a Elia, Eliseo non fu immune da tentazioni. Non gli mancarono le prove, ma in ogni circostanza confidò in Dio. Pensava con nostalgia a tutto ciò che aveva lasciato partendo da casa ma non si lasciò coinvolgere da questa tentazione. Avendo messa la mano all'aratro era deciso a non volgersi indietro e nonostante le prove e le difficoltà seppe dimostrarsi fedele alla missione ricevuta. PR 123 3 L'opera del ministero non si limita alla predicazione della parola: significa preparare giovani, come Elia fece con Eliseo, strapparli ai loro compiti ordinari e assegnare loro responsabilità nell'opera di Dio. Inizialmente queste saranno piccole, ma poi sempre maggiori nella misura in cui essi acquisteranno forza ed esperienza. PR 123 4 Nell'opera della diffusione del messaggio evangelico uomini ricchi di fede e dediti alla preghiera possono affermare: "Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo veduto con gli occhi nostri, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita... quello dico che abbiamo veduto e udito, noi l'annunziamo anche a voi...". 1 Giovanni 1:1, 3 (Luzzi). I giovani collaboratori di Dio, privi di esperienza, devono essere orientati a lavorare con questi uomini. Impareranno così come adempiere le proprie responsabilità. PR 123 5 Coloro che si occupano della preparazione dei giovani svolgono un nobile lavoro e il Signore stesso collaborerà con loro. I giovani ai quali è stato rivolto l'appello alla consacrazione e che hanno il privilegio di collaborare con pastori zelanti e fedeli dovrebbero approfittare al massimo di questa opportunità. Dio li ha onorati chiamandoli al suo servizio e offrendogli la possibilità di formarsi meglio per il loro compito futuro. Dovrebbero dimostrarsi umili, fedeli, ubbidienti e disposti al sacrificio. Sottomettendosi alla disciplina di Dio, attuando le sue direttive e scegliendo come consiglieri i suoi collaboratori di maggiore esperienza, si svilupperanno fino a diventare uomini giusti, animati da princìpi elevati e saldi ai quali Dio potrà affidare grandi responsabilità. PR 123 6 Se il messaggio del Vangelo verrà trasmesso fedelmente vedremo degli uomini lasciare i loro campi o le loro attività commerciali. Formati da uomini di Dio, ricchi di esperienza, impareranno a lavorare in modo efficace e saranno in grado di predicare la verità con potenza. Grazie all'azione meravigliosa della provvidenza divina molte difficoltà saranno eliminate. Il messaggio di Dio, che ha un così grande significato per gli abitanti della terra, sarà udito e capito. In questo modo gli uomini conosceranno la verità. L'opera di Dio progredirà fino a quando tutta la terra non sarà stata avvertita e allora verrà la fine. PR 124 1 Per vari anni, dopo la sua chiamata, Eliseo lavorò con Elia: in questo modo si preparava per il suo compito futuro. Tramite Elia il Signore aveva eliminato molte delle forme in cui si era manifestato il male. L'idolatria, favorita dal re Acab e dalla pagana Gezabele, si era diffusa in tutta la nazione, ma Elia aveva decretato la sua fine. I profeti di Baal erano stati uccisi e l'intero popolo di Israele era profondamente scosso. Molti erano ritornati al culto del vero Dio. Eliseo quale successore di Elia, doveva tentare, tramite un insegnamento metodico e paziente, di riportare Israele sulle vie di Dio. La sua collaborazione con Elia, il profeta più grande dopo Mosè, lo preparò per l'incarico che ben presto avrebbe dovuto compiere da solo. PR 124 2 Nell'arco di questo periodo di stretta collaborazione Elia fu spesso chiamato a condannare il peccato. Quando Acab si impossessò della vigna di Nabot fu Elia a profetizzare la rovina del re e della sua famiglia. Quando Acazia, dopo la morte di suo padre Acab, si allontanò dal Dio vivente per seguire Baal-Zebub, dio di Accaron, fu ancora Elia che protestò con forza. PR 124 3 Le scuole dei profeti, fondate da Samuele, erano scomparse durante gli anni dell'apostasia di Israele. Elia ristabilì queste scuole assicurando così ai giovani un'istruzione che li avrebbe portati a esaltare la legge perché fosse rispettata. Tre di queste scuole -- una a Ghilgal, una a Betel e una a Gerico -- sono citate nel racconto biblico. Poco prima che Elia venisse accolto in cielo, visitò con Eliseo questi centri culturali e ripeté le lezioni che aveva già impartito in occasione di precedenti visite. Parlò soprattutto del grande privilegio di restare fedeli al Signore. Inoltre parlò loro dell'importanza della semplicità che doveva caratterizzare ogni aspetto della loro educazione. Solo in questo modo sarebbero stati formati secondo il modello divino, pronti per lavorare per il Signore. PR 124 4 Elia si rallegrò dei risultati ottenuti tramite queste scuole. La riforma intrapresa non era ancora conclusa, ma in tutto il regno si poteva rilevare l'adempimento della parola del Signore: "Risparmierò settemila Israeliti, tutti quelli che non hanno piegato le ginocchia davanti al dio Baal e non hanno baciato la sua statua". 1 Re 19:18. PR 124 5 Mentre Eliseo accompagnava il profeta nel suo giro d'ispezione di scuola in scuola, la sua fede e la sua decisione furono nuovamente messe alla prova. A Ghilgal e poi a Betel e a Gerico fu invitato dal profeta a tornare indietro. Egli infatti gli disse: "...Tu fermati qui: a me il Signore ha ordinato di andare a Betel". Eliseo, però, quando aveva lavorato nei campi, aveva imparato a non fermarsi e a non scoraggiarsi. Ora che aveva messo mano all'aratro in un'altra direzione non intendeva lasciarsi distogliere dal suo obiettivo. Perciò non si sarebbe separato dal suo maestro fino a quando avesse avuto la possibilità di perfezionarsi per svolgere un servizio migliore. Elia non sapeva che la sua ascensione al cielo era stata annunciata agli allievi delle scuole dei profeti e in particolare a Eliseo. Profondamente rattristato il servitore dell'uomo di Dio non lo lasciava mai solo. Ogni volta che Elia gli rivolgeva l'invito ad andarsene rispondeva: "...Giuro davanti al Signore e davanti a te che non ti abbandonerò!...". 2 Re 2:2. "...Elia ed Eliseo si fermarono in riva al Giordano... Elia prese il suo mantello, lo arrotolò e lo sbatté contro le acque del fiume, e le acque si divisero in due; così Elia ed Eliseo poterono raggiungere l'altra riva all'asciutto. Mentre attraversavano Elia chiese ad Eliseo: "Dimmi che cosa posso fare per te prima che il Signore mi porti via"...". 2 Re 2:7-9. Eliseo non chiese onori, terreni o una posizione elevata fra i grandi di questo mondo. Quello che desiderava era una quantità ancora più abbondante dello Spirito che Dio aveva riversato così copiosamente sul profeta che stava per lasciarlo. Egli sapeva che solo lo Spirito dato a Elia poteva permettergli di assumere il ruolo affidatogli in Israele. Per cui chiese: "...Vorrei essere l'erede principale del tuo spirito di profeta...". 2 Re 2:9. In risposta a questa richiesta Elia disse: "Non è poco!... Avrai quel che chiedi se riuscirai a vedermi mentre verrò portato via da te; altrimenti no". 2 Re 2:10. Mentre continuavano a camminare e parlare, un carro di fuoco con cavalli di fuoco li separò l'uno dall'altro ed Elia salì in cielo in un turbine di vento. PR 125 1 Elia rappresenta i giusti ancora viventi sulla terra al secondo avvento di Cristo, che saranno "...trasformati in un istante, in un batter d'occhio, quando si sentirà l'ultimo suono di tromba" (1 Corinzi 15:51, 52) senza conoscere la morte. In quanto rappresentante di coloro che saranno così traslati, a Elia, verso la fine del ministero terreno di Cristo, fu permesso di stare con Mosè vicino al Salvatore sul monte della trasfigurazione. Nella persona di questi due uomini glorificati, i discepoli videro simbolicamente una rappresentazione del popolo dei redenti. Essi videro Gesù avvolto dalla luce del cielo e "...dalla nube si fece sentire una voce" (Luca 9:35) che lo riconosceva come Figlio di Dio. Essi considerarono Mosè rappresentante di coloro che risusciteranno al tempo del secondo avvento ed Elia di coloro che alla fine della storia del mondo saranno mutati da mortali a immortali e accolti in cielo senza vedere la morte. PR 126 1 Nel deserto, in preda alla solitudine e allo scoraggiamento Elia non voleva più vivere, desiderava morire. Ma il Signore nella sua misericordia non lo ascoltò. Il profeta aveva ancora una grande opera da compiere. Dopo aver adempiuto la sua missione non meritava di essere abbandonato, non avrebbe sperimentato la morte ma l'ascensione con gli angeli nella gloria celeste. PR 126 2 "Eliseo riuscì a vedere e gridò: "Elia, padre mio! Difesa e forza d'Israele". Poi non lo vide più. Allora, per il dolore, strappò in due i suoi vestiti. Raccolse il mantello che era caduto a Elia, tornò indietro e si fermò in riva al Giordano. Prese il mantello d'Elia, lo sbatté contro le acque del fiume e invocò: "Signore Dio d'Elia, dove sei?" Poi, come aveva fatto Elia, colpì le acque ed esse si divisero in due: egli poté attraversare. Da lontano i profeti di Gerico lo videro e dissero: "Lo spirito profetico d'Elia è passato ad Eliseo". Gli corsero incontro e s'inchinarono davanti a lui fino a terra". 2 Re 2:12-15. PR 126 3 Quando il Signore ritiene che sia giunto il momento di rimuovere dal loro incarico coloro ai quali aveva dato sapienza, aiuta e fortifica i loro successori che si rivolgono a lui per ricevere aiuto e compiono la sua volontà. Essi potranno addirittura essere più saggi dei predecessori purché sappiano trarre profitto dalla loro esperienza e acquisire saggezza imparando dai loro errori. PR 126 4 Eliseo sostituirà quindi Elia. Colui che era stato fedele nelle piccole cose si sarebbe dimostrato fedele anche nelle grandi. ------------------------Capitolo 18: Eliseo risana le acque del Giordano PR 127 1 Ai tempi dei patriarchi, la valle del Giordano "...era una valle tutta irrigata... come il giardino del Signore". Fu in questa bella pianura che Lot scelse di stabilire la sua residenza quando "...si spinse fino a Sodoma". Genesi 13:10, 12. PR 127 2 Quando le città della pianura furono distrutte, la regione circostante diventò un luogo desolato e da allora fece parte del deserto di Giuda. PR 127 3 Però una regione di quella bella valle rimase, con le sue sorgenti e i suoi corsi d'acqua, a rallegrare il cuore dell'uomo. È in questa pianura ricca di campi di cereali, palme, frutteti che si accamparono gli eserciti di Israele dopo aver attraversato il Giordano. È là che per la prima volta, gli israeliti mangiarono i frutti della terra promessa. Davanti a loro si innalzavano le mura di Gerico, fortezza pagana, centro del culto di Asera, che esprimeva nelle forme più abbiette e degradanti l'idolatria cananea. Le mura di questa città furono distrutte e gli abitanti uccisi. In quel momento davanti a tutto Israele venne formulata la solenne dichiarazione: "Il Signore maledica chi vorrà far risorgere Gerico dalle sue rovine! La posa delle fondamenta gli costerà la vita del primogenito, la costruzione delle porte quella del figlio più giovane". Giosuè 6:26. PR 127 4 Cinque secoli dopo questo luogo era ancora desolato, maledetto da Dio. Anche i corsi d'acqua che avevano le loro sorgenti in questa parte della pianura erano stati colpiti da questa maledizione. Ma all'epoca dell'apostasia di Acab, quando fu ripristinato il culto di Asera su iniziativa di Gezabele, Gerico, antico centro di questo culto, fu ricostruita nonostante il terribile prezzo che dovettero pagare i costruttori. Il racconto sacro ci dice: "In quel tempo un certo Chiel, di Betel, ricostruì la città di Gerico. Si realizzò la minaccia che il Signore aveva pronunziato per mezzo di Giosuè, figlio di Nun: quando gettò le fondamenta della città, Chiel perse il suo primogenito Abiram e, quando costruì le porte, perse il suo ultimogenito Segub". 1 Re 16:34. PR 127 5 Non lontano da Gerico, in mezzo a verdeggianti boschi, vi era una scuola di profeti in cui si recò Eliseo, dopo l'ascensione di Elia. Durante la sua visita gli uomini della città andarono dal profeta e gli dissero: "...Come avrai visto anche tu, signore, non si starebbe poi tanto male in questa città; solo che l'acqua è cattiva e la nostra terra è senza vita". Infatti la sorgente un tempo pura che dava vita e forniva acqua alla città e al territorio circostante, ora non era più potabile. In risposta a questa richiesta degli uomini di Gerico, Eliseo disse: "...Portatemi una scodella nuova, piena di sale. Gli portarono la scodella. Eliseo andò alla sorgente dell'acqua, vi versò il sale e pronunziò queste parole: 'Il Signore dice: Io rendo pura quest'acqua; non procurerà più né morte né sterilità'". 2 Re 2:19-21. PR 128 1 Il risanamento delle acque di Gerico non fu il risultato della sapienza o della potenza dell'uomo ma del miracoloso intervento di Dio. Coloro che avevano ricostruito la città non erano degni del favore del cielo; però colui che fa levare il sole sopra i malvagi e i buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (cfr. Matteo 5:45) ritenne opportuno, in questa circostanza, rivelare con questo miracolo, segno della sua compassione, il desiderio di guarire Israele dai suoi mali spirituali. PR 128 2 La purificazione fu definitiva. Come aveva detto Eliseo: "Quell'acqua divenne pura e lo è ancora oggi". 2 Re 2:22. Sono secoli che continua a scorrere rendendo quella parte della valle una vera oasi di bellezza. PR 128 3 Molte sono le lezioni spirituali che possono essere tratte dal racconto del risanamento delle acque. La scodella nuova, il sale e la sorgente sono tutti elementi altamente simbolici. PR 128 4 Nel gettare il sale nella sorgente amara Eliseo insegnò la stessa lezione impartita secoli dopo dal Salvatore ai suoi discepoli, quando dichiarò: "Voi siete il sale della terra". Il sale gettato nella sorgente inquinata purificò l'acqua e portò vita e benedizione dove prima vi erano state desolazione e morte. Quando Dio paragona i suoi figli al sale, desidera insegnare loro che, quando diventano i beneficiari della sua grazia, contribuiscono alla salvezza degli uomini. PR 128 5 L'obiettivo di Dio, scegliendo un popolo speciale, non era soltanto quello di adottare dei figli, ma di utilizzarli per trasmettere agli altri la grazia che dona la salvezza. Quando il Signore scelse Abramo non era semplicemente per trovare un amico fedele ma per trasmettere, grazie a lui, quelle benedizioni di cui avrebbero potuto godere altri popoli. Il mondo ha bisogno di prove concrete di un cristianesimo autentico. Il veleno del peccato agisce all'interno della società. Città e villaggi sono sommersi dal vizio e dalla corruzione. Le malattie, la sofferenza e l'ingiustizia regnano ovunque. Dappertutto vi sono esseri umani vittime dalla povertà, della disperazione, oppressi dal senso di colpa, che muoiono per mancanza di un influsso positivo. Conoscono il messaggio del Vangelo e nonostante ciò muoiono perché l'esempio di coloro che dovrebbero comunicare "un odore di vita a vita" trasmette loro soltanto la morte. Il loro spirito è pervaso dall'amarezza perché le fonti da cui dovrebbero sgorgare le acque della vita eterna sono avvelenate. PR 129 1 Il sale va mescolato con la sostanza alla quale si unisce: deve penetrare per poterla conservare. Nello stesso modo un contatto personale è indispensabile perché gli uomini possano essere raggiunti dal potere salvifico del Vangelo. Non si è salvati collettivamente, ma individualmente. PR 129 2 L'influsso personale è una vera forza; esprimerlo correttamente significa collaborare con il Cristo, salvare gli uomini che egli ha salvato, trasmettere giusti princìpi, frenare la corruzione che dilaga nella società. Significa anche diffondere quella grazia che solo Cristo può donare, purificare e affinare la vita e il carattere del prossimo offrendo un esempio irreprensibile: una fede e un amore sincero. PR 129 3 A proposito della sorgente inquinata di Gerico il Signore dichiarò: "Io rendo pura quest'acqua: non procurerà più né morte né sterilità". La fonte inquinata rappresenta l'anima separata da Dio. Il peccato non soltanto allontana da Dio ma distrugge nell'essere umano il desiderio e la capacità di conoscerlo. Crea disordine nell'organismo, turba lo spirito, perverte l'immaginazione e degrada le facoltà dell'essere. Non si riesce più a individuare quale sia la vera religione e la santità; la potenza divina non può compiere un'opera di trasformazione del carattere; l'uomo è debole, sprovvisto di forze morali per lottare contro il male. Si perverte e si avvilisce. PR 129 4 Per il cuore rigenerato, invece, tutto cambia. La trasformazione del carattere è la prova della presenza di Cristo in noi. Lo Spirito di Dio produce nell'anima una nuova vita facendo sì che i pensieri e i desideri siano in armonia con la volontà di Cristo, mentre l'uomo interiore è rinnovato a immagine di Dio. I deboli e gli sbandati sono la dimostrazione che la potenza rigeneratrice della grazia divina può sviluppare armoniosamente un carattere che prima era imperfetto e renderlo esemplare. Il cuore che riceve la Parola di Dio non è come uno stagno che inaridisce, né come una cisterna crepata che perde le sue preziose acque. È simile al ruscello di montagna, alimentato da sorgenti perenni, le cui acque limpide e fresche rianimano coloro che hanno sete e sono affaticati e aggravati. È come un fiume che scorre costantemente e man mano che avanza si fa sempre più profondo e largo fino a che le sue acque, apportatrici di vita, si diffondono su tutta la terra. I ruscelli scorrendo apportano freschezza e fertilità. Sulle rive l'erba è di un verde intenso, gli alberi hanno una chioma esuberante e i fiori abbondano. Quando il sole cocente dell'estate secca e crepa il suolo, una linea verde segna i corsi d'acqua. PR 130 1 La stessa cosa accade al vero figlio di Dio. La religione di Cristo agisce come un principio tonificante che infonde un'energia spirituale attiva. PR 130 2 Quando coloro che sono stati purificati e santificati dalla conoscenza delle verità bibliche si impegnano con entusiasmo per salvare gli uomini, sono realmente un "odore di vita a vita". E mentre, giorno dopo giorno, si disseteranno alla fonte inesauribile della grazia e della conoscenza, si renderanno conto che i loro cuori sono ricolmi dello spirito del loro Maestro e che, grazie al loro impegno altruistico, molti otterrano un beneficio fisico, mentale e spirituale. Gli stanchi saranno rianimati, i malati ritroveranno la salute e gli oppressi saranno liberati dal peso del peccato. Perfino nei paesi più lontani si odono parole di ringraziamento pronunciate da coloro che hanno abbandonato il peccato per mettersi al servizio della giustizia. PR 130 3 "Date e vi sarà dato" (Luca 6:38, Luzzi), perché la Parola di Dio è "...una sorgente di giardino, fontana di acque vive, ruscello che scende dai monti del Libano". Cantico dei Cantici 4:15. ------------------------Capitolo 19: Un profeta di pace PR 131 1 L'opera compiuta da Eliseo come profeta fu, da certi punti di vista, molto diversa da quella di Elia. A quest'ultimo erano stati affidati messaggi di rimprovero e di condanna; il suo era un coraggioso appello che richiamava il re e il popolo ad abbandonare le loro vie malvagie. Quella di Eliseo era una missione di pace. Doveva continuare e consolidare l'opera iniziata da Elia: insegnare al popolo la via del Signore. Il racconto ispirato ce lo presenta a tu per tu con il popolo, oppure circondato dai figli dei profeti, o impegnato a compiere miracoli e a diffondere intorno a sé salute e conforto. PR 131 2 Eliseo era un uomo mite e gentile ma sapeva anche essere severo; lo dimostrò sulla strada di Betel quando fu schernito da un gruppo di ragazzi fuori dalla città. Questi ragazzi avevano saputo dell'ascensione di Elia al cielo e si beffavano di lui, riferendosi a quell'episodio, e dicendo a Eliseo: "Va' via, va' via, testa pelata!" Nell'udire quelle espressioni sarcastiche, il profeta si voltò e, ispirato dall'Onnipotente, li maledisse. Il tremendo castigo che seguì veniva da Dio: "Allora uscirono dal bosco due orse e sbranarono quarantadue di quei ragazzi". 2 Re 2:23, 24. PR 131 3 Se Eliseo non avesse dato importanza a quelle parole di scherno avrebbero continuato a prenderlo in giro, a ingiuriarlo e la sua missione, che consisteva nell'istruire e nel salvare il popolo in un momento di grave pericolo per la nazione, probabilmente sarebbe fallita. Questo episodio, estremamente grave, fu sufficiente per guadagnargli il rispetto di tutti. Per cinquant'anni entrò e uscì dalla porta di Betel e si aggirò nel paese di città in città incontrandosi con gruppi di giovani oziosi, rudi e dissoluti, ma nessuno si beffò di lui o sottovalutò il suo ruolo di profeta dell'Altissimo. PR 131 4 Anche la gentilezza deve avere i suoi limiti. L'autorità deve essere mantenuta con decisa severità, altrimenti potrebbe essere accolta da molti con scherno e disprezzo. PR 131 5 La cosiddetta tenerezza, le blandizie e l'indulgenza di genitori ed educatori nel trattare con i giovani sono fra i metodi peggiori usati nei loro confronti. In ogni famiglia sono essenziali la fermezza, il rigore e l'adesione intransigente ai princìpi. PR 132 1 Il rispetto, di cui erano sprovvisti quei giovani che schernirono Eliseo, è una qualità che dovrebbe essere accuratamente acquisita. Bisogna insegnare ai bambini a manifestare una venerazione profonda per Dio, il cui nome non deve essere mai usato con leggerezza o in modo sconsiderato. Gli angeli, quando lo pronunciano, si coprono il volto. Noi, esseri caduti e peccatori, dovremmo pronunciarlo con estremo rispetto. PR 132 2 Si dovrebbe manifestare riguardo anche per i rappresentanti di Dio: pastori, insegnanti e genitori che sono chiamati a parlare e ad agire in sua vece. Nel rispetto che esprimiamo nei loro confronti anche Dio è onorato. PR 132 3 La gentilezza è uno dei doni dello Spirito Santo. Tutti dovremmo coltivarla. Ha il potere di ammansire quei caratteri che altrimenti sarebbero rudi e grossolani. Coloro che si definiscono discepoli di Cristo e che sono duri, bruschi, ineducati non hanno capito il carattere del Salvatore. Possono essere integri e sinceri ma queste virtù non suppliscono alla mancanza di bontà e di gentilezza. PR 132 4 L'umanità di Eliseo, che gli permise di esercirare un forte influsso sulla vita di molti in Israele, è rivelata dalle sue relazioni di amicizia con una famiglia che abitava a Sunem. Durante i suoi viaggi nel regno "Una volta, Eliseo passò dal villaggio di Sunem. Una donna molto ricca lo invitò con insistenza a mangiare da lei. Da allora, tutte le volte che passava di lì, si fermava a mangiare da lei". 2 Re 4:8. La padrona di casa si convinse che Eliseo era "...un uomo santo, mandato da Dio", e disse a suo marito: "...Costruiamogli una cameretta al piano di sopra, e mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e un lume. Così quando verrà da noi, potrà alloggiare lì". 2 Re 4:9, 10. Il profeta andava spesso in quel luogo tranquillo, grato per la quiete di cui poteva godere. Dio, a sua volta, non rimase insensibile alla gentilezza di quella donna che non aveva figli e la ricompensò per la sua ospitalità concedendole un bambino. PR 132 5 Passarono gli anni. Il bimbo, ormai grande, andava nei campi con i mietitori. Un giorno fu colpito dall'eccessivo calore e si mise a gridare: "La mia testa! La mia testa!" Il padre disse al suo servo: "Portalo subito a sua madre". "...La donna lo tenne sulle ginocchia fin verso mezzogiorno e a quell'ora il ragazzo morì. Lei allora lo portò di sopra, lo distese sul letto del profeta Eliseo e uscì chiudendo la porta". 2 Re 4:20, 21. PR 132 6 Angosciata la Sunamita decise di andare da Eliseo per cercare aiuto. Il profeta era sul monte Carmelo. La donna, accompagnata dal suo servo, si mise immediatamente in cammino. "...Quando Eliseo la vide da lontano, disse al suo servo Giezi: 'Ma quella è la donna di Sunem! Corrile incontro e chiedile se va tutto bene a lei, a suo marito e a suo figlio'". 2 Re 4:25, 26. Il servo fece come gli era stato detto ma la donna non disse nulla fino a quando non si trovò davanti a Eliseo. Udito ciò che era accaduto alla donna, il profeta disse a Giezi: "Preparati a partire. Prendi il mio bastone e va a Sunem. Per la strada non fermarti a salutare nessuno. Se qualcuno ti saluta, non rispondere. Quando arrivi, posa il mio bastone sul volto del ragazzo". 2 Re 4:29. PR 133 1 La madre, però, non fu contenta fino a quando lo stesso Eliseo non andò con lei. Disse: "Giuro davanti al Signore e davanti a te: non me ne vado di qui se non vieni anche tu". 2 Re 4:30. Eliseo si levò e la accompagnò. Or Giezi che li aveva preceduti, pose il bastone sul viso del fanciullo, ma non vi fu né voce né segno alcuno di vita. Andò quindi incontro a Eliseo e gli riferì la cosa dicendo: 'Il ragazzo non si è svegliato!'". PR 133 2 Giunti a casa, Eliseo si recò nella camera dove giaceva il bambino morto, "...si chiuse dentro con lui e si mise a pregare il Signore. Poi si stese sul ragazzo, con la bocca sulla sua bocca, gli occhi di fronte ai suoi occhi e le mani contro le sue mani. Rimase sdraiato su di lui finché il suo corpo non si scaldò. Poi si alzò e si mise a camminare su e giù per la stanza. Infine tornò a stendersi sul ragazzo. Dopo un po' il ragazzo starnutì sette volte e alla fine aprì gli occhi. Eliseo chiamò Giezi e gli ordinò di far venire la donna. "Ecco tuo figlio, prendilo", le disse. La donna si gettò ai piedi del profeta e s'inchinò fino a terra. Poi prese suo figlio e uscì". 2 Re 4:33-37. PR 133 3 Così fu ricompensata la fede di questa donna. Cristo, il grande datore della vita, aveva risuscitato il suo bambino. Nello stesso modo saranno ricompensati i suoi fedeli quando alla sua venuta "la morte perderà il suo dardo e la tomba la sua vittoria". Allora restituirà ai suoi servitori i figli che avevano perso. PR 133 4 Il profeta Geremia ha scritto queste parole consolanti: "...Ma ora basta con i lamenti e il pianto, asciuga le lacrime dagli occhi perché io ti ricompenserò dei tuoi affanni...". Geremia 31:15-17. Il Cristo consola tutti coloro che sono in lutto con queste parole di speranza: "Io li riscatterei dal potere del soggiorno dei morti, li redimerei dalla morte; sarei la tua peste, o morte, sarei la tua distruzione, o soggiorno dei morti...". Osea 13:14; cfr. Apocalisse 1:18; 1 Tessalonicesi 4:16, 17. PR 133 5 Come il Cristo, di cui era il tipo, Eliseo guariva e insegnava. Fedelmente, instancabilmente compiva un lavoro efficace impegnandosi a sostenere e sviluppare l'importante opera educativa svolta dalle scuole dei profeti. L'insegnamento che impartiva ai gruppi di giovani entusiasti raccolti intorno a lui era confermato dall'azione potente dello Spirito Santo e, talvolta, da inconfondibili prove della sua autorità di profeta dell'Eterno. PR 134 1 Fu in occasione di una delle sue visite alla scuola di Ghilgal che Eliseo purificò la minestra avvelenata. "...A quel tempo c'era una carestia nella regione. Il gruppo di profeti era riunito intorno a lui. Eliseo ordinò al suo servo: "Metti un pentolone sul fuoco e prepara una minestra per tutto il gruppo". Un profeta andò nei campi a raccogliere erbe e trovò una specie di vite selvatica; colse alcuni dei suoi frutti simili a zucche. Se ne riempì il mantello e tornò a casa. Non conoscevano quei frutti, ma lui li tagliò a pezzi nella minestra. La minestra fu servita, ma appena l'assaggiarono, cominciarono a gridare: "Uomo di Dio, la minestra è avvelenata!" Nessuno poté mangiarla. Il profeta Eliseo, allora comandò: "Portate un po' di farina". La gettò nel pentolone e ordinò: "Servitevi e mangiate". Nel pentolone non c'era più nulla di velenoso". 2 Re 4:38-41. PR 134 2 Sempre a Ghilgal, mentre il paese era colpito dalla carestia, Eliseo nutrì cento uomini con alcune provviste portategli da un uomo di Baal-Shalisha: "Venti pani d'orzo fatti con farina nuova e un sacco di grano appena raccolto". Quelle persone avevano particolarmente bisogno di cibo. Quando giunse l'offerta, Eliseo disse al suo servo di sfamare il gruppo con quei viveri. Ma il servo rispose: "Questa roba non basta per dar da mangiare a cento persone!" Ma Eliseo gli disse: "Ognuno avrà abbastanza da mangiare e ne avanzerà anche!" Il servo li distribuì e ne avanzò come il Signore aveva detto. 2 Re 4:42-44. PR 134 3 Quanta sollecitudine manifestò il Signore nel compiere, tramite il suo messaggero, questo miracolo per placare la fame di quelle persone. Quante volte, da allora, anche se non sempre in modo così spettacolare, il Signore ha agito per soddisfare le necessità degli uomini. Se fossimo più sensibili riconosceremmo facilmente con quale attenzione ha cura di noi. PR 134 4 È la grazia di Dio che può trasformare una piccola porzione in una quantità sufficiente. La sua mano può centuplicarne la portata. Con le sue risorse egli può imbandire una tavola nel deserto. Col semplice tocco della sua mano Dio può moltiplicare le ultime provviste e renderle sufficienti per tutti. È stata la sua potenza a moltiplicare i pani e il grano nelle mani dei figli dei profeti. PR 134 5 Quando Cristo compì un miracolo simile per nutrire una folla, si scontrò con la stessa incredulità manifestata dalle persone sfamate da Eliseo. "...Questa roba non basta per dar da mangiare a cento persone!..." (2 Re 4:43) disse il servitore del profeta. Quando il Salvatore ordinò ai suoi discepoli di distribuire i pani e i pesci alla folla riunita, essi risposero: "...Noi abbiamo soltanto cinque pani e due pesci. A meno che non andiamo noi a comprare cibo per tutta questa gente!" Luca 9:13. Non è forse un esempio fra tanti? PR 135 1 La lezione che ne scaturisce è per i figli di Dio in ogni tempo. Quando il Signore assegna un compito non è bene discutere sulla ragionevolezza dell'ordine o sui probabili risultati che ne deriveranno. Quanto abbiamo a disposizione può apparire inadeguato per soddisfare le nostre necessità, ma nelle mani del Signore risulterà più che sufficiente. Il servo "...li distribuì e ne avanzò come il Signore aveva detto". PR 135 2 Il grande bisogno della chiesa oggi è quello di una percezione più profonda del rapporto che Dio vuole instaurare con coloro che sono stati riscattati tramite suo Figlio e inoltre una fede maggiore nel costante progresso dell'opera di Dio sulla terra. È necessario che nessuno sprechi il suo tempo lamentandosi della limitatezza delle proprie risorse economiche. Le prospettive possono essere poco promettenti, ma la volontà e la fiducia in Dio moltiplicheranno le risorse. PR 135 3 Il dono, offerto con ringraziamento e accompagnato dalla preghiera per la sua benedizione, sarà moltiplicato da Dio come il cibo dato ai figli dei profeti e alla moltitudine affamata. ------------------------Capitolo 20: Naaman PR 136 1 "Il comandante dell'esercito del re di Aram si chiamava Naaman. Il suo re lo stimava molto e lo teneva in grande considerazione perché per mezzo di Naaman il Signore aveva fatto vincere una guerra agli Aramei. Questo valoroso soldato, però, era lebbroso". 2 Re 5:1. PR 136 2 Ben-Hadad, re di Siria (o Aram -- ndt), aveva sconfitto gli eserciti d'Israele nella battaglia in cui era morto Acab. Da allora, i siriani (o aramei -- ndt) avevano sfidato Israele in una costante guerriglia di frontiera. In una delle loro scorrerie avevano fatto prigioniera una giovane che era stata inviata al servizio della moglie di Naaman. Pur essendo schiava, lontana dai suoi, questa piccola israelita rimase fedele al suo Dio contribuendo inconsciamente ad adempiere il piano che l'Eterno aveva scelto per Israele. Mentre si occupava di quella famiglia pagana si affezionò ai suoi padroni e ricordando i meravigliosi miracoli di guarigione operati da Eliseo, disse alla sua padrona: "Basterebbe che il mio padrone potesse incontrare il profeta che sta a Samaria: lui lo guarirebbe!" 2 Re 5:3. Ella sapeva che Eliseo attingeva la sua potenza dal cielo e tramite questa potenza Naaman poteva essere guarito. PR 136 3 L'atteggiamento della giovane schiava in quella famiglia pagana è una chiara dimostrazione del profondo influsso esercitato sul bambino dall'educazione ricevuta in famiglia. Non vi è compito più nobile di quello affidato ai genitori per la formazione dei loro figli. Sono loro che gettano le basi fondamentali delle abitudini e del carattere. Dal loro esempio e dal loro insegnamento dipende in gran parte il futuro dei loro figli. PR 136 4 Beati quei genitori la cui vita riflette così perfettamente Dio che le promesse e i comandamenti del Signore risvegliano nel bambino gratitudine e venerazione! Beati coloro che rappresentano con la loro tenerezza, la loro rettitudine, la loro pazienza, l'amore, la giustizia e la pazienza di Cristo. Insegnando ai figli ad amarli, ad aver fiducia e a rispettarli, i genitori insegnano anche ad amare il Padre celeste, a confidare in lui e a ubbidirgli. I genitori che hanno trasmesso questo patrimonio ai figli hanno lasciato loro in eredità un tesoro più prezioso di tutte le ricchezze della terra e il cui valore è eterno. PR 137 1 Non sappiamo in che modo i nostri figli saranno chiamati a collaborare con Dio. Trascorreranno la loro vita nell'ambito familiare, lavoreranno insieme a gente che ha la stessa vocazione, partiranno per proclamare il messaggio del Vangelo in paesi lontani? In ogni caso tutti sono chiamati a essere missionari per Dio, ambasciatori della sua misericordia nel mondo. È necessario che ricevano un'educazione che permetta loro di servire Cristo in modo disinteressato. PR 137 2 I genitori di quella fanciulla israelita ignoravano quale sarebbe stato il suo destino quando le parlavano di Dio. Però furono fedeli al loro dovere ed ella, in casa del capo dell'esercito siriano, rese testimonianza di quel Dio che aveva imparato a conoscere e ad amare. PR 137 3 Naaman fu messo al corrente della proposta che la giovane aveva fatto a sua moglie. Chiese al re il permesso di partire e fece i necessari preparativi per il viaggio che gli avrebbe garantito la guarigione. "Naaman prese con sé circa trecentocinquanta chili d'argento, sessantacinque d'oro, dieci abiti di lusso e partì" portando una lettera del re di Siria per il re d'Israele. Essa diceva: "Con questa lettera ti presento il mio servitore Naaman: guariscilo dalla sua malattia". Lette queste parole, preoccupato, il re d'Israele si strappò i vestiti. Esclamò: "Questo mi manda uno perché io lo guarisca. Come se io fossi un dio e avessi il potere di far vivere o morire! È chiaro; cerca un pretesto contro di me! Lo vedete anche voi". Eliseo, avendo saputo quello che stava accadendo, fece dire al re: "Perché fai così? Se quell'uomo viene da me, si accorgerà che in Israele c'è un profeta!" Naaman andò a casa di Eliseo, con i suoi cavalli e i suoi carri, e si fermò sulla porta. Eliseo mandò un messaggero a dirgli: "Va' al fiume Giordano: immergiti sette volte nelle sue acque. Il tuo corpo tornerà sano e tu sarai purificato". PR 137 4 Naaman si era aspettato di vedere qualche meravigliosa manifestazione di potere dal cielo: "Io pensavo: a uno come me il profeta verrà certamente incontro; poi pregherà il suo Dio, il Signore, toccherà con la mano la parte malata e farà sparire il mio male". Quando invece gli fu detto di tuffarsi nel Giordano si sentì ferito nel suo orgoglio. Mortificato e deluso disse: "I fiumi di Damasco, l'Abana e il Parpar, sono certamente migliori di tutti i corsi d'acqua d'Israele. Per essere purificato, non bastava immergersi nelle loro acque? Naaman si voltò e se ne andò furibondo". 2 Re 5:5-12. PR 137 5 L'orgoglio di Naaman si ribellò alle istruzioni del profeta. I fiumi citati dal capitano siriano erano, in realtà, fiancheggiati da rive ombreggiate che molti adoratori di idoli utilizzavano per i loro culti. Naaman non si sarebbe certo sentito umiliato ad andarsi a bagnare in uno di quei fiumi. Ma per essere guarito doveva seguire le indicazioni del profeta. Solo una vera ubbidienza poteva offrire il risultato sperato. PR 138 1 I suoi servitori lo esortarono a fare quello che Eliseo aveva detto; dicendogli: "Padre, se il profeta ti avesse ordinato una cosa difficile, certamente l'avresti fatta. Ti chiede soltanto di immergerti nell'acqua per purificarti: perché non farlo?" La fede di Naaman era messa alla prova mentre il suo orgoglio naturale lottava per avere il sopravvento. Ma la fede vinse ed egli, respingendo l'orgoglio, si piegò alla volontà rivelata da Dio. Per sette volte si tuffò nel Giordano "come il profeta aveva detto" e la sua fede fu ricompensata, "la sua pelle ridiventò come quella di un bambino". 2 Re 5:13, 14. PR 138 2 Pieno di gratitudine "Naaman tornò dal profeta con tutti i suoi uomini" e riconobbe "...che in tutta la terra c'è soltanto un Dio, quello d'Israele!" 2 Re 5:15. PR 138 3 Seguendo le usanze di quel tempo Naaman chiese a Eliseo di accettare un dono di valore. Ma il profeta rifiutò. Non toccava a lui ricevere una ricompensa per una benedizione miracolosamente accordata da Dio. Perciò disse: ""Com'è vero che il Signore vive e che io sono il suo servo, non posso accettare nulla!" Naaman insistette, ma Eliseo continuò a rifiutare... e gli disse: 'Va' pure in pace'". Allora Naaman fece un buon tratto di strada. PR 138 4 Giezi, il servo di Eliseo, negli anni trascorsi insieme a lui aveva avuto il tempo di coltivare lo spirito di sacrificio che caratterizzava il suo maestro. Aveva avuto il privilegio di essere un collaboratore del Signore e i doni più preziosi del cielo erano stati a lungo a sua disposizione. Purtroppo li disprezzò preferendo assicurarsi le ricchezze terrene. E ora, spinto dalla sua sete di denaro, cedette a una forte tentazione. Egli pensò: ""Il mio padrone non ha voluto accettare quel che Naaman, l'Arameo, gli offriva. Com'è vero che il Signore vive, rincorrerò Naaman e mi farò dare io qualcosa". E corse dietro a Naaman. Quando Naaman vide che Giezi correva verso di lui, scese dal carro, gli andò incontro e gli disse: "C'è qualcosa che non va?" 'Tutto bene! -- rispose Giezi -- il mio padrone mi manda a dirti che sono arrivati da lui due giovani. Fanno parte di un gruppo di profeti della regione di Efraim. Tu dovresti offrire per loro trentacinque chili d'argento e due bei vestiti'". 2 Re 5:20-22. Naaman fu ben lieto di aderire alla richiesta e insisté perché Giezi accettasse due talenti d'argento invece di uno "e due mute di vesti". Incaricò poi i suoi servitori di accompagnare Giezi trasportando i sacchi e i vestiti. PR 138 5 Quando Giezi fu vicino alla casa di Eliseo, congedò i servitori, prese i sacchi e li nascose. Poi andò a presentarsi al suo signore e di nuovo mentì. In risposta alla domanda di Eliseo: "Da dove arrivi?", rispose: "Da nessuna parte". PR 138 6 Eliseo, che sapeva tutto, denunciò severamente la realtà: ""... io ero presente in spirito quando quell'uomo è sceso dal carro per venirti incontro. Ma ti sembra questo il momento per prendere l'argento, i vestiti, o anche gli uliveti, le vigne, le pecore, i buoi, i servi o le serve? La malattia di Naaman verrà su di te e i tuoi discendenti per sempre". Quando lasciò Eliseo, Giezi era già ammalato di lebbra; era bianco come la neve!" 2 Re 5:26, 27. PR 139 1 Quali solenni lezioni scaturiscono dal comportamento di un uomo al quale erano stati accordati nobili privilegi. Il comportamento di Giezi rappresentò per Naaman un intoppo per la sua crescita, dal momento che aveva ricevuto una luce meravigliosa ed era così ben disposto a servire il Dio vivente. Nessuna scusa poteva giustificare l'inganno di Giezi. Fino al giorno della sua morte, egli rimase lebbroso, maledetto da Dio ed evitato dagli uomini. "Un falso testimone sarà punito, un bugiardo sarà castigato!" Proverbi 19:5. PR 139 2 Gli uomini possono illudersi di nascondere le loro cattive azioni, però essi non possono ingannare Dio. "Non c'è nulla che possa restare nascosto a Dio. Davanti ai suoi occhi tutte le cose sono nude e scoperte e noi dobbiamo rendere conto a Lui". Ebrei 4:13. Giezi pensava di ingannare Eliseo, ma Dio rivelò al profeta le parole che il servo aveva detto a Naaman e tutti i particolari del loro incontro. PR 139 3 La verità appartiene a Dio, mentre l'inganno nelle sue forme svariate proviene da Satana. Chiunque, in qualsiasi modo, abbandona la retta via della verità tradisce se stesso e cade nelle mani del Maligno. Coloro che seguono l'esempio di Cristo non partecipano "alle opere infruttuose delle tenebre". Efesini 5:11. Sia nel parlare sia nella condotta essi saranno semplici, schietti, sinceri perché si preparano a far parte di coloro sulla bocca dei quali "non è stata trovata menzogna". Apocalisse 14:5. PR 139 4 Molti secoli dopo questo ritorno di Naaman nella sua casa in Siria, guarito nel corpo e convertito nello spirito, la sua fede meravigliosa fu ricordata e commentata dal Salvatore che la presentò come un esempio per tutti coloro che affermano di voler servire Dio. "Al tempo del profeta Eliseo -- egli disse -- vi erano molti lebbrosi in Israele; eppure Dio non ha guarito nessuno di loro, ma soltanto Naaman, uno straniero della Siria". Luca 4:27. Dio trascurò i tanti lebbrosi in Israele perché la loro incredulità li privava di qualsiasi benedizione. Un nobile pagano che fosse rimasto fedele alle sue convinzioni sulla giustizia e che avesse desiderato essere aiutato, agli occhi di Dio era più degno della sua benedizione di quanto lo fossero i più miserabili in Israele che avevano respinto e disprezzato i privilegi offerti loro da Dio. Il Signore agisce in favore di coloro che apprezzano le sue benedizioni e ubbidiscono ai suoi messaggi. PR 140 1 Oggi, in ogni nazione, esistono ancora persone oneste che possono essere illuminate dal messaggio divino. Se compiranno fedelmente il loro dovere verrà loro accordata una visione più chiara della volontà di Dio e, come accadde un tempo a Naaman, saranno costretti ad affermare: "Ora so che in tutta la terra c'è soltanto un Dio" il Dio vivente, il Creatore di tutte le cose. PR 140 2 A ogni uomo sincero "...che cammina nelle tenebre..." viene rivolto l'invito: "Confidi nel Signore e si appoggi sul suo Dio" poiché "Nessuno ha mai sentito, inteso, visto un Dio come te, che abbia agito così per quelli che sperano in lui. Tu sei andato incontro a chi faceva con gioia la tua volontà, a chi si ricordava di te e seguiva il cammino da te indicato. Quando noi abbiamo peccato tu ti sei adirato, ma saremo sempre salvati se seguiremo le tue vie". Isaia 50:10; Isaia 64:3, 4. ------------------------Capitolo 21: La conclusione del ministero di Eliseo PR 141 1 Chiamato al ministero profetico, mentre Acab regnava ancora, Eliseo visse abbastanza per vedere i vari cambiamenti che si verificarono nel regno di Israele. Un giudizio dopo l'altro si era abbattuto sul paese durante il regno di Hazael di Siria, che era stato scelto per punire la nazione apostata. Le severe riforme operate da Ieu avevano provocato lo sterminio della casa di Acab. In seguito alle continue guerre con i siriani, Ioacaz, il successore di Ieu, aveva perduto alcune città situate a est del Giordano, tanto che per un certo periodo di tempo i siriani sembravano avere il controllo di tutto il regno. Ma la riforma iniziata da Elia e portata avanti da Eliseo aveva indotto molti a ricercare il vero Dio. Gli altari di Baal erano stati abbandonati e il piano di Dio si stava lentamente realizzando nella vita di coloro che avevano deciso di servirlo con tutto il cuore. PR 141 2 Fu per amore che Dio permise ai siriani di punire Israele. Provò compassione per coloro che non sapevano resistere al peccato e scelse Ieu per eliminare l'empia Gezabele e tutta la casa di Acab. Ancora una volta, tramite l'aiuto divino, i sacerdoti di Baal e di Asera furono deposti e i loro altari pagani demoliti. Nella sua infinita saggezza Dio aveva previsto che, eliminando la tentazione, alcuni avrebbero abbandonato il paganesimo per alzare i loro occhi verso il cielo. Allora permise che si verificassero varie calamità: mitigandone gli effetti con la sua misericordia, intervenne in favore di coloro che avevano imparato a dipendere da lui. PR 141 3 Mentre le forze del bene e del male lottavano per avere la supremazia e Satana faceva l'impossibile per completare l'opera iniziata durante il regno di Acab e di Gezabele, Eliseo continuava a trasmettere fedelmente la sua testimonianza. Egli affrontò l'opposizione e nessuno fu in grado di smentire le sue parole; fu onorato e venerato in tutto il regno. Molti andavano a consultarlo. Ioram, re d'Israele, lo consultò quando Gezabele era ancora in vita. Un giorno mentre era a Damasco, dei messaggeri di Ben-Hadad, re di Siria, vennero a chiedergli se la malattia di cui soffriva il monarca avrebbe avuto un esito fatale. In un'epoca in cui la menzogna trionfava ovunque e in cui regnava un'aperta ribellione nei confronti di Dio, il profeta rappresentava un fedele testimone della verità. PR 142 1 Dio non abbandonò mai il suo messaggero. Nel corso di un'invasione il re di Siria cercò di eliminare Eliseo perché svelava al re d'Israele i piani del nemico. Il re di Siria si consultò con i suoi collaboratori e disse loro "...dove voleva porre l'accampamento". 2 Re 6:8. Ma il profeta lo venne a sapere per rivelazione divina e fece avvisare il re d'Israele. Cfr. 2 Re 6:9-12. PR 142 2 Volendo sbarazzarsi del profeta, il re di Siria ordinò: "Scoprite dove si trova... lo farò catturare". 2 Re 6:13. Gli fu riferito che Eliseo era a Dotan e il re mandò cavalli, carri e un gran numero di soldati che arrivarono di notte e circondarono la città. Il servitore dell'uomo di Dio, alzatosi presto, uscì ed ecco che un gran numero di soldati con cavalli e carri attorniavano la città. Terrorizzato, il servo si precipitò da Eliseo e gridò: "È spaventoso, maestro! Che cosa possiamo fare? Non aver paura -- gli rispose Eliseo -- i nostri difensori sono più numerosi dei loro! Poi si mise a pregare: Signore, apri gli occhi a quest'uomo, fa' che possa vedere. Il Signore aprì gli occhi al servo, e lui fu in grado di vedere: le montagne erano piene di carri e cavalli di fuoco, tutt'intorno a Eliseo". 2 Re 6:15-17. Fra il servitore di Dio e gli eserciti nemici vi era una schiera di angeli celesti. PR 142 3 Essi non erano scesi per distruggere, né per essere onorati, ma per schierarsi intorno ai servitori di Dio e per aiutarli a superare la loro debolezza e impotenza. Quando il popolo di Dio si trova in pericolo, senza possibilità di scampo, deve ricordarsi che può contare solo sul Signore. PR 142 4 Mentre i soldati siriani si avvicinavano, ignorando la presenza delle schiere celesti invisibili, Eliseo "...pregò il Signore: "Rendi cieca questa gente!" Il Signore allora tolse loro la vista, come aveva chiesto Eliseo. A quel punto Eliseo disse loro: "Avete sbagliato strada non è quella la città. Venite dietro a me vi porterò io dall'uomo che cercate". In questo modo li fece andare fino a Samaria. Quando furono entrati nella città, Eliseo pregò ancora: Signore, apri gli occhi a questa gente, fa' che ci vedano di nuovo! Quando il Signore aprì loro gli occhi, essi si accorsero di trovarsi al centro della città di Samaria. Quando il re d'Israele vide i Siriani, chiese a Eliseo: "Devo ucciderli, padre mio?" "No -- rispose Eliseo -- di solito tu non uccidi neppure i prigionieri che hai preso con la tua spada e con il tuo arco. A questi fa' quindi portare da mangiare e da bere e poi lasciali tornare dal loro re". Il re d'Israele fece per loro un gran banchetto; quando ebbero mangiato e bevuto, li rimandò dal loro re". 2 Re 6:18-23. PR 142 5 Per un certo periodo di tempo, Israele non subì altri attacchi siriani. Più tardi, però, sotto la guida di un re coraggioso, Hazael, gli eserciti della Siria cinsero d'assedio Samaria. Israele non aveva mai sofferto così tanto durante un assedio. I peccati dei padri ricadevano sui figli e sui nipoti. Gli orrori della prolungata carestia stavano spingendo il re d'Israele a prendere misure disperate quando Eliseo predisse la liberazione per il giorno seguente. PR 143 1 L'indomani all'alba, "...il Signore aveva fatto sentire un rumore simile all'avvicinamento di un grande esercito con carri e cavalli. I Siriani avevano pensato: "Il re d'Israele ha pagato il re degli Ittiti e quello degli Egiziani perché ci attacchino" ed erano fuggiti così com'erano abbandonando le tende, i cavalli, gli asini e i campi. Pur di salvare la vita, erano scappati". 2 Re 7:6, 7. PR 143 2 Durante quella notte, quattro lebbrosi, che la fame aveva reso disperati, decisero di raggiungere l'accampamento dei siriani e di arrendersi agli assedianti, nella speranza di suscitare la loro pietà e di ricevere cibo. Quale non fu la loro meraviglia quando, entrati nell'accampamento, non vi trovarono nessuno. PR 143 3 Senza alcuno che potesse molestarli o fermarli, "...entrarono in una tenda, vi trovarono da mangiare e da bere. Portarono via argento e vestiti e andarono a nascondere tutto. Poi tornarono indietro ed entrarono in un'altra tenda: anche di lì portarono via roba e andarono a nasconderla. Poi ci ripensarono: "Non ci stiamo comportando bene. Quel che abbiamo visto oggi è una notizia troppo bella per starcene zitti... Andiamo subito alla reggia e raccontiamo ogni cosa...". 2 Re 7:8, 9. PR 143 4 Il bottino fu grande, talmente abbondante che quel giorno "...con un pezzo d'argento si poterono comprare sette chili di farina o quattordici di orzo" secondo quello che era stato predetto da Eliseo il giorno prima. Ancora una volta il nome di Dio fu glorificato davanti ai pagani "...così come il Signore aveva annunziato". 2 Re 7:16. PR 143 5 Così l'uomo di Dio continuò il suo ministero anno dopo anno in mezzo al popolo e nei momenti difficili stando al fianco dei re come consigliere. PR 143 6 I lunghi anni di apostasia dei capi e del popolo avevano lasciato le loro tracce e da ogni parte le tenebre spirituali oscuravano il paese. Tuttavia vi erano qua e là coloro che avevano fermamente rifiutato di inginocchiarsi davanti a Baal. PR 143 7 Grazie alla costante opera di riforma attuata da Eliseo molti furono strappati al paganesimo e gustarono la gioia di servire il vero Dio. Il profeta era felice di constatare questi miracoli della grazia divina e desiderava ardentemente raggiungere il cuore di tutti coloro che erano sinceri. Ovunque andasse si impegnava a insegnare la verità. PR 143 8 Da un punto di vista umano la prospettiva di un risveglio spirituale della nazione era impensabile e anche oggi tutti coloro che lavorano per Dio, ovunque regna l'immoralità, hanno la stessa convinzione. Ma la chiesa di Cristo è il mezzo che Dio utilizza per la proclamazione della verità; egli l'ha resa idonea a svolgere un'opera speciale. Rimanendo fedele al Signore e ubbidendo ai suoi comandamenti, essa riceverà l'eccellenza della potenza divina. Realizzando la sua missione divina, nessun potere potrà resisterle. Le forze del nemico non saranno capaci di vincerla più di quanto la pula possa resistere al vento turbinoso! L'alba di un giorno splendente e radioso risplenderà sulla chiesa se rivestirà l'abito della giustizia del Cristo e si libererà dei legami che la uniscono alla terra. PR 144 1 Dio invita tutti i suoi figli a incoraggiare coloro che sono senza fede e senza speranza. Rivolgetevi al Signore voi che avete perso la speranza, chiedete a Dio la forza! Mostrate una fede umile, ma incrollabile, nella sua potenza e nel suo desiderio di salvarvi. Quando tramite la fede otteniamo la forza che viene da Dio, anche le prospettive più buie e più. scoraggianti si trasformeranno. Il Signore opera per glorificare il suo nome. PR 144 2 Fintanto che fu in grado di recarsi da una località all'altra nel regno d'Israele, Eliseo partecipò attivamente allo sviluppo delle scuole dei profeti. Ovunque andava, Dio era con lui suggerendogli le parole da dire e dandogli il potere di compiere miracoli. "Un giorno, i profeti del gruppo dissero a Eliseo: 'L'ambiente in cui ci riuniamo con te è troppo piccolo per tutti noi. Lasciaci andare al fiume Giordano; ci procureremo un tronco per uno e poi costruiremo qui un locale adatto a riunirci'". 2 Re 6:1, 2. Eliseo si recò con il gruppo dei profeti fino al Giordano; diede loro i consigli necessari e compì anche un miracolo per facilitare loro il compito. Cfr. 2 Re 6:5-7. PR 144 3 Il suo ministero era così efficace e il suo influsso così esteso che mentre Eliseo giaceva nel letto in attesa della morte, perfino il giovane re Ioas, un idolatra con poco rispetto per Dio, riconobbe nel profeta un padre per Israele e ammise che la sua presenza in mezzo a loro era stata più preziosa in tempo di guerra di un esercito di cavalli e di carri. Il racconto biblico afferma: "Quando Eliseo fu colpito dalla malattia, che poi lo portò alla morte, il re loas andò a trovarlo. Scoppiò a piangere ed esclamò: -- Padre mio, padre mio, difesa e forza d'Israele!" 2 Re 13:14. PR 144 4 Per tanti esseri umani turbati, bisognosi di aiuto, il profeta era stato un padre saggio e pieno di simpatia. Anche in questa circostanza non si allontanò dal giovane che stava davanti a lui, pur così indegno nella posizione di responsabilità che occupava e così bisognoso di consigli. PR 144 5 Dio, nella sua provvidenza, dava al re una possibilità di riscattarsi degli insuccessi passati e di migliorare la situazione del suo regno. Il nemico siriano, che occupava il territorio a est del Giordano, doveva essere respinto. Ancora una volta la potenza di Dio si sarebbe manifestata in favore di un Israele apostata. PR 145 1 Il profeta morente disse al re: "Procurati un arco e alcune frecce". Ioas ubbidì. PR 145 2 Eliseo gli disse: ""Impugna l'arco!" e quegli impugnò l'arco. Eliseo posò le sue mani sulle mani del re e poi gli disse: "Apri la finestra che guarda verso occidente cioè verso le città al di là del Giordano cadute in mano ai siriani". Ioas l'aprì e Eliseo disse: "Adesso tira!" Mentre la freccia partiva, il profeta fu ispirato a dire: "Questa freccia è il segno della vittoria che il Signore ti darà sui Siriani. Ad Afek, li distruggerai completamente". Quindi il profeta mise alla prova la fede del re. Gli disse: "Prendi le frecce!" Ioas le prese ed Eliseo disse al re: "Colpisci il terreno". Ioas colpì il suolo tre volte poi si fermò. Allora l'uomo di Dio s'infuriò: 'Se tu avessi dato almeno cinque o sei colpi, saresti riuscito a sconfiggere completamente i siriani. Invece, così li batterai soltanto tre volte'". 2 Re 13:15-19. PR 145 3 Tutti coloro che occupano posizioni di responsabilità possono trarre una lezione da questo episodio. Quando Dio offre delle opportunità per l'attuazione di un certo compito, bisogna fare l'impossibile per realizzare il risultato promesso. Il successo sarà ottenuto in proporzione all'entusiasmo e alla perseveranza con i quali l'opera viene svolta Dio compirà dei miracoli in favore del suo popolo, a condizione che abbia un ruolo effettivo nella sua opera. Si rivolge a uomini di fede, coraggiosi, che amano il prossimo e lavorano con zelo per lui. Per questi uomini nessun compito è troppo ingrato, nessuna prospettiva viene considerata priva di sbocchi. Essi adempiranno il loro incarico con entusiasmo fino a quando il loro apparente insuccesso si trasformerà in vittoria. Nulla al mondo, neanche i muri della prigione o il rogo, potrebbero indurli ad abbandonare l'obiettivo perseguito insieme al Signore per lo sviluppo del suo regno. PR 145 4 Con il consiglio e l'incoraggiamento dati a Ioas si concluse l'opera di Eliseo. Colui che aveva ricevuto abbondantemente lo Spirito che aveva guidato Elia si dimostrò fedele sino alla fine. Non aveva mai vacillato, mai perduto la sua fiducia nella potenza dell'Onnipotente. Sempre, anche quando pensava di non avere una via d'uscita, era andato avanti per fede e Dio lo aveva onorato della sua fiducia. PR 145 5 Eliseo non poté seguire il suo maestro su un carro di fuoco. Il Signore permise che fosse colpito da una lunga malattia. Durante quelle ore interminabili di sofferenza e di debolezza fisica, la sua fede rimase ancorata alle promesse di Dio ed egli poté vedere intorno a sé i messaggeri celesti che gli recavano conforto e pace. PR 146 1 Così come sulle alture di Dotan aveva visto le schiere celesti, i cavalli e i carri di fuoco che lo circondavano, ora era cosciente della presenza degli angeli e questo lo sosteneva. Per tutta la sua vita aveva manifestato una grande fede e questa fede era cresciuta a mano a mano che Eliseo aveva imparato a riconoscere le benedizioni di Dio e la sua misericordiosa bontà. La sua fiducia in Dio si era rafforzata costantemente. Così quando la morte lo chiamò, era pronto a riposarsi delle sue fatiche. PR 146 2 "Dispiace molto al Signore la morte dei suoi fedeli". Salmi 116:5; cfr. Proverbi 14:32; Salmi 49:16; Giobbe 19:25; Salmi 17:15. ------------------------Capitolo 22: Ninive, la grande città PR 147 1 All'epoca della divisione del regno di Israele, Ninive, capitale del regno assiro, era una delle più grandi città del mondo antico. Fondata sulle fertili rive del Tigri, poco dopo la dispersione avvenuta alla torre di Babele, si era sviluppata nel corso dei secoli fino a diventare una città "...così grande che ci volevano tre giorni per attraversarla". Giona 3:3. PR 147 2 Nel periodo della sua maggiore prosperità Ninive era la culla del crimine e della corruzione. Il racconto ispirato ce la descrive come una "...città sanguinaria, piena di menzogne, colma di rapine...". Nahum 3:1. Con un linguaggio figurato Naum paragonò i niniviti a un leone crudele e rapace: "...chi non è stato colpito dalla tua continua crudeltà?" Nahum 3:19. PR 147 3 Ninive, però, per quanto corrotta, non era totalmente dedita al male. Colui che guarda dal cielo e "...vede tutti gli uomini" (Salmi 33:13), guardando ciò che aveva di più prezioso, sapeva che in quella città molti aspiravano a qualcosa di migliore, di più elevato. Se avessero avuto l'opportunità di conoscere il Dio vivente avrebbero rinunciato alle loro azioni malvage per consacrarsi all'adorazione dell'Eterno. Così il Signore, nella sua infinita saggezza, decise di rivelarsi per condurli, se possibile, al ravvedimento. PR 147 4 Per compiere quest'opera scelse il profeta Giona, figlio di Amittai. La parola dell'Eterno gli fu rivolta in questi termini: "Va' a Ninive, la grande città, e parla chiaro ai suoi abitanti. Io so che è gente perversa". Giona 1:1. PR 147 5 Considerando le difficoltà e le apparenti impossibilità di questa missione, Giona fu tentato di mettere in dubbio l'importanza della chiamata ricevuta. Da un punto di vista umano sembrava inutile proclamare un simile messaggio in questa città orgogliosa. Per un momento egli dimenticò che Dio era dotato di saggezza infinita ed era onnipotente; mentre esitava, combattuto dal dubbio, Satana riuscì a scoraggiarlo definitivamente e, sopraffatto dalla sfiducia, "...decise di andare dalla parte opposta, verso Tarsis. C'era a Giaffa una nave diretta verso quella città. Egli pagò il prezzo del viaggio e s'imbarcò con i marinai". Giona 1:3. PR 148 1 La missione affidata a Giona implicava una grande responsabilità; ma colui che gliela aveva affidata era in grado di sostenerlo e di aiutarlo ad adempierla fedelmente. Se avesse ubbidito senza esitare avrebbe evitato molte difficoltà e ricevuto abbondanti benedizioni. Comunque, nel momento in cui la disperazione si impadronì di Giona, il Signore non l'abbandonò. Superò una serie di dure prove che furono comunque seguite da straordinarie benedizioni. La sua fiducia in Dio e nella sua capacità di salvare l'uomo ne era uscita rafforzata. PR 148 2 Se, dopo la chiamata di Dio, Giona si fosse fermato a riflettere con calma, si sarebbe reso conto quanto fosse inutile volersi sottrarre alla sua missione. Comunque non gli fu consentito di compiere indisturbato la sua fuga. "Ma il Signore mandò sul mare un forte vento che scatenò una grande tempesta...". Giona 1:4. PR 148 3 Mentre i marinai invocavano aiuto dai loro dei, il capitano della nave, in preda alla disperazione, andò a cercare Giona e gli disse: "Come? Tu dormi? Alzati! Prega il tuo Dio! Forse avrà pietà di noi e non moriremo". Giona 1:5. PR 148 4 Ma che valore poteva avere la preghiera di un uomo che si era allontato dalla via del dovere? I marinai, impressionati all'idea che la tempesta fosse dovuta all'ira dei loro dei, proposero come ultima risorsa di tirare a sorte "...per sapere chi di noi è la causa di questa disgrazia". Tirarono a sorte e la sorte cadde su Giona. Allora gli dissero:"... "Dunque sei tu la causa di questa disgrazia? Che cosa fai qui? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? Qual è il tuo popolo?" "Io sono Ebreo -- rispose Giona -- e credo nel Signore, Dio del cielo, che ha fatto la terra e il mare"... Gli uomini si spaventarono e gli dissero: 'Hai commesso un'azione terribile!'", poiché quegli uomini sapevano che fuggiva da Dio perché lui stesso glielo aveva detto. E gli dissero: "Che cosa dobbiamo fare di te perché il mare si calmi e noi possiamo salvarci?", poiché il mare si faceva sempre più tempestoso. Rispose: "Gettatemi in acqua, così il mare si calmerà e vi salverete. So che questa tempesta vi travolge per causa mia. I marinai invece, remando con tutte le loro forze, tentarono di portare la nave a una spiaggia, ma non ci riuscirono perché la tempesta infuriava sempre di più. Allora si rivolsero al Signore: "Ti preghiamo, Signore, se quest'uomo morirà non punirci come se avessimo ucciso un innocente! Tu, Signore, sei responsabile di tutto questo! L'hai voluto tu!" Buttarono Giona in mare e la tempesta si calmò. Ma poi i marinai ebbero così paura del Signore che gli offrirono sacrifici e promisero di servirlo. Per ordine del Signore, un grande pesce ingoiò Giona ed egli rimase nel suo ventre tre giorni e tre notti". PR 148 5 "Mentre era nel pesce Giona pregò il Signore, Dio suo: "Nella mia angoscia ti ho chiamato, o Signore, e tu mi hai risposto. Dal profondo mondo dei morti ho gridato aiuto e tu mi hai sentito. Mi hai gettato in fondo al mare, l'acqua mi ha sommerso, le tue onde sono passate su di me. Pensavo di essere stato privato della tua presenza e di non vedere mai più il tuo tempio santo... Quando ho sentito venir meno la mia vita ho pregato te, Signore, e dal tuo tempio santo tu mi hai sentito... Sei tu che salvi, o Signore!"" Cfr. Giona 1:7-15; Giona 2:1-10. PR 149 1 Giona aveva finalmente capito che "All'Eterno appartiene la salvezza". Salmi 3:8 (Luzzi). Essendosi pentito e avendo riconosciuto che la grazia che salva viene da Dio, la sua vita fu risparmiata. Giona fu liberato dai pericoli dell'abisso marino e deposto sull'asciutto. PR 149 2 Ancora una volta il servitore di Dio ricevette l'incarico di avvertire Ninive: "Va' a Ninive, la grande città, e porta ai suoi abitanti il messaggio che ti ho dato". Giona 3:1. Questa volta non si fermò a fare domande o a esprimere dubbi: ubbidì senza esitazione. "Giona ubbidì al Signore e andò a Ninive". Giona 3:3. PR 149 3 Entrato nella città, Giona cominciò subito a diffondere il suo messaggio: "Tra quaranta giorni Ninive sarà distrutta". Giona 3:4. Percorse così tutte le strade facendo risuonare nell'aria il suo avvertimento. PR 149 4 La sua opera non fu inutile. Il grido che echeggiava nella città pagana passò di bocca in bocca finché tutti gli abitanti vennero a sapere la terribile notizia. Lo Spirito di Dio impresse profondamente questo messaggio in ogni cuore e spinse intere moltitudini a tremare a causa dei loro peccati e a pentirsi profondamente. Cfr. Giona 3:5-9. PR 149 5 Poiché il re, i nobili, il popolo, grandi e piccoli "...si ravvidero alla predicazione di Giona" e si unirono per gridare al Dio del cielo, egli concesse loro la sua misericordia. "Dio vide che i Niniviti rinunziavano al loro comportamento perverso, ritornò sulla sua decisione e non li punì come aveva minacciato". Giona 3:10. La loro condanna fu dunque sospesa: il Dio d'Israele fu esaltato e onorato in tutto il mondo pagano e la sua legge fu rispettata. Solo molti anni dopo, Ninive fu occupata dalle nazioni vicine perché aveva dimenticato Dio e manifestato un profondo orgoglio. PR 149 6 Quando Giona venne a sapere dell'intenzione di Dio di risparmiare la città perché nonostante la sua corruzione si era pentita, manifestandolo apertamente, vestendosi di sacco e cospargendosi il capo di cenere, invece di essere il primo a rallegrarsi di questo miracolo della grazia, si lasciò influenzare dall'idea che sarebbe stato considerato un falso profeta. Geloso della sua reputazione personale, perse di vista il valore infinitamente superiore degli abitanti di quella città. La compassione manifestata da Dio verso i niniviti pentiti dispiacque a Giona che ne fu irritato e pregò l'Eterno dicendo: "Signore, già prima di partire da casa, lo dicevo che sarebbe andata a finire così. Ecco perché ho cercato di fuggire verso Tarsis! Lo sapevo che sei un Dio misericordioso e buono, molto paziente e benevolo, pronto a tornare sulle tue decisioni e a non punire". Giona 4:2. PR 150 1 Ancora una volta Giona cedette alla sua tendenza a discutere e a dubitare e fu nuovamente sopraffatto dallo scoraggiamento. Perdendo di vista il bene del suo prossimo preferiva morire piuttosto che vedere risparmiata la città e nella sua amarezza esclamò: "Quand'è così, Signore, tanto vale farmi morire. Per me è meglio morire che vivere". Il Signore gli rispose: "Ti sembra giusto prendertela così?" Giona 4:3, 4. PR 150 2 Poi Giona uscì dalla città e si mise a sedere verso oriente; si costruì una capanna e si sedette all'ombra, in attesa di vedere ciò che sarebbe accaduto nella città. E l'Eterno, per calmare la sua irritazione"... fece crescere una pianta accanto a Giona per fargli ombra... E Giona ne fu contento". Giona 4:5, 6. PR 150 3 A questo punto il Signore diede a Giona una lezione pratica: "...mandò un verme a divorare le radici della pianta, che si seccò. Quando il sole fu alto, Dio mandò un vento caldo dall'est. Il sole picchiava così forte sulla testa di Giona, che egli quasi svenne. A questo punto desiderò morire. 'Per me -- disse -- è meglio morire che vivere'". Giona 4:7, 8. PR 150 4 Dio parlò di nuovo al suo profeta dicendogli: "Ti sembra giusto prendertela così per una pianta? Sì -- rispose Giona -- perché non ne posso più! Il Signore allora gli disse: Ti inquieti tanto per una pianta che tu non hai curato né hai fatto crescere. E per di più è durata solo una giorno e una notte. E io non dovrei preoccuparmi di Ninive, la grande città! Dopo tutto in essa vivono più di centoventimila persone che non sanno quello che è bene per loro, e molti animali". Giona 4:9-11. PR 150 5 Confuso, umiliato, incapace di comprendere l'intenzione di Dio nel risparmiare Ninive, Giona aveva comunque compiuto la sua missione avvertendo quella grande città. Nonostante l'evento predetto non si fosse verificato, il messaggio proveniva da Dio e raggiunse comunque lo scopo: la gloria della sua grazia fu rivelata ai pagani. Coloro che erano vissuti a lungo "...incatenati in un'orrida prigione giacevano nel buio più profondo... Allora nell'angoscia gridarono al Signore ed egli li salvò da ogni pericolo, li fece uscire dal buio più profondo, spezzò le loro catene... Con la sua parola li fece guarire e li strappò dalla morte". Salmi 107:10, 13, 14, 20. PR 150 6 Durante il suo ministero sulla terra, Cristo alluse alle conseguenze positive che si erano verificate dopo la predicazione di Giona a Ninive e paragonò gli abitanti di quella città pagana con il cosiddetto popolo di Dio del suo tempo. Dichiarò: "Nel giorno del giudizio gli abitanti di Ninive si alzeranno a condannare questa gente, perché essi cambiarono vita quando ascoltarono la predicazione di Giona. Eppure, di fronte a voi c'è uno che è più grande di Giona!" Matteo 12:41. PR 151 1 Quando Cristo venne sulla terra gli uomini erano assorbiti dagli affari e dalle rivalità commerciali; pensavano solo ai propri interessi. Allora, al di sopra di tutta questa confusione, la sua voce, simile alla tromba di Dio, proclamò: "Se un uomo riesce a guadagnare anche il mondo intero, ma perde la vita, che vantaggio ne ricava? C'è forse qualcosa che un uomo possa dare per riavere in cambio la propria vita?" Marco 8:36, 37. PR 151 2 Come la predicazione di Giona fu un segno per i niniviti, così la predicazione di Cristo fu un segno per la sua generazione. Ma queste parole furono accolte in modo molto diverso! Nonostante l'indifferenza e il disprezzo, il Salvatore proseguì la sua opera e portò a termine la sua missione. PR 151 3 Questo è un insegnamento per i messaggeri di Dio del nostro tempo. Gli abitanti delle grandi città hanno tanto bisogno di conoscere il messaggio del Vangelo così come è successo per gli antichi niniviti. Gli ambasciatori di Cristo devono indicare agli uomini quella realtà meravigliosa che è stata completamente persa di vista, quella città celeste"... di cui Dio è l'architetto e il costruttore". Il credente può contemplare con gli occhi della fede questa casa celeste che risplende della gloria del Dio vivente. Gesù Cristo, tramite i suoi discepoli, invita tutti gli uomini a impegnarsi a perseguire un'eredità eterna. Li esorta ad accumulare un tesoro in cielo. PR 151 4 L'aumento costante e ostinato della malvagità attirerà rapidamente e inevitabilmente un castigo quasi universale sugli abitanti delle città. La malvagità che regna supera ciò che la penna più esperta è in grado di descrivere. Ogni giorno che passa porta notizie di conflitti, di corruzione, di frodi; ogni giorno è possibile ascoltare il racconto straziante di violenze e di illegalità, di indifferenza per la sofferenza umana e di continui attentati. Ogni giorno è testimone di nuovi casi di pazzia, di omicidi, di suicidi. PR 151 5 Satana si è impegnato nel corso della storia a fare il possibile perché l'uomo non venisse a conoscenza del piano della salvezza del Creatore. Si è impegnato a far perdere loro di vista i grandi princìpi della legge di Dio, princìpi di giustizia, di misericordia e d'amore. Gli uomini si vantano di meravigliosi progressi scientifici, ma Dio vede la terra invasa dalla malvagità e dalla violenza. Gli uomini pretendono che la legge divina sia stata abrogata, che la Bibbia non sia autentica. Ne risulta un'enorme recrudescenza del male: non si era più visto nulla di simile dai giorni di Noè e dell'apostasia di Israele. La nobiltà d'animo, la bontà, la pietà hanno lasciato il posto al desiderio di tutto ciò che è proibito. La triste lista dei crimini commessi per amore del denaro è sufficiente a farci rabbrividire d'orrore. PR 152 1 Il nostro Dio è misericordioso. I trasgressori della sua legge vengono trattati con pazienza e tenera compassione. Però ai nostri giorni, quando uomini e donne hanno tante occasioni per conoscere la legge divina rivelata nelle Sacre Scritture, il Signore dell'universo non può considerare favorevolmente le città corrotte in cui regnano la violenza e la criminalità. La sua pazienza nei confronti di coloro che si ostinano a disubbidire sta esaurendosi rapidamente. PR 152 2 Ci si deve sorprendere per un improvviso e inatteso mutamento nel comportamento dell'Essere supremo nei confronti degli abitanti di questo mondo caduto e ribelle? Ci si deve forse stupire se il castigo segue la trasgressione e la crescente criminalità, se Dio giunge alla distruzione di coloro che hanno fatto guadagni disonesti con l'inganno, la frode e l'estorsione? Nonostante il fatto che un messaggio sempre più chiaro sia giunto fino a loro, molti hanno rifiutato di riconoscere la sovranità dell'Eterno e hanno scelto di rimanere fedeli a colui che è all'origine della prima ribellione contro il cielo. PR 152 3 La pazienza di Dio è molto grande, al punto che quando pensiamo all'offesa fatta ai suoi comandamenti, rimaniamo stupiti. L'Onnipotente non ha esercitato il suo potere come avrebbe potuto farlo, ma sicuramente punirà gli empi che disprezzano le legittime esigenze del Decalogo. PR 152 4 Dio accorda agli uomini un periodo di prova ma c'è un limite oltre il quale la pazienza divina si esaurisce, e allora inesorabilmente seguono i suoi giudizi. Il Signore sopporta a lungo la malvagità degli uomini e delle città continuando a inviare messaggi di misericordia per salvarli dal giudizio, ma verrà il tempo in cui non eserciterà più la sua clemenza e colui che continuerà a rifiutare la luce della verità verrà respinto, lasciato alla propria sorte e in mano di coloro che sono stati influenzati dal suo cattivo esempio. PR 152 5 È giunto il tempo in cui il mondo si troverà nella morsa della sofferenza, tanto che nessun balsamo umano potrà alleviarla. Lo Spirito di Dio sta per essere ritirato. I cataclismi si succedono rapidamente. Con quale frequenza, infatti, sentiamo parlare di terremoti e uragani, di incendi e inondazioni, con grandi perdite di beni e di vite umane! Apparentemente queste calamità sono capricciose espressioni delle disorganizzate e sregolate forze della natura che sfuggono completamente al controllo dell'uomo. In realtà sono tutti mezzi usati da Dio per sensibilizzare uomini e donne al pericolo che li minaccia. PR 152 6 I messaggeri di Dio nelle grandi città non devono scoraggiarsi per la malvagità, l'ingiustizia, la depravazione con cui vengono in contatto mentre si impegnano a proclamare il messaggio della salvezza. Il Signore, infatti, infonderà coraggio a ogni suo collaboratore con le stesse parole rivolte all'apostolo Paolo che si trovava nella corrotta città di Corinto: "Non aver paura! Continua a predicare, e non tacere, perché io sono con te! Nessuno potrà farti del male. Anzi, molti abitanti di questa città appartengono già al mio popolo". Atti 18:9, 10. PR 153 1 Quanti sono impegnati nella predicazione del Vangelo si ricordino che se da un lato molti non ascoltano i consigli di Dio contenuti nella sua Parola, altri seguono la verità e gli inviti rivolti da un Salvatore paziente e misericordioso. In ogni città nonostante la violenza e la criminalità molti, adeguatamente preparati, possono diventare discepoli di Gesù. In questo modo il messaggio della salvezza può condurre migliaia di persone ad accettare Cristo come loro personale Salvatore. PR 153 2 Ecco le parole che Dio rivolge oggi a tutti noi: "Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà quando voi non ve lo aspettate". Matteo 24:44. Lo stato attuale della società, soprattutto nelle grandi città, evidenzia con forza che l'ora del giudizio è venuta e che la fine è vicina. Siamo alla vigilia della crisi finale, i giudizi di Dio si succedono rapidamente: gli incendi, le inondazioni, i terremoti, le guerre. Tutto ciò non deve sorprenderci, l'angelo della misericordia non potrebbe proteggere più a lungo gli empi. PR 153 3 Il profeta Isaia ha scritto queste parole: "Il Signore scende dalla sua dimora celeste per punire i peccati degli abitanti della terra. I delitti commessi di nascosto saranno svelati e la terra non coprirà più gli uomini massacrati". Isaia 26:21. La tempesta provocata dalla collera divina si sta scatenando. Sfuggiranno solo coloro che accettano la grazia del cielo, come fecero i niniviti in occasione della predicazione di Giona, e coloro che saranno santificati dall'ubbidienza alle leggi divine. Soltanto il giusto sarà "...nascosto con Cristo in Dio" fino a quando non si sarà conclusa questa fase così difficile. ------------------------Capitolo 23: La deportazione in Assiria PR 154 1 Gli ultimi anni del regno di Israele furono caratterizzati dalla violenza e dallo spargimento di sangue. Non si era mai visto nulla di simile neanche durante i periodi di conflitti e di guerre sotto il regno della famiglia di Acab. Per più di due secoli i re delle dieci tribù avevano seminato "vento e raccolto tempesta". Erano stati assassinati gli uni dopo gli altri per permettere agli usurpatori di regnare al loro posto. Cfr. Osea 8:4. PR 154 2 I princìpi della giustizia vennero trascurati; coloro che nei confronti dei popoli della terra avrebbero dovuto assumere il ruolo di depositari della grazia divina erano stati "infedeli al Signore" e ai loro simili. Rimproverandoli severamente Dio cercò di far capire alla nazione ribelle che era minacciata di totale distruzione. Per mezzo dei profeti Osea e Amos aveva mandato alle dieci tribù un messaggio dopo l'altro, sollecitando un vero e completo pentimento e preannunciando disastri se non avessero cessato le loro continue trasgressioni. Osea dichiarò: "...avete seminato malvagità e raccolto ingiustizia, avete mangiato il frutto delle vostre menzogne. Poiché avete avuto fiducia nei vostri carri e nel gran numero dei vostri soldati, scoppierà una guerra contro il vostro popolo, e tutte le vostre fortezze saranno distrutte... All'alba, non appena comincerà la battaglia, sarà la fine per il re d'Israele". Osea 10:13-15. Di Efraim (per Osea principale tribù apostata del regno d'Israele, simbolo della nazione idolatra -- ndt) il profeta affermò: "Gli stranieri la privano della sua forza, ma non se ne rende conto. S'è fatta vecchia, ma non se ne accorge... ha rifiutato quel che è bene e il nemico lo perseguiterà... Efraim... è oppresso, schiacciato dal mio giudizio". Incapaci di individuare le disastrose conseguenze del loro comportamento, le dieci tribù presto sarebbero state disperse tra le altre nazioni. Osea 7:9; 8:3; 5:11; 9:17. PR 154 3 Alcuni capi d'Israele si resero conto di aver perso il loro prestigio e vollero riacquistarlo, ma invece di abbandonare l'idolatria che aveva indebolito il regno, continuarono ad alimentare la malvagità. Si illudevano di ottenere il potere politico tanto desiderato alleandosi, alla prima occasione, con i pagani. Cfr. Osea 5:13; 7:11; 12:1. Tramite l'uomo di Dio apparso davanti all'altare a Betel, tramite Elia, Eliseo, Amos e Osea, il Signore aveva indicato alle dieci tribù i loro errori. Però, nonostante i rimproveri e gli incoraggiamenti, Israele era sprofondato sempre più nell'apostasia. "Il popolo d'Israele è ribelle come una giovenca selvaggia" aveva dichiarato il Signore. "Il mio popolo si ostina a restare lontano da me". Osea 4:16; 11:7. PR 155 1 La punizione divina a volte colpì pesantemente i figli d'Israele. "Per questo vi ho mandato i miei profeti per annunziarvi la distruzione: il mio giudizio è chiaro come la luce. Voglio amore costante e non sacrifici. Preferisco che il mio popolo mi conosca piuttosto che mi offra sacrifici". Osea 6:5, 6. Fu rivolto loro un ultimo messaggio: "Ascolta la parola del Signore, popolo d'Israele... Il mio popolo muore perché non mi conosce, e voi sacerdoti rifiutate di farmi conoscere, e avete respinto il mio insegnamento. Per questo io rifiuterò voi e non riconoscerò i vostri figli... Io trasformerò la vostra reputazione in infamia. Osea 4:1, 6-8. PR 155 2 La corruzione in Israele, durante gli ultimi cinquant'anni prima della deportazione assira, fu simile a quella dei giorni di Noè e di ogni altro periodo in cui gli uomini hanno respinto Dio e si sono votati interamente al male. Così quando il popolo di Israele, adorando Baal e Asera, esaltò le forze della natura, interruppe ogni rapporto con tutto ciò che è nobile ed elevato e divenne facile preda della tentazione. Una volta abbattute le barriere spirituali, non si è più in grado di lottare contro il peccato e ci si abbandona alle passioni più vili. PR 155 3 I profeti si schierarono contro l'oppressione, la palese ingiustizia, la lussuria e lo spreco. Essi biasimarono le orge e l'ubriachezza del loro tempo, ma proteste e denunce furono inutili. Amos dichiarò: "Voi odiate chi in tribunale vi accusa di ingiustizia e dice la verità... Voi tormentate l'uomo giusto, accettate ricompense illecite e impedite ai poveri di ottenere giustizia in tribunale". Amos 5:10, 12. PR 155 4 Queste furono alcune delle conseguenze dell'instaurazione del culto dei due vitelli d'oro da parte di Geroboamo. L'abbandono del vero culto portò all'introduzione di volgari forme di idolatria e alla fine quasi tutti gli abitanti del paese si lasciarono coinvolgere nelle forme di adorazione della natura. Dimenticando il loro Creatore, gli israeliti piombarono nella corruzione. PR 155 5 I profeti non smisero di schierarsi contro questi peccati e di esortare il popolo al bene. Cfr. Osea 10:12; 12:7; 14:1, 2. PR 155 6 Ai trasgressori furono date molte opportunità di ravvedersi. Nei momenti più critici dell'apostasia il messaggio di Dio parlò di perdono e, di speranza: "Io voglio distruggerti, popolo d'Israele! Nessuno potrà venirti in aiuto. Dov'è ora il tuo re per salvarti nelle tue città?" Osea 13:9, 10. Il profeta esortò dicendo: "Venite, torniamo al Signore. Egli ci ha feriti e ci curerà! Egli ci ha colpiti e ci guarirà! In due o tre giorni ci ridarà la vita e la forza, e noi vivremo davanti a lui. Sforziamoci di conoscere il Signore. La sua venuta è certa come l'aurora, come la pioggia di primavera che bagna la terra". Osea 6:1-3. PR 156 1 A tutti coloro che avevano perso di vista il piano divino per la liberazione dei peccatori caduti in potere di Satana, il Signore offriva restaurazione e pace. Egli dichiarò: "Farò tornare da me il mio popolo, lo amerò con tutto il cuore. Ho allontanato da lui la mia ira. Sarò per Israele come la rugiada. Egli fiorirà come un giglio e le sue radici saranno salde come quelle degli alberi del monte Libano. I suoi germogli si stenderanno e saranno belli come quelli dell'ulivo. La loro fragranza sarà come quella dei cedri del Libano. Tornerà a vivere sotto la mia protezione. Coltiverà il grano, fiorirà come la vigna e sarà famoso come il vino del Libano. Il popolo d'Israele non avrà più nulla a che fare con gli idoli; risponderò alle sue preghiere e avrò cura di lui. Sarò come un cipresso sempre verde. Sono io che gli concedo raccolti abbondanti. Chi è saggio capisca queste cose, chi è intelligente afferri il loro significato. Le vie del Signore sono diritte, gli uomini giusti camminano in esse, mentre i peccatori inciampano e cadono". Osea 14:5-10. PR 156 2 Dio insisteva sulle benedizioni riservate a coloro che lo cercavano: "...Cercate me se volete vivere... Cercate di fare quel che è bene e non il male...". Cfr. Amos 5:4, 5, 14, 15. PR 156 3 La maggior parte di coloro che udirono questi inviti rifiutarono di beneficiarne. Le parole dei messaggeri di Dio erano talmente in contrasto con i desideri malvagi degli idolatri che il sacerdote di Betel fece sapere al sovrano di Israele: "Amos è qui nel regno d'Israele e congiura contro di te. La gente non sopporta più i suoi discorsi". Amos 7:10. PR 156 4 Tramite il profeta Osea il Signore dichiarò: "Io vorrei cambiare in meglio la sorte del mio popolo... ma tutto quel che riesco a vedere è la perversità di Efraim, mio popolo e la malvagità di Samaria... La stessa arroganza del popolo d'Israele li accusa apertamente. Con tutto quel che è accaduto non tornano a me, il Signore loro Dio, e non mi cercano nemmeno". Osea 6:11; 7:1, 10. PR 156 5 Di generazione in generazione, il Signore aveva sopportato i suoi figli che si allontanavano da lui, e anche ora, di fronte a una simile ribellione, egli desiderava dimostrarsi disposto a salvare: "...Efraim e Giuda, che dovrò fare per voi? Il vostro amore per me scompare come una nuvola del mattino; è come la rugiada che svanisce all'alba". Osea 6:4. PR 156 6 Il male dilagante in tutta la nazione non si riusciva più ad arginare; ecco perché fu pronunciato questo terribile giudizio: "Israele è troppo attaccato agli idoli. Lascialo stare! È arrivato il momento della punizione. In quel giorno il popolo avrà quel che si merita...". Osea 4:17; Osea 9:7. PR 157 1 Le dieci tribù d'Israele stavano per raccogliere il frutto dell'apostasia che si era concretizzata con la costruzione di strani altari a Betel e a Dan. Il messaggio di Dio, rivolto a loro, fu: "Io ripudio il vitello venerato dalla gente di Samaria! Sono furioso contro il mio popolo, fino a quando non rinunzierà alla sua idolatria. Un artigiano di Israele ha fatto quell'idolo che non è un dio. Il vitello d'oro venerato dalla gente di Samaria sarà fatto a pezzi... Gli abitanti della città di Samaria tremano e sono in lutto per il vitello d'oro di Bet-Aven. Il popolo e la sua pretaglia sono in lutto, perché il loro idolo splendente, che era la loro gioia, sta per andarsene lontano. Sarà portato anche lui in Assiria, come offerta al gran re". Osea 8:5, 6; 10:5, 6. PR 157 2 Per un po' di tempo questi giudizi furono sospesi e durante il lungo regno di Geroboamo II gli eserciti d'Israele riportarono schiaccianti vittorie; però questo periodo di apparente prosperità non portò alcun mutamento nei cuori degli israeliti impenitenti e alla fine fu decretato: "Geroboamo morirà in battaglia, e la popolazione d'Israele sarà deportata, lontano dalla sua patria". Amos 7:11. La forza di questa predizione non ebbe nessun effetto né sul re né sul popolo, tanto erano diventati insensibili. Amasia, uno dei capi dei sacerdoti idolatri di Betel, colpito dalle chiare parole pronunciate dal profeta contro la nazione e il suo re, disse ad Amos: "Visionario, vattene, ritorna nella terra di Giuda per guadagnarti il pane, e fai là il profeta. Non profetizzare più a Betel. Questo è il santuario del re, il tempio della nazione!" Amos 7:12, 13. A queste parole la ferma risposta del profeta fu: "...la popolazione d'Israele sarà deportata lontano dalla sua patria". Amos 7:17. PR 157 3 Tutto si adempì alla lettera; ma la distruzione del regno avvenne gradualmente. Nel suo giudizio il Signore si ricordò di usare misericordia: "Pul, re d'Assiria, venne per invadere il territorio israelita. Allora Menachem, per ottenere il suo appoggio e rafforzare così il suo potere regale, gli diede trentacinque tonnellate d'argento. Menachem se le procurò obbligando tutti i benestanti d'Israele a dare ognuno cinquanta pezzi d'argento per il re d'Assiria". 2 Re 15:19, 20. Gli assiri, dopo aver umiliato le dieci tribù, rientrarono per un certo periodo di tempo nel loro paese. PR 157 4 Menachem, invece di pentirsi del male che aveva provocato la rovina del suo regno, "...non smise di commettere le stesse colpe di Geroboamo, figlio di Nebat, che per tutta la sua vita aveva fatto peccare gli Israeliti". I suoi successori, Pekachia e Pekach andarono "contro la volontà del Signore". 2 Re 15:18, 24, 28. "Durante il regno di Pekach, Tiglat-Pileser, re d'Assiria, venne a occupare... il territorio di Galaad e la Galilea, cioè tutta la regione di Neftali". 2 Re 15:29. "La tribù di Ruben, quella di Gad e metà della tribù di Manasse" con altri abitanti del territorio di Galaad (1 Cronache 5:26; 2 Re 15:29) furono dispersi fra i pagani in terre molto lontane dalla Palestina. PR 158 1 Dopo questa terribile esperienza, il regno del nord non si riprese più. I pochi rimasti conservarono le strutture del governo ma non esercitarono più nessun potere. Soltanto un altro re sarebbe succeduto a Pekach, il re Osea, ma il regno d'Israele sarebbe stato ben presto spazzato via per sempre. Però in quel tempo di crisi Dio dimostrò la sua misericordia e offrì al popolo un'altra opportunità di abbandonare l'idolatria. Il terzo anno del regno di Osea, il buon re Ezechia cominciò a regnare in Giuda e provvide subito a indire importanti riforme nel servizio del tempio di Gerusalemme. Fu organizzata una solenne celebrazione della Pasqua alla quale furono invitare non solo le tribù di Giuda e di Beniamino, per le quali Ezechia era stato unto re, ma anche tutte le tribù del nord. Fu proclamato un bando per tutto Israele, da Beer-Sceba fino a Dan perché la gente venisse a Gerusalemme a celebrare la festa così com'era scritto nella legge. PR 158 2 "Partirono messaggeri per le località di tutto il territorio d'Israele e di Giuda. Avevano le lettere firmate dal re e dalle autorità. Per ordine del re dappertutto facevano questo discorso agli Israeliti del Nord: "...ritornate al Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e Dio ritornerà a voi... Non ostinatevi come fecero i vostri padri, fate un passo verso il Signore. Venite nel suo tempio, che egli ha consacrato per sempre; ubbidite al Signore vostro Dio, ed egli non sarà più contro di voi. Se voi tornerete al Signore, anche i vostri parenti e i vostri figli avranno un trattamento migliore là dove sono deportati e forse potranno tornare in questa terra. Il Signore vostro Dio, infatti, è misericordioso e clemente e non trascura quelli che si rivolgono a lui". Di città in città i messaggeri ripeterono questo discorso nei territori delle tribù di Efraim e Manasse e giunsero fino in quelli della tribù di Zabulon. Ma la gente li derideva e li prendeva in giro. Però alcune persone della tribù di Aser, di Manasse e di Zabulon riconobbero le loro colpe e decisero di venire a Gerusalemme... per celebrare la festa dei Pani non lievitati". 2 Cronache 30:6-13. PR 158 3 Circa due anni dopo, Samaria fu assalita dagli eserciti di Assiria, sotto Schalmaneser e nell'assedio che seguì morirono migliaia di persone per fame, per malattie o uccise con la spada. La città e la nazione si arresero e il resto della popolazione fu deportata e dispersa nelle varie province del regno assiro. PR 158 4 La distruzione del regno del nord fu un vero e proprio giudizio del cielo. Gli assiri furono semplicemente uno strumento usato da Dio per attuare il suo proposito. Per mezzo del profeta Isaia, che cominciò a profetizzare poco prima della caduta di Samaria, il Signore definì la nazione assira "...un bastone per punire, una verga per castigare". Isaia 10:5; cfr. anche 2 Re 17:7, 11, 14-16, 20, 23; 2 Re 18:12. PR 159 1 Con i terribili giudizi abbattutisi sulle dieci tribù il Signore aveva un obiettivo che dimostrava la sua saggezza e la sua misericordia. Quello che non poteva più fare per mezzo di Israele nel suo territorio d'origine avrebbe cercato di attuarlo disperdendolo fra le nazioni pagane. Questo piano mirava a salvare tutti coloro che avrebbero scelto di avvalersi del perdono offerto dal Salvatore dell'umanità. Nelle afflizioni che avevano colpito il popolo d'Israele, Dio avrebbe rivelato la sua gloria a tutte le nazioni della terra. PR 159 2 Non tutti i deportati erano degli idolatri; fra loro alcuni erano rimasti fedeli. Per mezzo di questi "figli del Dio vivente" (Osea 2:1) egli avrebbe condotto migliaia di assiri a riconoscere gli attributi del suo carattere e i benefici della sua legge. ------------------------Capitolo 24: Conoscere per vivere PR 160 1 Le benedizioni divine nei confronti di Israele erano sempre state condizionate dall'ubbidienza. Ai piedi del Sinai il popolo aveva contratto un patto di alleanza con Dio il quale aveva dichiarato: "Sarete la mia proprietà particolare, il mio popolo fra tutti gli altri". Aveva promesso solennemente di seguire la via dell'ubbidienza dicendo: "Noi ubbidiremo agli ordini del Signore". Esodo 19:5, 8. Poi, dopo che Dio aveva promulgata la sua legge al Sinai ed erano state aggiunte ulteriori istruzioni sotto forma di statuti e regolamenti tramite Mosè, tutti gli israeliti avevano nuovamente promesso: "Noi metteremo in pratica tutti gli ordini del Signore!" Alla ratifica del patto il popolo ancora una volta aveva dichiarato: "Noi ubbidiremo al Signore ed eseguiremo i suoi ordini!" Esodo 24:3, 7. Dio aveva scelto Israele come suo popolo e Israele, a sua volta, aveva scelto Dio come suo re. PR 160 2 Giunto al termine del pellegrinaggio nel deserto, Israele si sentì ripetere le condizioni del patto. A Baal-Peor, in prossimità della frontiera con la terra promessa, dove molti furono sopraffatti dalla tentazione, quelli rimasti fedeli rinnovarono il loro impegno di ubbidienza. Per mezzo di Mosè furono avvertiti delle tentazioni che avrebbero dovuto affrontare e furono caldamente invitati a non mescolarsi con i popoli vicini e ad adorare solo Dio. Cfr. Deuteronomio 4:1-6. PR 160 3 Gli Israeliti erano stati esortati a non perdere di vista i comandamenti di Dio, perché tramite l'ubbidienza avrebbero trovato nuove forze e benedizioni. "State però bene attenti! Fate di tutto per non dimenticare i fatti che avete visto con i vostri occhi: finché vivrete non svaniscano dal vostro cuore! Li racconterete anche ai vostri figli e ai figli dei vostri figli". Deuteronomio 4:9. PR 160 4 Le scene impressionanti che avevano accompagnato la promulgazione della legge al Sinai non furono mai dimenticate. Israele ricevette chiari e decisi avvertimenti relativi al pericolo dell'idolatria fra le nazioni vicine. "...state perciò bene attenti -- fu il consiglio dato -- perché è in gioco la vostra stessa vita: non dovete perdervi a fare statue che rappresentino un dio sotto forma di uomo o di donna... Quando alzate gli occhi e vedete il sole, la luna e le stelle, come schiere ordinate nei cieli, non dovete cedere alla tentazione di inginocchiarvi e di venerare quelle cose: il Signore, vostro Dio, le ha lasciate adorare a tutti gli altri popoli della terra... State bene attenti a non dimenticare l'alleanza che il Signore, vostro Dio, ha fatto con voi e a non farvi statue che rappresentino una qualsiasi cosa: il Signore, vostro Dio, me lo ha proibito". Deuteronomio 4:15, 16, 19, 23. PR 161 1 Mosè indicò le conseguenze che sarebbero derivate dall'abbandono dei comandamenti divini. Chiamando a testimoni il cielo e la terra, dichiarò che se il popolo, dopo esser vissuto per lungo tempo nella terra promessa, avesse introdotto forme di culto idolatra, si fosse inchinato davanti a immagini scolpite e avesse rifiutato di ritornare al culto del vero Dio, la collera del Signore si sarebbe accesa e gli israeliti sarebbero stati deportati e dispersi fra i pagani. Cfr. Deuteronomio 4:26-28. PR 161 2 Questa profezia, che si realizzò in parte al tempo dei Giudici, trovò un adempimento più completo e letterale nella deportazione di Israele in Assiria e di Giuda in Babilonia. PR 161 3 L'apostasia si era sviluppata gradualmente. Di generazione in generazione, Satana aveva tentato in diverse occasioni di far dimenticare alla nazione eletta "questo comandamento, queste leggi e norme" (Deuteronomio 6:1) che essa aveva promesso di osservare per sempre. Egli sapeva che se Israele fosse stato indotto a dimenticare l'Eterno e a servire altri dei, sarebbe sicuramente caduto. Cfr. Deuteronomio 8:19. PR 161 4 Tuttavia il nemico della chiesa di Dio aveva sottovalutato l'amore di colui che "...non terrà il colpevole per innocente" ma la cui gloria è di essere "misericordioso e clemente, ... paziente, sempre ben disposto e fedele. Conservo la mia benevolenza verso gli uomini per migliaia di generazioni e tollero le disubbidienze, i delitti e i peccati; ma anche non lascio senza punizione chi pecca, e lo castigo sui suoi figli fino alla terza e alla quarta generazione". Esodo 34:6, 7. Nonostante gli sforzi di Satana per impedire l'attuazione del progetto di Dio, il Signore si rivelò provvidenzialmente e indicò a Israele quale via seguire anche in alcuni dei momenti più difficili della storia di questo popolo, quando sembrava che le forze del male stessero per avere il sopravvento. Tramite il profeta Osea, Dio dichiarò: "Ho scritto per il mio popolo molte leggi ma egli le sente estranee... Io ho insegnato a Efraim a camminare. Ho tenuto il mio popolo tra le mie braccia, ma non ha capito che mi prendevo cura di lui". Osea 8:12; Osea 11:3. Dio aveva manifestato nei confronti di Israele un grande amore, istruendolo tramite i suoi profeti "linea dopo linea, precetto dopo precetto". PR 161 5 Se Israele avesse prestato ascolto a questi messaggi non avrebbe subito le umiliazioni che seguirono. Siccome continuò a disprezzare la sua legge, Dio fu costretto a lasciarli andare in esilio. Cfr. Osea 4:6. PR 162 1 In ogni epoca la trasgressione della legge di Dio ha avuto le stesse conseguenze. Ai giorni di Noè, quando vennero violati tutti i princìpi morali e la corruzione era così diffusa che Dio non poteva più accettarla, fu decretato: "Sterminerò dalla terra quest'uomo da me creato...". Genesi 6:7. Al tempo di Abramo gli abitanti di Sodoma sfidarono apertamente Dio e la sua legge e praticarono la stessa empietà, corruzione, sfrenata sregolatezza che avevano caratterizzato il mondo antidiluviano. Gli abitanti di Sodoma superarono i limiti della tolleranza di Dio e su di loro venne pronunciato il verdetto della punizione divina. Nel periodo di tempo anteriore alla deportazione delle dieci tribù di Israele si manifestarono una disubbidienza e una malvagità analoghe. La legge di Dio venne considerata come una serie di regole prive di valore e questo provocò tragiche conseguenze. PR 162 2 Osea dichiarò: "...non c'è né amore né fedeltà, e la gente non mi riconosce come Dio. Fanno giuramenti e non li mantengono. Dicono falsità, uccidono, rubano e commettono adulterio. Compiono un assassinio dopo l'altro, le violenze si moltiplicano". Osea 4:1, 2. PR 162 3 Le profezie di condanna di Amos e di Osea furono accompagnate da predizioni relative alla gloria futura. Alle dieci tribù, ormai da tempo ribelli e impenitenti, non venne fatta nessuna promessa di completa restaurazione del loro potere in Palestina. Sino alla fine dei tempi esse sarebbero andate "errando fra le nazioni". Però tramite Osea fu fatta una profezia che prometteva loro il privilegio di partecipare alla restaurazione finale del popolo di Dio alla conclusione della storia di questo mondo, quando Cristo sarebbe apparso come Re dei re e Signore dei signori. Il profeta dichiarò: "...il popolo d'Israele resterà per molto tempo senza re e senza capi, senza sacrifici e senza stele, senza oggetti sacri per consultare le divinità. Poi, il popolo d'Israele ritornerà al Signore suo Dio e a un discendente di Davide loro re. Allora essi avranno timore del Signore e riceveranno i suoi doni". Osea 3:4, 5. PR 162 4 In un linguaggio simbolico Osea espose alle dieci tribù il piano di Dio: restituire a ogni essere umano pentito, che si sarebbe unito alla sua chiesa sulla terra, la benedizione accordata a Israele nella terra promessa ai tempi della sua fedeltà. Parlando di questa nazione, nei confronti della quale desiderava mostrare misericordia, il Signore dichiarò: "Un giorno, io, il Signore, la riconquisterò. La porterò nel deserto e le dirò parole d'amore. Le restituirò le vigne che aveva e trasformerò la valle di Acor in una porta di speranza. Lì mi risponderà come al tempo della sua giovinezza quando uscì dall'Egitto. Allora mi chiamerà: "Marito mio" e non più "Mio Baal", mio padrone. Non permetterò più che pronunzi il nome dei Baal. Questi non saranno mai più ricordati". Osea 2:16-19. PR 163 1 Alla fine dei tempi, il patto di Dio con il popolo che osserva i suoi comandamenti sarà rinnovato: "In quel tempo farò un'alleanza con gli animali feroci, con gli uccelli e con i rettili, perché non diano fastidio al mio popolo. Spezzerò l'arco e la spada, eliminerò la guerra da questa terra. Farò vivere il mio popolo in pace. Israele, ti farò mia sposa, e io sarò giusto e fedele. Ti dimostrerò il mio amore e la mia tenerezza. Sarai mia per sempre. Manterrò la mia promessa e ti farò mia sposa. Così tu saprai che io sono il Signore". Osea 2:20-22; cfr. Osea 2:23-25; Isaia 10:20; Apocalisse 14:6, 7, 12; Amos 9:13-15. ------------------------Capitolo 25: L'appello di Isaia PR 164 1 Il lungo regno di Ozia, nel paese di Giuda e Beniamino, fu caratterizzato da una prosperità maggiore di quella di qualsiasi altro sovrano dalla morte di Salomone, avvenuta quasi due secoli prima. Egli governò per molto tempo con saggezza. Grazie alle benedizioni divine i suoi eserciti riconquistarono alcuni territori persi nel corso degli anni precedenti. Futono ricostriuite e fortificate alcune città; il prestigio della nazione, presso i popoli vicini, venne rafforzato. Il commercio rifiorì e le ricchezze delle nazioni affluirono a Gerusalemme. "...Ozia ricevette molti aiuti e divenne così potente che la sua fama giunse lontano". 2 Cronache 26:15. PR 164 2 Questa prosperità materiale, però, non fu accompagnate da un corrispondente risveglio spirituale. I servizi nel tempio continuavano come in passato e le folle si riunivano per adorare il Dio vivente, ma gradatamente l'orgoglio e il formalismo persero il posto dell'umiltà e della sincerità. Di Ozia è scritto: "Ozia si esaltò per il suo potere e finì col rovinarsi. Non rispettò più il Signore suo Dio". 2 Cronache 26:16. Ozia peccò di persunzione e le conseguenze furono disastrose. Violando un preciso ordine dell'Eterno, secondo il quale soltanto i discendenti di Aaronne potevano svolgere le funzioni sacerdotali, il re entrò nel santuario "...per bruciare l'incenso sull'altare dei profumi". 2 Cronache 26:16. Azaria, sommo sacerdote, e gli altri sacerdoti protestarono e lo supplicarono di rinunciare al suo proposito, dicendogli: "Non tocca a te, Ozia, bruciare l'incenso in onore del Signore". 2 Cronache 26:18. PR 164 3 Ozia si adirodò: chi si permentteva di rimproverare proprio lui, il re? Ma non potè opporsi allla protesta unanime di coloro che rivestivano l'autorità sacerdotale i quali volevano impedirgli di profanare il santuario. In quello stesso istante, mentre si consumava per la rabbia, fu improvvisamente colpito dal castigo divino: sulla sua fronte apparve la lebbra. Spaventato fuggì via: non sarebbe mai più entrato nei cortili del tempio. Fino al giorno della sua morte, avvenuta alcuni anni dopo, Ozia rimase lebbroso, esempio vivente di un folle che si allontana da un chiaro: "Cosi dice il Signore". Né la sua importanza né il suo incarico assolto per lungo tempo potevano sucsarlo per il peccato d'orgoglio che caratterizzò gli ultimi anni del suo regno e attirò su di lui il castigo di Dio. PR 165 1 Davanti a Dio tutti sono uguali: "Ma se un Israelita o uno straniero compie volontariamente una colpa e così mi offende, dovrà essere escluso dal popolo". Numeri 15:30. PR 165 2 La punizione subita da Ozia parve esercitare un influsso positivo sul figlio. Iotam assunse grandi responsabilità durante gli ultimi anni del regno di suo padre e salì al trono alla sua morte. Di Iotam è scritto: "Iotam fece la volontà del Signore, proprio come suo padre Ozia. Eppure i santuari sulle colline non furono eliminati, e la gente continuò a offrirvi sacrifici e a bruciarvi incenso". 2 Re 15:34, 35. PR 165 3 Il regno di Ozia volgeva al termine e Iotam gestiva già moltri aspetti della vita dello stato quando Isaia, di stirpe reale, fu chiamato, ancora molto giovane, alla missione profetica. Il periodo in cui svolse il suo ministero fu molto critico per il popolo di Dio. Il profeta fu testimone dell'invasione di Giuda da parte degli eserciti alleati dell'Israele del nord e della Siria; vide le schiere assire accampate attorno alle principali città del regno. Nel corso della sua vita assistette alla capitolazione di Samaria e alla deportazione delle dieci tribù di Israele. PR 165 4 Giuda fu invasa ripetutamente dagli eserciti assiri e Gerusalemme subì un assedio che si sarebbe concluso con la sua caduta se Dio non fosse intervenuto miracolosamente. Il regno del sud era minacciato da gravi pericoli. Dio non avrebbe più accordato la sua protezione e le forze assire stavano per occupare il paese di Giuda. PR 165 5 Ma i pericoli esterni, per quanto insormontabili potessero sembrare, non erano così seri come quelli interni. La malvagità di Giuda diventò per Isaia fonte di grande angoscia e profonda depressione. L'apostasia e la ribellione di coloro che avrebbero dovuto rappresentare Dio fra le nazioni attiravano su di loro i giudizi di Dio. Molti dei peccati che stavano affrettando la distruzione del regno del nord e che erano stati denunciati in termini chiari da Osea e da Amos stavano rapidamente corrompendo il regno di Giuda. PR 165 6 Le condizioni sociali del popolo erano particolarmente scoraggianti: spinti dalla sete di guadagni gli uomini continuavano a comprare palazzi e terreni. Cfr. Isaia 5:8. Il concetto di giustizia era distorto e i poveri sfruttati. A proposito di questi errori Dio dichiarò: "...le vostre dimore sono piene di cose tolte ai poveri! Non avete il diritto di sfruttare il mio popolo e di calpestare la dignità dei poveri". Isaia 3:14, 15. Anche i magistrati che avevanoil dovere di proteggere gli indifesi erano sordi alle grida dei poveri e dei bisognosi, delle vedove e degli orfani. PR 165 7 Con l'oppressione e la ricchezza erano comparsi l'orgoglio, la superbia (cfr. Isaia 2:11, 12; Isaia 3:16, 18-23), l'ubriachezza e la lussuria. Cfr. Isaia 5:22, 11, 12. Ai tempi di Isaia la stessa idolatria non destava stupore. Cfr. Isaia 2:8, 9. La malvagità regnava con una tale intensità in tutte le classi sociali che i pochi fedeli erano spesso tentati di lasciarsi andare allo scoraggiamento e alla disperazione. Sembrava che il piano di Dio nei confronti di Israele fosse sul punto di fallire e la nazione ribelle avrebbe subìto una sorte simile a quella di Sodoma e Gomorra. PR 166 1 In questa situazione non c'è da stupirsi se, durante gli ultimi anni del regno di Ozia, Isaia, chiamato a dare a Giuda i messaggi di avvertimento e di rimprovero da parte di Dio, cercasse di sottrarsi a questa responsabilità. Sapeva che avrebbe incontrato un'ostinata resistenza: rendendosi conto della propria incapacità di affrontare la situazione e pensando all'ostinazione e all'incredulità del popolo in favore del quale era stato chiamato ad operare, il suo compito gli sembrava disperato. Avrebbe rinunciato alla sua missione e abbandonato Giuda all'idolatria? Le divinità di Ninive avrebbero dominato la terra sfidando il Dio del cielo? PR 166 2 Questi erano i pensieri che affollavano la mente di Isaia mentre era sotto il portico del tempio; improvvisamente la porta e la cortina interna del tempio parvero aprirsi e gli fu permesso di guardare dentro al luogo santissimo, quel luogo dove i suoi piedi non potevano entrare. Gli si presentò una visione di Dio seduto sopra un trono elevato, mentre lo splendore della sua gloria riempiva il tempio. Ai due lati del trono vi erano dei serafini con i volti velati in atto di adorazione, che servendo il loro Creatore univano le voci nel solenne canto: "Santo, santo, santo è il Signore dell'universo; la sua presenza gloriosa riempie il mondo" tanto che "La loro voce faceva tremare il tempio dalle fondamenta e il fumo lo riempiva" quale tributo di adorazione e di lode all'Onnipotente. Isaia 6:3, 4. PR 166 3 Quando Isaia vide questa rivelazione della gloria e della maestà del suo Signore fu sopraffatto dal senso della purezza e della santità di Dio. Quale stridente contrasto tra l'incomparabile perfezione del suo Creatore e la condotta vergognosa di coloro che, come lui, facevano parte da così tanto tempo del popolo eletto di Israele e di Giuda! Allora gridò: "È finita! Sono morto. È finita perché sono un peccatore e ho visto con i miei occhi il Re, il Signore dell'universo!" Isaia 6:5. PR 166 4 In piedi, nella luce sfolgorante della presenza divina dentro il santuario, Isaia si rese conto della propria imperfezione e incapacità di compiere la missione alla quale era stato chiamato. Ma un serafino fu mandato ad assisterlo e a prepararlo per l'opera che doveva svolgere. Toccò le sue labbra con un carbone ardente tolto dall'altare e disse: "Ecco, ho toccato le tue labbra con questo carbone ardente: la tua colpa è scomparsa, il tuo peccato è cancellato". Quindi si udì la voce di Dio che diceva: "Chi manderò? Chi sarà il nostro messaggero?" e Isaia rispose: "Sono pronto! Manda me!" Isaia 6:7, 8. PR 167 1 L'ambasciatore celeste disse al profeta di portare al popolo questo messaggio: "Voi ascolterete, ma senza capire, guarderete, ma senza rendervi conto di quel che accade... Rendi i loro cuori insensibili, sordi gli orecchi, ciechi i loro occhi. Così saranno incapaci di vedere con gli occhi, di udire con gli orecchi, di comprendere con il cuore, di tornare verso di me e di lasciarsi guarire da me!" Isaia 6:9, 10. PR 167 2 La missione di Isaia era chiara: doveva far sentire la sua voce per protestare contro i peccati di Israele, ma temeva di iniziare la sua opera senza aver ricevuto la certezza del successo. "Signore fino a quando accadrà questo?" Isaia 6:11. Non ci sarà mai fra il popolo che hai scelto qualcuno che comprenda, che si penta, che creda? PR 167 3 L'impegno affidato a Isaia non sarebbe stato inutile. La sua missione non sarebbe stata completamente infruttuosa. Tuttavia i peccati che si erano susseguiti nel corso delle generazioni non potevano essere eliminati in un sol giorno. Durante tutta la sua vita il profeta doveva insegnare con pazienza, con coraggio, a volte come messaggero di speranza o di maledizione. Quando il piano di Dio si sarebbe finalmente realizzato allora avrebbe visto il risultato della sua opera, come anche quello di tutti gli altri messaggeri fedeli del Signore. Soltanto alcuni si sarebbero salvati. Per questo era necessario che messaggi di avvertimento e di incoraggiamento fossero rivolti alla nazione ribelle. Cfr. Isaia 6:11, 12. PR 167 4 Giudizi terribili si sarebbero abbattuti sui peccatori: guerra, esilio, oppressione, perdita del potere e del prestigio fra le nazioni. Tutto questo si sarebbe verificato affinché coloro che riconoscevano l'intervento di un Dio offeso potessero vivere l'esperienza del pentimento. PR 167 5 Le dieci tribù del regno del nord presto sarebbero state disperse fra le nazioni e le loro città abbandonate. Gli eserciti nemici avrebbero invaso ripetutamente il paese e anche Gerusalemme, alla fine, sarebbe caduta e Giuda condotta in cattività. Però la terra promessa non sarebbe rimasta per sempre abbandonata. Il messaggero celeste diede a Isaia questa certezza: "Anche se resterà un solo uomo su dieci, questi sarà eliminato. Ma sarà come una quercia abbattuta di cui rimane il ceppo. E dal ceppo spunterà di nuovo il popolo di Dio". Isaia 6:13. PR 167 6 Questa certezza dell'adempimento del progetto di Dio incoraggiò il profeta: che importanza aveva che le potenze terrene si schierassero contro Giuda o che il messaggero del Signore incontrasse opposizione e resistenza? Isaia aveva visto il Re, il Signore degli eserciti, aveva udito il canto dei serafini: "la sua presenza gloriosa riempie il mondo" (Isaia 6:3) e aveva ricevuto la promessa che i messaggi dell'Eterno allo sbandato popolo di Giuda sarebbero stati accompagnati dalla potenza dello Spirito Santo. Questo era sufficiente per incoraggiare il profeta in vista dell'opera che lo attendeva. Durante la sua lunga e difficile carriera Isaia si ricordò sempre di questa visione. Per più di sessant'anni si rivolse ai figli di Giuda come profeta di speranza, dimostrandosi sempre più audace e coraggioso nelle sue predizioni del futuro trionfo della chiesa di Dio. ------------------------Capitolo 26: "Ecco il vostro Dio" PR 169 1 All'epoca di Isaia la situazione spirituale dell'umanità era degenerata a causa dell'incomprensione del carattere di Dio. Per molto tempo Satana si era sforzato di far credere agli uomini che il loro Creatore fosse responsabile del peccato, della sofferenza e della morte. Coloro che erano stati ingannati immaginavano che Dio fosse duro ed esigente, sempre pronto a giudicare per poi denunciare e condannare, senza essere disposto ad accogliere il peccatore che tornava a lui. La legge dell'amore che governa il regno dei cieli era stata presentata dal gran seduttore come una restrizione della felicità umana, come un giogo opprimente al quale bisognava sottrarsi con gioia. Egli dichiarava che non era possibile ubbidire alle sue leggi e che le punizioni per la trasgressione erano inflitte arbitrariamente. PR 169 2 Avendo perso di vista il vero carattere di Dio, gli israeliti non avevano scuse. Infatti Dio si era spesso rivelato come un "Dio clemente e pieno d'amore... paziente, fedele, pronto al perdono". Salmi 86:15. "Quando Israele era un ragazzo io l'ho amato e l'ho chiamato a uscire fuori dell'Egitto perché era mio figlio". Osea 11:1. PR 169 3 Il Signore aveva dimostrato a Israele una tenerezza infinita liberandolo dalla schiavitù dell'Egitto e dal suo peregrinare verso la terra promessa. "Io verrò certamente e ti darò sicurezza!" (Esodo 33:14) fu la promessa fatta durante il viaggio nel deserto. Questa certezza era accompagnata da una meravigliosa rivelazione del carattere di Dio che permise a Mosè di proclamare a tutto Israele la bontà di Dio e di parlare al popolo delle caratteristiche del Re invisibile: "Poi il Signore passò ancora davanti a lui e disse: "Io sono il Signore il Dio misericordioso e clemente, sono paziente, sempre ben disposto e fedele. Conservo la mia benevolenza verso gli uomini per migliaia di generazioni, e tollero le disubbidienze, i delitti e i peccati; ma anche non lascio senza punizione chi pecca..."". Esodo 34:6, 7. PR 169 4 Grazie alla conoscenza della pazienza dell'Eterno, del suo amore e della sua misericordia infinita Mosè pronunciò la sua bellissima preghiera d'intercessione in favore d'Israele quando, alle frontiere della terra promessa, gli israeliti rifiutarono di ubbidire all'ordine dato da Dio. Al culmine della loro ribellione il Signore aveva dichiarato: "Li castigherò con la peste e li distruggerò" e aveva proposto di fare dei discendenti di Mosè "un popolo ancor più grande e più forte di quello!" Numeri 14:12. Il profeta insistette sulle meravigliose benedizioni di Dio e sulle sue promesse in favore del popolo eletto e nella preghiera implorò l'amore di Dio per l'uomo perduto. Cfr. Numeri 14:17-19. PR 170 1 Nella sua bontà il Signore rispose: "Gli perdono, come mi hai chiesto". Quindi con una profezia, fece conoscere a Mosè il suo piano riguardante il trionfo finale d'Israele. Cfr. Numeri 14:20, 21. La sua gloria, la sua bontà, il suo amore, che Mosè aveva reclamato con tanta insistenza, dovevano essere rivelati a tutta l'umanità. Questa promessa del Signore fu confermata con un giuramento. Così come il Signore esiste e regna, la sua gloria sarà proclamata "...a tutte le nazioni, a tutti i popoli narrate le sue imprese". Salmi 96:3. PR 170 2 In merito all'adempimento di questa profezia Isaia aveva udito i serafini cantare davanti al trono: "...la sua presenza gloriosa riempie il mondo". Isaia 6:3. Certo della veracità di queste parole, il profeta steso volle dichiarare con coraggio a proposito di coloro che si inchinavano davanti alle immagini di legno e di pietra: "...Tutti vedranno la gloria del Signore, la sua grandezza e la sua potenza". Isaia 35:2. PR 170 3 Oggi questa profezia si sta adempiendo. Le iniziative evangelistiche della chiesa di Dio sulla terra stanno avendo buoni risultati e presto il messaggio del Vangelo sarà proclamato a tutti i popoli. Uomini e donne di ogni nazione, tribù e lingua sono stati accettati dall" "amatissimo Figlio" e "...così ha voluto mostrare anche a quelli che verranno quanto ricca e generosa è la sua grazia". Efesini 1:6; Efesini 2:7; cfr. Salmi 72:18, 19. PR 170 4 Dalla visione che Isaia ebbe nel cortile del tempio scaturì una chiara idea del carattere del Dio d'Israele. PR 170 5 "Ora il Signore che sta più in alto di tutti" gli apparve in tutta la sua maestà e allora il profeta riuscì a comprendere la natura compassionevole del Signore: "Io abito lassù e sono santo, ma sto con gli oppressi e gli umili". Isaia 57:15. L'angelo, incaricato di toccare le labbra di Isaia, gli aveva portato questo messaggio: "...la tua colpa è scomparsa, il tuo peccato è cancellato". Isaia 6:7. PR 170 6 Contemplando il suo Dio, il profeta, come Saulo da Tarso alla porta di Damasco, si rese conto non solo della sua indegnità ma anche della certezza del perdono totale e gratuito. Egli si rialzò trasformato: aveva visto il suo Signore; aveva avuto un'idea della bellezza e della bontà del carattere divino e poteva testimoniare della trasformazione operatasi in lui attraverso la contemplazione dell'amore infinito. Ora aveva un solo desiderio: vedere quell'Israele che si era allontanato da Dio liberato dal peso e dalla punizione del peccato. Cfr. Isaia 1:5, 16-18. PR 171 1 Quel Dio che gli israeliti avevano affermato di servire, ma di cui non conoscevano il carattere, fu presentato loro come il Grande Medico che guarisce i mali dello spirito. Che cosa importava se la testa era dolente e il cuore debole? Che cosa importava se dalla pianta del piede fino alla testa non vi era nulla di sano, ma solo ferite, contusioni e piaghe aperte? Cfr. Isaia 1:6. Chi aveva vissuto seguendo ostinatamente le proprie convinzioni poteva ottenere la guarigione volgendosi al Signore che aveva promesso: "So come si è comportato, ma io lo guarirò. Lo guiderò e gli darò conforto... Io do la vera pace a tutti, lontani e vicini". Isaia 57:18, 19. PR 171 2 Dio, nel suo amore infinito, si preoccupa per coloro che non riescono a liberarsi dalle insidie di Satana. Egli li incoraggia a vivere per lui e li esorta: "Non temere, io sono con te. Non preoccuparti, io sono il tuo Dio. Ti rendo forte, ti aiuto, ti proteggo con la mia mano invincibile... Io sono il Signore tuo Dio, io ti prendo per mano e ti dico: Non temere, sono qui ad aiutarti... Israele, popolo di Giacobbe, sei piccolo e debole come un verme, ma non temere: io ti aiuterò. Io, il Santo d'Israele, sono colui che ti salva". Isaia 41:10, 13, 14. PR 171 3 Gli abitanti di Giuda erano tutti colpevoli, ma Dio non li avrebbe abbandonati. Grazie a loro il sue nome sarebbe stato esaltato fra i pagani. Molti che non conoscevano il suo carattere avrebbero contemplato la sua gloria. Per svelare il suo piano per la salvezza dell'uomo Dio continuò a inviare tramite i profeti questo messaggio: "Convertasi ciascuno di voi dalla sua cattiva via". Geremia 25:5 (Luzzi). Per mezzo di Isaia il Signore dichiarò: "...per amore del mio nome trattengo la mia collera. Per il mio onore vi risparmio e rinunzio a eliminarvi... Se ho agito così, l'ho fatto solo per me; non posso sopportare che il mio nome venga disonorato. Non voglio cedere ad altri la mia gloria". Isaia 48:9, 11. PR 171 4 L'invito al pentimento fu rivolto con inconfondibile chiarezza, e tutti furono esortati a ritornare al Signore. Il profeta si raccomandò: "Cercate il Signore, ora che si fa trovare. Chiamatelo, adesso che è vicino. Chi è senza fede e senza legge cambi mentalità; chi è perverso rinunzi alla sua malvagità! Tornate tutti al Signore, ed egli avrà pietà di voi! Tornate al nostro Dio che perdona con larghezza!" Isaia 55:6, 7. PR 171 5 Hai scelto la tua via? Stai ancora errando lontano da Dio? Cerchi forse di saziarti con i frutti dei tuoi errori che svaniscono sulle tue labbra? Ora che i tuoi progetti non si sono realizzati ti senti deluso, solo e sconsolato? Quella voce che ha parlato a lungo al tuo cuore e che tu non hai ascoltato giunge di nuovo a te in modo chiaro e distinto per dirti: "Andatevene via da questo luogo, non vi troverete più riposo. Con i vostri peccati l'avete reso impuro e condannato a una terribile distruzione". Michea 2:10. Ritorna alla casa del Padre, che ti invita dicendo: "...Io sono il tuo salvatore, ritorna da me". "Datemi retta e venite a me! Ascoltatemi e vivrete. Mi impegno per sempre a garantirvi tutti i benefici che ho promesso a Davide". Isaia 44:22; Isaia 55:3. Non prestare ascolto al suggerimento del nemico che ti dice di stare lontano da Cristo fino a quando non sarai riuscito a diventare migliore e non sarai abbastanza buono per rivolgerti a Dio. Se aspetterai di raggiungere quell'obiettivo non vi riuscirai mai! Quando Satana ti rinfaccia i tuoi abiti macchiati, ripeti la promessa del Salvatore: "...chi si avvicina a me con fede io non lo respingerò". Giovanni 6:37. Di' al nemico che il sangue di Gesù Cristo purifica da ogni peccato. Fai tua la preghiera di Davide: "Purificami dal peccato e sarò puro, lavami e sarò più bianco della neve". Salmi 51:9. PR 172 1 Le esortazioni del profeta, affinché Giuda contemplasse il Dio vivente e accettasse la sua generosa offerta, non furono vane. Alcuni le ascoltarono e ritornarono all'adorazione di Dio abbandonando gli idoli. Essi impararono a riconoscere nel carattere del loro Creatore amore, misericordia e tenera compassione. Nei momenti difficili della storia di Giuda, quando solo alcuni rimasero nel paese, le parole del profeta provocarono un'autentica riforma. Isaia dichiarò: "Quel giorno la gente tornerà a chiedere aiuto al suo creatore, al Santo d'Israele. Non si affideranno più agli altari costruiti con le loro mani; non avranno più fiducia nelle statue della dea Asera e negli altari per l'incenso". Isaia 17:7, 8. PR 172 2 Molti furono coloro che si rivolsero a colui che è amore e "...più potente fra diecimila". "Tutti vedranno un re governare con grande splendore..." (Isaia 33:17), questa era la promessa che era stata fatta. I loro peccati sarebbero stati cancellati e si sarebbero gloriati soltanto in Dio. In quei giorni felici, in cui riuscirono a trionfare sull'idolatria, essi esclamarono: "Il Signore ci manifesterà la sua presenza gloriosa... Il Signore è il nostro giudice e il nostro legislatore. Il Signore è il nostro re, è lui che ci libera". Isaia 33:21, 22. PR 172 3 I messaggi rivolti da Isaia a coloro che abbandonavano il male erano incoraggianti e consolanti. Cfr. Isaia 33:12; Isaia 44:21, 22. ------------------------Capitolo 27: Acaz PR 173 1 L'ascesa al trono di Acaz costrinse Isaia e i suoi collaboratori ad affrontare condizioni più difficili di quelle esistite fino ad allora nel regno di Giuda. Molti, che in precedenza avevano resistito all'influsso allettante delle pratiche idolatre, ora si lasciavano persuadere a partecipare al culto delle divinità pagane. I prìncipi di Israele erano infedeli alla loro missione, falsi profeti annunciavano messaggi che miravano a sviare il popolo; perfino alcuni sacerdoti si facevano pagare per il loro insegnamento. Nonostante ciò, i responsabili dell'apostasia continuavano a mantenere le forme del culto divino e pretendevano di far parte del popolo di Dio. PR 173 2 Michea, che profetizzò in quell'epoca così tragica, dichiarò che i peccatori in Sion affermavano di appoggiarsi sul Signore vantandosi empiamente: "Il Signore è con noi; nessun male ci colpirà", continuavano a costruire "la ricchezza di Gerusalemme, la città di Dio, su assassinii e ingiustizie". Michea 3:11, 10. Contro questi mali il profeta Isaia alzò la voce in un severo rimprovero: "Popolo e governanti di Gerusalemme, corrotti come Sodoma e Gomorra. Udite quel che il Signore sta per dirvi... Non m'importa dei vostri numerosi sacrifici... Quando venite a rendermi culto... chi vi ha chiesto tutte queste cose e la confusione che fate nel mio santuario?" Isaia 1:10-12; cfr. Proverbi 21:27; Abacuc 1:13. PR 173 3 Dio non si allontana dal peccatore perché non vuole perdonarlo, è l'uomo che non vuole profittare del privilegio della grazia divina. Cfr. Isaia 59:1, 2. PR 173 4 Salomone ha scritto: "Guai alla nazione che ha per re un ragazzo...". Ecclesiaste 10:16. Questo era successo a Giuda. Tramite le loro continue trasgressioni i suoi re erano diventati come dei bambini. Isaia attrasse l'attenzione del popolo sulla debolezza della loro nazione rispetto alle altre. Dimostrò che questa debolezza scaturiva dalla malvagità di coloro che detenevano il potere. Cfr. Isaia 3:1-4, 8. PR 173 5 "Popolo mio, le tue guide ti fanno traviare, ti portano fuori strada!" Isaia 3:12. Durante il regno di Acaz tutto si realizzò nei minimi particolari; infatti di lui è scritto: "Si comportò come i re del regno di Israele: fece perfino statue per onorare il dio Baal. Non solo bruciò incenso agli idoli nella valle di Ben-Innom, ma bruciò in sacrificio anche i suoi figli. Seguì le pratiche vergognose di quelle popolazioni che il Signore aveva privato delle loro terre per far posto agli Israeliti". 2 Cronache 28:2, 3. PR 174 1 Quello fu davvero un tempo di grande pericolo per il popolo eletto. Pochi anni dopo, le dieci tribù del regno del nord sarebbero state disperse fra le nazioni del mondo pagano. Anche nel regno di Giuda il quadro era oscuro. Le forze del bene stavano diminuendo rapidamente mentre aumentavano quelle del male. Il profeta Michea, osservando la situazione esistente, fu costretto a esclamare: "In questa regione non c'è più una persona fedele a Dio, nessuno è onesto... Il migliore e il più onesto di loro è peggiore delle ortiche o di una siepe di spini". Michea 7:2, 4. Isaia, a sua volta, disse: "Se il Signore, Dio dell'universo, non vi avesse lasciato qualche superstite, avremmo fatto la fine della città di Sodoma, saremmo stati distrutti come la città di Gomorra". Isaia 1:9. PR 174 2 Per tenera compassione verso coloro che sono rimasti fedeli, come pure a motivo del suo amore infinito per gli erranti, Dio ha sopportato a lungo i ribelli e li ha sollecitati ad abbandonare il male per far ritorno a lui. "...lettera per lettera, sillaba per sillaba, parola per parola" (Isaia 28:10) Dio per mezzo di uomini scelti da lui stesso ha insegnato ai trasgressori la via della giustizia. PR 174 3 Durante il regno di Acaz furono rivolti a Israele numerosi inviti perché ritornasse a essere fedele all'Eterno. I profeti intercedevano mossi dall'amore per Israele; quando essi si presentavano davanti al popolo per esortarlo al ravvedimento e alla riforma, le loro parole portavano frutto alla gloria di Dio. Cfr. Michea 6:1-5. PR 174 4 Il Dio che serviamo è paziente e longanime: "...la bontà del Signore non è finita". Lamentazioni 3:22. Il suo Spirito esorta gli uomini ad accettare il dono della vita: "Ma io, il Signore, il Dio vivente, dichiaro: Non ho affatto piacere nel veder morire un uomo malvagio, desidero invece vederlo cambiare atteggiamento e vivere. Smettete di agire in modo malvagio, cambiate vita. Perché volete morire?" Ezechiele 33:11. PR 174 5 Una delle tattiche di Satana è quella di indurre l'uomo a peccare per poi abbandonarlo impotente, disperato e addirittura timoroso di cercare il perdono. Ma Dio rivolge al peccatore questo invito: "Cerchi pure la mia protezione e faccia la pace con me. Sì, faccia la pace con me". Isaia 27:5. In Cristo è stato preso ogni provvedimento e viene proposto ogni incoraggiamento. PR 174 6 Ai giorni dell'apostasia in Giuda e Israele molti si chiedevano: "Quale offerta porteremo al Signore, al Dio Altissimo, quando andremo ad adorarlo? Gli offriremo in sacrificio vitelli di un anno? Gradirà il Signore migliaia di montoni e torrenti di olio? Gli daremo in sacrificio i nostri figli, i nostri primogeniti per ricevere il perdono dei nostri peccati? In realtà il Signore ha insegnato agli uomini quel che è bene, quel che esige da noi: praticare la giustizia, ricercare la bontà e vivere con umiltà davanti al nostro Dio". Michea 6:6-8. PR 175 1 Nell"insistere sul valore della devozione il profeta stava solo ripetendo il consiglio dato a Israele alcuni secoli prima. Per mezzo di Mosè, quando gli israeliti stavano per entrare nella terra promessa, la Parola del Signore era stata questa: "Israeliti, il Signore, vostro Dio, vi chiede soltanto questo: di rispettarlo e comportarvi come lui vi ha indicato, di amarlo e onorarlo con tutto il cuore e con tutta l'anima! Osservate i comandamenti e le leggi del Signore che oggi vi comunico. Se farete così, sarete felici". Deuteronomio 10:12, 13. Questi consigli furono sempre ripetuti dai servitori di Dio a quanti rischiavano di cadere nel formalismo, dimenticando di manifestare misericordia. PR 175 2 Quando Cristo stesso, durante il suo ministero terreno, fu avvicinato da un dottore della legge con la domanda: "Maestro, qual è il più grande comandamento della legge? Gesù gli rispose: Ama il Signore tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il comandamento più grande e più importante. Il secondo ugualmente importante: Ama il tuo prossimo come te stesso. Tutta la legge di Mosè e tutto l'insegnamento dei profeti dipendono da questi due comandamenti". Matteo 22:36-40. PR 175 3 Queste chiare affermazioni dei profeti e dello stesso Maestro dovrebbero essere accolte come la voce di Dio che si rivolge a ognuno di noi. Non dovremmo perdere nessuna occasione per manifestare misericordia, tenera sollecitudine, carità cristiana in favore di chi è oppresso. Se non possiamo far nulla, possiamo sempre pronunciare parole di incoraggiamento e di speranza a coloro che non conoscono Dio e che possono essere avvicinati più facilmente con la simpatia e l'amore. PR 175 4 Come sono ricche le benedizioni promesse a coloro che colgono tutte le occasioni per realizzare la gioia e la felicità nella vita del prossimo! Cfr. Isaia 58:10, 11. PR 175 5 Il comportamento idolatra di Acaz, nonostante gli appelli dei profeti, aveva avuto queste conseguenze: "Per questo il Signore si è indignato contro Gerusalemme e il regno di Giuda: ci ha messi in uno stato di paura, di umiliazione e di disprezzo...". 2 Cronache 29:8. Il regno subì un rapido declino e la sua stessa esistenza fu messa ben presto in pericolo dagli eserciti invasori. "...Rezin re di Aram e Pekach, figlio di Romelia, marciarono contro Gerusalemme, assediarono Acaz...". 2 Re 16:5. PR 175 6 Se Acaz e i suoi ufficiali fossero stati dei veri adoratori dell'Altissimo non avrebbero avuto nessun timore per la coalizione che si era formata contro di loro. Ma le ripetute trasgressioni li avevano privati di questa forza. Spaventati per i giudizi di un Dio offeso "...il re di Giuda, la sua corte e il suo popolo... furono così atterriti che tremavano come alberi agitati dal vento". Isaia 7:2. Allora la parola di Dio fu rivolta a Isaia ordinandogli di andare incontro al re impaurito e dirgli: "Sta' attento. Non ti agitare! Non aver paura e non lasciarti intimorire dalla collera di Rezin l'Arameo, e di Pekach, il figlio di Romelia: sono solo due avanzi di tizzoni fumosi... Vogliono invadere la regione di Giuda, costringere il popolo ad unirsi a loro... Ma io il Signore, ho deciso che questo non avverrà mai". Il profeta dichiarò che il regno di Israele come quello di Siria sarebbero presto distrutti. "Se non mi credete, vi farò ricredere". Isaia 7:4-7, 9. PR 176 1 Sarebbe stato un bene per il regno di Giuda se Acaz avesse accettato questo messaggio divino. Ma preferendo contare sul potere umano cercò l'aiuto dei pagani. Nella sua disperazione mandò a dire a Tiglat-Pileser, re di Assiria: "Io ti sono completamente sottomesso e dipendo da te. Vieni a liberarmi dai re di Aram e d'Israele che mi hanno attaccato". 2 Re 16:7. La richiesta fu accompagnata da un ricco dono tratto dal tesoro del re e da quello del tempio. L'aiuto richiesto fu concesso, e il re Acaz godette di una pace momentanea; ma a che prezzo per Giuda! PR 176 2 Il tributo offerto suscitò l'avidità dell'Assiria e questa perfida nazione ben presto minacciò di invadere e saccheggiare Giuda. Acaz e i suoi sudditi infelici furono dunque tormentati dal timore di cadere nelle mani dei crudeli assiri. "Il Signore colpiva con queste sconfitte il regno di Giuda, perché Acaz il re aveva lasciato che l'infedeltà si diffondesse nel regno e lui stesso aveva abbandonato il Signore". Acaz offrì sacrifici agli dei di Damasco. Egli diceva: "Dato che quegli dèi aiutano i loro fedeli, offrirò anch'io un sacrificio ed essi mi aiuteranno". 2 Cronache 28:19, 23. Verso la fine del suo regno, il re apostata fece chiudere le porte del tempio. Le funzioni sacre furono interrotte. I candelieri non furono più tenuti accesi davanti all'altare. PR 176 3 Non si fecero più offerte per i peccati del popolo. Il dolce profumo dell'incenso non salì più verso il cielo all'ora del sacrificio del mattino e della sera. Abbandonando i cortili della casa di Dio e chiudendone le porte, gli abitanti di quella città apostata eressero altari per l'adorazione di divinità pagane agli angoli delle strade di Gerusalemme. Il paganesimo e le forze del male stavano per trionfare. PR 176 4 Ma in Giuda vi erano ancora alcuni credenti che si rifiutavano ostinatamente di seguire il culto idolatra. Fu su di loro che contarono Isaia, Michea e i loro collaboratori, considerando le tragiche conseguenze degli ultimi anni del regno di Acaz. Il santuario era stato chiuso, ma chi era rimasto fedele era incoraggiato da queste parole: "...Dite quel che volete! È tutto inutile perché Dio è con noi!... Ricordati che solo io, il Signore dell'universo, sono santo; sono l'unico che tu devi temere. Io sono un santuario...". Isaia 8:10, 13, 14. ------------------------Capitolo 28: Ezechia PR 178 1 Il governo di Acaz è in stridente contrasto con le riforme realizzate durante il prospero regno di suo figlio Ezechia. Il giovane re salì al trono fermamente deciso a fare tutto il possibile per sottrarre Giuda alla stessa sorte del regno del nord. I profeti però non incoraggiavano soluzioni intermedie. Soltanto realizzando autentiche riforme le conseguenze predette sarebbero state evitate. PR 178 2 In quest'epoca di crisi Ezechia si rivelò l'uomo adatto. Appena salito al trono cominciò a realizzare il suo piano. Si preoccupò di ripristinare i servizi del tempio a lungo trascurati. Per realizzare quest'opera sollecitò con insistenza la collaborazione di un gruppo di sacerdoti e di leviti rimasti fedeli alla loro sacra vocazione. Sicuro del loro sincero appoggio parlò liberamente del suo desiderio di realizzare riforme immediate e radicali. Cfr. 2 Cronache 29:6, 10. PR 178 3 Con poche ma chiare parole il re riassunse la situazione: il tempio chiuso, la cessazione di tutti i suoi servizi, la flagrante idolatria praticata nelle vie della città e in tutto il regno, l'apostasia di molti sudditi che sarebbero rimasti fedeli a Dio se i responsabili di Giuda avessero dato il buon esempio, il declino del regno e la perdita di prestigio e di cotsi derazione da parte delle nazioni vicine. Il regno del nord si stava sgretolando rapidamente, i suoi abitanti venivano falciati dalla spada, molti erano già stati condotti in esilio e presto Israele sarebbe caduto nelle mani degli assiri e quindi totalmente distrutto. La stessa sorte sarebbe sicuramente toccata a Giuda, se Dio non avesse agito con forza e decisione tramite i suoi rappresentanti. PR 178 4 Ezechia invitò i sacerdoti a unirsi a lui nell'attuazione delle riforme necessarie: "...non trascurate i vostri doveri: il Signore ha scelto voi perché siate pronti al suo servizio nel culto e nell'offerta dell'incenso... Dovete prima purificare voi stessi e poi il tempio del Signore, Dio dei vostri padri". 2 Cronache 29:11, 5. PR 178 5 Era giunto il momento di agire con decisione. I sacerdoti si misero subito all'opera. Con la collaborazione dei loro colleghi, che non erano presenti all'incontro con il re, iniziarono con entusiasmo l'opera di purificazione e di santificazione del tempio. A causa dei lunghi anni di profanazione e di incuria vi furono molte difficoltà da affrontare, ma i sacerdoti e i leviti lavorarono instancabilmente e conclusero l'opera in poco tempo. Le porte del tempio furono riparate e aperte; i recipienti sacri raccolti e messi al loro posto; tutto fu pronto per la restaurazione dei servizi del santuario. PR 179 1 In occasione della celebrazione della prima funzione, i capi della città si unirono al re Ezechia e ai sacerdoti per implorare il perdono dei peccati della nazione. Sull'altare furono deposte le offerte per il peccato "...per fare l'espiazione dei peccati di tutto Israele". 2 Cronache 29:24; cfr. 2 Cronache 29:29, 36. PR 179 2 Dio aveva predisposto i cuori dei principali esponenti del governo di Giuda affinché suscitassero un deciso movimento di riforma spirituale e l'ondata dell'apostasia fosse arginata. Per mezzo dei suoi profeti l'Eterno aveva mandato molti messaggi al popolo per invitarlo a tornare a lui. Questi messaggi erano stati disprezzati e respinti dalle dieci tribù di Israele; ma in Giuda rimasero dei veri fedeli e i profeti continuarono a rivolgersi a loro. Cfr. Isaia 31:6; Michea 7:7-9. PR 179 3 Questi messaggi, e altri simili, rivelavano il desiderio di Dio di perdonare e accettare tutti coloro che si rivolgevano a lui sinceramente. Nei giorni più difficili, in cui le porte del tempio erano chiuse, questi messaggi riconfortavano i cuori abbattuti. Ora che i capi di Giuda stavano per intraprendere una riforma spirituale, una folla stanca della schiavitù del peccato gioiva di questi cambiamenti. PR 179 4 Coloro che entravano nei cortili del tempio per cercare il perdono e rinnovare la loro promessa di fedeltà all'Eterno ricevevano un meraviglioso incoraggiamento grazie ad alcuni scritti profetici. I solenni avvertimenti di Mosè contro l'idolatria, rivolti a tutto Israele, erano stati accompagnati da profezie incoraggianti. Esse sottolineavao la disponibilità di Dio ad ascoltare e perdonare coloro che, in tempi di apostasia, lo avessero cercato con tutto il cuore. Mosè aveva detto: "...nella sofferenza tornerte alla fine al Signore, vostro Dio, e gli darete ascolto, egli è un Dio pieno di misericordia, non vi abbandonerà e non vi distruggerà; egli non dimenticherà mai l'alleanza che ha fatto con i vostri padri". Deuteronomio 4:30, 31. PR 179 5 Nella preghiera profetica pronunciata da Salomone in occasione della consacrazione del tempio, di quel tempio i cui servizi erano stati ristabiliti grazie all'intervento di Ezechia e dei suoi collaboratori, il re aveva dichiarato: "Quando il tuo popolo verrà sconfitto dai nemici per aver peccato contro di te, se ritornerà a te e invocherà il tuo nome, se ti pregherà e ti supplicherà in questo tempio, tu o Signore ascolta dal cielo. Perdona il peccato di Israele...". 1 Re 8:33, 34. PR 179 6 Questa preghiera era stata approvata da Dio; infatti quando Salomone ebbe finito di pregare il fuoco discese dal cielo, consumò l'olocausto e i sacrifici e la gloria di Dio riempì il tempio. Il Signore apparve a Salomone durante la notte e lo assicurò che avrebbe esaudito la sua preghiera e si sarebbe mostrato misericordioso nei confronti di tutti coloro che fossero venuti ad adorarlo nella sua casa. Cfr. 2 Cronache 7:1. PR 180 1 Queste promesse si adempirono completamente quando Ezechia realizzò la sua riforma. L'iniziativa della purificazione del tempio fu seguita da un movimento di più ampia portata a cui parteciparono sia Israele sia Giuda. Desiderando che i servizi del tempio rappresentassero una reale benedizione per il popolo, Ezechia decise di ripristinare l'antica usanza di convocare tutti gli israeliti per la celebrazione della Pasqua. Da molti anni la Pasqua non era stata più celebrata come festa nazionale. La divisione del regno, dopo la morte di Salomone, ne aveva reso impossibilie la realizzazione. Però i terribili giudizi abbattutisi sulle dieci tribù avevano risvegliato nei cuori di alcuni un desiderio di intense esperienze spirituali e i vibranti messaggi dei profeti ebbero il loro effetto. PR 180 2 Tramite i corrieri del re fu diramato per tutto il regno l'invito a partecipare alla Pasqua. Esso echeggiò "Di città... in città nei territori delle tribù di Efraim e Manasse e fino... in quelli della tribù di Zabulon". I latori del cortese invito furono quasi sempre respinti. Molti con assoluta leggerezza non vi prestarono attenzione; ma "...alcune persone... riconobbero le loro colpe e decisero di venire a Gerusalemme". 2 Cronache 30:10, 11. PR 180 3 Nel paese di Giuda ci fu, quasi ovunque, una reazione positiva. "Nel territorio di Giuda, invece, Dio fece in modo che tutti fossero concordi nell'ubbidire all'ordine da lui suggerito al re e alle autorità". 2 Cronache 30:12. PR 180 4 Quest'occasione avrebbe permesso alla folla riunita a Gerusalemme di vivere esperienze positive. Dalle strade della città sparirono gli altari pagani eretti durante il regno di Acaz. Nel giorno stabilito fu celebrata la Pasqua e tutta la settimana fu dedicata dal popolo a presentare offerte di pace e a conoscere quel che Dio si aspettava da loro. PR 180 5 Ogni giorno i Leviti "...mostravano grande intelligenza al servizio dell'Eterno" e coloro che avevano cercato sinceramente il Signore provavano la pace del perdono. Il popolo in adorazione era pervaso da una profonda gioia; "...i leviti e i sacerdoti celebravano l'Eterno con gli strumenti consacrati ad accompagnare le sue lodi". 2 Cronache 30:22, 21 (Luzzi). Tutti si unirono a loro per lodare Dio che si era dimostrato così compassionevole e misericordioso. PR 180 6 I sette giorni abitualmente assegnati alla festa di Pasqua trascorsero anche troppo rapidamente, per cui gli adoratori decisero di trascorrere altri sette giorni per conoscere più a fondo, le vie del Signore. I sacerdoti continuarono a istruire il popolo con il libro della legge; la gente affluiva quotidianamente al tempio per lodare e ringraziare Dio. Al termine di questo incontro era chiaro che Dio aveva influito in modo meraviglioso sulla conversione di Giuda. L'ondata di apostasia che minacciava di travolgere tutto era stata arginata; i solenni avvertimenti dei profeti non erano stati inutili. "La gioia di Gerusalemme fu grandissima, perché un simile avvenimento non si era visto dai tempi del re Salomone figlio di Davide". 2 Cronache 30:25. PR 181 1 Era giunto il momento di ritornare alle loro case. "...i sacerdoti leviti benedissero il popolo. La loro voce salì fino al cielo e la loro preghiera raggiunse la santa dimora di Dio". 2 Cronache 30:26. Dio aveva accettato quelli che, pentiti, avevano confessato il loro peccato e avevano deciso di ritornare a lui. PR 181 2 Ora rimaneva un'opera importante da compiere a cui dovevano partecipare coloro che tornavano a casa. L'attuazione di quest'opera dimostrò quanto fosse sincera la riforma operata. Leggiamo in 2 Cronache 31:1: "Terminata la festa di Pasqua, gli Israeliti che vi avevano partecipato si sparsero nelle città delle tribù di Giuda, di Beniamino, di Efraim, di Manasse. Dappertutto andarono a distruggere ed eliminare pali e piastre sacre e ad abbattere sulle colline santuari e altari. Alla fine ogni Israelita tornò a casa nella sua città". PR 181 3 Ezechia e i suoi collaboratori realizzarono diverse riforme che miravano a proteggere gli interessi spirituali e temporali del regno. Cfr. 2 Cronache 31:20, 21; 2 Re 18:5-7. PR 181 4 Il regno di Ezechia fu caratterizzato da una serie di evidenti benedizioni che rivelarono alle nazioni circostanti che il Dio d'Israele era con il suo popolo. Quando gli assiri, all'inizio del regno di Ezechia, avevano conquistato Samaria e avevano disperso le dieci tribù fra le nazioni, molti dubitarono della potenza del Dio degli ebrei. Inebriati dai loro successi i niniviti avevano da tempo dimenticato il messaggio di Giona ed erano diventati arditi nell'opporsi ai progetti divini. Alcuni anni dopo la caduta di Samaria, i loro eserciti vittoriosi apparvero di nuovo in Palestina e questa volta si schierarono contro le città fortificate di Giuda, con un certo successo. Poi si ritirarono per difficoltà sorte in altre parti dell'impero. Fu solo alcuni anni dopo, verso la fine del regno di Ezechia, che fu dimostrato alle nazioni pagane che le loro divinità non avrebbero prevalso sul Dio d'Israele. ------------------------Capitolo 29: Gli ambasciatori di Babilonia PR 182 1 Dopo diversi anni da quando era salito al trono, il re Ezechia fu improvvisamente colpito da una grave malattia. Si trattava di una "malattia mortale" e nessuno poteva aiutarlo. L'ultimo bagliore di speranza parve del tutto spegnersi quando si presentò a lui il profeta Isaia con questo messaggio: "Comunica alla tua famiglia le tue ultime disposizioni, perché non hai più molto tempo da vivere". Isaia 38:1. PR 182 2 La situazione era dunque molto grave; ma il re si rivolse a colui che fino ad allora era stato il suo rifugio e la sua forza, un "aiuto infallibile in ogni avversità". Salmi 46:1. Ezechia si volse verso il muro e pregò dicendo: "Ti prego, Signore, ricordati che mi sono comportato lealmente davanti a te, senza falsità: ho sempre fatto quel che volevi. Poi scoppiò a piangere". 2 Re 20:2, 3. In realtà nessun re, dal tempo di Davide, aveva consolidato come Ezechia il regno di Dio in un tale contesto di apostasia e quando tutto sembrava perduto. Aveva seguito fedelmente la volontà del Signore e ridato al popolo la fiducia in colui che era il suo vero sovrano. Cfr. Salmi 88:2, 3; Salmi 71:5, 6, 9, 12, 18. PR 182 3 Dio, le cui "compassioni non sono esaurite" (Lamentazioni 3:22), ascoltò la preghiera del suo servitore. "Isaia non aveva ancora attraversato il cortile tra il palazzo reale e il tempio che il Signore gli ordinò: "Torna indietro e riferisci a Ezechia, capo del mio popolo, queste parole: Così dice il Signore, Dio del tuo antenato Davide: Ho udito la tua preghiera, ho visto le tue lacrime. Sappi che voglio guarirti; fra tre giorni potrai andare al tempio. Ti concederò altri quindici anni di vita, libererò te e questa città dal re d'Assiria e la proteggerò per amore di me stesso e del mio servo Davide"". 2 Re 20:4-6. PR 182 4 Il profeta tornò da Ezechia e gli comunicò queste parole di certezza e di speranza. Diede disposizioni perché sulla parte malata fosse messo un impiastro di fichi secchi e assicurò il re della misericordia e della protezione di Dio. Come Mosè nel paese di Madian, Gedeone alla presenza del messaggero celeste, Eliseo prima che Elia fosse accolto in cielo, anche Ezechia chiese un segno per essere certo che il messaggio ricevuto venisse proprio da Dio. Chiese a Isaia: "Quale segno mi assicura che il Signore mi fa guarire e che fra tre giorni potrò salire al tempio? Isaia rispose: Il Signore ti darà un segno per assicurarti che farà quel che ha promesso. Che cosa preferisci? Che l'ombra avanzi o retroceda di dieci passi? Ezechia rispose: È facile che l'ombra avanzi di dieci passi: è difficile farla tornare indietro di dieci passi". PR 183 1 Solo per diretto intervento di Dio l'ombra sul quadrante solare poteva tornare indietro di dieci gradini; da questo segno Ezechia avrebb capito che il Signore aveva ascoltato la sua preghiera. "Il profeta Isaia pregò il Signore, ed egli fece retrocedere di dieci passi l'ombra sulla "scala di Acaz"". 2 Re 20:8-11. PR 183 2 Completamente guarito il re di Giuda compose un inno di ringraziamento in onore del suo Dio e fece voto di dedicare il resto della vita al suo servizio. La gratitudine del re per l'attenzione di Dio nei suoi confronti è un esempio per tutti coloro che desiderano vivere alla gloria del loro Creatore. Cfr. Isaia 38:10-20. PR 183 3 Nelle fertili vallate del Tigri e dell'Eufrate viveva un'antica stirpe che, sebbene in quel tempo soggetta all'Assiria, era destinata a dominare il mondo. Fra i suoi sudditi vi erano dei "savi" che si dedicavano allo studio dell'astronomia. Quando essi notarono che l'ombra sul quadrante solare era indietreggiata di dieci gradini, si meravigliarono molto. Il loro re, Merodak-Baladan, venuto a conoscenza del fatto che questo miracolo era il segno per il re di Giuda che il Dio del cielo gli aveva concesso altri anni di vita, mandò degli ambasciatori da Ezechia per congratularsi con lui e conoscere, se possibile, qualcosa di più del Dio che era in grado di realizzare un miracolo così straordinario. In occasione della visita degli ambasciatori del sovrano di un paese così lontano Ezechia aveva l'opportunità di presentare il Dio del cielo. Quanto sarebbe stato facile per lui parlare di Dio, Creatore di tutti gli esseri viventi che era intervenuto per prolungare la sua vita quando ormai era svanita ogni speranza! Quali trasformazioni straordinarie si sarebbero potute verificare se questi uomini, venuti dalle pianure della Caldea alla ricerca della verità, fossero stati informati della suprema sovranità del Dio vivente! Ma l'orgoglio e la vanità s'impadronirono del cuore di Ezechia che, per esaltare se stesso, mostrò agli occhi avidi dei suoi ospiti i tesori con i quali Dio aveva arricchito il suo popolo. "Ezechia... mostrò loro i suoi depositi, l'oro, l'argento, i profumi, l'olio aromatico, il suo arsenale e tutti i tesori che aveva nei magazzini; fece vedere tutto quel che si trovava nel suo palazzo e nel suo regno, senza tralasciare nulla". Isaia 39:2. In questo modo non cercava di glorificare Dio, ma voleva innalzarsi agli occhi dei prìncipi stranieri. Egli non tenne conto che essi erano i rappresentanti di una nazione potente che non rispettava e amava il Signore ed era quindi imprudente far loro conoscere le ricchezze della sua nazione. PR 184 1 La visita di quegli ambasciatori avrebbe potuto essere per Ezechia l'occasione per dimostrare la sua gratitudine e la sua fede. La Bibbia dice: "...In quell'occasione Dio aveva lasciato che Ezechia agisse di sua iniziativa per verificare la sua fedeltà. 2 Cronache 32:31. PR 184 2 Se Ezechia avesse approfittato dell'opportunità che gli era stata offerta per rendere testimonianza della potenza, della bontà, della compassione del Dio d'Israele, il rapporto degli ambasciatori avrebbe trasmesso al re un messaggio straordinario. Egli, invece, esaltò se stesso al di sopra del Signore degli Eserciti. "Ma Ezechia non fu riconoscente al Signoie per il beneficio ricevuto. Si sentiva troppo sicuro di sé...". 2 Cronache 32:25. Le conseguenze furono disastrose! A Isaia fu rivelato che gli ambasciatori, al loro ritorno, avevano fornito un resoconto delle ricchezze che avevano visto e il re di Babilonia e i suoi consiglieri avevano progettato di arricchire il loro paese coi tesori di Gerusalemme. Ezechia aveva commesso un grave errore e "...attirò il castigo su di sé, su Gerusalemme e sul suo regno". 2 Cronache 32:25; cfr. Isaia 39:3-8. PR 184 3 "Ma poi, sia lui sia gli abitanti di Gerusalemme riconobbero il loro orgoglio e si umiliarono. Il Signore non mandò più castighi per il resto della vita di Ezechia". 2 Cronache 32:26. Ormai il seme era stato gettato e col tempo avrebbe prodotto desolazione e sventura. Durante gli ultimi anni del suo regno, il re di Giuda visse momenti di grande prosperità grazie alla sua decisione di riscattare il passato e di onorare il suo Dio. La sua fede era stata messa a dura prova e dovette imparare che solo fidandosi completamente di Dio poteva sperare di vincere le forze del male che stavano complottando per la sua rovina e per la completa distruzione del suo popolo. PR 184 4 L'errore di Ezechia, quando trascurò il proprio dovere in occasione della visita degli ambasciatori babilonesi, racchiude un'importante lezione per tutti noi. Dovremmo parlare, molto più di quanto facciamo, delle preziose benedizioni legate alla nostra esperienza religiosa: la bontà di Dio e il suo grande amore. Quando la mente e il cuore sono compenetrati dell'amore di Dio non sarà difficile comunicare agli altri la nostra esperienza spirituale. Grandi pensieri, nobili aspirazioni, chiare percezioni della verità, propositi altruistici, desiderio di devozione e di santità: tutto si esprimerà in termini che rivelano ciò che abbiamo nel cuore. PR 184 5 Coloro con i quali entriamo in contatto, giorno per giorno, hanno bisogno del nostro aiuto e dei nostri consigli. Essi possono trovarsi in una situazione tale che una parola detta al momento opportuno sarà come un chiodo piantato al posto giusto. Domani queste persone saranno forse là dove noi non potremo più raggiungerle. Quale sarà stato il nostro influsso su questi nostri compagni di viaggio? PR 185 1 Ogni giorno di vita implica un certo numero di responsabilità che dobbiamo affrontare. Le nostre parole e le nostre azioni esercitano un influsso sulle persone che incontriamo. Dobbiamo fare attenzione a quello che diciamo e alle scelte che facciamo. Un atteggiamento inconsulto, una decisione imprudente e una forte tentazione possono fuorviare chiunque. Non è facile eliminare quei pensieri che abbiamo inserito nella nostra mente. Quelli cattivi possono aver messo in moto una serie di circostanze, un'ondata di effetti negativi che difficilmente riusciremo a frenare. PR 185 2 Se invece, col nostro esempio, aiuteremo gli altri a sviluppare buoni princìpi, avremo offerto loro la possibilità di fare il bene. A loro volta, essi eserciteranno lo stesso benefico influsso su altri. In questo modo influiremo indirettamente su centinaia e migliaia di persone. Il vero credente contribuisce a rafforzare i buoni propositi di tutti quelli con cui viene in contatto. In un mondo incredulo e malvagio rivela la potenza della grazia di Dio e la perfezione del suo carattere. ------------------------Capitolo 30: La liberazione dell'Assiria PR 186 1 Quando gli eserciti assiri invasero il regno di Giuda, il paese era in grave pericolo. Gerusalemme sembrava votata alla distruzione totale. Allora Ezechia fece appello a tutte le sue forze per resistere con coraggio agli oppressori, certo che la potenza del Signore lo avrebbe liberato. Così esortò gli uomini di Giuda: "Siate coraggiosi e forti: non dovete avere nessuna paura del re d'Assiria e del suo grande esercito, perché con noi c'è uno più forte. Il re d'Assiria ha una grande forza terrena, ma con noi c'è il Signore, nostro Dio. Egli ci aiuterà e combatterà la nostra battaglia!" 2 Cronache 32:7, 8. PR 186 2 Ezechia aveva valide ragioni per parlare con tanta certezza. I gloriosi assiri, che Dio utilizzava momentaneamente come "verga per castigare" (Isaia 10:5), per punire le nazioni, non avrebbero sempre trionfato. Il messaggio del Signore, inviato alcuni anni prima tramite il profeta Isaia a coloro che abitavano in Sion, era questo: "Non temere gli Assiri, anche se ora ti opprimono crudelmente come un tempo fecero gli Egiziani. Soltanto un poco... Io il Signore dell'universo, li colpirò con la mia frusta come ho fatto con il popolo di Madian alla roccia di Oreb... Quel giorno ti libererò dal potere degli Assiri, il loro giogo non peserà più sulle tue spalle, e tu vivrai nell'abbondanza". Isaia 10:24-27. PR 186 3 In un altro messaggio profetico, pronunciato nell'anno della morte di Acaz, il profeta aveva dichiarato: "Il Signore dell'universo l'ha giurato: Quel che ho progettato accadrà. Farò quel che ormai ho deciso. Distruggerò gli Assiri nella mia terra d'Israele, e li calpesterò sulle mie montagne. Libererò il mio popolo dal potere degli Assiri e dalla loro oppressione. Questa decisione vale per tutto il mondo, il mio braccio è steso per punire le nazioni. Il Signore dell'universo non recede: ha steso il suo braccio per punire e nessuno potrà fermarlo". Isaia 14:24-27. PR 186 4 La potenza dell'oppressore doveva essere spezzata. Nei primi anni del suo regno, Ezechia aveva continuato a pagare un tributo all'Assiria, secondo l'accordo fatto da Acaz. Ma poi il re "Si consigliò con i suoi ministri e ufficiali... "e fece tutto ciò che era possibile per la difesa del suo regno. Aveva assicurato un abbondante rifornimento d'acqua entro le mura di Gerusalemme, mentre fuori dalla città l'acqua scarseggiava. PR 187 1 "Con grande decisione Ezechia fece riparare le mura dov'erano diroccate, fece sopraelevare le torri e costruire un secondo muro più esterno. Fortificò il terrapieno del Millo della Città di Davide e fece preparare lance e scudi in quantità". 2 Cronache 32:3, 5, 6. Non fu trascurato nessun preparativo in vista di un eventuale assedio. PR 187 2 Quando Ezechia salì sul trono di Giuda, gli assiri avevano già deportato un gran numero di israeliti del regno del nord. Pochi anni dopo la sua ascesa al trono, mentre stava rafforzando le difese di Gerusalemme, gli assiri assediarono e conquistarono Samaria e quindi dispersero le dieci tribù nelle varie province dell'impero. Le frontiere di Giuda erano distanti solo poche miglia e Gerusalemme si trovava a meno di settanta chilometri. Le ricchezze che si trovavano nel tempio potevano indurre il nemico a ritornare. PR 187 3 Ma il re di Giuda aveva deciso di fare la sua parte per prepararsi a resistere al nemico. Avendo fatto tutto quello che l'ingegno e l'energia umana potevano realizzare, riunì il suo esercito e lo incoraggiò. Il profeta Isaia aveva proclamato a Giuda: "...Dio, il santo d'Israele, è grande, egli vive in mezzo a noi!" Isaia 12:6. E il re affermava ora con fede incrollabile: "...con noi c'è il Signore nostro Dio. Egli ci aiuterà e combatterà la nostra battaglia...". 2 Cronache 32:8. Non c'è modo migliore per nutrire la fede che esercitarla. Il re di Giuda era pronto ad affrontare questo momento difficile. Persuaso che la profezia relativa agli assiri si sarebbe realizzata, aveva fiducia in Dio. "Queste parole di Ezechia, re di Giuda, diedero coraggio al popolo". 2 Cronache 32:8. Che importanza aveva se gli eserciti dell'Assiria, dopo le vittorie riportate sulle più grandi nazioni della terra e dopo aver trionfato su Samaria in Israele, volgevano ora le loro forze contro Giuda? Che importanza aveva se il loro re si vantava dicendo: "Come abbiamo distrutto Samaria e tutti i suoi idoli, faremo lo stesso a Gerusalemme e a tutte le statue adorate dai suoi abitanti". Isaia 10:11. Giuda non aveva nulla da temere poiché aveva posto la sua fiducia nell'Eterno. PR 187 4 Il pericolo da tempo previsto stava per concretizzarsi. Gli eserciti di Assiria, dopo tante vittorie, apparvero in Giudea. Certi dell'esito positivo della battaglia, i capi divisero le loro forze in due eserciti: uno doveva affrontare gli egiziani a sud mentre l'altro assediava Gerusalemme. Giuda poteva sperare solo nel suo Dio. Non era possibile contare sull'aiuto dell'Egitto e nessun'altra nazione si sarebbe esposta in favore di Ezechia. PR 187 5 Gli ufficiali assiri, sicuri della forza dei loro eserciti ben disciplinati, chiesero un incontro con i principali esponenti di Giuda, pretendendo la resa della città. Questa domanda fu accompagnata da offese blasfeme contro il Dio degli ebrei. Per la debolezza e l'apostasia di Israele e di Giuda, il nome di Dio non era più temuto fra le nazioni ed era diventato oggetto di continuo scherno. Cfr. Isaia 52:5; 2 Re 18:19, 20. PR 188 1 Gli ufficiali stavano parlando fuori dalle porte della città ma le sentinelle sulle mura li udivano parlare. Siccome gli inviati del re assiro facevano le loro proposte ad alta voce, i capi di Giuda li invitarono a parlare in lingua aramaica, anziché in ebraico, affinché il popolo non si rendesse conto degli sviluppi delle trattative. Ma Rabshaké (cfr. 2 Re 18:17 Luzzi), uno dei principali ufficiali di Sennacherib, respingendo questo suggerimento alzò ancora di più la voce e, continuando a parlare in lingua ebraica, disse: "Ascoltate il messaggio del gran re, il re d'Assiria: Attenti a non lasciarvi ingannare da Ezechia. Egli non è in grado di liberarvi dal mio assalto! E non lasciatevi convincere da lui a confidare nel Signore. Egli vi dirà che il Signore vi salverà e che questa città non cadrà nelle mani del re d'Assiria, ma voi non dategli retta. Ascoltate invece le parole del re d'Assiria: Arrendetevi al mio successo; così ognuno potrà mangiare la sua uva e i suoi fichi e bere l'acqua del suo pozzo, fino a quando non verrò a prendervi per portarvi in una terra simile alla vostra, una terra che produce frumento e mosto, che ha pane e vigne. Non date ascolto a Ezechia; egli vi inganna, dicendovi che il Signore vi libererà. Gli dèi degli altri popoli hanno forse liberato i loro territori dalla mano del re d'Assiria? Dove sono gli dèi di Camat e di Arpad? E quelli di Sefarvaim? Hanno forse liberato Samaria dalla mia mano? Nessun dio di nessuna nazione ha mai liberato il suo territorio dalla mia mano! Perché il Signore dovrebbe salvare Gerusalemme?" Isaia 36:13-20. PR 188 2 A questi insulti i rappresentanti di Giuda non risposero. Concluso l'incontro tornarono da Ezechia"... con i vestiti strappati per il dolore e gli riferirono le parole del luogotenente assiro". Isaia 36:22. Il re "si strappò anche lui le vesti, indossò un abito di sacco e si recò al tempio". 2 Re 19:1. PR 188 3 Un messaggero fu inviato da Isaia per informarlo dell'esito dell'incontro. "Oggi è per noi una giornata di grande dolore, di castigo e di vergogna" furono le parole rivoltegli dal re. "Siamo come donne pronte a partorire ma troppo deboli per farlo. Il re d'Assiria ha mandato qui il suo luogotenente a insultare il Dio vivente. Spero che il Signore abbia udito le sue parole e lo punisca. Tu, Isaia, prega il Signore per quelli che finora son scampati al re d'Assiria". 2 Re 19:3, 4. PR 188 4 "Il re Ezechia, insieme con il profeta Isaia, rivolse preghiere e invocazioni al cielo". 2 Cronache 32:20. PR 188 5 Dio rispose alle preghiere dei suoi servitori e a Isaia fu dato questo messaggio per Ezechia: "Non avere paura di quel che hai udito, degli insulti che mi hanno rivolto gli ufficiali del re d'Assiria. Farò in modo che il re d'Assiria riceva una notizia tale da costringerlo a tornare al suo paese: laggiù verrà ucciso". 2 Re 19:6, 7. PR 189 1 I rappresentanti assiri, dopo aver lasciato gli esponenti di Giuda, parlarono direttamente con il loro re che si trovava alla frontiera dell'Egitto con il resto del suo esercito. Dopo aver ascoltato il rapporto Sennacherib scrisse"... una lettera... che insultava il Signore Dio d'Israele. Essa diceva: "Nessun dio della terra ha mai salvato il suo popolo dal mio potere e neppure il dio d'Ezechia salverà il suo"". 2 Cronache 32:17. PR 189 2 L'insolente minaccia fu accompagnata dal messaggio: "Sta'attento che il Dio in cui confidi non ti inganni, quando dice che Gerusalemme non cadrà nelle mie mani. Tu hai sentito che cosa hanno fatto i re d'Assiria alle altre nazioni: sai che le hanno annientate! E tu dovresti salvarti? Quando i miei antenati hanno distrutto i popoli di Gozan, di Carran, di Rezef e di Eden in Telassar, i loro dèi non li hanno salvati...". 2 Re 19:10-13. PR 189 3 Quando il re di Giuda ricevette questa lettera così sarcastica e minacciosa, la portò nel tempio e "...srotolò la lettera davanti al Signore". 2 Re 19:14. Quindi pregò con fede per chiedere al Signore che le nazioni della terra riconoscessero che il Dio degli ebrei viveva e regnava. Era in gioco l'onore dell'Eterno; soltanto lui poteva liberarli. Cfr. 2 Re 19:15-19; Salmi 80. PR 189 4 La preghiera di Ezechia in favore di Giuda e della gloria del Sovrano supremo era gradita a Dio. In occasione della consacrazione del tempio, Salomone aveva supplicato il Signore perché proteggesse "...il re e il suo popolo, ogni giorno secondo le loro necessità. Così tutti i popoli della terra si accorgeranno che solo il Signore è Dio, lui e nessun altro". 1 Re 8:59, 60. PR 189 5 L'Eterno avrebbe aiutato il suo popolo se in tempo di guerra o di invasione nemica i capi di Israele si fosse recati nella sua casa e avessero invocato la liberazione. Cfr. 1 Re 8:33, 34. PR 189 6 Ezechia non fu lasciato senza speranza. Il profeta Isaia gli mandò a dire: "Ho udito la preghiera che mi hai rivolto a proposito di Sennacherib, re d'Assiria. Ed ecco la mia risposta contro di lui: Gerusalemme la fanciulla ti ha disprezzato, la città di Sion ti ha deriso, o Sennacherib! Ma sai tu chi hai insultato e ingiuriato? Contro chi hai alzato la voce? Verso chi sei stato insolente? Verso di me, il Santo d'Israele!" 2 Re 19:21, 22; cfr. 2 Re 19:23-28. PR 189 7 Il paese di Giuda era stato devastato e impoverito dall'esercito d'occupazione, ma il Signore aveva promesso di provvedere miracolosamente ai bisogni del popolo. A Ezechia giunse il messaggio: "Ecco un segno di quel che accadrà: quest'anno mangerete il grano cresciuto dalle spighe rimaste sul campo, l'anno prossimo il frutto dei semi caduti fuori del campo. Ma l'anno dopo seminate e mietete pure, piantate vigne e mangiate l'uva. I superstiti del regno di Giuda saranno di nuovo come piante con profonde radici e porteranno ancora frutto. Perché è certo che a Gerusalemme ci saranno superstiti e sul monte Sion sopravvissuti. L'amore ardente del Signore farà questo! Ecco quel che dice il Signore contro il re d'Assiria: Non entrerà mai in questa città, non vi lancerà contro una sola freccia, non l'attaccherà con soldati armati di scudi e contro di lei non alzerà terrapieni. Tornerà per la strada da dove è venuto, senza entrare in città. Io, il Signore, ho parlato! Difenderò Gerusalemme, io la salverò; lo farò per me e per Davide mio servo". 2 Re 19:29-34. PR 190 1 Quella stessa notte ci fu la liberazione. "Il Signore, allora, mandò un angelo; fece morire nell'accampamento assiro tutti i comandanti, gli ufficiali e i soldati più forti". 2 Cronache 32:21. "...Un angelo del Signore fece morire centottantacinquemila uomini dell'esercito assiro". 2 Re 19:35. La notizia di questo terribile disastro abbattutosi sull'esercito che doveva conquistare Gerusalemme, presto raggiunse Sennacherib che stava sorvegliando gli accessi alla Giudea dall'Egitto. Preso dal timore, il monarca assiro scappò in ritirata e ritornò in patria, pieno di vergogna. Ma non vi regnò ancora a lungo. Secondo la profezia che annunciava la sua improvvisa fine, fu ucciso dai figli e al suo posto regnò un altro figlio: Assarhaddon. Cfr. Isaia 37:38. PR 190 2 Il Dio degli ebrei aveva avuto il sopravvento sull'orgoglioso assiro, l'onore dell'Eterno era stato riscattato agli occhi delle nazioni circostanti. A Gerusalemme i cuori degli abitanti erano colmi di gioia: le loro fervide preghiere erano state accompagnate da molte lacrime e dalla confessione dei peccati. In questo momento di profonda angoscia si erano affidati interamente alla potenza di Dio per ottenere la salvezza ed egli non li aveva delusi. Ora i cortili del tempio echeggiavano di canti di lode e di ringraziamento. Cfr. Salmi 76. PR 190 3 L'ascesa e il crollo dell'impero assiro anche oggi sono ricchi di insegnamenti per le nazioni. Le Scritture hanno paragonato la gloria dell'Assiria, all'apice della sua prosperità, a un albero maestoso piantato nel giardino di Dio, che si innalza al di sopra degli alberi circostanti. Cfr. Ezechiele 31:3-9. PR 190 4 Ma i sovrani di Assiria, anziché utilizzare i loro straordinari privilegi al servizio dell'umanità, diventarono un flagello per molti paesi. Spietati, senza nessun riguardo per Dio e per i loro simili, perseguirono la politica di indurre tutte le nazioni a riconoscere la supremazia degli dei di Ninive, da loro esaltati al di sopra dell'Altissimo. Dio aveva inviato Giona con un messaggio di avvertimento e per un certo tempo essi si erano umiliati dinanzi all'Eterno degli eserciti e avevano chiesto il perdono; ma ben presto si erano nuovamente impegnanti nel culto degli idoli e nella conquista del mondo. PR 191 1 Il profeta Naum, rivolgendosi ai niniviti, esclamava: "Guai alla città sanguinaria, piena di menzogne, colma di rapine, sempre pronta a saccheggiare. Si sente già il sibilo della frusta, il fracasso delle ruote, il galoppo dei cavalli e il cigolio dei carri da guerra. I cavalieri incalzano, le spade scintillano, le lance sfavillano. Dovunque ci sono feriti, i morti si ammucchiano e non si possono contare. Si inciampa nei cadaveri... Il Signore dell'universo dice: Per questo io ti punisco...". Nahum 3:1, 3-5. PR 191 2 Con estrema attenzione, l'Essere infinito tiene conto di ciò che fanno gli uomini. Fino a quando la sua misericordia si esprime tramite appelli al pentimento rimangono aperte alcune vie d'uscita, ma quando il giudizio di Dio si deve adempiere si manifesta la collera divina. La pazienza di Dio si è esaurita, la sua misericordia non interviene più in favore di questi popoli. Cfr. Nahum 1:3-6. PR 191 3 Fu così che Ninive "...la città presuntuosa che si crede d'essere al sicuro e superiore a ogni altra" (Sofonia 2:15) diventò un luogo desolato, saccheggiato, devastato. Cfr. Nahum 2:11, 12. PR 191 4 Considerando il tempo in cui l'orgoglio dell'Assiria sarebbe stato umiliato, Sofonia profetizzò riguardo a Ninive: "Vi riposeranno le greggi e animali di ogni specie: il pellicano e il riccio abiteranno tra le colonne in rovina. Dalle finestre delle case devastate fin dalle fondamenta con le travi di cedro messe a nudo, si sentiranno stridere gli uccelli". Sofonia 2:14. PR 191 5 Se la gloria dell'impero assiro è stata grande, altrettanto è stata la sua caduta. Il profeta Ezechiele, ricordando il simbolo del nobile cedro del Libano, predisse in modo chiaro la caduta dell'Assiria a causa del suo orgoglio e della sua crudeltà: "Ma io, Dio, il Signore, affermo: Il cedro è cresciuto sempre più, la sua cima ha raggiunto le nubi e lui è diventato orgoglioso. Per questo io l'ho abbandonato e l'ho dato in mano al più potente re della terra che lo tratterà come merita la sua iniquità. Abbattuto da stranieri senza pietà, giace abbandonato sui monti. Le sue fronde e i suoi rami spezzati sono caduti lungo le valli e i corsi d'acqua della regione. La gente che viveva alla sua ombra è fuggita, l'ha lasciato solo. Gli uccelli si posano sul suo tronco sradicato, gli animali selvatici vagano fra i suoi rami. Tutto questo è accaduto perché più nessun albero, anche se ben irrigato, arrivi con la cima in mezzo alle nubi e diventi orgoglioso della propria altezza... Io, Dio, il Signore, dichiaro che quando il cedro è sceso nel mondo dei morti... ho imposto il lutto alla natura... Quando ho fatto cadere quel cedro... i popoli lo hanno sentito cadere e hanno tremato di paura...". Ezechiele 31:10-16. PR 192 1 L'orgoglio e la caduta dell'Assiria devono servire come esempio alle nazioni del tempo della fine. A quelle che con arroganza si schierano contro di lui, Dio dice: "Nessun albero dell'Eden era splendido e grande come te. Ma insieme a loro anche tu sarai gettato sotto terra, nel mondo dei morti...". Ezechiele 31:18. PR 192 2 "Il Signore è buono, è un rifugio sicuro nel giorno della sventura. Egli si prende cura di quelli che si rifugiano in lui quando stanno per essere travolti. Egli distrugge chi gli è ribelle e spinge i suoi nemici nelle tenebre della morte". Nahum 1:7, 8. PR 192 3 Questa è la sorte di tutto coloro che cercheranno di innalzarsi al di sopra dell'Altissimo. PR 192 4 "...L'orgogliosa Assiria sarà umiliata, e l'Egitto perderà il suo potere". Zaccaria 10:11. PR 192 5 Questo è vero non solo per le nazioni che si schierarono contro Dio anticamente ma anche per le nazioni che oggi non realizzano l'obiettivo divino. Nel giorno della giudizio finale, quando il giusto Giudice di tutta la terra "vaglierà le nazioni" (Isaia 30:28), tutti coloro che sono rimasti fedeli alla verità entreranno nella santa città e le volte celesti risuoneranno dei canti di trionfo dei redenti. Cfr. Isaia 30:29-32. ------------------------Capitolo 31: La speranza dei pagani PR 193 1 Nel corso del suo ministero profetico Isaia annunciò con chiarezza qual era il piano di Dio nei confronti dei pagani. Altri profeti avevano già rivelato il piano divino, ma il loro messaggio non sempre era stato compreso. A Isaia fu affidato l'incarico di spiegare a Giuda che anche coloro che non erano figli di Abramo secondo la carne facevano parte dell'Israele di Dio. Questo messaggio non era in armonia con l'insegnamento teologico di quell'epoca; ciononostante il profeta proclamò senza timore il messaggio affidatogli da Dio offrendo una speranza a tutti coloro che cercavano le benedizioni spirituali promesse ai discendenti di Abramo. PR 193 2 Nella sua lettera ai credenti di Roma l'apostolo dei Gentili richiama l'attenzione su questa caratteristica dell'insegnamento di Isaia. Egli dichiara: "...(Dio) giunge perfino a dichiarare nel libro di Isaia: 'Sono stato trovato da coloro che non mi cercavano, mi sono fatto conoscere da coloro che non chiedevano di me'". Romani 10:20. PR 193 3 Spesso gli israeliti sembravano incapaci o poco disposti a comprendere il piano divino per i pagani; eppure proprio questo progetto di Dio aveva fatto di loro un popolo particolare, una nazione indipendente dalle altre nazioni della terra. Abramo loro padre, a cui per primo fu presentata la promessa del patto, era stato chiamato ad abbandonare la sua famiglia e il suo paese per diffondere il messaggio di Dio fra i pagani. Nonostante avesse ricevuto la promessa di una discendenza numerosa come la sabbia del mare, non fu per un semplice obiettivo egoistico che diventò il fondatore di una grande nazione nel paese di Canaan. PR 193 4 Il patto stabilito dal Signore riguardava tutte le nazioni della terra. L'Eterno infatti dichiarò: "Farò di te un popolo numeroso, una grande nazione. Il tuo nome diventerà famoso. Ti benedirò. Sarai fonte di benedizione. Farò del bene a chi te ne farà. Maledirò chi ti farà del male. Per mezzo tuo io benedirò tutti i popoli della terra". Genesi 12:2, 3. PR 193 5 Quando rinnovò il patto, prima della nascita di Isacco, Dio rivelò ancora una volta, con chiarezza, il suo progetto per l'umanità. Il Signore, parlando del figlio della promessa, affermò che "...in lui saran benedette tutte le nazioni della terra". Genesi 18:18 (Luzzi). Successivamente l'angelo dell'Eterno dichiarò: "E per mezzo dei tuoi discendenti si diranno benedetti tutti i popoli della terra...". Genesi 22:18. PR 194 1 Tutte le clausole di questo patto erano note ai figli di Abramo e ai figli dei suoi figli. Gli israeliti furono liberati dalla schiavitù in Egitto perché diventassero una benedizione per le nazioni e il nome di Dio potesse essere conosciuto "su tutta la terra". Se avessero ubbidito alle indicazioni divine avrebbero superato in saggezza e in intelligenza tutti gli altri popoli; ma tale supremazia sarebbe stata raggiunta e mantenuta soltanto se si fosse adempiuto il disegno di Dio "per tutte le nazioni della terra". Esodo 9:16. PR 194 2 Grazie alle meravigliose benedizioni concesse agli israeliti in occasione della liberazione dall'Egitto e dell'ingresso nella terra promessa, molti pagani ebbero la possibilità di riconoscere il Dio d'Israele come supremo Sovrano. Cfr. Esodo 7:5. Perfino l'orgoglioso Faraone fu costretto a riconoscere la potenza dell'Eterno. Cfr. Esodo 12:31, 32. PR 194 3 Nell'avanzata verso Canaan, gli eserciti di Israele scoprirono che molti erano al corrente delle potenti opere del Dio degli ebrei e alcuni fra i pagani lo riconoscevano come il vero Dio. Ecco la testimonianza resa da una pagana che abitava nella corrotta città di Gerico: "...perché il Signore, vostro Dio, è Dio lassù in cielo e quaggiù sulla terra". Giosuè 2:11. La sua conoscenza dell'Eterno le garantiva la salvezza. "Per fede Raab, la prostituta, non morì con quelli che avevano disubbidito a Dio...". Ebrei 11:31. La sua conversione non fu un fatto isolato, era il frutto della grazia di Dio in favore dei pagani che avevano riconosciuto l'autorità divina del Salvatore. Un popolo idolatra che abitava all'interno del paese -- quello dei gabaoniti -- rinunciò ai suoi idoli e si unì a Israele condividendo le benedizioni del patto. PR 194 4 Dio non fa alcuna distinzione di classe, razza o nazionalità. Egli è il creatore di tutti gli uomini. Tutti appartengono a una stessa famiglia per creazione e tutti sono "uno" tramite la redenzione. PR 194 5 Il Cristo è venuto ad abolire tutti i muri di separazione, ad aprire i cortili del tempio affinché tutti possano accedere liberamente a Dio. Il suo amore è così grande, così profondo, così completo che penetra ovunque. Egli sottrae all'influsso di Satana tutti coloro che sono stati ingannati e li avvicina al trono di Dio, un trono circondato dall'arcobaleno della promessa. In Cristo "non c'è più né giudeo, né greco, né schiavo, né libero". PR 194 6 Negli anni che seguirono l'occupazione della terra promessa il meraviglioso progetto di Dio per la salvezza dei pagani fu quasi totalmente ignorato e quindi fu necessario che l'Eterno esponesse di nuovo il suo piano. Il salmista fu ispirato a cantare: "Lo ricordino le nazioni della terra, si convertano tutte al Signore, davanti a lui pieghino il ginocchio tutte le famiglie dei popoli". Salmi 22:28; cfr. Salmi 68:32; Salmi 102:16, 19-23. PR 195 1 Se Israele fosse rimasto fedele al suo impegno, tutte le nazioni della terra avrebbero condiviso le benedizioni di cui godeva. In realtà, pur avendo ricevuto la conoscenza della verità, rimase insensibile alle esigenze dei popoli vicini. Avendo perso di vista il piano di Dio, i pagani non furono considerati degni di beneficiare della sua misericordia. La luce della verità svanì lasciando spazio alle tenebre. Le nazioni rimasero avvolte da un "velo" di ignoranza: pochi compresero l'amore di Dio mentre l'errore e la superstizione si diffusero ovunque. PR 195 2 Questo era il quadro della situazione quando il profeta Isaia ricevette l'appello da Dio. Non era scoraggiato perché aveva sentito cantare il coro dei serafini che circondavano il trono di Dio: "...La sua presenza gloriosa riempie il mondo". Isaia 6:3. La sua fede era rafforzata dalle visioni delle grandi conquiste della chiesa di Dio: "...Come l'acqua riempie il mare, così la conoscenza del Signore riempirà tutta la terra". Isaia 11:9. "...il velo che copriva tutti i popoli" (Isaia 25:7) doveva finalmente sparire e lo Spirito di Dio diffondersi su ogni creatura. Coloro che avevano sete e fame di giustizia avrebbero fatto parte dell'Israele spirituale. Cfr. Isaia 44:4, 5. PR 195 3 Dio rivelò al profeta la sua intenzione di disperdere gli abitanti dell'ostinata nazione di Giuda fra le altre nazioni della terra. Il Signore infatti dichiarò: "Presto il mio popolo saprà che io sono il Signore e che io stesso avevo detto: Eccomi!" Isaia 52:6. Questo popolo non soltanto doveva imparare la lezione dell'ubbidienza e della fiducia, ma trasmettere ad altri, nei paesi in cui sarebbe andato in esilio, la conoscenza del Dio vivente. Molti stranieri avrebbero imparato ad amarlo come loro Creatore e Redentore. Avrebbero iniziato a osservare il sabato come memoriale della sua potenza creatrice. "Il Signore ha mostrato la sua divina potenza, davanti a tutti i popoli. Anche i popoli più lontani vedranno come il Signore ci ha salvati". Isaia 52:10. Molti di questi convertiti avrebbero desiderato unirsi agli israeliti e accompagnarli nel loro ritorno in Giudea. Nessuno doveva dire: "Il Signore mi esclude dal suo popolo" (Isaia 56:3) perché Dio, tramite il suo profeta, aveva assicurato che coloro che osservavano la sua legge sarebbero stati considerati membri dell'Israele spirituale: la sua chiesa sulla terra. "Agli stranieri che mi hanno accettato per onorarmi, amarmi e servirmi io annunzio: "Se gli stranieri rispettano il sabato e rimangono fedeli alla mia alleanza, io li porterò sul mio monte santo e li riempirò di gioia nella mia casa di preghiera... La mia casa si chiamerà 'Casa di preghiera' per tutti i popoli"". Isaia 56:6-8. PR 195 4 Al profeta fu concesso, in visione, di addentrarsi nelle varie fasi della storia fino alla venuta del Messia promesso. In un primo momento notò solo "angoscia, terrore e oscurità terrificante". Isaia 8:22. Molti di quelli che erano alla ricerca della verità, sviati da falsi maestri, erravano nei labirinti della filosofia e dello spiritismo. Altri si limitavano a professare un semplice formalismo senza manifestare una religiosità autentica nel loro abituale stile di vita. La situazione appariva senza speranza. Presto però la scena cambiò e dinanzi agli occhi del profeta apparve una stupenda visione. Egli vide il Sole di giustizia levarsi e "la guarigione era sotto le sue ali" e con entusiasmo esclamò: "Però non ci saranno sempre tenebre sulla terra che ora è afflitta. Il territorio delle tribù di Zabulon e di Neftali nel passato è stato umiliato dal Signore, ma il futuro sarà glorioso per la strada che va dal Mediterraneo al Giordano, cioè la Galilea, dove vivono gli stranieri. Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. Ora essa ha illuminato il popolo che viveva nell'oscurità". Isaia 8:23; Isaia 9:1. PR 196 1 Colui che è la Luce del mondo ha offerto la salvezza a ogni nazione, tribù, lingua e popolo. Riferendosi all'opera di Cristo il profeta udì l'Eterno dichiarare: "Tu sei mio servo, non soltanto per radunare le tribù di Giacobbe, per ricondurre a me i superstiti d'Israele. Faccio di te anche la luce delle nazioni per portare la mia salvezza in tutto il mondo... Nel momento della misericordia ti ho ascoltato... Ti ho formato e protetto, perché per mezzo tuo voglio fare un'alleanza con tutti i popoli. Ti farò conquistare e abitare la tua terra ora desolata. Ai prigionieri dirai: Uscite! A coloro che vivono nell'oscurità: Venite alla luce del sole! Ecco il mio popolo che arriva! Viene da lontano, alcuni vengono dal nord, altri da occidente, altri dal sud dell'Egitto". Isaia 49:6, 8, 9, 12. PR 196 2 Continuando a guardare il susseguirsi delle epoche storiche il profeta contemplò l'adempimento letterale di queste meravigliose promesse. Vide i messaggeri della Buona Novella della salvezza andare fino alle estremità della terra rivolgendosi a ogni tribù e popolo. Udì il Signore dichiarare a proposito della sua chiesa: "Dirigerò verso Gerusalemme un fiume di prosperità, la ricchezza delle nazioni come un torrente in piena". Isaia 66:12. Udì anche quale sarebbe stata la sua missione: "Allarga la tua tenda, stendi al massimo i tuoi teli, allunga le funi e rinforza i paletti, perché ti ingrandirai in ogni direzione. I tuoi figli riempiranno i territori vicini...". Isaia 54:2, 3. PR 196 3 Dio dichiarò a Isaia che avrebbe inviato i suoi messaggeri. Cfr. Isaia 66:19; Isaia 52:7. PR 196 4 Il profeta sentì la voce di Dio incoraggiare la sua chiesa ad adempiere l'opera che le era stata affidata affinché fosse pronta per il suo ritorno. Cfr. Isaia 60:1-4, 10, 11; Isaia 45:22. PR 196 5 Queste profezie annunciano un grande risveglio in un'epoca di fitte tenebre spirituali e trovano oggi il loro adempimento nelle missioni che si estendono fin nelle regioni più remote della terra. I missionari sono paragonati dal profeta a bandiere che sventolano come punto di riferimento per coloro che cercano la verità. PR 197 1 Il giorno della liberazione è vicino. "Il Signore, infatti, osserva tutto quel che accade nel mondo e sostiene quelli che gli rimangono fedeli con tutto il cuore". 2 Cronache 16:9. In tutte le nazioni egli vede uomini e donne che pregano per ricevere il messaggio della verità. Sentono un vuoto dentro di loro perché per troppo tempo si sono nutriti di "cenere". Cfr. Isaia 44:20. Il nemico della giustizia li ha sviati e ora brancolano come ciechi, ma aspirano sinceramente a una vita migliore. Vittime degli errori del paganesimo, privi della conoscenza della legge scritta di Dio e di suo Figlio Gesù, questi uomini hanno dimostrato in vari modi gli effetti dell'azione divina sulla mente e sul carattere. PR 197 2 A volte coloro che conoscono Dio, soltanto tramite la manifestazione della sua grazia, sono stati generosi nei confronti dei suoi messaggeri proteggendoli a rischio della loro stessa vita. Lo Spirito Santo trasmette la grazia di Cristo a coloro che cercano la verità risvegliando in loro quei sentimenti che contrastano con il temperamento naturale e con l'educazione ricevuta. Cfr. Giovanni 1:9; Michea 7:8, 9. PR 197 3 Il piano della salvezza ha una portata così vasta che abbraccia il mondo intero. Dio desidera infondere nell'umanità un nuovo soffio di vita. Egli non permetterà che una sola persona sincera rimanga delusa nel suo desiderio di scoprire qualcosa di migliore di ciò che il mondo offre. Egli invia costantemente i suoi angeli a soccorrere coloro che, anche nelle circostanze più sfavorevoli, pregano con fede perché una potenza superiore offra loro pace e liberazione. Dio si rivelerà in vari modi e permetterà loro di affermare la loro fede in colui che ha dato la sua vita come "prezzo di riscatto" per tutti, di non dimenticare le sue opere e di osservare i suoi comandamenti. Salmi 78:7; cfr. Isaia 49:24, 25; Isaia 42:17; Salmi 146:5; Zaccaria 9:12; Salmi 112:4; Isaia 42:16. ------------------------Capitolo 32: Manasse e Giosia PR 198 1 Il regno di Giuda, prospero all'epoca di Ezechia, fu nuovamente indebolito dall'apostasia nel periodo in cui regnò il malvagio Manasse, quando il paganesimo risorse e la maggior parte della popolazione ricadde nell'idolatria. "Manasse... spinse gli abitanti di Gerusalemme e del regno di Giuda a comportarsi ancora peggio delle popolazioni che il Signore aveva distrutto per far posto agli Israeliti". 2 Cronache 33:9. PR 198 2 La superstizione e la corruzione offuscarono la potenza di quella grande luce ricevuta dalle generazioni precedenti. Il peccato regnava ovunque e trionfavano la tirannia, l'oppressione e l'odio nei confronti del bene. La giustizia era falsata, la violenza dominava. PR 198 3 Tuttavia anche in quel periodo ci furono alcuni testimoni fedeli a Dio e alla giustizia. Le dolorose esperienze che Giuda aveva affrontato durante il regno di Ezechia avevano sviluppato in molti quella fermezza di carattere che ora serviva loro da baluardo contro la corruzione dilagante. La loro testimonianza in favore della verità e della giustizia provocò l'ira di Manasse e dei suoi ministri, i quali cercarono di mettere a tacere ogni voce di disapprovazione. "Manasse versò tanto sangue innocente da ricmpire Gerusalemme da un capo all'altro...". 2 Re 21:16. PR 198 4 Uno dei primi a cadere fu Isaia; per oltre mezzo secolo, era stato per Giuda il messaggero designato dall'Eterno. Cfr. Ebrei 11:36-38. PR 198 5 Fra coloro che subirono la persecuzione di Manasse, alcuni erano stati incaricati dal Signore di pronunciare parole di rimprovero e condanna. Il re di Giuda, dichiaravano i profeti, ha "...seguito pratiche vergognose e si è comportato ancora peggio degli Amorrei prima di lui". I suoi peccati avevano provocato una forte crisi nel regno. Ben presto gli abitanti sarebbero stati deportati a Babilonia. 2 Re 21:11, 14. Ma Dio non avrebbe abbandonato coloro che, in terra straniera, lo avrebbero riconosciuto come loro Signore. Avrebbero affrontato grandi sofferenze, ma il Signore li avrebbe liberati nel momento e nel modo opportuni. Affidandosi a lui avrebbero trovato un rifugio sicuro. PR 198 6 I profeti continuarono fedelmente a trasmettere i loro avvertimenti e le loro esortazioni; si rivolsero con coraggio a Manasse e al suo popolo che si beffarono dei loro messaggi e il regno di Giuda apostata non vi prestò alcuna attenzione. Per far sapere al popolo ciò che gli sarebbe accaduto se non si fosse pentito, il Signore permise che Manasse venisse catturato da un gruppo di soldati assiri, i quali "...lo legarono con catene e lo portarono a Babilonia", loro capitale provvisoria. Questa esperienza fece rinsavire il re che "...riconobbe le sue colpe davanti al Dio dei suoi padri e pregò il Signore di avere pietà di lui. Dio accolse la sua preghiera ed ebbe pietà di lui. Lo fece ritornare sul trono a Gerusalemme e, da allora, Manasse riconobbe che il Signore è il vero Dio". 2 Re 21:12, 13. Questo pentimento però, anche se importante, si manifestò troppo tardi per sottrarre il regno all'influsso negativo dei lunghi anni di apostasia. Molti erano caduti per non rialzarsi mai più. PR 199 1 Fra coloro che rimasero profondamente colpiti dalle conseguenze dell'apostasia di Manasse vi era suo figlio che salì al trono all'età di ventidue anni. Del re Amon è scritto: "Seguì in tutto il comportamento di suo padre. Adorò gli stessi idoli di suo padre e si inchinò davanti a loro. Trascurò il Signore, Dio dei suoi padri e non si comportò come egli desiderava". 2 Re 21:21, 22. "A differenza di Manasse, egli non riconobbe mai le sue colpe davanti al Signore, anzi le aumentò sempre più". A questo re malvagio non fu permesso di regnare a lungo. Solo due anni dopo la sua ascesa al trono, fu ucciso nel palazzo reale dai suoi stessi servitori e "il popolo del paese... proclamò re suo figlio Giosia". 2 Cronache 33:23, 25. PR 199 2 Con Giosia, che regnò trentun'anni, tutti coloro che avevano preservato integra la loro fede sperarono che il processo di decadenza del regno si sarebbe arrestato perché il nuovo re, sebbene avesse solo otto anni, temeva Dio e fin dall'inizio "...fece la volontà del Signore e seguì l'esempio del suo antenato Davide, senza mai prendere una strada diversa". 2 Re 22:2. Figlio di un re apostata, nonostante la tentazione di seguire le orme paterne e l'incoraggiamento di pochi consiglieri, Giosia rimase fedele al Dio d'Israele. Evitando gli errori delle generazioni precedenti, scelse di agire rettamente anziché abbandonarsi al peccato e alla degradazione come avevano fatto suo padre e suo nonno. Egli "non prese mai una strada diversa". Chiamato a occupare una posizione di grande responsabilità, decise di ubbidire alle indicazioni che erano state date ai sovrani d'Israele per guidare il popolo. Grazie alla sua ubbidienza il Signore poté utilizzarlo "come un vaso al suo onore". PR 199 3 Quando Giosia cominciò a regnare, i fedeli in Giuda si chiedevano se le promesse di Dio fatte a Israele si sarebbero mai realizzate. Umanamente parlando il disegno di Dio per la nazione eletta sembrava una vera utopia. L'apostasia si era accentuata nel corso dei secoli, dieci tribù d'Israele erano state disperse fra i pagani. I profeti avevano cominciato a predire la totale distruzione della ricca città in cui sorgeva il tempio di Salomone e su cui si fondavano tutte le speranze terrene relative alla grandezza d'Israele. Dio stava forse per rinunciare a liberare coloro che riponevano la propria fiducia in lui? Considerando la costante persecuzione dei giusti e l'apparente prosperità degli empi, coloro che erano rimasti fedeli al vero Dio potevano sperare in giorni migliori? PR 200 1 Questi angosciosi interrogativi furono posti dal profeta Abacuc. Valutando la situazione dei fedeli del suo tempo diede libero sfogo alla sua sofferenza con queste parole: "Fino a quando, Signore, dovrò chiederti aiuto senza che tu mi ascolti, denunziare la violenza senza che tu venga in aiuto? Perché mi fai vedere l'ingiustizia? Come puoi restare spettatore dell'oppressione? Davanti a me ci sono soltanto distruzione e violenza, dovunque processi e contese. Le leggi non sono più rispettate, la giustizia non è ben applicata. Il malvagio raggira il giusto e i giudizi sono falsati". Abacuc 1:2-4. PR 200 2 Dio rispose al grido dei suoi figli fedeli. Tramite il suo portavoce rivelò loro la sua decisione di punire la nazione che lo aveva abbandonato per adorare altri dei. Alcuni di coloro che si chiedevano con ansia come sarebbe stato il futuro avrebbero visto Dio dirigere miracolosamente gli eventi della storia dando il potere ai babilonesi. Questi caldei "terribili, formidabili" avrebbero invaso improvvisamente il territorio di Giuda come una punizione di Dio. I prìncipi di Giuda e i maggiori esponenti del popolo sarebbero stati deportati a Babilonia. Le città e i villaggi della Giudea e i terreni coltivati sarebbero stati lasciati deserti e nulla sarebbe stato risparmiato. PR 200 3 Convinto che anche tramite questo terribile giudizio il piano di Dio per il suo popolo si sarebbe in qualche modo realizzato, Abacuc si sottomise alla volontà di Dio: "Signore, tu sei da sempre il mio Dio: il Dio santo e immortale". Abacuc 1:12. Quindi, superando le oscure prospettive dell'immediato futuro e contando sulle preziose promesse che rivelano l'amore di Dio per tutti i suoi figli che confidano in lui, il profeta aggiunse: "Noi non morremo". Con questa dichiarazione, frutto della fede, egli mise la sua sorte e quella di tutti i credenti d'Israele nelle mani di un Dio misericordioso. Ma non fu questa l'unica esperienza di fede di Abacuc. Una volta, mentre meditava sul futuro, disse: "Mi metterò di sentinella, in piedi sulla mia torre, starò a spiare per vedere quel che Dio dirà, e come risponderà ai miei lamenti". Il Signore gli rispose: "Scrivi quel che ti rivelo, incidilo bene su tavolette, a chiare lettere, perché si leggano facilmente. Non è ancora giunto il momento che questa visione si avveri, ma alla fine tutto si realizzerà come previsto. Attendila con fiducia e pazienza. Arriverà sicuramente e non tarderà... L'uomo infedele a Dio morirà ma il giusto vivrà per la sua fedeltà". Abacuc 2:14. PR 201 1 La fede che sosteneva Abacuc e tutti i giusti, in quell'epoca di profonda angoscia, è la stessa fede che sostiene oggi il popolo di Dio. Nei momenti più difficili, nelle circostanze più scoraggiati, il cristiano può contare su colui che è la fonte di ogni luce e di ogni potenza. Mediante la fede in Dio, la speranza e il coraggio possono essere rinnovati giorno dopo giorno. "Il giusto vivrà per la sua fede": al servizio di Dio non c'è posto né per lo scoraggiamento, né per l'incertezza, né per il timore. Il Signore agirà al di là delle aspettative di coloro che ripongono la propria fiducia in lui. Egli accorderà loro la saggezza necessaria ad affrontare le varie difficoltà. PR 201 2 L'apostolo Paolo ci offre una chiara testimonianza delle ricche benedizioni che ricevono coloro che affrontano le tentazioni. È a lui che fu detto: "Ti basta la mia grazia. La mia potenza si manifesta in tutta la sua forza proprio quando uno è debole". Accettando la sua debolezza il servitore di Dio rispose con gratitudine e fiducia: "È per questo che io mi vanto volentieri della mia debolezza, perché la potenza di Cristo agisca in me. Perciò io mi rallegro della debolezza, degli insulti, delle difficoltà, delle persecuzioni e delle angosce che io sopporto a causa di Cristo, perché quando sono debole, allora sono veramente forte". 2 Corinzi 12:9, 10. PR 201 3 Dobbiamo apprezzare e sviluppare quella fede manifestata dai profeti e dagli apostoli, quella fede che si appropria delle promesse divine e aspetta la liberazione nel momento e nel modo scelti da Dio stesso. Le profezie si adempiranno in occasione del glorioso ritorno del nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo, come Re dei re e Signore dei signori. L'attesa può sembrare interminabile, lo spirito può essere oppresso dalle difficoltà; coloro nei quali avevamo riposto la nostra fiducia possono tradirci ma, insieme al profeta che si sforzò di riaccendere la speranza di Giuda nei momenti più oscuri dell'apostasia, dobbiamo affermare: "Il Signore risiede nel suo santo tempio. Si faccia silenzio davanti a lui su tutta la terra". Abacuc 2:20. PR 201 4 Abbiamo costantemente presente nella mente il pensiero di questo messaggio incoraggiante: "Non è ancora giunto il momento che questa visione si avveri, ma alla fine tutto si realizzerà, come previsto. Attendila con fiducia e pazienza... il giusto vivrà per la sua fedeltà". Abacuc 2:3, 4; cfr. Abacuc 3:2-6, 13, 17-19. PR 201 5 Abacuc non fu il solo a trasmettere un messaggio di speranza e di trionfo futuro, come pure di immediato castigo. Durante il regno di Giosia il Signore si rivolse a Sofonia per chiarire quali sarebbero stati i risultati della persistente apostasia e per richiamare l'attenzione della vera chiesa di Dio sulla gloriosa prospettiva futura. Le sue profezie, relative all'imminente giudizio su Giuda, si applicano con la stessa intensità ai giudizi che si abbatteranno sull'umanità impenitente al tempo del secondo avvento di Cristo: PR 202 1 "Il gran giorno della collera del Signore sta per arrivare, è vicino, è imminente. Ascoltate il fragore del giorno del Signore: anche l'uomo forte griderà di paura. Sarà un giorno di collera, un giorno di grande angoscia, un giorno di completa distruzione, un giorno di tenebre, di buio, un giorno nero e nuvoloso. In quel giorno suonerà la tromba, si sentiranno grida di guerra contro le città fortificate e le loro torri". Sofonia 1:14-16; cfr. Sofonia 1:17, 18; Sofonia 2:1-3; Sofonia 3:19, 20; Sofonia 3:14-17. ------------------------Capitolo 33: Il libro della legge PR 203 1 Il silenzioso ma profondo influsso dei messaggi profetici riguardanti la deportazione babilonese contribuì ad avviare il processo di riforma che venne realizzato nel diciottesimo anno del regno di Giosia. Questa riforma, grazie alla quale i giudizi annunciati furono rinviati, avvenne in modo del tutto inatteso in seguito alla scoperta e allo studio di una parte degli scritti sacri che stranamente erano stati smarriti. PR 203 2 Quasi un secolo prima, in occasione della prima Pasqua celebrata da Ezechia, egli aveva deciso di organizzare per il popolo una lettura quotidiana e pubblica della legge. Questa lettura era stata affidata ai sacerdoti incaricati dell'insegnamento. Erano state proprio queste norme trasmesse tramite Mosè nel libro della legge, che rappresentavano una parte del Deuteronomio, che avevano permesso al regno di Ezechia di prosperare. Manasse aveva rifiutato di osservarle e durante il suo regno il libro della legge che apparteneva al tempio andò perso per incuria e negligenza. Per molti anni il popolo non poté più usufruire di questo insegnamento. PR 203 3 Il manoscritto fu rinvenuto nel tempio dal sommo sacerdote Chelkia mentre era in corso una ristrutturazione, secondo il piano di Giosia, per l'ampliamento e la manutenzione degli edifici sacri. Il sommo sacerdote consegnò il prezioso volume a Safan, dotto scriba, che dopo averlo letto lo diede al re e gli raccontò anche le circostanze della scoperta. Giosia rimase profondamente scosso quando, per la prima volta, udì la lettura delle esortazioni e degli avvertimenti contenuti in questo antico manoscritto. In nessun'altra circostanza si era reso conto della chiarezza con la quale Dio aveva indicato al popolo "la vita e la morte, la benedizione e la maledizione" e quante volte gli israeliti erano stati invitati a scegliere la via della vita per essere un motivo di lode sulla terra e una benedizione per tutte le nazioni. Cfr. Deuteronomio 31:6. Il libro esprimeva le promesse del Signore relative al suo desiderio di salvare tutti coloro che si sarebbero affidati a lui. Così come aveva liberato gli israeliti dalla schiavitù in Egitto, avrebbe agito con potenza per introdurli nella terra promessa e destinarli a essere guida delle nazioni. Le promesse, offerte come premio dell'ubbidienza, erano accompagnate dai giudizi nei confronti dei trasgressori. Ascoltando le parole ispirate il re si rese conto che si trattava dello stato reale del suo regno. Le dichiarazioni profetiche relative all'infedeltà nei confronti di Dio allarmarono il re perché il linguaggio era preciso: il giorno del giudizio era vicino e non c'era scampo. Non ci si poteva sbagliare, il significato delle parole era chiaro. Alla fine del libro, nel riepilogo relativo ai rapporti di Dio con Israele e nel racconto degli avvenimenti futuri, queste parole erano ancora più esplicite. Cfr. Deuteronomio 32:14; Deuteronomio 32:7-10, 15-21, 23, 24, 28-31, 34, 35. PR 204 1 Esse rivelarono a Giosia l'amore di Dio nei confronti del suo popolo e la sua avversione per il peccato. Quando il re lesse le profezie relative al giudizio di coloro che avrebbero perseverato nell'apostasia, tremò per il futuro che li attendeva. Giuda aveva superato tutti i limiti della depravazione: quale sarebbe stato l'esito della loro persistente apostasia? PR 204 2 Nel corso degli anni precedenti, il re non era rimasto indifferente all'idolatria ormai diffusa ovunque. "Nell'ottavo anno del suo regno, mentre era ancora giovanissimo, cominciò a seguire in tutto la volontà di Dio. Quattro anni dopo, all'età di vent'anni, aveva compiuto un serio sforzo per evitare la tentazione dei suoi sudditi, cominciò a ripulire Gerusalemme e il territorio di Giuda dai santuari sulle colline, dai pali sacri, dalle statue e dalle sculture degli idoli. Per suo ordine furono demoliti gli altari in onore degli dei chiamati Baal insieme con gli altarini per l'incenso che vi stavano sopra; furono abbattuti i pali sacri e fatte a pezzi le statue e le sculture. Tutto ciò fu ridotto in polvere e la polvere sparsa sulle tombe di quelli che avevano offerto sacrifici a quegli idoli. Fece infine bruciare le ossa dei sacerdoti sugli altari degli idoli sui quali essi avevano sacrificato. Così purificò Gerusalemme e il territorio di Giuda". 2 Cronache 34:3-5. PR 204 3 Non contento della purificazione totale del regno di Giuda, il giovane sovrano estese i suoi interventi ai pochi superstiti rimasti in quelle regioni della Palestina, un tempo occupate dalle dieci tribù: "In seguito Giosia si occupò delle località delle tribù di Manasse, Efraim, Simeone e perfino di Neftali al nord". Egli ritornò a Gerusalemme solo dopo aver percorso in lungo e in largo queste regioni devastate; egli "...distrusse gli altari, ridusse in polvere pali sacri e statue e demolì gli altarini per l'incenso in tutto il territorio d'Israele". 2 Cronache 15:6, 7. PR 204 4 In questo modo Giosia, ormai adulto, cercò di utilizzare il suo potere regale per esaltare i princìpi della santa legge di Dio. E mentre Safan, lo scriba, gli leggeva il libro della legge, scopriva in quel volume un vero tesoro di conoscenza, un potente alleato nell'opera di riforma che desiderava realizzare nel paese. Decise perciò di seguire i suoi consigli, di fare il possibile per fare conoscere al popolo gli insegnamenti di quel libro e indurlo a provare rispetto e amore per la legge di Dio. PR 205 1 Come realizzare questa riforma? Israele aveva quasi superato i limiti della pazienza divina e presto Dio sarebbe intervenuto per punire coloro che avevano disonorato il suo nome. In preda alla tristezza e allo sgomento, Giosia si stracciò le vesti e si prostrò davanti a Dio per implorare il perdono dei peccati della nazione impenitente. PR 205 2 In quell'epoca a Gerusalemme, vicino al tempio, viveva la profetessa Hulda; ossessionato da oscuri presentimenti, Giosia decise di andarla a trovare per chiedere al Signore, tramite la sua messaggera, se fosse possibile salvare Giuda che correva verso l'annientamento. PR 205 3 La gravità della situazione e il rispetto che provava per la profetessa spinsero Giosia a inviarle i maggiori dignitari del regno. Egli disse loro: "Andate a interrogare il Signore, per me e per tutto il popolo di Giuda, riguardo al contenuto del libro che è stato ritrovato. Il Signore è certamente in collera con noi, perché i nostri padri non hanno ascoltato quel che è scritto in quel libro e non l'hanno messo in pratica". 2 Re 22:13. PR 205 4 Per mezzo di Hulda il Signore fece sapere a Giosia che la rovina di Gerusalemme non poteva essere scongiurata. Anche se il popolo si fosse umiliato davanti a Dio, non avrebbe potuto sottrarsi alla punizione. Ormai da troppo tempo era così abituato al male che se avesse evitato il castigo sarebbe presto ritornato a commetere gli errori abituali. La profetessa dichiarò: "...La parola del Signore era questa: "Io manderò una sciagura su Gerusalemme e sui suoi abitanti, come è scritto nel libro che il re di Giuda ha letto. Essi mi hanno abbandonato e hanno onorato altre divinità. Hanno provocato il mio sdegno con gli idoli da loro fabbricati. Per questo sono in collera contro Gerusalemme, e non è più possibile frenare la mia indignazione"". 2 Re 22:15-17. PR 205 5 Tuttavia siccome il re si era umiliato davanti a Dio, il Signore apprezzò il suo desiderio di perdono e di misericordia e gli inviò questo messaggio: "...ti sei umiliato, hai riconosciuto la tua colpa, hai pianto davanti a me e ti sei strappato i vestiti. Io, il Signore, ho ascoltato la tua preghiera. Ti lascerò morire in pace: non vedrai la rovina che manderò su Gerusalemme". 2 Re 22:19, 20. PR 205 6 Il re doveva lasciare a Dio la responsabilità degli eventi futuri; non poteva modificare i suoi decreti eterni. Tuttavia, annunciando i giudizi futuri, il Signore non escludeva l'opportunità del pentimento e della riforma. Giosia capì che Dio desiderava mitigare i suoi giudizi con la misericordia e quindi decise di fare tutto il possibile per attuare le riforme. Convocò immediatamente una grande assemblea alla quale furono invitati gli anziani e i magistrati di Gerusalemme e di Giuda e tutto il popolo. Insieme, con i sacerdoti e i leviti, si incontrarono con il re nel cortile del tempio. PR 206 1 A questa grande assemblea Giosia stesso lesse "...il libro dell'alleanza, che era stato trovato nel tempio". 2 Re 23:2. Il re era profondamente commosso e trasmise il suo messaggio con il tono di un uomo dal cuore spezzato. I suoi uditori rimasero molto impressionati. L'intensità dell'emozione che si leggeva nell'espressione del re, la solennità del messaggio stesso, l'annuncio dei prossimi castighi produssero un grande effetto su coloro che lo ascoltavano e molti fra loro decisero di unirsi al re per implorare il perdono divino. PR 206 2 Giosia propose ai maggiori esponenti di unirsi al popolo per impegnarsi solennemente davanti a Dio a realizzare i cambiamenti necessari. "In piedi, accanto alla colonna, prese davanti al Signore il solenne impegno di seguirlo, di ubbidire alle sue leggi, ai suoi comandamenti e alle sue prescrizioni, con tutto il cuore e con tutta l'anima, e di mettere in pratica tutto quel che era scritto nel libro dell'alleanza". La risposta fu superiore a qualsiasi aspettativa del re, perché "il popolo si unì... all'impegno assunto da Giosia". 2 Re 23:3. PR 206 3 Nella riforma che seguì il re si impegnò a distruggere ogni segno dell'idolatria che era rimasto. Gli abitanti del paese avevano seguito per così tanto tempo le abitudini delle nazioni circostanti, inginocchiandosi davanti alle immagini di legno e di pietra, che sembrava un compito sovrumano riuscire a eliminare ogni traccia del paganesimo. Ma Giosia perseverò nel suo tentativo di purificare il regno. Affrontò coraggiosamente l'idolatria: "...fece uccidere i sacerdoti... fece anche sparire dal territorio di Giuda e da Gerusalemme quelli che praticavano incantesimi, quelli che consultavano gli spiriti, le divinità familiari, gli idoli e le altre cose ugualmente detestabili. Giosia voleva così mettere in pratica le leggi scritte nel libro che il sacerdote Chelkia aveva trovato nel tempio". 2 Re 23:20, 24. PR 206 4 Al tempo della divisione del regno, alcuni secoli prima, Geroboamo, figliuolo di Nebat, aveva sfidato il Dio d'Israele. Aveva cercato di allontanare il popolo dai servizi del tempio per far loro adottare nuove forme di culto e aveva eretto un altare pagano a Betel. Durante la consacrazione di questo altare, che per molti anni anni avrebbe indotto chi vi si avvicinava a compiere riti idolatri, apparve improvvisamente un uomo di Dio, proveniente dalla Giudea, il quale pronunciò parole di condanna per i riti sacrileghi. Egli aveva gridato contro l'altare dicendo: "Altare, altare! Tra i discendenti di Davide nascerà un uomo di nome Giosia, dice il Signore. Egli sacrificherà sopra di te i sacerdoti dei santuari sulle colline, quelli che depongono su di te le loro offerte di incenso. Su di te bruceranno ossa umane!" 1 Re 13:2. Questo annuncio era stato convalidato da un segno che garantiva la provenienza divina del messaggio. PR 207 1 Erano trascorsi tre secoli. Durante la riforma operata da Giosia, il re capitò a Betel davanti a questo antico altare. La profezia pronunciata tanti anni prima in presenza di Geroboamo si adempiva ora alla lettera: "Giosia demolì anche l'altare del santuario sulla collina a Betel, fatto costruire da Geroboamo figlio di Nebat, quello che fece peccare gli Israeliti. Distrusse altare e santuario, poi bruciò e ridusse tutto in cenere, anche il palo sacro della dea Asera". 2 Re 23:15; cfr. 2 Re 23:16-18. PR 207 2 Sul versante meridionale del monte degli Ulivi, di fronte allo splendido tempio di Gerusalemme, situato sul monte Moria, si innalzavano gli altari e le statue che erano stati costruiti da Salomone per accontentare le sue mogli pagane. Per oltre tre secoli queste immagini deformi erano state sul "monte dello Scandalo" testimonianza silenziosa dell'apostasia del più saggio re d'Israele. Anch'esse furono rimosse e distrutte da Giosia. PR 207 3 Il re inoltre cercò di rafforzare la fede di Giuda nel Dio dei suoi padri mediante una grande festa di Pasqua, secondo quanto prescritto dal libro della legge. I responsabili dei servizi sacri fecero tutti i preparativi necessari e nel gran giorno della festa furono offerti numerosi sacrifici. "Per tutto il tempo dei re d'Israele e di Giuda la Pasqua non era più stata celebrata...". 2 Re 23:22. Ma lo zelo di Giosia, per quanto gradito da Dio, non poteva espiare i peccati delle generazioni precedenti e la devozione manifestata da coloro che seguivano la riforma del re non poteva operare un cambiamento nel cuore di quelli che ostinatamente rifiutavano di passare dall'idolatria all'adorazione del vero Dio. PR 207 4 Giosia continuò a regnare per più di un decennio dopo la celebrazione della Pasqua. All'età di trentanove anni morì in una battaglia contro l'Egitto: "Fu sepolto nella tomba dei suoi antenati e tutti gli abitanti di Gerusalemme e del regno di Giuda fecero il lutto per la sua morte. Il profeta Geremia compose un lamento per la morte di Giosia. Tutti i cantori e le cantanti eseguono ancor oggi questo canto in morte di Giosia, che è diventato tradizionale in Israele. È scritto nel libro delle Lamentazioni". 2 Cronache 35:24, 25. "Prima di Giosia non c'era stato alcun altro re che fosse tornato al Signore con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze, seguendo l'intera legge di Mosè. Neppure dopo, ce ne fu un altro come lui. Eppure il Signore non poté placare la sua ardente ira contro il regno di Giuda: Manasse lo aveva troppo esasperato". 2 Re 23:25, 26. Si stava avvicinando rapidamente il tempo in cui Gerusalemme sarebbe stata completamente distrutta e gli abitanti del paese sarebbero stati deportati a Babilonia dove avrebbero appreso tutto ciò che avevano rifiutato di imparare in circostanze più favorevoli. ------------------------Capitolo 34: Geremia PR 208 1 Geremia era fra coloro che avevano sperato in un vero risveglio dopo la riforma di Giosia. Chiamato da Dio al ministero profetico, mentre era ancora molto giovane, il tredicesimo anno del regno di Giosia, come membro del sacerdozio levitico, era stato educato in vista del servizio sacro. In quegli anni di preparazione non immaginava minimamente di essere stato consacrato fin dalla nascita per essere "profeta delle nazioni" e, quando giunse la chiamata divina, fu sopraffatto da un senso di indegnità ed esclamò: "Signore mio Dio, come farò? Vedi che sono ancora troppo giovane per presentarmi a parlare". Geremia 1:5, 6. PR 208 2 Dio aveva riconosciuto nel giovane Geremia un carattere che sarebbe rimasto fedele al proprio dovere e che si sarebbe schierato per la verità contro qualsiasi opposizione, anche se violenta. Si era dimostrato fedele fin dall'infanzia e ora avrebbe dovuto affrontare diverse difficoltà. Il Signore disse a questo messaggero che si era scelto: "Non preoccuparti se sei troppo giovane. Va' dove ti manderò e riferisci quel che ti ordinerò. Non aver paura della gente, perché io sono con te a difenderti". Geremia 1:7, 8; cfr. Geremia 1:17-19. PR 208 3 Per quarant'anni Geremia sostenne la verità e la giustizia nei confronti di tutta la nazione. In questo periodo di apostasia aveva dovuto dare l'esempio, tramite la sua vita e il suo carattere, dell'adorazione dell'unico vero Dio. Durante il terribile assedio di Gerusalemme fu il portavoce dell'Eterno. Predisse il crollo della casa di Davide e la distruzione del magnifico tempio costruito da Salomone. Quando fu imprigionato per le sue coraggiose affermazioni continuò a parlare con chiarezza del peccato commesso dai capi del popolo. Disprezzato, odiato, respinto dagli uomini, alla fine fu testimone dell'adempimento delle sue profezie e partecipò al dolore e alle sventure che seguirono alla distruzione della città condannata. PR 208 4 Nonostante la crisi che stava attraversando la nazione, Geremia poté spesso contemplare in visione le gloriose prospettive future quando il popolo, lasciando il paese del nemico, sarebbe ritornato a Sion. Egli vide il tempo in cui il Signore avrebbe rinnovato il patto con i suoi figli: "...Si sentiranno rivivere come un giardino ben irrigato, non correranno più il rischio di soffrire la fame". Geremia 31:12. PR 209 1 A proposito della sua chiamata alla missione profetica, Geremia scrisse: "Allora il Signore stese la mano, mi toccò la bocca e mi disse: "Io metto le mie parole sulle tue labbra. Ecco oggi ti do autorità sulle nazioni e sui regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare"". Geremia 1:9, 10. PR 209 2 Ringraziamo il Signore per le parole "edificare e piantare". Grazie a esse il profeta ebbe la certezza che il piano del Signore prevedeva restaurazione e guarigione. Negli anni successivi i messaggi di Geremia furono molto duri. Dovevano essere trasmesse senza timore quelle profezie che annunciavano imminenti giudizi. "È proprio dal nord che si rovescerà la distruzione su tutti gli abitanti di questa regione". Il Signore aveva anche dichiarato: "Allora io punirò gli abitanti della Giudea per tutto il male che hanno commesso: hanno abbandonato me per offrire sacrifici a divinità straniere...". Geremia 1:14, 16. Il profeta, però, abbinava a questi messaggi quelli che presentavano la certezza del perdono per tutti coloro che avrebbero rinunciato al loro comportamento malvagio. Come un saggio architetto, Geremia incoraggiò fin dall'inizio della sua opera gli abitanti di Giuda a fondare la loro vita spirituale sulla solida base del pentimento. Per troppo tempo avevano costruito con materiali paragonati da Paolo al legno e alla paglia e da Geremia agli scarti. "Allora io, il Signore, l'ho rifiutato; perciò sarà chiamato "materiale di scarto"". Geremia 6:30. Venivano incoraggiati a costruire con saggezza e in vista dell'eternità, rigettando le scorie dell'apostasia e dell'incredulità e servendosi, per edificare le fondamenta, d'oro puro, d'argento fino, di pietre preziose: la fede, l'ubbidienza e le buone opere gradite a un Dio santo. Cfr. Geremia 3:12-14, 19, 22-25. PR 209 3 La riforma indetta da Giosia aveva eliminato nel paese i santuari pagani, ma gli uomini non erano cambiati. Il seme della verità, che era germogliato promettendo una messe abbondante, era stato soffocato dalle spine e quindi un'altra apostasia sarebbe stata fatale. Il Signore perciò volle far capire alla nazione il pericolo che correva. Solo rimanendo fedele a Dio poteva sperare di godere della protezione divina e ritrovare la prosperità. PR 209 4 Geremia richiamò ripetutamente l'attenzione degli israeliti sui consigli contenuti nel Deuteronomio. Più di ogni altro profeta sottolineò gli insegnamenti della legge mosaica indicando come potevano diventare una fonte di benedizione spirituale per la nazione. Il profeta raccomandò: "Fermatevi per strada e guardatevi attorno, imparate come ci si comportava nel passato. Camminate sulla strada giusta e vivrete in pace". Geremia 6:16. PR 210 1 A un certo punto, per ordine del Signore, egli rimase in piedi presso una delle porte principali della città e sottolineò l'importanza di santificare il sabato: gli abitanti di Gerusalemme rischiavano di perdere di vista la santità del giorno di riposo e quindi furono solennemente avvertiti di non occuparsi dei loro affari in quel giorno. Sarebbero stati benedetti soltanto coloro che ubbidivano. "Ma voi, dice il Signore, ascoltatemi bene: non fate passare nessun carico attraverso le porte di questa città in un giorno di sabato; invece, dedicate a me questo giorno e astenetevi da ogni lavoro. Allora i re e i prìncipi che siedono sul trono di Davide entreranno liberamente attraverso le porte di questa città. Vi passeranno sui carri o a cavallo con i loro ufficiali, insieme alla gente di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme, perché la città sarà sempre abitata". Geremia 17:24, 25. PR 210 2 Questa promessa di prosperità, come ricompensa all'ubbidienza, era accompagnata da una profezia che annunciava terribili giudizi sulla città se i suoi abitanti si fossero mostrati infedeli a Dio e alla sua legge. Se gli inviti a ubbidire al Signore, Dio dei loro padri, e a santificare il giorno di sabato non fossero stati ascoltati, la città e i suoi palazzi sarebbero stati completamente distrutti dal fuoco. PR 210 3 In questo modo il profeta si schierava in favore dei princìpi così chiaramente sottolineati nel libro della legge. Ma il regno di Giuda si trovava in condizioni tali che soltanto delle misure energiche avrebbero potuto portare un miglioramento. Ecco perché Geremia si impegnò con fervore nei confronti dei peccatori. Cfr. Geremia 4:3, 14. PR 210 4 Ma la maggior parte del popolo non accolse l'invito al pentimento e alla riforma. Dopo la morte del re Giosia coloro che governavano la nazione erano stati infedeli al loro incarico e avevano contribuito a sviare molte persone. Ioacaz, deposto dal re d'Egitto, era stato seguito da Ioiakim, figlio maggiore di Giosia. Geremia non nutriva grandi speranze di salvare la sua amata terra dalla distruzione e il popolo dalla deportazione. Comunque non poteva tacere mentre il regno era minacciato dalla rovina totale: bisognava incoraggiare coloro che erano rimasti fedeli a continuare ad agire correttamente e convincere i peccatori, se possibile, ad abbandonare il male. PR 210 5 Questo momento critico richiedeva un grande impegno. Dio ordinò quindi a Geremia di stare nel cortile del tempio e parlare a tutto il popolo di Giuda che entrava e usciva. Dai messaggi che gli venivano affidati non doveva eliminare neppure una parola affinché i peccatori di Sion potessero avere la possibilità di ascoltare e di cambiare il loro modo di agire. PR 210 6 Il profeta ubbidì. Stando in piedi vicino alla porta della casa di Dio alzò la voce per avvertire ed esortare. Sotto l'ispirazione dell'Altissimo dichiarò: "Ascoltate quel che vi dice il Signore dell'universo, Dio d'Israele! Cambiate la vostra condotta e il vostro modo di agire, e io vi lascerò abitare in questo luogo. Non fidatevi di quelli che continuano a dire: Siamo al sicuro! Abbiamo il tempio del Signore, il tempio del Signore. Essi vi ingannano. Piuttosto migliorate davvero la vostra condotta e il vostro modo di agire. Ognuno agisca con giustizia verso il suo prossimo. Basta con lo sfruttamento dei forestieri, degli orfani e delle vedove! Basta con lo spargimento di sangue innocente in questa terra! Basta con il seguire divinità straniere! Vi portano solamente disgrazie! Se mi ascoltate, vi lascerò ancora abitare in questa terra che da tanto tempo ho dato ai vostri antenati e per sempre". Geremia 7:2-7. PR 211 1 In questo caso è chiara la riluttanza del Signore a punire. Egli, infatti, rinvia i suoi giudizi per esortare al pentimento. Colui che è "buono, giusto e retto con tutti" è preoccupato per i suoi figli che si sono allontanati, cerca in ogni modo possibile di insegnare loro la via della vita eterna. Egli aveva liberato gli israeliti dalla schiavitù perché potessero servire il solo e vero Dio vivente. Nonostante fossero vissuti molto tempo nell'idolatria e avessero disprezzato i suoi avvertimenti, il Signore desiderava rimandare la punizione e accordare loro una nuova occasione per pentirsi. Egli sottolineava il fatto che la punizione sarebbe stata rimandata solo a condizione che si verificasse un cambiamento radicale. Essi non potevano contare sul tempio e sui suoi servizi. I riti e le cerimonie non potevano espiare il loro peccato; nonostante la loro pretesa di essere il popolo eletto, solo il rinnovamento del cuore e del comportamento potevano salvarli dalle inevitabili conseguenze della loro continua trasgressione. PR 211 2 Così questo messaggio di Geremia si diffuse "...nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme". Dio gli disse: "Proclama il mio messaggio -- i precetti del Signore così come sono citati nelle Scritture esorta il popolo ad ascoltare i termini di questa alleanza e a metterli in pratica". Geremia 11:6. Queste erano le parole che Geremia aveva pronunciato in piedi, nel cortile del tempio, all'inizio del regno di Ioiachim. La storia del popolo d'Israele era stata brevemente riassunta. Dio aveva fatto questo patto: "Ascoltate la mia voce! Così sarò il vostro Dio e voi il mio popolo. Osservate i miei comandamenti e tutto vi andrà bene". Questa alleanza era stata spezzata in varie occasioni. Gli israeliti si erano comportati "...da testardi seguendo le loro inclinazioni perverse. Invece di avvicinarsi a me, mi hanno voltato le spalle". Cfr. Geremia 7:23, 24. "Perché invece il mio popolo si è allontanato da me e non torna indietro?" Geremia 8:5. Il profeta rispose che non avevano voluto ubbidire alla voce dell'Eterno, suo Dio, e avevano rifiutato di agire diversamente. Cfr. Geremia 5:3; Geremia 7:28; Geremia 8:7; Geremia 9:9. PR 212 1 Era giunto il momento di fare un profondo esame di coscienza; durante il regno di Giosia il popolo aveva avuto qualche motivo di speranza, ma egli non era più in grado di intercedere in suo favore perché era caduto in battaglia. I peccati della nazione erano tali e tanti che non era più possibile nessuna mediazione. Il Signore aveva dichiarato: "Anche se venissero Mosè e Samuele a supplicarmi, io non mi lascerò intenerire per questo popolo. Mandalo via! Se ne vada! Se ti domanderanno dove devono andare, risponderai che io ho detto: Chi deve morire di peste, vada a morire di peste! Chi deve morire per la guerra, vada a morire in guerra! Chi deve morire di fame, vada a morire di fame! Chi deve andare in esilio, vada in esilio!" Geremia 15:1, 2. PR 212 2 Rifiutando di prestare ascolto all'invito di Dio, che esprimeva la sua misericordia, gli israeliti avrebbero attirato sulla nazione apostata le parole di condanna che erano state formulate più di un secolo prima nei confronti del regno del nord. Il messaggio attuale era: "Ascoltatemi e comportatevi secondo la legge che vi ho dato. Mettete in pratica quel che dicono i miei servi, i profeti. Io ho continuato a mandarveli, ma voi non li avete ascoltati. Se continuerete a disubbidire, distruggerò questo tempio come ho distrutto quello di Silo e questa città diventerà per tutte le nazioni della terra un esempio della mia maledizione". Geremia 26:4-6. PR 212 3 Coloro che erano nel cortile del tempio e ascoltavano le parole di Geremia compresero chiaramente il suo riferimento a Silo e al tempo di Eli, quando i Filistei avevano sconfitto Israele e portato via l'arca del patto. Eli aveva peccato, considerando con leggerezza la depravazione dei suoi figli e l'apostasia che regnava in tutto il paese. La sua negligenza aveva provocato una serie di disgrazie in Israele: i suoi figli erano caduti in battaglia, egli stesso aveva perso la vita, l'arca di Dio era stata portata via e trentamila israeliti erano stati uccisi. Tutto ciò a causa del peccato che si era diffuso senza essere condannato o censurato. Gli israeliti si erano illusi che, nonostante la loro malvagità, la presenza dell'arca avrebbe assicurato loro la vittoria. Nello stesso modo, ai giorni di Geremia, gli abitanti di Giuda erano propensi a credere che una stretta osservanza del rituale del tempio li avrebbe preservati dalla giusta punizione. PR 212 4 Quale importante lezione per coloro che oggi occupano posizioni di responsabilità nella chiesa di Dio! Quale solenne avvertimento nei confronti di quei peccati che disonorano l'opera di Dio! Nessuno di coloro che si dicono depositari della legge divina e si vantano di osservarne le prescrizioni si considerino al riparo della giustizia celeste! Nessuno rifiuti di essere rimproverato per il male commesso accusando i servitori di Dio di essere troppo zelanti nel cercare di "purificare il campo"! Colui che odia il male invita coloro che dicono di osservare la sua legge ad allontanarsi da ogni forma di trasgressione. Trascurare il pentimento e disubbidire volontariamente avrà anche oggi gravi conseguenze, come per l'antico Israele. C'è un limite al di là del quale le punizioni divine non possono più essere differite. La desolazione di Gerusalemme all'epoca di Geremia è un avvertimento solenne per la chiesa, oggi. I consigli e le esortazioni dati tramite i messaggeri scelti da Dio non possono essere rifutati senza subirne le conseguenze. PR 213 1 Il messaggio di Geremia ai sacerdoti e al popolo provocò la contestazione di molti. Essi gridarono con violenza: "Come osi dire a nome del Signore che questo tempio sarà distrutto come quello di Silo e che questa città sarà devastata e rimarrà senza abitanti?" Geremia 26:9. Sacerdoti, falsi profeti e popolo si volsero irritati contro colui che diceva loro cose spiacevoli e deludenti. Così il messaggio di Dio fu schernito e il suo servitore minacciato di morte. PR 213 2 L'eco delle parole di Geremia raggiunse i prìncipi di Giuda. Lasciando in fretta il palazzo del re si recarono al tempio per maggiori informazioni. Cfr. Geremia 26:11. Ma Geremia affrontando con coraggio i prìncipi e il popolo dichiarò: "È stato il Signore che mi ha mandato ad annunziare quel che avete sentito...". Cfr. Geremia 26:12-15. PR 213 3 Se il profeta si fosse lasciato intimidire dall'atteggiamento minaccioso di coloro che occupavano posizioni autorevoli, il suo messaggio sarebbe stato privo di effetto ed egli avrebbe rischiato la vita. Ma il coraggio con il quale presentò il solenne avvertimento gli garantì il rispetto del popolo e gli fece guadagnare il favore dei capi. Essi parlarono con i sacerdoti e i falsi profeti facendo capire loro quanto fossero inopportune le drastiche misure suggerite. Le loro parole provocarono una reazione positiva nelle menti degli uditori. Dio aveva reso sensibili alcuni uomini che avrebbero difeso il suo servitore. PR 213 4 Anche gli anziani vennero a protestare contro le decisioni dei sacerdoti riguardanti la condanna a morte di Geremia. Cfr. Geremia 26:18, 19. PR 213 5 Grazie alla difesa di questi uomini influenti, la vita del profeta fu risparmiata, sebbene molti sacerdoti e falsi profeti, non riuscendo a sopportare le verità che li condannavano, lo avrebbero volentieri messo a morte sotto l'accusa di sedizione. PR 213 6 Dal giorno della sua chiamata, fino alla fine del suo ministero, Geremia fu per Giuda come "una torre e una fortezza" contro la quale l'ira dell'uomo non poteva prevalere. Geremia 6:27; Geremia 15:20, 21. Per natura timido e riservato, Geremia avrebbe desiderato avere una vita quieta e pacifica nella quale non fosse stato il testimone dei numerosi peccati della nazione da lui amata. Il suo cuore era tormentato dall'angoscia che provava per la malvagità del popolo. Cfr. Geremia 9:1, 2. PR 213 7 Gli scherni che dovette sopportare erano crudeli! Il suo animo sensibile era ferito da coloro che disprezzavano i suoi messaggi e non davano alcuna importanza al suo vivo interesse per la loro conversione. Egli dichiarò: "Tutti ridono di me, ogni giorno mi canzonano... Mi disprezzano da mattina a sera, tutti ridono di me... Perfino i miei amici più cari aspettavano un mio passo falso e dicevano: Prima o poi qualcuno riuscirà a ingannarlo! Così, l'avremo vinta noi e potremo vendicarci di lui". Lamentazioni 3:14; Geremia 20:7, 10. PR 214 1 Ma il fedele profeta riceveva quotidianamente le forze per sopportare le sue prove. Cfr. Geremia 20:11, 13. PR 214 2 Le esperienze fatte da Geremia quando era giovane e successivamente nel corso del suo ministero gli insegnarono la lezione che "Nessuno sa scegliere la giusta via, nessuno sa decidere bene per la propria vita". Imparò a pregare: "Correggi il tuo popolo, Signore, ma non essere troppo duro con noi. Non trattarci con ira: per noi sarebbe la fine!" Geremia 10:23, 24. PR 214 3 Quando fu chiamato ad affrontare sofferenze e disperazione, quando fu tentato di dire: "Non c'è più futuro per me, è finita la speranza che mi veniva dal Signore" si ricordò le benedizioni divine e gridò con entusiasmo: "...la bontà del Signore non è finita, il suo amore continua, la sua bontà si rinnova ogni mattino, la sua fedeltà è grande...". Lamentazioni 3:18, 22-25. ------------------------Capitolo 35: Il momento del giudizio si avvicina PR 215 1 I primi anni del regno di Ioiakim furono caratterizzati da un certo numero di profezie che annunciavano l'imminenza del giudizio. Le rivelazioni del Signore, trasmesse dai profeti, stavano per adempiersi. A nord il regno assiro, che per tanto tempo aveva espresso il suo predominio, non avrebbe più esercitato la sua sovranità sulle altre nazioni. A sud l'Egitto, nella cui potenza il re di Giuda poneva invano la sua fiducia, avrebbe ben presto subito una sconfitta definitiva. Una nuova potenza, l'impero babilonese, sorgeva inaspettatamente a oriente, oscurando tutte le altre nazioni. PR 215 2 Nell'arco di pochi anni il re di Babilonia sarebbe stato lo strumento dell'ira di Dio sull'impenitente regno di Giuda. Gerusalemme sarebbe stata ripetutamente assalita e invasa dagli eserciti assedianti di Nabucodonosor. Dapprima poco numerosi, poi in gruppi di migliaia e di decine di migliaia di persone, gli israeliti sarebbero stati deportati nel paese di Scinear. Ioiakim, Ioiakin e Sedecia, tutti re di Giuda, uno dopo l'altro sarebbero diventati vassalli del sovrano babilonese e tutti si sarebbero ribellati. Castighi sempre più severi sarebbero stati inflitti alla nazione ribelle fino a quando l'intero paese sarebbe stato quasi totalmente abbandonato; il tempio costruito da Salomone sarebbe stato distrutto e il regno di Giuda annientato senza nessuna possibilità di riconquistare la sua posizione precedente fra le nazioni della terra. PR 215 3 Questi tempi difficili e pericolosi per la nazione israelita furono annunciati in numerosi messaggi divini tramite Geremia. Dio dava così ai figli di Giuda ampia possibilità di rinunciare all'alleanza con l'Egitto e di evitare conflitti con i sovrani babilonesi. Mentre il pericolo si avvicinava sempre più, il Signore preparò il popolo tramite parabole che sperava risvegliassero in esso la consapevolezza dei suoi obblighi nei confronti di Dio e lo incoraggiassero a mantenere rapporti amichevoli col governo babilonese. PR 215 4 Per illustrare l'importanza di un'ubbidienza assoluta alle esigenze divine, Geremia riunì alcuni recabiti in una delle camere del tempio e offrì loro del vino, invitandoli a bere. Come previsto, incontrò un deciso rifiuto. I recabiti dichiararono con fermezza: "...Noi non beviamo vino, perché il nostro antenato Ionadab, figlio di Recab, ci ha lasciato quest'ordine preciso: "Non berrete mai vino, né voi né i vostri discendenti...". Allora il Signore ordinò a Geremia di andare a riferire agli abitanti di Giuda e di Gerusalemme queste parole: "Io, il Signore dell'universo, Dio d'Israele, vi chiedo: per quale motivo non avete imitato l'esempio dei Recabiti e non avete ubbidito ai miei ordini? Ionadab, figlio di Recab, aveva comandato ai suoi discendenti di non bere vino. I Recabiti sono stati fedeli alla prescrizione del loro antenato e fino ad oggi non hanno mai bevuto vino..."". Geremia 35:6, 12-14. PR 216 1 Dio in questo modo cercava di sottolineare lo stridente contrasto esistente fra l'ubbidienza dei recabiti e la disubbidienza e la ribellione del suo popolo. I recabiti avevano ubbidito a un ordine del loro padre e ora rifiutavano di trasgredirlo, mentre gli uomini di Giuda non ascoltavano le parole del Signore, andando così incontro ai suoi più severi castighi. Cfr. Geremia 35:15-17. PR 216 2 Quando gli uomini sono toccati dall'influsso dello Spirito Santo, essi prendono in considerazione i consigli proposti dal Signore. Ma se respingono i suoi avvertimenti e il loro cuore rimane insensibile, Dio permette che ne subiscano gli effetti negativi. Allontanandosi dalla verità accettano la menzogna che diventa una vera e propria trappola. PR 216 3 Dio aveva supplicato Giuda di non provocare la sua collera, ma essi rifiutarono di ascoltarlo. Alla fine fu pronunciata la sentenza nei loro confronti: sarebbero stati condotti in cattività; il Signore si sarebbe servito dei caldei per punire il suo popolo ribelle. Le sofferenze di Giuda sarebbero state proporzionate ai messaggi ricevuti e agli avvertimenti respinti. Dio aveva dilazionato i suoi castighi, ma ora avrebbe manifestato la sua disapprovazione affinché il popolo cambiasse il proprio comportamento. PR 216 4 I recabiti avevano ricevuto la promessa di una benedizione perpetua. Il profeta dichiarò: "Voi avete ubbidito all'ordine del vostro antenato Ionadab, avete eseguito le sue prescrizioni, avete fatto fedelmente quanto vi aveva ordinato. Per questo io, il Signore dell'universo, Dio d'Israele, prometto che tra i discendenti di Ionadab, figlio di Recab, ci sarà sempre qualcuno che avrà l'onore di servirmi". Geremia 35:18, 19. In questo modo Dio insegnò al suo popolo che la fedeltà e l'ubbidienza avrebbero garantito a Giuda tante benedizioni, così come era stato per i recabiti che avevano ubbidito all'ordine del loro padre. PR 216 5 Questa lezione è valida anche per noi, oggi. Se le legittime disposizioni di un padre buono e saggio che si è servito dei mezzi migliori e più efficaci per preservare la sua progenie dall'intemperanza sono degne di essere scrupolosamente seguite, sicuramente l'autorità di Dio dovrebbe essere maggiormente rispettata, poiché il Signore è più santo dell'uomo. Il nostro Creatore e il nostro Signore, il cui potere è infinito, il cui giudizio è terribile, cerca in tutti i modi di condurre gli uomini a riconoscere i loro peccati e a pentirsi. Tramite i messaggi dei suoi profeti annuncia i pericoli che scaturiscono dalla disubbidienza, fa risuonare un grido d'allarme e denuncia senza mezzi termini il peccato. Solo grazie alla sua misericordia e all'impegno dei suoi messaggeri viene garantita al popolo la prosperità. Dio non può sostenere coloro che rifiutano i suoi consigli e disprezzano i suoi avvertimenti. Per un certo periodo di tempo può sospendere le punizioni che meriteremmo, ma non può farlo costantemente. PR 217 1 Dio aveva dichiarato, riferendosi anche ai figli di Giuda: "Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione consacrata al mio servizio". Esodo 19:6. Nel suo ministero Geremia non perse mai di vista l'importanza vitale della santità nelle varie attività della vita quotidiana e specialmente nel servizio in favore dell'Altissimo. Annunciò con chiarezza la caduta del regno di Giuda e la dispersione dei suoi abitanti fra le nazioni; però con gli occhi della fede vide, al di là di tutto questo, i tempi della restaurazione. Alle sue orecchie risuonava la promessa divina: "Radunerò io stesso quel che resta delle mie pecore da tutte le regioni dove le avevo disperse. Le farò ritornare ai loro pascoli... Verranno giorni nei quali io farò sorgere il germoglio di Davide, un suo discendente legittimo... Questo re governerà con saggezza e attuerà il diritto e la giustizia nel paese. Durante il suo regno il popolo di Giuda sarà liberato e quello d'Israele vivrà sicuro. Chiameranno il re con questo nome: Il Signore Nostra Salvezza". Geremia 23:3-6. PR 217 2 Le profezie di un giudizio incombente si confondevano con le promesse di una gloriosa liberazione. Coloro che sceglievano di riconciliarsi con Dio e di vivere una vita santa in mezzo all'apostasia avrebbero ricevuto la forza di affrontare qualsiasi prova e sarebbero stati in grado di testimoniare per lui con grande potenza. La loro liberazione futura avrebbe superato quella compiuta in favore dei figli d'Israele al tempo dell'Esodo. Il Signore dichiarò attraverso il suo profeta: "...Sta per venire il momento in cui la gente non dirà più: "Giuro per la vita del Signore che ha fatto uscire il popolo d'Israele dall'Egitto...". Invece diranno: "Giuro per la vita del Signore che ha fatto uscire i discendenti d'Israele dalla terra del nord, da tutte le regioni dove li aveva dispersi, e li ha riportati a vivere nella loro patria"". Geremia 23:7, 8. PR 217 3 Queste furono le meravigliose profezie pronunciate da Geremia durante gli anni conclusivi della storia del regno di Giuda quando i babilonesi stavano allargando i loro dominii e i loro eserciti assediavano le mura di Sion. Queste promesse di liberazione vibravano come una musica melodiosa alle orecchie di coloro che erano rimasti fedeli al vero Dio. Fra poveri e ricchi, ovunque si rispettasse ancora il patto con il Signore, le parole del profeta venivano ripetute costantemente. Anche i bambini ne erano toccati e queste promesse si imprimevano profondamente in loro. PR 218 1 Fu l'osservanza fedele dei comandamenti della Scrittura che, ai tempi di Geremia, permise a Daniele e ai suoi compagni di esaltare il vero Dio nei confronti delle nazioni della terra. L'educazione che questi giovani ebrei avevano ricevuto nella loro famiglia rafforzò la loro fede e li aiutò a servire fedelmente il Dio vivente, il Creatore dei cieli e della terra. Quando, all'inizio del regno di Ioiakim, Nabucodonosor per la prima volta assediò e conquistò Gerusalemme portò via Daniele e i suoi compagni, scelti per servire alla corte di Babilonia: la fede dei giovani ebrei deportati fu messa a dura prova. Però, avendo imparato a riporre la loro fiducia nelle promesse di Dio, trovarono le forze necessarie per affrontare le difficoltà di un soggiorno in terra straniera. Le Scritture furono per loro una guida e un sostegno. PR 218 2 Mentre spiegava i giudizi che cominciavano ad abbattersi su Giuda, Geremia difendeva la giustizia di Dio e dei suoi disegni misericordiosi anche nei castighi più severi da lui inflitti. Desideroso di raggiungere tutte le classi sociali, estese la sua sfera d'azione e il suo influsso al di là di Gerusalemme, ai distretti circostanti, mediante frequenti visite in varie parti del regno. Nelle sue dichiarazioni Geremia si richiamava continuamente agli insegnamenti del libro della Legge che era stato particolarmente onorato ed esaltato durante il regno di Giosia. Egli insisteva sull'importanza della fedeltà al Signore compassionevole e misericordioso, che dall'alto del monte Sinai aveva enunciato i precetti del Decalogo. Le parole di avvertimento e di esortazione di Geremia raggiunsero ogni parte del regno; così tutti ebbero l'opportunità di conoscere la volontà di Dio nei confronti della nazione. PR 218 3 Il profeta insisteva soprattutto sul fatto che il Padre celeste esprimeva i suoi giudizi affinché i popoli sapessero "...che non sono altro che mortali". Salmi 9:20. "Se vi opporrete a me e non mi ascolterete, moltiplicherò ancora per sette il vostro castigo... Scatenerò una guerra contro di voi e vi disperderò tra le nazioni straniere; la vostra terra sarà ridotta a deserto e le vostre città a rovina". Levitico 26:21, 33. PR 218 4 Proprio quando i messaggi che annunciavano un imminente castigo erano rivolti ai prìncipi e al popolo, il re di Giuda Ioiakim, che avrebbe dovuto essere un saggio capo spirituale, promotore della confessione dei peccati, della riforma e delle buone opere, trascorreva il suo tempo in egoistici piaceri. Egli dichiarava: "Voglio costruirmi un palazzo grandioso con vasti saloni al piano superiore..." (Geremia 22:14) e questa casa rivestita in legno di cedro e dipinta di rosso fu costruita con denaro e manodopera ottenuti con la frode e l'oppressione. PR 219 1 Il profeta manifestò giustamente la sua disapprovazione e fu ispirato a pronunciare questa sentenza nei confronti del sovrano infedele: "Guai a te che ti costruisci un palazzo senza rispettare la giustizia, e alzi nuovi piani in modo disonesto perché costringi gli altri a lavorare per te e ti rifiuti di pagarli... Ti illudi forse di essere un grande re per i rivestimenti di cedro del tuo palazzo? Tuo padre Giosia, mangiava e beveva come te, ma agiva in modo giusto e onesto e perciò tutto gli andava bene. Egli difendeva i diritti dei poveri e tutti erano contenti. In questo modo dimostrava di conoscermi veramente. Tu, invece, guardi solo al tuo interesse e studi il modo di uccidere gli innocenti e di opprimere la gente con ferocia... Ecco quel che dice il Signore riguardo a loiakim re di Giuda figlio di Giosia: "Nessuno piangerà la sua morte e dirà: 'È un grave lutto, fratello! È un grave lutto, sorella!' Nessuno piangerà la sua morte e dirà: 'È un grave lutto, signore! È un grave lutto, maestà!'. Trascineranno e getteranno il suo cadavere fuori delle porte di Gerusalemme: sarà sepolto come una bestia!"". Geremia 22:13-19. PR 219 2 Dopo pochi anni questo terribile giudizio si abbatté su Ioiakim, ma nella sua misericordia il Signore ne informò la nazione impenitente. Nel quarto anno di regno di Ioiakim, il profeta Geremia parlò a tutto il popolo di Giuda e a tutti gli abitanti di Gerusalemme dicendo: "Dal tredicesimo anno del regno di Giosia re di Giuda e figlio di Amon fino ad oggi, sono ventitrè anni che vi annunzio e vi ripeto continuamente quel che il Signore mi comunica. Voi però fate finta di non sentire". Geremia 25:3. Ecco il messaggio che il Signore riservava loro: "Udite quel che vi dice il Signore dell'universo: "Poiché non avete dato ascolto alle mie parole, chiamerò il mio servo Nabucodonosor re di Babilonia e mobiliterò le popolazioni del nord. Li farò venire a combattere contro questa terra e i suoi abitanti e contro le regioni vicine. Vi sterminerò e trasformerò una volta per sempre questa terra in un mucchio di rovine che strapperanno grida di orrore e di scherno... Farò cessare i vostri canti di gioia e di allegria, la voce dello sposo e della sposa. Si fermeranno le macine e si spegneranno le fiamme delle lampade. Tutta questa terra sarà trasformata in un mucchio di rovine e per settant'anni queste nazioni saranno schiave del re di Babilonia"". Geremia 25:8-11. PR 219 3 Sebbene fosse stata chiaramente specificata la ragione del castigo, la sua terribile portata fu compresa solo in parte dalle moltitudini che ascoltavano. Per lasciare un'impressione più profonda il Signore cercò di illustrare il significato delle parole dette. Ordinò a Geremia di paragonare la sorte del regno a una coppa piena del vino della sua ira che sarebbe stato bevuto da tutte le nazioni. I primi a bere questo calice di sventura dovevano essere: "Gerusalemme e le città di Giuda con i loro relativi re e capi". Anche gli altri però avrebbero bevuto allo stesso calice: "...il Faraone, re di Egitto, con i suoi ufficiali, i ministri e tutti gli Egiziani..." oltre a molte altre nazioni della terra fino a quando non si fosse adempiuto il piano di Dio (cfr. Geremia 25:15ss. PR 220 1 Per illustrare meglio la natura dei giudizi che si sarebbero verificati il profeta ricevette l'ordine di prendere con lui "...alcuni laici e sacerdoti del consiglio degli anziani e accompagnarli nella valle di Ben-Innom". Là dopo aver ricordato l'apostasia di Giuda doveva spezzare "la brocca di terracotta" del vasaio e dichiarare da parte del Signore di cui era il messaggero: "Io, il Signore dell'universo, spezzerò allo stesso modo il popolo e la città. Essi saranno come questa brocca spezzata che non si può aggiustare". Il profeta fece come gli era stato ordinato. Poi, quando tornò a Gerusalemme, nel cortile del tempio disse a tutto il popolo: "Farò venire su questa città e sui villaggi vicini tutti i castighi che avevo minacciato contro di essa. Perché i suoi abitanti si sono intestarditi e hanno rifiutato di ascoltare le mie parole". Geremia 19:1, 2, 11, 15. PR 220 2 Le parole del profeta, anziché indurre alla confessione e al pentimento, provocarono l'ira di coloro che detenevano l'autorità e Geremia fu privato della sua libertà. Messo in prigione, il profeta continuò tuttavia a trasmettere i messaggi di Dio a coloro che gli stavano vicino: la sua voce non poteva essere messa a tacere dalla persecuzione. Riguardo alla verità egli affermava: "...ho sentito dentro di me come un fuoco che mi bruciava le ossa: ho cercato di contenerlo ma non ci sono riuscito". Geremia 20:9. PR 220 3 Fu allora che Dio ordinò a Geremia di scrivere i messaggi che desiderava trasmettere a tutti coloro che voleva fossero salvati. "Procurati un rotolo da scrivere e scrivici i messaggi che ti ho comunicato riguardo al popolo d'Israele e di Giuda e alle nazioni straniere. Scrivi tutto quel che ti ho detto da quando ho incominciato a parlarti durante il regno di Giosia, fino ad oggi. Forse gli abitanti di Giuda si convinceranno che io ho davvero intenzione di mandare su di loro una grave sciagura e smetteranno di agire in modo malvagio. Così perdonerò le loro colpe e i loro peccati". Geremia 36:2, 3. PR 220 4 Ubbidendo a quest'ordine Geremia chiamò in suo aiuto un fedele amico, Baruc lo scriba, e gli dettò: "...tutti i messaggi che il Signore gli aveva comunicato". Geremia 36:4. Queste parole furono scritte in un rotolo di pergamena e costituirono un solenne rimprovero contro il peccato, un avvertimento sui risultati inevitabili di un'apostasia continua e un'esortazione a rinunciare al male. PR 220 5 Il rotolo fu letto davanti a tutto il popolo di Giuda e successivamente lo scriba fu convocato davanti ai prìncipi per leggere loro le stesse parole. Essi lo ascoltarono con vivo interesse e promisero di parlarne al re, ma consigliarono allo scriba di nascondersi perché temevano che il re respingesse la testimonianza e cercasse di uccidere coloro che avevano preparato e trasmesso il messaggio. PR 221 1 Quando il re Ioiakim fu messo al corrente di quanto Baruc aveva letto, ordinò immediatamente che il rotolo venisse letto davanti a lui affinché potesse conoscerne il messaggio. Uno dei dipendenti del re, di nome Jehudi, prese il rotolo e cominciò a leggere le parole di rimprovero e di avvertimento. Era d'inverno e il re e i suoi funzionari di stato, i prìncipi di Giuda, stavano intorno a un braciere. Appena udite le prime frasi, il re, invece di tremare per il pericolo che minacciava lui e il popolo, prese il rotolo e con ira irrefrenabile lo tagliò con un coltellino e lo gettò nel fuoco. "...E continuò a fare così finché tutto il rotolo non fu bruciato". Geremia 36:23. Né lui né i suoi collaboratori rimasero turbati e "non stracciarono le loro vesti". Eppure qualche principe "aveva insistito perché il re non bruciasse il rotolo, ma egli non li ascoltò". Distrutto il rotolo, il re si adirò contro Geremia e Baruc e ordinò che fossero arrestati. "Ma il Signore li aveva messi al sicuro". Geremia 36:24-26. PR 221 2 Attirando l'attenzione degli adoratori del tempio, dei prìncipi e del re sugli avvertimenti contenuti nel libro ispirato, Dio nella sua bontà cercava di aiutarli. Cfr. Geremia 36:3. PR 221 3 Dio ha pietà degli uomini che lottano contro il male. Cerca di sensibilizzare la loro intelligenza offuscata rivolgendo loro dei rimproveri affinché riconoscano i loro limiti e disapprovino i loro errori. Si sforza di aiutare i presuntuosi a non fidarsi della loro sapienza e di ricercare le benedizioni spirituali tramite un'intima comunione con lui. Il piano di Dio non consiste nell'inviare dei messaggeri ai peccatori per adularli e dimostrarsi consenziente presentando loro un messaggio di pace tramite il quale si cullerebbero nelle certezze terrene. Al contrario ha reso sensibile la loro coscienza e come una freccia appuntita trapasserà il loro spirito e li convincerà di peccato. Gli angeli presentano loro i terribili giudizi di Dio affinché si rendano conto della loro miseria spirituale e si pongano la domanda: "Cosa devo fare per essere salvato?" Atti 16:30. Ma colui che umilia, che copre di vergogna l'orgoglioso e l'ambizioso, che condanna il peccato, è anche colui che rialza chi si pente. Se permette il castigo, pronuncia però con profondo affetto queste parole: "Cosa posso fare per te?" PR 221 4 Quando un uomo ha peccato contro un Dio santo e misericordioso l'atteggiamento più nobile che può assumere consiste nel pentirsi e confessare i propri errori con lacrime e amarezza. Questo è ciò che Dio richiede da lui. Egli accetta "un cuore rotto e uno spirito contrito". Ma il re Ioiakim e i suoi capi nella loro arroganza e nel loro orgoglio respinsero l'invito di Dio. Non intendevano prestare ascolto all'avvertimento divino e pentirsi: la generosa opportunità offerta loro quando fu bruciato il rotolo sacro, era l'ultima. Dio aveva detto che se avessero rifiutato di ascoltare la sua voce avrebbe inflitto loro una terribile punizione. Essi rifiutarono di seguire i suoi consigli ed egli, allora, pronunciò su Giuda il suo giudizio finale. Avrebbe severamente punito l'uomo che si era orgogliosamente opposto a lui. Cfr. Geremia 36:30, 31. PR 222 1 Con la distruzione del rotolo non cessarono gli avvertimenti divini. Era più facile sbarazzarsi delle parole scritte che dei rimproveri e degli avvertimenti che esprimevano e della minaccia del castigo per la nazione ribelle di cui aveva parlato il Signore. Il rotolo scritto fu riprodotto. Il Signore ordinò al suo servitore: "Procurati un altro rotolo e scrivici di nuovo tutti i messaggi che stavano nel primo, quello bruciato dal re Ioiakim". Il documento contenente le profezie su Giuda e su Gerusalemme era stato bruciato, ma "come un fuoco ardente" le parole erano sempre vive nel cuore di Geremia e al profeta fu permesso di riprodurre quello che l'ira dell'uomo si illudeva di avere distrutto. PR 222 2 "Allora Geremia si procurò un altro rotolo e lo consegnò al suo segretario Baruc, figlio di Neria: Geremia gli dettò tutti i messaggi contenuti nel rotolo bruciato da Ioiakim re di Giuda e ne aggiunse molti altri sullo stesso tono. Baruc scrisse tutto sul nuovo rotolo". Geremia 36:32. Un uomo aveva tentato, in preda all'ira, di contrastare l'opera del profeta, ma proprio la distruzione del rotolo da parte di Ioiakim offrì un'ulteriore opportunità per far conoscere ancora meglio la volontà di Dio. PR 222 3 Questa incapacità di accettare il rimprovero, che portò alla persecuzione e alla carcerazione di Geremia, esiste anche oggi. Molti si rifiutano di tener conto dei ripetuti avvertimenti preferendo piuttosto ascoltare i falsi maestri che lusingano la loro vanità e tollerano il loro comportamento poco corretto. Nei tempi della "distretta" essi non troveranno nessun rifugio sicuro, nessun aiuto divino. Invece i servitori di Dio affronteranno con coraggio e pazienza la prova e le sofferenze subite in quanto ingiustamente biasimati, trascurati e condannati. Essi però continueranno a compiere fedelmente l'opera che Dio ha affidato loro ricordandosi che i profeti del passato, il Salvatore dell'umanità e i suoi apostoli hanno dovuto anch'essi subire maltrattamenti e persecuzioni per amore della Parola di Dio. Dio desiderava che Ioiakim ascoltasse i consigli di Geremia e si guadagnasse il favore di Nabucodonosor sfuggendo così a possibili sofferenze. Il giovane re aveva giurato fedeltà al sovrano babilonese e se fosse rimasto fedele alla sua promessa si sarebbe assicurato il rispetto dei pagani e questo avrebbe permesso la conversione di molti uomini. Il re di Giuda disprezzò gli straordinari privilegi che gli erano stati accordati e continuò per la sua strada. Si rimangiò la parola data al re di Babilonia e si ribellò mettendo la sua figura e il suo regno sotto una cattiva luce. "Il Signore mandò bande di Babilonesi, Aramei, Moabiti e Ammoniti contro Ioiakim per distruggere il regno di Giuda" (2 Re 24:2) ed egli non poté impedire che la sua terra fosse invasa e saccheggiata. PR 223 1 Nell'arco di pochi anni si concluse il disastroso regno di Ioiakim, un uomo ormai disonorato, respinto da Dio, odiato dal suo popolo e disprezzato dai governanti babilonesi di cui aveva tradito la fiducia. Queste furono le conseguenze del fatale errore commesso rifiutando il piano di Dio rivelato dal suo messaggero. PR 223 2 Ioiakin, figlio di Ioiakim, regnò solo tre mesi e dieci giorni, poi si arrese agli eserciti babilonesi che, per colpa della ribellione del re di Giuda, ancora una volta avevano assediato la città. "Il re Nabucodonosor deportò in Babilonia il re Ioiakin e sua madre, le mogli del re, i funzionari di corte e i capi del regno di Giuda... Come il Signore aveva annunziato, Nabucodonosor portò via tutti i tesori del tempio e del palazzo reale...". 2 Re 24:15, 13. PR 223 3 Il regno di Giuda, privo di potere e di forza, continuò tuttavia a esistere come governo autonomo. Nabucodonosor scelse come governatore Mattania, il figlio più giovane di Giosia, cambiandogli il nome in Sedecia. ------------------------Capitolo 36: L'ultimo re di Giuda PR 224 1 All'inizio del suo regno il re Sedecia riscuoteva la stima del sovrano di Babilonia e aveva come consigliere di fiducia il profeta Geremia. Se si fosse comportato lealmente con i babilonesi, se avesse ascoltato i messaggi inviati dal Signore tramite Geremia, avrebbe goduto del rispetto di molti uomini potenti e avrebbe comunicato loro la conoscenza del vero Dio. Gli esuli che vivevano già a Babilonia avrebbero potuto fruire di maggior libertà. Inoltre il nome di Dio sarebbe stato onorato ovunque e gli israeliti rimasti in Palestina avrebbero evitato quelle terribili calamità che in seguito si sarebbero abbattute su di loro. PR 224 2 Geremia aveva raccomandato a Sedecia e al popolo di Giuda, compresi coloro che erano già stati deportati a Babilonia, di sottomettersi docilmente al temporaneo dominio dei conquistatori. Era particolarmente importante che coloro che si trovavano in cattività ricercassero la pace del paese nel quale erano esiliati. Tutto ciò però era contrario alle naturali propensioni del cuore umano e Satana, approfittando delle circostanze, suscitò falsi profeti sia a Gerusalemme sia in Babilonia. Essi dichiararono che presto il giogo della schiavitù sarebbe stato infranto e il prestigio della nazione restaurato. PR 224 3 Se si fosse dato ascolto a queste profezie così lusinghiere, il re e gli esuli avrebbero reagito in modo sbagliato e il piano di Dio in loro favore sarebbero risultato vano. Temendo scoppiasse un'insurrezione, che avrebbe suscitato grandi sofferenze, il Signore ordinò a Geremia di affrontare immediatamente la crisi che si profilava, avvertendo il re di Giuda delle inevitabili conseguenze di una ribellione. Furono inviate lettere agli esuli per esortarli a non lasciarsi ingannare da coloro che annunciavano una prossima liberazione. Geremia affermava: "...Non lasciatevi ingannare dai profeti che vivono in mezzo a voi né da quelli che predicono il futuro; non date retta a quelli che interpretano i vostri sogni". Geremia 29:8. Spiegava che Dio si proponeva di restaurare il regno di Israele alla fine dei settant'anni di cattività predetti dai suoi messaggeri. PR 224 4 Con quale tenera compassione Dio informò gli esuli dei suoi progetti per Israele! Egli sapeva che se i falsi profeti avessero convinto il popolo della sua prossima liberazione, la sua posizione in Babilonia sarebbe stata critica. Ogni manifestazione, ogni insurrezione avrebbero indotto le autorità caldee a esercitare un rigoroso controllo che avrebbe ristretto ancor più la libertà degli esuli e avrebbe provocato ulteriori difficoltà. Il Signore desiderava che gli israeliti si sottomettessero docilmente alla loro triste sorte, rendendo così la loro schiavitù più tollerabile. Il suo consiglio fu: "Costruite case e abitatele, coltivate orti e mangiatene i frutti... Lavorate per il benessere della città dove vi ho fatti deportare e pregate il Signore per lei, perché il vostro benessere dipende dal suo". Geremia 29:5, 7. PR 225 1 Tra i falsi dottori di Babilonia ce n'erano due che pretendevano di essere giusti ma la cui vita non era affatto coerente con le loro dichiarazioni. Geremia condannò il loro comportamento e li avvertì del pericolo a cui andavano incontro. Irritati per il rimprovero ricevuto, essi cercarono di ostacolare l'opera del profeta inducendo il popolo a screditare le sue parole e ad agire in aperto contrasto con i consigli di Dio di sottomettersi al re di Babilonia. Il Signore fece sapere tramite Geremia che questi falsi profeti sarebbero stati consegnati al re Nabucodonosor e giustiziati sotto i suoi occhi. Poco tempo dopo, questa predizione si realizzò alla lettera. PR 225 2 Alla fine dei tempi emergeranno alcuni uomini che provocheranno confusione e ribellione fra coloro che dicono di essere i rappresentanti del vero Dio. Questi falsi profeti incoraggeranno gli uomini a considerare il peccato con leggerezza e, quando si evidenzieranno i terribili risultati delle loro azioni, essi cercheranno di attribuirne la colpa a colui che li ha fedelmente avvertiti, proprio come gli ebrei accusarono Geremia delle loro avversità. Così come si realizzarono le parole dell'Eterno, pronunciate dal suo profeta, anche oggi i suoi messaggi si adempiranno sicuramente. PR 225 3 Geremia aveva sempre agito con coerenza consigliando la sottomissione ai babilonesi e rivolgendosi non soltanto a Giuda ma anche alle nazioni vicine. All'inizio del regno di Sedecia, ambasciatori di Edom, di Moab, di Tiro e di altre nazioni andarono dal re di Giuda per chiedergli se credeva fosse giunto il momento adatto per unirsi e ribellarsi contro il re di Babilonia. PR 225 4 Mentre questi ambasciatori stavano aspettando una risposta la parola del Signore giunse a Geremia: "Procurati alcuni gioghi di legno con cinghie e mettili sulle spalle. Dovrai mandarne uno a ciascuno dei re di Edom, di Moab, di Ammon, di Tiro e di Sidone, per mezzo dei loro ambasciatori venuti a Gerusalemme per incontrare Sedecia re di Giuda". Geremia 27:2. PR 225 5 Geremia ricevette l'ordine di informare gli ambasciatori che Dio li aveva dati in mano a Nabucodonosor, re di Babilonia, e che avrebbero servito "lui, suo figlio e suo nipote. Poi verrà il momento in cui anche il suo regno sarà sottomesso da nazioni numerose e da re potenti". Geremia 27:7. PR 226 1 Gli ambasciatori furono inoltre invitati a dichiarare ai loro sovrani che se avessero rifiutato di servire il re di Babilonia sarebbero stati puniti "...con la guerra, la carestia, e la peste..." (Geremia 27:8) fino a essere sterminati. Non dovevano prendere in considerazione l'insegnamento dei falsi profeti che davano loro il consiglio contrario. Cfr. Geremia 27:8-11. Il castigo più opportuno che un Dio misericordioso potesse infliggere a un popolo così ribelle era la sottomissione al dominio babilonese, ma se il popolo si fosse ribellato a questo decreto che stabiliva la loro servitù avrebbe subito tutto il rigore del suo castigo. PR 226 2 Lo stupore delle nazioni riunite in consiglio raggiunse il colmo quando Geremia, carico del giogo che simboleggiava la schiavitù, trasmise loro la volontà divina. Contro la loro decisa opposizione, Geremia sostenne con fermezza la politica della sottomissione. Fra coloro che si opponevano al consiglio del Signore c'era Anania, uno dei falsi profeti ben noto al popolo. Pensando di guadagnarsi il favore del re e della corte reale, egli protestò dicendo che Dio gli aveva trasmesso parole di incoraggiamento per gli ebrei: "Questo è il messaggio che il Signore dell'universo, Dio d'Israele, vi fa sapere: "Per me, il giogo che il re di Babilonia vi ha imposto, è già spezzato. Ancora un paio d'anni e poi farò riportare in questo tempio tutti gli arredi preziosi che il re Nabucodonosor ha preso di qui per portarseli a Babilonia. Farò ritornare anche Ieconia re dì Giuda e figlio di Ioiakim con la gente di Giuda deportata a Babilonia. Certamente, spezzerò il giogo che il re di Babilonia vi ha imposto..."". Geremia 28:2-4. PR 226 3 Geremia supplicò allora i sacerdoti e il popolo di sottomettersi al re di Babilonia per il periodo di tempo stabilito dal Signore. Agli uomini di Giuda citò le profezie di Osea, Abacuc, Sofonia e di altri i cui messaggi di rimprovero e di avvertimento erano stati simili ai suoi. Egli ricordò loro gli eventi trascorsi che si erano verificati in adempimento di profezie relative al castigo per i peccati non confessati. Nel passato i giudizi di Dio avevano colpito gli impenitenti realizzando le predizioni dei suoi messaggeri. PR 226 4 Geremia concluse: "...se un profeta annuncia la pace, bisogna prima aspettare che si realizzino le sue parole, per sapere se il Signore lo ha davvero incaricato". Geremia 28:9. Se Israele avesse scelto di correre questo rischio, gli sviluppi futuri avrebbero stabilito chi fosse il vero profeta. Le parole di Geremia, che consigliavano la sottomissione, spinsero Anania a una sfida audace; prendendo il giogo simbolico dal collo di Geremia lo spezzò dicendo: "In questo modo, entro due anni, farò a pezzi il giogo che Nabucodonosor re di Babilonia ha messo sulle spalle di tutte le nazioni. Allora il profeta Geremia si allontanò". Geremia 28:11. Evidentemente Geremia non poteva far altro che ritirarsi dalla scena. Ma gli fu dato un altro messaggio: "Questo è il messaggio del Signore: "Tu hai spezzato un giogo di legno, ma dovrai sostituirlo con uno di ferro... Ho messo un giogo di ferro sulle spalle di queste nazioni per farle schiave di Nabucodonosor re di Babilonia...". Poi, il profeta Geremia concluse con queste parole: "Parliamoci chiaro, Anania, il Signore non ti ha mandato. Sei stato tu che hai spinto questo popolo a fidarsi di cose non vere. Per questo motivo il Signore ha deciso di farti sparire da questa terra. Entro quest'anno tu morirai, perché hai spinto il popolo a ribellarsi contro il Signore". Il profeta Anania morì nel settimo mese di quello stesso anno". Geremia 28:13-17. PR 227 1 Il falso profeta aveva minato ancor più la fiducia del popolo in Geremia e nel suo messaggio. Con arroganza si era dichiarato messaggero del Signore e per questo fu punito con la morte. Nel quinto mese Geremia aveva profetizzato la morte di Anania e nel settimo mese le sue parole si erano adempiute alla lettera. PR 227 2 Per il fermento provocato dalle affermazioni dei falsi profeti, Sedecia fu sospettato di tradimento, e solo grazie a un'abile manovra poté continuare a regnare come vassallo. L'occasione gli si presentò poco dopo il ritorno degli ambasciatori da Gerusalemme alle loro rispettive nazioni, mentre il re di Giuda accompagnava Seraia in un'importante missione a Babilonia. Durante questa visita alla corte dei caldei, Sedecia rinnovò a Nabucodonosor il giuramento di fedeltà. PR 227 3 Tramite Daniele e altri esuli ebrei il monarca babilonese venne a conoscenza del potere e della suprema autorità del vero Dio; e così, quando Sedecia promise ancora una volta solennemente di rimanere fedele, il re Nabocodonosor gli chiese di giurare nel nome del Signore, il Dio d'Israele. Se Sedecia avesse rispettato questo suo giuramento la sua lealtà avrebbe profondamente influenzato molti uomini che stavano osservando la condotta di coloro che affermavano di rispettare il nome del Dio degli ebrei. PR 227 4 Ma il re di Giuda trascurò il grande privilegio di onorare il nome del Dio vivente. La Scrittura afferma a proposito di Sedecia: "Egli andò contro la volontà del Signore; anche quando il profeta Geremia lo rimproverò da parte del Signore non riconobbe le sue colpe... Fu sempre ostinato e si rifiutò decisamente di tornare al Signore Dio d'Israele". 2 Cronache 36:12, 13. PR 227 5 Mentre Geremia continuava a testimoniare nel paese di Giuda, Ezechiele era stato inviato come profeta fra gli esuli di Babilonia per avvertirli, confortarli e anche per confermare la parola del Signore trasmessa da Geremia. Durante gli ultimi anni del regno di Sedecia, Ezechiele sottolineò chiaramente la follia di chi si fidava dei falsi profeti che illudevano gli esuli annunciando un prossimo ritorno a Gerusalemme. Egli ebbe anche l'incarico di profetizzare, tramite un gran numero di simboli e messaggi solenni, l'assedio e la distruzione di Gerusalemme. PR 228 1 Il sesto anno del regno di Sedecia il Signore rivelò in visione a Ezechiele alcune delle abominazioni che si commettevano a Gerusalemme nella casa di Dio e perfino nel cortile interno. Davanti allo sguardo attonito del profeta passarono in rapida successione "figure di rettili, di altre bestie e di tutti gli sporchi idoli degli Israeliti". Ezechiele 8:10. PR 228 2 Coloro che avrebbero dovuto essere i capi spirituali, i settanta "anziani del popolo d'Israele", furono visti offrire incenso davanti agli idoli dipinti nelle stanze del recinto sacro del cortile del tempio; gli uomini di Giuda, mentre erano impegnati in questi riti pagani, si illudevano dicendo: "Il Signore non ci vede, ha abbandonato la nostra terra". Ezechiele 8:11-13. Ma il profeta doveva vedere "azioni ancora peggiori". Alla porta che immetteva nel cortile interno gli furono mostrate "donne sedute che piangevano la morte del dio Tammuz... All'entrata del santuario, tra il portico e l'altare, c'erano circa venticinque uomini. Con le spalle al santuario e il viso rivolto a oriente si inchinavano fino a terra per adorare il sole". Ezechiele 8:13-16. PR 228 3 A questo punto l'essere glorioso che accompagnava Ezechiele in questa incredibile visione delle malvagità negli alti luoghi del paese di Giuda chiese al profeta: "Hai visto, Ezechiele? Ma alla gente di Giuda non bastano le azioni abominevoli che commette qui. Anzi riempie il territorio di violenza e mi offende ancora di più. Inoltre avvicina il ramo al suo naso. Ma anch'io li tratterò con furore. Non avrò pietà, non risparmierò nessuno. Urleranno per chiedermi aiuto, ma non li ascolterò". Ezechiele 8:17, 18. PR 228 4 Dio aveva dichiarato tramite Geremia a proposito di coloro che osavano parlare al popolo in suo nome: "Anche i profeti e i sacerdoti sono diventati senza scrupoli: li ho sorpresi a commettere il male perfino dentro il mio tempio". Geremia 23:11. PR 228 5 Fra le terribili accuse contro Giuda che si leggono nel racconto finale di colui che scrive la cronaca del regno di Sedecia, viene citata anche la violazione alla santità del tempio: "Anche i capi dei sacerdoti e del popolo commisero infedeltà su infedeltà, seguirono i culti indegni degli altri popoli. Non rispettarono la santità del tempio che il Signore si era scelto in Gerusalemme". 2 Cronache 36:14. PR 228 6 Il giorno del giudizio di Giuda si avvicinava rapidamente. Il popolo non poteva più nutrire la speranza di riuscire a sfuggire ai suoi giudizi. Il Signore chiedeva: "...pensano forse di cavarsela?..." Geremia 25:29. PR 229 1 Queste parole furono accolte con ironia. Essi dicevano: "Passano i giorni e non si avvera nessuna visione". Rifiutando il messaggio profetico furono severamente rimproverati: "...annunzia loro che io realizzerò immediatamente le mie minacce. Lo dichiaro io, il loro Dio, il Signore". Ezechiele 12:28; cfr. Ezechiele 12:21-27. PR 229 2 Sedecia fu il primo a portare il paese alla rovina. Abbandonando completamente i consigli del Signore trasmessi tramite i suoi profeti, dimenticando il debito di gratitudine che aveva nei confronti del re Nabucodonosor, violando il solenne giuramento di fedeltà fatto nel nome del Signore Dio d'Israele, il re di Giuda si era ribellato ai profeti, al suo benefattore e a Dio. Nella vanità della propria saggezza si era rivolto all'antico nemico d'Israele per ricevere aiuto; egli aveva "...inviato messaggeri al re di Egitto a chiedere cavalli e molti soldati". Cfr. Ezechiele 17:15-18. PR 229 3 Per "l'infame e sacrilego" re era giunto il giorno del giudizio. Il Signore decretò: "...tu deporrai la corona, ti leverai il turbante". A Giuda non sarebbe stato permesso di avere un re fino a quando Cristo stesso non avesse stabilito il suo regno. L'editto divino relativo al trono della casa di Davide fu: "Rovine, nient'altro che rovine! Ridurrò Gerusalemme in rovina. Questo accadrà solo quando arriverà chi ha avuto da me il permesso di castigarla". Ezechiele 21:30-32. ------------------------Capitolo 37: La deportazione a Babilonia PR 230 1 Il nono anno del regno di Sedecia, "...Nabucodonosor arrivò sotto Gerusalemme con tutto il suo esercito" (2 Re 25:1) e assediò la città. La situazione di Giuda era disperata. Cfr. Ezechiele 21:8, 10-12, 36. PR 230 2 Gli egiziani tentarono di soccorrere la città assediata e i caldei, per respingerli, abbandonarono momentaneamente l'assedio della capitale giudaica. Nel cuore di Sedecia rinacque la speranza e mandò un suo messaggero da Geremia chiedendogli di pregare Dio in favore della nazione. Il profeta rispose con parole terribili: i caldei sarebbero ritornati e avrebbero distrutto la città. Il decreto era stato emesso, la nazione non si era pentita e non poteva più scongiurare i giudizi divini. Il Signore avvertì il suo popolo: "Vi illudete se pensate che i babilonesi non torneranno più indietro. Quelli non se ne andranno affatto. Anche se voi riusciste a sconfiggere l'esercito babilonese e lasciaste in vita solo qualche ferito, questi si alzerà nella propria tenda e distruggerà la città col fuoco...". Geremia 37:9, 10. PR 230 3 Il rimanente di Giuda sarebbe stato deportato e avrebbe imparato tramite la sofferenza le lezioni che aveva rifiutato di imparare in circostanze più favorevoli. Il decreto divino era inappellabile. PR 230 4 Fra coloro che abitavano ancora a Gerusalemme, ai quali era stato rivelato il piano di Dio, alcuni decisero di sottrarre alle mani sacrileghe l'arca sacra che conteneva le tavole di pietra sulle quali erano stati scritti i precetti del Decalogo. Essi riuscirono a realizzare il loro progetto. Con estrema sofferenza e tristezza occultarono l'arca in una caverna dove sarebbe rimasta nascosta al popolo d'Israele e di Giuda a causa dei suoi peccati e non sarebbe stata mai più restituita. Quell'arca sacra è tuttora nascosta e non è mai stata riesumata. PR 230 5 Per molti anni Geremia si era presentato al popolo come fedele testimone di Dio; ora, mentre la città stava per cadere nelle mani dei pagani, egli ritenne di aver adempiuto la sua opera e cercò di andarsene, ma il figlio di uno dei falsi profeti glielo impedì. Egli riferì che Geremia stava per unirsi ai babilonesi ai quali, secondo le sue ripetute esortazioni, gli uomini di Giuda avrebbero dovuto sottomettersi. Il profeta respinse questa falsa accusa ma "...Ieria non volle sentir ragioni, prese Geremia e lo consegnò ai suoi superiori. Questi si infuriarono contro Geremia, lo bastonarono e lo fecero rinchiudere nella casa di Gionata...". Geremia 37:14, 15. PR 231 1 Le speranze nate nei cuori dei capi e del popolo quando gli eserciti babilonesi si diressero verso sud per affrontare gli egiziani svanirono ben presto. Dio aveva detto: "Agirò contro di te faraone, re d'Egitto". La potenza egiziana era solo una canna rotta. La parola ispirata aveva dichiarato: "Allora tutti gli abitanti dell'Egitto riconosceranno che io sono il Signore. Il sostegno che hai dato agli Israeliti è stato fragile come quello di una canna... Mentre le braccia del Faraone penderanno senza forza, io darò più forza a quelle del re di Babilonia... Allora tutti riconosceranno che io sono il Signore. Quando disperderò gli egiziani fra popoli e nazioni straniere, allora riconosceranno che io sono il Signore". Ezechiele 29:3, 6; Ezechiele 30:25, 26. PR 231 2 Mentre i capi di Giuda stavano ancora aspettando invano l'aiuto dell'Egitto, il re Sedecia, pervaso da tristi presentimenti, pensava al profeta di Dio che era stato messo in prigione. Dopo molto tempo il re lo mandò a chiamare, lo interrogò di nascosto in casa sua e gli disse: "Hai qualche messaggio del Signore per me?" Geremia rispose: "Tu sarai consegnato prigioniero al re di Babilonia". Geremia inoltre domandò a re Sedecia: "Quale colpa ho commesso contro di te e i tuoi ufficiali o contro questo popolo? Perché mi avete messo in prigione? Piuttosto, dove sono finiti i vostri profeti che annunziavano: "Il re di Babilonia non verrà a combattere né contro di voi né contro questa terra?" Ed ora, re mio signore, ascolta la richiesta che ti rivolgo: non farmi tornare nella casa di Gionata, segretario di corte, se no io ci muoio. Allora il re Sedecia ordinò di rinchiudere Geremia nell'atrio della prigione e di dargli ogni giorno un pane. Così Geremia mentre era rinchiuso nell'atrio della prigione ricevette la sua razione di pane che gli veniva portata dalla via dei Fornai, finché in città non furono esaurite tutte le scorte". Geremia 37:17-21. PR 231 3 Il re non osava manifestare apertamente la sua fiducia in Geremia. La paura lo aveva spinto a consultare segretamente il profeta ma era troppo debole per sfidare la disapprovazione dei prìncipi e del popolo sottomettendosi alla volontà di Dio rivelatagli dal profeta. PR 231 4 Dal cortile del carcere Geremia continuò a consigliare sottomissione al dominio babilonese. Resistere significava votarsi a morte sicura. Il messaggio del Signore per Giuda fu: "Chi vuol rimanere in città, morirà in guerra, o di fame o di peste... Questa città cadrà certamente in mano all'esercito del re di Babilonia e sarà occupata". Geremia 38:3. Alla fine i capi, irritati per i ripetuti consigli di Geremia contrari alla loro politica di resistenza, protestarono vigorosamente con il re affermando che il profeta era un nemico della nazione, che le sue parole scoraggiavano il popolo e attiravano su di loro la sventura. Doveva essere condannato a morte. PR 232 1 Il re, codardo, sapeva che queste accuse erano false. Ma per placare coloro che occupavano posizioni importanti nel regno finse di credere alle loro menzogne e consegnò loro Geremia affinché decidessero di farne ciò che volevano. Il profeta fu quindi gettato "...nella cisterna di uno della famiglia reale, Malchia, che era situata nell'atrio della prigione. Lo calarono con delle corde nella cisterna. Non c'era acqua ma solo fango e Geremia vi sprofondò". Geremia 37:6. Dio allora ispirò ai suoi amici di supplicare il re ad agire in favore del profeta che fu ricondotto nella corte della prigione. PR 232 2 Ancora una volta il re mandò a cercare privatamente Geremia e gli chiese di riferirgli fedelmente quali erano i piani di Dio per Gerusalemme; in risposta Geremia domandò: "Se ti dico la verità, tu certamente mi farai uccidere; se ti do un consiglio tu non ne terrai conto! Ma Sedecia fece in segreto questo giuramento a Geremia: "Davanti al Signore vivente che ci ha donato la vita, ti giuro che non ti farò morire né ti consegnerò nelle mani di quegli uomini che cercano di ucciderti"". Geremia 38:15, 16. PR 232 3 Il re aveva dunque ancora un'occasione per prendere in considerazione gli avvertimenti di Dio e attenuare così, con la misericordia, i giudizi che già stavano abbattendosi sulla città e sulla nazione. "Se andrai ad arrenderti agli ufficiali del re di Babilonia, tu e la tua famiglia avrete salva la vita e questa città non sarà data alle fiamme. Ma se non ti arrenderai, questa città sarà data in potere ai Babilonesi: la distruggeranno col fuoco e anche tu non riuscirai a sfuggire alle loro mani". Il re rispose: "Ho paura degli abitanti di Giuda che sono passati dalla parte dei babilonesi. C'è pericolo che cada nelle loro mani e che mi maltrattino". Ma il profeta promise: "Ascolta piuttosto quel che ti dico da parte del Signore e ti andrà tutto bene: avrai salva la vita". Geremia 38:17-20. PR 232 4 Fino alla fine Dio espresse la sua disponibilità a manifestare misericordia nei confronti di coloro che avessero scelto di sottomettersi alla sua volontà. Se il re avesse scelto di ubbidire, la vita dei suoi sudditi sarebbe stata risparmiata e la città salvata dalla catastrofe. Egli però ritenne di essersi spinto troppo lontano per ritornare sui suoi passi. Temeva gli ebrei, temeva il ridicolo, non voleva rischiare la sua vita. Dopo anni di ribellione a Dio, Sedecia pensava che sarebbe stato troppo umiliante per lui dire al popolo: "Accetto le parole del Signore, trasmesse dal profeta Geremia, e non oso far guerra al nemico dopo tutti questi avvertimenti". PR 232 5 Con le lacrime agli occhi il profeta supplicò Sedecia di salvare se stesso e il popolo. Con tono angosciato gli assicurò che se non avesse ascoltato i consigli di Dio avrebbe perso la vita e tutti i suoi possedimenti sarebbero stati requisiti dai babilonesi. Il re però aveva intrapreso la via sbagliata e non voleva tornare indietro: decise di seguire il consiglio dei falsi profeti e di quegli uomini che in realtà disprezzava perché mettevano in ridicolo la sua debolezza nel cedere facilmente ai loro desideri. Rinunciò alla sua libertà per diventare schiavo dell'opinione pubblica. Indeciso nei confronti del male, Sedecia non aveva il coraggio di lottare per il bene. Convinto del valore del messaggio di Geremia non aveva però la forza per adeguarvisi e quindi si incamminò nella direzione opposta. PR 233 1 Il re aveva una paura tale che non osava neanche dire agli uomini della corte e ai suoi sudditi che aveva parlato con Geremia. Se avesse dichiarato apertamente che credeva alle parole del profeta, già in parte adempiute, quante sofferenze sarebbero state risparmiate! Se avesse detto: "Ubbidirò al Signore e così risparmierò Gerusalemme dalla rovina totale; non voglio disprezzare gli ordini di Dio per paura degli uomini o per garantirmi la loro approvazione; amo la verità, odio il peccato, seguirò i consigli dell'Onnipotente" allora il coraggio del re sarebbe stato rispettato e coloro che esitavano fra le fede e l'incredulità si sarebbero schierati dalla parte del bene. Questo atteggiamento coraggioso e imparziale avrebbe suscitato l'ammirazione e la lealtà dei suoi sudditi. Il re avrebbe potuto contare sul loro appoggio e Giuda non avrebbe subito i flagelli del massacro, della fame e del fuoco. PR 233 2 La debolezza di Sedecia fu un peccato che egli pagò con una terribile punizione. Il nemico dilagò come una valanga inarrestabile devastando la città. L'esercito israelita fu sconfitto e disperso e la nazione vinta. Il re fu fatto prigioniero e i suoi figli sgozzati sotto i suoi occhi. Egli fu deportato, gli furono strappati gli occhi e morì miseramente in Babilonia. Neanche il bel tempio che per oltre quattro secoli aveva coronato la cima del monte di Sion fu risparmiato dai caldei. Essi "incendiarono il tempio, abbatterono le mura di Gerusalemme, bruciarono tutti gli edifici e distrussero ogni cosa di valore". 2 Cronache 36:19. PR 233 3 Quando Nabudonosor distrusse Gerusalemme un gran numero di israeliti che erano sfuggiti agli orrori del lungo assedio furono uccisi con la spada. Fra coloro che sopravvissero, in particolare i capi dei sacerdoti e i prìncipi del regno, qualcuno fu condotto a Babilonia dove venne giustiziato come traditore. Altri furono deportati e resi schiavi di Nabucodonosor e dei suoi figli "...fino a quando sorse l'impero persiano. In questo modo si realizzò la parola del Signore annunziata dal profeta Geremia...". 2 Cronache 36:20, 21. PR 233 4 Di Geremia leggiamo: "Il re di Babilonia, Nabucodonosor, aveva dato al comandante generale Nabuzaradan le disposizioni seguenti nei confronti di Geremia: "Va' a cercarlo e abbi cura di lui. Bada che nessuno gli faccia del male, anzi concedigli tutto quel che vuole"". Geremia 39:11, 12. Liberato dal carcere dagli ufficiali babilonesi il profeta scelse di condividere la sorte del debole rimanendo "tra i poveri del paese" lasciati dai caldei per coltivare la terra. I babilonesi nominarono Godolia come governatore, ma soltanto pochi mesi dopo venne assassinato a tradimento. La popolazione, dopo aver attraversato prove dolorose, alla fine si lasciò convincere dai suoi capi a rifugiarsi in Egitto. Geremia protestò contro questa decisione: "Il Signore dice a voi, ultimi superstiti del regno di Giuda, di non andare in Egitto". Geremia 42:19. Ma il consiglio ispirato non fu ascoltato e "...gli ultimi superstiti del regno di Giuda... Portarono con sé anche Geremia e Baruc. Andarono tutti in Egitto senza tener conto della proibizione del Signore e giunsero nella città di Tafni". Geremia 43:5-7. PR 234 1 Le profezie di Geremia relative al giudizio e rivolte a coloro che si erano ribellati a Nabucodonosor fuggendo in Egitto, contenevano anche delle promesse di perdono per tutti coloro che si fossero pentiti e fossero stati disposti a ritornare nel loro paese. Dio non avrebbe risparmiato coloro che trascurando i suoi consigli si sarebbero lasciati influenzare dall'idolatria egiziana, ma avrebbe dimostrato misericordia per coloro che sarebbero rimasti fedeli. Cfr. Geremia 44:28. PR 234 2 Il dolore del profeta per la malvagità di coloro che dovevano essere la luce spirituale del mondo, per la sorte di Sion e del popolo deportato in Babilonia è espresso nelle lamentazioni da lui lasciate come memoriale della follia manifestata nell'aver abbandonato i consigli dell'Eterno per seguire la saggezza umana. Fra i cumuli di rovine, poté ancora dichiarare: "Di che cosa si lamenta, allora, l'uomo se, malgrado i suoi peccati, è ancora in vita?" Egli pregava costantemente dicendo: "Esaminiamo con attenzione il nostro comportamento e torniamo al Signore". Lamentazioni 3:22, 40. PR 234 3 La grande fede del profeta nei progetti eterni di Dio -- piani che avrebbero dovuto portare ordine nella confusione e testimoniare nei confronti delle nazioni e di tutto l'universo gli attributi divini della giustizia e dell'amore -- lo condusse a pregare con fiducia per coloro che avrebbero potuto abbandonare il male. PR 234 4 Sion era completamente distrutta e il popolo di Dio era stato condotto in cattività. Sopraffatto dalla tristezza il profeta esclamò: "È stata proprio abbandonata da tutti la città prima tanto popolata! Era così rinomata tra le nazioni, e ora è come una vedova. Era signora e dominava tra le province e ora è costretta ai lavori forzati. Passa le notti a piangere e le lacrime rigano le sue guance. Tra quelli che l'amavano più nessuno ora la consola. Tutti i suoi amici l'hanno tradita, anzi sono diventati suoi nemici. Giuda va in esilio deportata, soffre per la miseria e la più dura schiavitù. Vive tra le nazioni, ma non trova dove stabilirsi. Quando era in difficoltà, è stata raggiunta dai suoi persecutori. Le strade di Sion sono in lutto perché nessuno va più alle feste, le sue piazze sono deserte. I suoi sacerdoti sospirano, le sue ragazze sono tristi. In Sion c'è solo amarezza...". Cfr. Lamentazioni 1:1-4; 2:1-4, 13; 5:1-3, 7, 8, 17, 19-22. ------------------------Capitolo 38: Luce nelle tenebre PR 236 1 Gli anni bui, di distruzione e di morte, che segnarono la fine del regno di Giuda avrebbero suscitato la disperazione anche nel cuore più coraggioso se non ci fossero stati gli incoraggiamenti dei messaggeri di Dio. Per mezzo di Geremia a Gerusalemme, di Daniele alla corte di Babilonia, di Ezechiele sulle rive del fiume Chebar, il Signore nella sua misericordia aveva fatto conoscere chiaramente il suo progetto eterno e aveva assicurato che avrebbe adempiuto per il popolo eletto le promesse contenute negli scritti di Mosè. Ciò che aveva garantito a coloro che sarebbero rimasti fedeli, lo avrebbe sicuramente adempiuto. La Parola di Dio è "viva ed eterna". 1 Pietro 1:23. PR 236 2 Quando il suo popolo errava nel deserto Dio aveva fatto il possibile perché si ricordasse delle parole della sua legge. Dopo l'insediamento degli israeliti in Canaan i precetti divini dovevano essere ripetuti ogni giorno e in ogni famiglia. Era necessario scriverli sugli stipiti delle porte e all'ingresso della città, su delle tavolette, musicarli e farli cantare da giovani e anziani. Veniva raccomandato ai sacerdoti di insegnarli alle assemblee e i capi del paese dovevano studiarli ogni giorno. Cfr. Giosuè 1:8. PR 236 3 Giosuè fece conoscere gli scritti di Mosè a tutto il popolo. Cfr. Giosuè 8:35. Tutto questo era in armonia con l'ordine che Dio aveva dato riguardo alla lettura del libro della legge che era prevista ogni sette anni in occasione della Festa della Capanne. Cfr. Deuteronomio 31:12, 13. PR 236 4 Come sarebbe stata diversa la storia di Israele se quest'ordine fosse stato osservato negli anni successivi. Soltanto sviluppando il rispetto per la sacra Parola di Dio, gli israeliti avrebbero visto adempiersi il progetto divino. L'osservanza della legge di Dio rese forte Israele durante il regno di Davide e nei primi anni di governo di Salomone. Fu grazie alla fede nella Parola di Dio che venne attuata una riforma ai tempi di Elia e di Giosia. È proprio a queste stesse Parole di verità, la più ricca eredità di Israele, che si richiamò Geremia nel suo impegno in vista di una riforma. Ovunque svolgesse il suo ministero rivolgeva al popolo lo stesso invito: "Ascoltate i termini dell'alleanza!" (Geremia 11:2); queste parole dovevano portare le persone a una piena conoscenza del desiderio divino di estendere a tutte le nazioni il piano della salvezza. PR 237 1 Negli ultimi anni dell'apostasia di Giuda le esortazioni dei profeti sembravano avere scarsa rilevanza e, quando gli eserciti caldei vennero per la terza e ultima volta ad assediare Gerusalemme, la speranza abbandonò ogni cuore. Geremia predisse la totale distruzione della città santa e proprio la sua insistenza per la capitolazione provocò il suo arresto. Dio però non lasciò nella disperazione più assoluta coloro che gli erano rimasti fedeli. Proprio mentre Geremia era strettamente sorvegliato da coloro che disprezzavano i suoi messaggi, ricevette nuove rivelazioni relative al desiderio di Dio di perdonarli e salvarli. Basandosi sulle sicure promesse di Dio, Geremia, con un esempio adeguato, illustrò agli abitanti della città condannata la sua profonda fiducia nell'adempimento finale del progetto di Dio per il suo popolo. Alla presenza di testimoni e nel rispetto di tutte le necessarie formalità legali, egli acquistò per diciassette sicli d'argento un campo che apparteneva ai suoi antenati, situato nei dintorni del villaggio di Anatot. PR 237 2 Da un punto di vista umano l'acquisto di questo terreno, in un territorio che era già sotto il controllo dei babilonesi, sembrò un atto di follia. Il profeta stesso aveva predetto la distruzione di Gerusalemme, la desolazione di Giuda e la totale rovina del regno. Aveva profetizzato un lungo periodo di cattività nella lontana Babilonia; essendo già in età avanzata, non poteva sperare di trarre un beneficio personale da questo acquisto. Ma lo studio delle profezie contenute nelle Scritture lo aveva convinto che il Signore avrebbe restituito ai suoi figli deportati l'antico possesso della terra promessa. Con gli occhi della fede Geremia vedeva il ritorno degli esuli, alla fine degli anni di tribolazione, per occupare nuovamente la terra dei loro padri. Con l'acquisto del terreno ad Anatot egli fece il possibile per infondere negli altri quella stessa speranza che confortava il suo cuore. PR 237 3 Dopo aver firmato gli atti di cessione della proprietà e averli fatti controfirmare dai testimoni, Geremia disse a Baruc, il suo segretario: "Il Signore dell'universo, Dio d'Israele, comanda di prendere le due copie del contratto di acquisto, la copia sigillata e quella rimasta aperta, e di metterle in un'anfora di terra cotta perché si possano conservare per molto tempo. Infatti il Signore dell'universo, Dio d'Israele, afferma che un giorno si compreranno ancora case, campi e vigne in questa regione". Geremia 32:14, 15. PR 237 4 All'epoca di questa particolare transazione, le prospettive per Giuda erano così scoraggianti che subito dopo aver perfezionato i termini dell'acquisto e aver provveduto all'archiviazione dei documenti scritti, la fede di Geremia, per quanto incrollabile, fu messa a dura prova! Desiderando incoraggiare Giuda aveva forse commesso un atto avventato e presuntuoso? Aveva forse suscitato false speranze volendo ispirare la fiducia nelle promesse divine? Coloro che avevano stipulato un patto con Dio avevano da tempo disprezzato queste promesse: si sarebbero mai realizzate completamente? Perplesso, oppresso dal dolore per le sofferenze di coloro che avevano rifiutato di pentirsi dei loro peccati, il profeta si rivolse a Dio per ricevere un'ulteriore spiegazione sulle sue intenzioni nei confronti dell'umanità. Pregò: "Signore mio Dio, tu con la tua grande forza e potenza hai creato il cielo e la terra. Niente è troppo difficile per te. Tu dimostri il tuo amore a mille generazioni, però fai anche scontare ai figli le conseguenze dei peccati dei genitori. Sei un Dio grande e forte e il tuo nome è: Signore dell'universo... Fai progetti grandiosi e li realizzi tutti. Tu segui con attenzione l'agire degli uomini per trattare ciascuno secondo la sua condotta e in base al risultato delle sue azioni... Hai dato agli Israeliti questa terra dove scorre latte e miele, come avevi promesso con giuramento ai loro antenati. Essi arrivarono in questa terra e ne presero possesso. Però non hanno ascoltato quel che tu dicevi, non si sono comportati secondo le tue istruzioni, non hanno fatto quel che tu comandavi. Perciò tu hai mandato su di loro tutte queste sciagure". Geremia 32:17-23. PR 238 1 Gli eserciti di Nabucodonosor stavano per prendere d'assalto le mura di Sion. Migliaia morivano in un'ultima disperata difesa della città e molte altre migliaia stavano morendo di fame e di epidemie. Il destino di Gerusalemme era segnato: "...ormai hanno portato le loro macchine di assedio fin sotto le mura per occuparla -- continuò il profeta nella sua preghiera. La guerra, la carestia e la peste stanno per far cadere la città nelle loro mani... e tu, Signore mio Dio, mi ordini di comperarmi il campo e di pagarlo davanti a testimoni!" Geremia 32:24, 25. PR 238 2 Dio esaudì la preghiera del profeta. In quel momento particolarmente difficile, mentre la fede del suo messaggero era messa alla prova, il Signore rispose: "Io sono il Signore, il Dio di tutti gli uomini. Niente è troppo difficile per me". Geremia 32:26, 27. La città sarebbe presto caduta nelle mani dei caldei, le sue porte e i suoi palazzi sarebbero stati dati alle fiamme. Nonostante questa distruzione fosse imminente e gli abitanti di Gerusalemme stessero per essere deportati, il disegno eterno di Dio per Israele si sarebbe comunque realizzato. PR 238 3 Per incoraggiare coloro sui quali si sarebbero abbattuti i suoi giudizi, rispondendo alla preghiera del suo servitore, il Signore dichiarò: "...un giorno li radunerò di nuovo, li ricondurrò qui e li farò vivere tranquilli. Essi saranno di nuovo il mio popolo e io sarò il loro Dio... Sono stato io, il Signore, a colpire il popolo di Giuda con una grande sciagura; e sarò ancora io a procurargli tutto il bene che ho promesso. Voi dite che questa terra è stata ridotta a un deserto, senza uomini e senza animali, abbandonata nelle mani dei Babilonesi. Invece proprio in questa terra la gente ricomincerà a comperare i campi. Nel territorio di Beniamino, nei dintorni di Gerusalemme, nelle città di Giuda, nelle città della montagna... dovunque la gente potrà acquistare campi... perché io cambierò la loro sorte. Lo prometto io, il Signore". Geremia 32:37-44; cfr. 33:1-14. PR 239 1 Ecco come la chiesa di Dio fu incoraggiata in uno dei momenti più difficili del suo lungo conflitto con le forze del male; Satana sembrava trionfare nel suo tentativo di distruggere Israele, ma il Signore stava dirigendo gli eventi e, nel corso degli anni seguenti, il suo popolo avrebbe avuto l'opportunità di riscattare il passato. Il suo messaggio alla chiesa fu: "Non abbiate paura, discendenti del mio servo Giacobbe, non lasciatevi abbattere, voi che appartenete al popolo d'Israele! Presto verrò a liberarvi da questa terra lontana dove siete in esilio con i vostri figli. Ritornerete e vivrete tranquilli, discendenti di Giacobbe, vivrete in pace e nessuno vi darà fastidio, perché io sono con voi per salvarvi... io ti ridarò la salute, ti guarirò dalle tue ferite". Geremia 30:10, 11, 17. PR 239 2 Nei giorni lieti della restaurazione le tribù dell'Israele diviso sarebbero state riunite in un sol popolo. Dio sarebbe stato riconosciuto sovrano di "tutte le famiglie d'Israele". "Il Signore dice: "Cantate di gioia per il popolo di Giacobbe, rallegratevi con la prima tra le nazioni! Cantate le vostre lodi a Dio e dite: 'Il Signore ha salvato il suo popolo, ha liberato i superstiti di Israele'. Infatti io li riconduco dalle regioni del nord, li raduno dai punti più lontani della terra. Ritorneranno con loro anche i ciechi e gli zoppi... Sono partiti piangendo, li farò ritornare con lacrime di gioia. Li condurrò a torrenti ricchi d'acqua, per una strada comoda, dove non inciamperanno, perché io sono un padre per Israele, ed Efraim è il mio primogenito"". Geremia 31:7-9. PR 239 3 Coloro che un tempo erano stati favoriti da Dio, fra tutti i popoli della terra, ora erano umiliati davanti ai pagani: essi dovevano imparare in esilio l'ubbidienza necessaria per la loro felicità futura. Fino a quando non avessero compresero questa lezione Dio non avrebbe potuto compiere per loro tutto ciò che desiderava. "...Però vi punirò come è giusto, perché non posso considerarvi innocenti...". Geremia 30:11. Questa punizione aveva come obiettivo il bene spirituale degli israeliti. Coloro che erano stati l'oggetto del suo tenero amore non sarebbero stati respinti per sempre. Davanti a tutte le nazioni del mondo l'Eterno avrebbe dimostrato di poter mutare in vittoria un'apparente sconfitta e di salvare anziché distruggere. Al profeta venne dato questo messaggio: "... "Il Signore aveva disperso Israele, ma ora lo raduna e lo custodisce come fa un pastore con il suo gregge". Infatti il Signore ha liberato i discendenti di Giacobbe, li ha strappati dalle mani di un nemico più forte di loro. Essi verranno sul monte Sion e canteranno di gioia, i loro occhi s'illumineranno di fronte ai doni che il Signore ha preparato...". Cfr. Geremia 31:10-14, 23-25, 31-34. ------------------------Capitolo 39: Alla corte di Babilonia PR 241 1 Tra i figliuoli d'Israele deportati a Babilonia all'inizio dei settant'anni di cattività vi erano credenti fedeli alla loro nazione, uomini saldamente radicati ai princìpi, uomini capaci di resistere all'egoismo di onorare Dio a qualsiasi costo. Desideravano soltanto contribuire alla realizzazione del suo piano offrendo alle nazioni pagane le benedizioni derivanti dalla conoscenza dell'Eterno. Essi dovevano essere i suoi rappresentanti, senza compromettersi con l'idolatria, ma conservando intatta la loro fede e il loro nome in quanto adoratori del Dio vivente. Essi avrebbero glorificato Dio nell'avversità così come lo avevano fatto nella prosperità. PR 241 2 Il fatto che questi uomini, fedeli all'Eterno, fossero esuli in Babilonia e i vasi sacri della casa di Dio fossero stati collocati nel tempio degli dei babilonesi solleticò l'orgoglio dei vincitori e li convinse che la loro religione e le loro tradizioni fossero superiori a quelle degli ebrei. PR 241 3 Tuttavia, proprio tramite le umiliazioni imposte a Israele, a causa della sua infedeltà, l'Eterno diede a Babilonia la prova evidente della sua supremazia, della santità delle sue esigenze e dei sicuri risultati dell'ubbidienza. Ma questa testimonianza poteva essere trasmessa solo da coloro che gli erano rimasti fedeli. PR 241 4 Fra questi vi erano Daniele e i suoi tre compagni: esempi straordinari di ciò che possono diventare gli uomini che vivono in comunione con un Dio saggio e potente. Dalla relativa semplicità delle loro famiglie ebraiche questi giovani di stirpe reale furono trapiantati nella più opulenta delle città e nella corte del più grande monarca del mondo. Nabucodonosor "...ordinò poi ad Asfenaz, capo dei funzionari di corte, di scegliere tra gli Israeliti alcuni giovani della famiglia reale o nobili. Dovevano essere senza difetti fisici, di bella presenza e robusti; dovevano essere pieni di saggezza, intelligenza e prudenza per poter entrare al servizio del re...". Daniele 1:3-5. PR 241 5 "Fra gli scelti c'erano quattro giovani della tribù di Giuda: Daniele, Anania, Misaele e Azaria". Daniele 1:6. Scoprendo in questi giovani i segni di una rara intelligenza, Nabucodonosor decise che venissero preparati per occupare importanti posizioni nel regno. Per qualificarli maggiormente per questi compiti fece in modo che imparassero la lingua dei caldei e per tre anni furono loro concessi vantaggi eccezionali riservati ai prìncipi. PR 242 1 I nomi di Daniele e dei suoi compagni furono cambiati con altri che evocavano divinità caldee. I genitori ebrei attribuivano grande significato ai nomi che davano ai figli. Spesso i nomi indicavano quelle doti di carattere che desideravano si sviluppassero nel bambino. Fu il principe, cui erano stati affidati i giovani deportati che cambiò loro il nome: Daniele fu chiamato Baltazzar, Anania Sadrach, Misaele Mesach e Azaria Abdenego. PR 242 2 Il re non costrinse i giovani ebrei a rinunciare alla loro fede religiosa in favore dell'idolatria, ma sperava di pervenirvi gradualmente. Dando loro nomi che avevano un preciso significato pagano, mettendoli in contatto quotidianamente con le abitudini tipiche dell'idolatria e influenzandoli con i seducenti riti del culto pagano sperava di riuscire a indurli a rinunciare alla religione della loro nazione per accettare quella dei babilonesi. PR 242 3 Fin dall'inizio della loro vita a corte, i quattro ragazzi dovettero affrontare una dura prova: dovevano nutrirsi del cibo e del vino provenienti dalla tavola del re. Il sovrano pensava di dimostrare in questo modo quanto ci tenesse al loro benessere fisico. Però, siccome una porzione del cibo della mensa reale veniva offerta agli idoli, accettarla sarebbe stato considerato un omaggio tributato agli dei di Babilonia. Daniele e i suoi compagni rifiutarono di condividere tale offerta. Il semplice fatto di consumare quel cibo e di bere quel vino avrebbe significato rinnegare la loro fede. Se lo avessero fatto si sarebbero schierati dalla parte del paganesimo e avrebbero disonorato i princìpi della legge di Dio. PR 242 4 Essi non vollero rischiare di assuefarsi agli effetti eccitanti che il lusso e i piaceri avrebbero prodotto sullo sviluppo fisico, mentale e spirituale: conoscevano bene la vicenda di Nadab e Abihu e anche i risultati della loro intemperanza ricordati nel libro del Pentateuco. Sapevano che l'uso del vino avrebbe gravemente danneggiato le loro facoltà fisiche e mentali. PR 242 5 Daniele e i suoi compagni erano stati abituati dai loro genitori a una vita di stretta temperanza. Era stato insegnato loro che Dio li avrebbe ritenuti responsabili delle loro capacità per cui non dovevano mai frenarne lo sviluppo o indebolirle. Questa educazione avrebbe preservato Daniele e i suoi compagni dagli influssi negativi della corte di Babilonia. Erano circondati da forti tentazioni, ma resistettero fedelmente. Nessuna potenza, nessun influsso avrebbero potuto intaccare i princìpi che erano stati inculcati loro fin dall'infanzia, grazie allo studio della Parola di Dio e delle sue opere. PR 243 1 Se Daniele lo avesse desiderato avrebbe potuto trovare nell'ambiente che lo circondava una scusa valida per rinunciare alle sue abitudini di temperanza. Avrebbe potuto sostenere che, essendo alle dipendenze del re, non poteva evitare di mangiare i suoi cibi e bere il suo vino; infatti adeguandosi agli insegnamenti divini avrebbe offeso il monarca, rischiando di perdere il suo incarico e forse la sua stessa vita. Se si fosse allontanato dai comandamenti di Dio avrebbe ottenuto l'approvazione del re e si sarebbe assicurato vantaggi intellettuali e un brillante avvenire. PR 243 2 Ma Daniele non esitò. Teneva più all'approvazione di Dio che a quella del più potente monarca, gli era più cara della sua stessa vita. Perciò decise di restare fedele a qualsiasi costo. Egli "...decise in cuor suo di non diventare impuro mangiando lo stesso cibo e bevendo lo stesso vino della tavola del re" (Daniele 1:8) e i suoi tre compagni condivisero la sua scelta. PR 243 3 Prendendo questa decisione i giovani ebrei non agirono con presunzione ma con piena fiducia in Dio. Essi non scelsero semplicemente di distinguersi: non vollero disonorare Dio. Se fossero scesi a compromesso con il male, cedendo alle pressioni esercitate dalle circostanze, l'abbandono dei loro princìpi avrebbe indebolito la loro percezione del bene e la loro avversione per il male. Il primo passo falso ne avrebbe generati altri fino al punto di interrompere il loro rapporto con Dio lasciandosi trascinare dalla tentazione. PR 243 4 "Dio concesse a Daniele la simpatia e la benevolenza del capo dei funzionari" per cui la sua richiesta di non contaminarsi fu accolta con rispetto, però il capo esitava a soddisfarla: "Il re in persona ha stabilito quel che dovete mangiare e bere. Ho paura che vi trovi più magri degli altri giovani della vostra età, e così io rischio la vita a causa vostra". Daniele 1:9, 10. PR 243 5 All'ufficiale a cui era stata affidata la cura dei giovani ebrei Daniele disse: "Ti prego, mettici alla prova per dieci giorni: dacci da mangiare soltanto legumi e da bere soltanto acqua. Alla fine confronterai il nostro aspetto con quello dei giovani che mangiano lo stesso cibo del re. Allora deciderai di conseguenza verso di noi". Daniele 1:12, 13. PR 243 6 Daniele si rivolse all'ufficiale incaricato della sorveglianza dei giovani ebrei per chiedergli di volerli dispensare dal cibo e dalle bevande del re. Egli propose di sottoporli a questa prova per dieci giorni: essi si sarebbero accontentati di un cibo frugale mentre gli altri giovani avrebbero mangiato i cibi del re. PR 243 7 Pur temendo di incorrere nella disapprovazione del re aderendo a questa richiesta, acconsentì e Daniele capì di aver ben perorato la sua causa. Dopo dieci giorni i risultati smentirono i timori espressi dal principe. "Alla fine si rese conto che il loro aspetto era più bello e più florido di quello degli altri giovani che avevano mangiato lo stesso cibo del re". Daniele 1:15. I giovani ebrei mostrarono una netta superiorità nei confronti dei loro compagni. Daniele e i suoi amici poterono quindi continuare a praticare il loro regime alimentare per tutto il periodo della loro preparazione. PR 244 1 Per tre anni studiarono per acquisire la conoscenza dei caldei e imparare la loro lingua; in questo periodo rimasero sempre fedeli a Dio e confidarono costantentemente nella sua potenza. Oltre all'abnegazione dimostrarono serietà, impegno e fermezza. Non erano stati né l'ambizione né l'orgoglio che li avevano condotti alla corte del re a contatto con uomini che non conoscevano e non rispettavano Dio. Schiavi in una terra straniera erano stati collocati in quella posizione dall'infinita saggezza di Dio. Lontani dai loro influssi familiari e dai loro legami religiosi, cercavano di adempiere il loro dovere onorando così la propria nazione oppressa e glorificando il nome di colui che servivano. PR 244 2 Il Signore approvò la fermezza e l'abnegazione dei giovani ebrei come anche la purezza delle loro motivazioni, e li benedisse. Diede loro "...capacità di discernimento, ampia conoscenza nel sapere e saggezza. Daniele era inoltre capace di interpretare sogni e visioni". Daniele 1:17. Si adempiva così la promessa di Dio: "Io onoro chi mi onora". 1 Samuele 2:30. PR 244 3 Poiché Daniele era intimamente legato al Signore ricevette il dono di profezia. Mentre riceveva le istruzioni relative ai doveri da assolvere alla corte del re, Dio lo iniziava alla conoscenza dei misteri riguardanti il futuro. Egli avrebbe trasmesso alle future generazioni, tramite simboli e parallelismi, i messaggi relativi agli avvenimenti che si sarebbero svolti nel corso della storia di questo mondo, fino alla fine dei tempi. PR 244 4 A un certe punto i giovani studenti ebrei dovettero subire un esame, insieme ad altri candidati destinati a importanti incarichi nel regno, ma "...neppure uno si dimostrò competente come Daniele, Anania, Misaele e Azaria". Daniele 1:19. La loro acuta intelligenza, le loro ampie conoscenze, il loro linguaggio raffinato e preciso testimoniarono dell'impareggiabile vigore delle loro facoltà mentali. "Se il re li interrogava su qualunque argomento che richiedeva saggezza e intelligenza li trovava capaci di dare risposte dieci volte migliori di quelle di tutti gli indovini e maghi del suo regno". Daniele 1:20. Furono ammessi quindi al servizio del re. PR 244 5 Alla corte di Babilonia vi erano rappresentanti di tutti i popoli, uomini dotati di grandi talenti e con la più vasta cultura che il mondo potesse offrire; eppure, fra tutti, i giovani ebrei risultavano impareggiabili per forza fisica, bellezza, vigore intellettuale e conoscenza. La loro figura eretta, l'andatura elastica e ferma, l'aspetto gradevole, la lucidità mentale, la salute che emanava da tutto il loro essere erano delle caratteristiche che costituivano l'attestazione con cui la natura gratifica coloro che hanno un comportamento corretto e si sottomettono alle sue leggi. PR 245 1 Nell'acquisizione della sapienza babilonese Daniele e i suoi compagni riuscirono molto meglio degli altri studenti, ma le loro conoscenze non erano frutto del caso: le ottennero col fedele uso delle loro facoltà intellettuali e sotto la guida dello Spirito Santo. Essi erano in contatto con la fonte di ogni sapienza e facevano della conoscenza di Dio la base della loro educazione. Essi pregavano con fede per acquisire la saggezza e vivevano in armonia con le loro preghiere. Essi ricercavano la costante benedizione di Dio, evitando tutto ciò che rischiava di indebolire le loro facoltà, cogliendo tutte le occasioni per svilupparle. Avevano un'unica preoccupazione: onorare il Signore. Sapevano che per rappresentare la vera religione, in seno al paganesimo, essi dovevano possedere un'intelligenza lucida e perfezionare il loro carattere. Dio stesso era il loro istruttore. Pregando costantemente, studiando in modo coscienzioso e stando in contatto con l'Invisibile, essi camminavano con Dio come aveva fatto Enoc. PR 245 2 Il vero successo in qualsiasi ambito di lavoro non è il risultato della fortuna o del destino. E il risultato delle benedizioni divine, la conseguenza della fede, della saggezza, della virtù e della perseveranza. Brillanti qualità intellettuali, un livello morale elevato non sono frutto del caso. Dio suscita le occasioni, il successo dipende dall'uso che se ne fa. PR 245 3 Mentre Dio attuava in Daniele e nei suoi compagni "il volere e l'operare per la sua benevolenza" (Filippesi 2:13, Luzzi), essi stavano lavorando per la loro salvezza. Così si manifesta l'opera del principio divino della collaborazione senza la quale nessun vero successo può essere conseguito. Senza la potenza divina i tentativi umani sono votati al fallimento e senza la partecipazione umana l'azione divina non ha alcun effetto su numerosi individui. Per poter acquisire la grazia divina dobbiamo fare la nostra parte. La sua grazia ci viene offerta per produrre in noi "il volere e l'operare", ma non per sostituirsi al nostro impegno. PR 245 4 Come collaborò con Daniele e i suoi compagni, il Signore collaborerà con tutti coloro che si sforzano di agire secondo la sua volontà. Mediante il dono del suo Spirito, Dio potenzierà ogni sincero proposito, ogni nobile intenzione. Coloro che desiderano ubbidire fedelmente incontreranno numerosi ostacoli. Influssi sottili e tenaci potranno trascinarli verso forti tentazioni, ma Dio è in grado di neutralizzare tutti gli espedienti messi in atto per mettere in difficoltà i suoi figli. Tramite la sua forza supereranno tutte le tentazioni e tutte le difficoltà. PR 246 1 Egli mise Daniele e i suoi compagni in contatto con gli uomini più importanti di Babilonia affinché in una nazione pagana essi potessero rappresentare il carattere divino. Come riuscirono a occupare una posizione di così grande responsabilità e di così grande importanza? La loro vita era caratterizzata dalla fedeltà nelle piccole cose. Essi onorarono Dio negli incarichi più modesti come anche nelle responsabilità importanti. PR 246 2 Così come Dio chiamò Daniele a testimoniare per lui in Babilonia, oggi chiama anche noi a essere i suoi testimoni nella nostra società. Egli desidera che riveliamo agli uomini i princìpi del suo regno nelle piccole e nelle grandi attività della vita. Molti aspettano che venga assegnato loro qualche incarico importante e perdono ogni giorno preziose occasioni per testimoniare a Dio la loro fedeltà. Essi trascurano costantemente i piccoli doveri della vita quotidiana aspettando di esercitare i loro possibili talenti in un'attività più importante, che soddisfi i loro desideri ambiziosi, mentre il tempo passa. PR 246 3 Nella vita del vero cristiano non c'è nulla di secondario; agli occhi dell'Onnipotente ogni incarico è importante. Il Signore valuta con precisione ogni capacità messa al suo servizio. Egli prende in considerazione anche tutte le possibilità non utilizzate. Saremo giudicati secondo le azioni che non abbiamo compiuto perché non abbiamo impiegato i nostri talenti alla gloria di Dio. PR 246 4 Un carattere nobile non è il risultato del caso, non è frutto di doni o speciali benedizioni divine. È il risultato dell'autodisciplina e della sottomissione degli istinti a sentimenti più nobili, della resa dell'io per servire il Signore e il prossimo. Mediante la fedeltà ai princìpi della temperanza, manifestata dai giovani ebrei, Dio parla ancora ai giovani di oggi. C'è bisogno di uomini che, come Daniele, sappiano agire e osare in favore della giustizia; c'è bisogno di cuori puri, mani forti, grande coraggio nella lotta tra vizio e virtù che richiede una vigilanza costante. Quando ci abbandoniamo ai nostri istinti Satana ci assale con numerose e sottili tentazioni. PR 246 5 Il corpo è il mezzo più importante tramite il quale mente e spirito si sviluppano nella formazione del carattere. Ecco perché l'avversario degli uomini orienta le sue tentazioni mirando a indebolire e degradare le facoltà fisiche. Il suo successo significa spesso la resa al male dell'intero essere. Le tendenze naturali, non controllate da una forza superiore, conducono l'uomo alla degenerazione e alla morte. Perciò il corpo deve essere sottoposto a una potenza superiore e le passioni controllate dalla volontà che, a sua volta, deve essere posta sotto il controllo di Dio. Il potere supremo della ragione, santificato dalla grazia divina, deve avere il dominio dell'intera vita. Le forze intellettuali, il vigore fisico, la lunghezza della vita, dipendono da leggi immutabili. Grazie al rispetto di queste leggi l'uomo può raggiungere l'autocontrollo, dominare le sue tendenze, lottare contro gli "...spiriti maligni del mondo invisibile, contro autorità e potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso" (Efesini 6:12) e riportare la vittoria. PR 247 1 Nell'antico rituale israelitico, che è il Vangelo in simboli, nessuna offerta imperfetta poteva essere deposta sull'altare di Dio. La vittima, che rappresentava Cristo, doveva essere senza difetto. La Parola di Dio si serve di questa illustrazione per mostrare che i figli di Dio sono un "...sacrificio vivente, a lui dedicato, a lui gradito...". Romani 12:1. PR 247 2 I giovani ebrei erano uomini sottoposti alle nostre stesse passioni ma nonostante gli influssi seduttori della corte babilonese seppero rimanere saldi perché dipendevano da una potenza che è infinita. Per i pagani essi rappresentavano la bontà e la misericordia di Dio e anche l'amore di Cristo. La loro vita rappresenta per noi l'esempio del trionfo dei princìpi sulla tentazione, della purezza sulla depravazione, della fede e della fedeltà sull'ateismo e l'idolatria. PR 247 3 I giovani oggi possono avere lo stesso spirito che animava Daniele; essi possono attingere alla stessa fonte per ottenere la stessa forza, possedere lo stesso autocontrollo e rivelare nella loro vita la stessa grazia anche nelle circostanze più sfavorevoli. Nonostante la tentazione di soddisfare i propri desideri, specialmente nelle grandi città dove la sensualità si presenta sotto le forme più allettanti, essi devono perseguire il loro obiettivo di onorare Dio. Grazie alla loro fermezza e a una vigilanza costante essi possono resistere a tutte le tentazioni che li assalgono. Solo chi ha deciso di agire correttamente conseguirà la vittoria. PR 247 4 A questi giovani ebrei fu affidato un nobile incarico! Lasciando la famiglia in cui avevano trascorso la loro infanzia non potevano immaginare quale destino li attendeva. Essi accettarono con fedeltà e convinzione le direttive divine affinché grazie a loro si adempisse il piano di Dio. PR 247 5 Il Signore desidera che anche oggi i giovani trasmettano le stesse verità rivelate da questi ragazzi. La vita di Daniele e dei suoi amici è la dimostrazione di ciò che Dio può fare per coloro che si affidano a lui e cercano con tutto il loro cuore di realizzare i suoi progetti. ------------------------Capitolo 40: Il sogno di Nabucodonosor PR 248 1 Daniele e i suoi compagni erano entrati da poco al servizio del re di Babilonia quando accadde un fatto che rivelò a una nazione pagana la potenza e la fedeltà del Dio d'Israele. Nabucodonosor fece uno strano sogno e "...Ne fu talmente turbato che non riuscì più a dormire". Daniele 2:1. Ma, pur essendone rimasto molto impressionato, il monarca era incapace di ricordare i dettagli di quel sogno. PR 248 2 In questo stato d'animo "fece chiamare gli indovini, i maghi, gli incantatori, gli astrologi" e chiese il loro aiuto. Disse: "...Ho fatto un sogno e sono molto ansioso. Vorrei avere la spiegazione di quel che ho sognato". Daniele 2:3. Trasmettendo loro le sue preoccupazioni chiese di dargli una spiegazione che placasse il suo spirito. I savi risposero: "...Lunga vita a te, maestà! Raccontaci che cosa hai sognato e noi te ne daremo la spiegazione". Daniele 2:4. PR 248 3 Deluso da questa risposta evasiva e sospettando che non fossero disposti ad aiutarlo nonostante le loro affermazioni pretenziose, il re ordinò ai suoi saggi, promettendo onori e ricchezze ma minacciandoli contemporaneamente di morte, di dirgli non solo l'interpretazione del sogno ma di rivelargli il sogno stesso. "...Ho deciso che se non mi rivelerete il contenuto e il significato del sogno sarete tagliati a pezzi e le vostre case saranno trasformate in un letamaio. Se invece me lo rivelerete, avrete ricchi doni e grandi onori...". Daniele 2:5, 6. Ancora una volta quegli uomini dissero: "...Maestà, raccontaci che cosa hai sognato e noi te ne daremo la spiegazione". Daniele 2:7. PR 248 4 Allora Nabucodonosor, irritato dall'evidente slealtà di coloro nei quali aveva riposto la sua fiducia, dichiarò:"Vedo che voi volete guadagnare tempo perché avete capito che la mia decisione è definitiva. Ma se non mi rivelerete quel che ho sognato, una sola sarà la vostra sorte. Vedo invece che vi siete messi d'accordo per darmi risposte false ed evasive in attesa che la situazione si evolva. Perciò voglio anzitutto che mi diciate che cosa ho sognato. Così sarò sicuro che saprete darmene la spiegazione". Daniele 2:8, 9. PR 248 5 Terrorizzati al pensiero delle conseguenze del loro fallimento, i maghi cercarono di spiegare al re che la sua richiesta era irragionevole e che nessun uomo era mai stato sottoposto a una prova così difficile. Cfr. Daniele 2:10. PR 249 1 Allora "il re si adirò talmente che diede ordine di uccidere tutti i saggi di Babilonia". Daniele 2:12. PR 249 2 Fra coloro che sarebbero stati colpiti dal decreto del re c'erano anche Daniele e i suoi amici. "Daniele si rivolse con prudenza e saggezza ad Arioch, capo delle guardie del re che si preparava a giustiziare i saggi di Babilonia. Gli chiese la ragione di una sentenza così dura da parte del re...". Daniele 2:14, 15. Arioch lo mise al corrente della perplessità del re a proposito del sogno fatto e dell'incapacità di coloro in cui aveva finora riposto la sua fiducia di spiegarglielo. Udendo queste parole, Daniele si recò dal re, rischiando la sua vita, e chiese che gli venisse accordato del tempo per chiedere al suo Dio di rivelargli il sogno e la sua interpretazione. PR 249 3 Il monarca acconsentì alla richiesta. Allora "Daniele tornò a casa e raccontò tutto ai suoi compagni Anania, Misaele e Azaria". Daniele 2:17. Insieme si rivolsero alla Fonte della conoscenza e della sapienza. Avevano la ferma convinzione di essere là dove Dio li aveva chiamati per adempiere la sua volontà e compiere l'opera che era stata affidata loro. Nelle difficoltà e nel pericolo si erano sempre rivolti a Dio per essere guidati e protetti ed egli li aveva sempre aiutati. Ora, profondamente afflitti, supplicarono nuovamente il Giudice di tutta la terra chiedendogli di aiutarli a superare quel momento così difficile. Non pregarono invano. Il Dio che avevano onorato li onorò. Lo Spirito del Signore scese su di loro e su Daniele al quale, in una visione notturna, furono rivelati il sogno e il suo significato. PR 249 4 Daniele ringraziò innanzitutto Dio per la rivelazione che gli aveva data. Cfr. Daniele 2:20-23. Poi si recò immediatamente da Arioch, che aveva ricevuto dal re l'ordine di uccidere tutti i saggi di Babilonia, e gli disse: "...Non far morire i saggi di Babilonia! Conducimi dal re e gli darò la spiegazione del sogno". Daniele 2:24. Arioch condusse Daniele dal re e gli disse: "...Maestà, tra gli ebrei deportati c'è un uomo che può darti la spiegazione del sogno". Daniele 2:25. PR 249 5 Ecco dunque Daniele, semplice deportato ebreo, calmo e sicuro di sé davanti al monarca del più potente impero del mondo. Fin dalle sue prime parole rifiutò di attribuirsi alcun merito, ma esaltò Dio come fonte della sapienza. Alla richiesta del re: "Puoi davvero svelarmi il sogno e darmene la spiegazione?" (Daniele 2:26) Daniele rispose: "Maestà, nessun saggio, nessun mago, nessun indovino, nessun incantatore potrà svelarti il mistero del sogno. Ma c'è in cielo un Dio che svela i misteri. Ed è lui che fa conoscere a te, re Nabucodonosor, il futuro. Ecco dunque quel che hai visto in sogno mentre dormivi: appena ti sei coricato, maestà, hai cominciato a pensare al futuro. Allora Dio che svela i misteri te lo ha mostrato. Per quanto mi riguarda questo sogno misterioso mi è stato svelato non perché sono più saggio di tutti gli altri, ma per poter comunicare a te il significato del sogno e farti sapere che cosa turba il tuo animo. Ecco quel che hai visto, maestà: dritta davanti a te c'era una statua altissima di accecante splendore e di terribile aspetto. La testa della statua era di oro fino, il petto e le braccia di argento, il ventre e i fianchi di bronzo, le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro, e in parte di terracotta. Mentre stavi osservando, una pietra si è staccata dalla montagna, senza intervento di uomo, ed è andata a sbattere contro i piedi di ferro e di terracotta della statua e li ha fatti a pezzi. Allora non solo il ferro e la terracotta ma anche il bronzo, l'argento e l'oro sono stati ridotti in polvere. Come fili di paglia su un'aia in estate, il vento li ha portati via senza lasciare traccia. Intanto la pietra che aveva colpito la statua è diventata una grande montagna che coprì tutta la terra. Questo è il tuo sogno, maestà; ora ecco la sua spiegazione". Daniele 2:27-36. PR 250 1 Il re ascoltava con la massima attenzione ogni particolare e si rendeva conto che si trattava proprio del sogno che lo aveva turbato. Ora era pronto ad accoglierne con favore l'interpretazione. Il Re dei re stava per comunicargli grandi verità. Dio intendeva rivelargli di avere ogni potere sui regni della terra, per incoronare o deporne i re. Nabucodonosor doveva capire quale fosse la sua responsabilità nei confronti di Dio. Stava per ricevere la rivelazione degli eventi futuri, fino alla fine dei tempi. PR 250 2 Daniele proseguì: "Tu sei il più grande tra tutti i re. Il Dio del cielo ti ha dato il regno, la potenza, la forza e l'onore; ha posto in tuo potere gli uomini, gli animali e gli uccelli, ovunque si trovino: tu sei il loro padrone. Ebbene, maestà, la testa d'oro sei tu! Un altro regno, meno potente, sorgerà dopo di te. Poi un terzo regno, quello di bronzo, dominerà la terra. Un quarto regno, duro come il ferro, gli succederà. Come il ferro spezza e polverizza tutto, così quel regno romperà e ridurrà in polvere i regni precedenti. Come hai visto, i piedi della statua e le loro dita sono in parte di terracotta e in parte di ferro questo significa che il regno non sarà unito. Ma avrà qualcosa della durezza del ferro perché, come hai visto; il ferro è unito. Ma avrà qualcosa della durezza del ferro e terracotta indicano che questo regno sarà in parte forte e in parte fragile; esse mostrano anche che alcuni re faranno alleanza attraverso matrimoni ma, come il ferro non si mescola con la terracotta, queste alleanze non saranno stabili. Al tempo di questi re, il Dio del cielo susciterà un regno che non sarà mai distrutto e non cederà mai il dominio a un'altra nazione. Questo regno durerà per sempre, dopo aver distrutto tutti i regni precedenti e aver messo fine alla loro esistenza. Ecco il significato della pietra che hai visto staccarsi dalla montagna senza intervento umano, per frantumare il ferro, il bronzo, la terracotta, l'argento e l'oro della statua. Così, maestà, il grande Dio ti ha fatto conoscere il futuro. Il tuo sogno è una vera rivelazione e la spiegazione che te ne ho data è degna di fiducia". Daniele 2:37-45. PR 251 1 Il re fu convinto dell'autenticità dell'interpretazione. Umiliato e impaurito "...si inchinò fino a terra" dicendo: "Il vostro Dio è davvero il più grande fra tutti gli dei, il Signore di tutti i re e il rivelatore dei misteri, dato che tu sei stato capace di svelarmi questo segreto". Daniele 2:46, 47. PR 251 2 Nabucodonosor revocò il decreto di morte dei saggi; le loro vite furono risparmiate grazie a Daniele che era in contatto con colui che rivela i segreti. "In seguito il re concesse a Daniele grandi onori e gli diede molti regali preziosi. Lo fece governatore della provincia di Babilonia e capo supremo di tutti i saggi di Babilonia. Su richiesta di Daniele, il re fece Sadrach, Mesach e Abdenego amministratori della provincia di Babilonia. E Daniele divenne consigliere di corte". Daniele 2:48, 49. PR 251 3 Negli annali della storia umana può sembrare che la formazione delle nazioni, l'ascesa e la caduta degli imperi siano il frutto della volontà e del valore dell'uomo; l'evolversi degli eventi sembra dipendere prevalentemente dal potere, dall'ambizione o dal capriccio umani. Ma la Parola di Dio ci rivela che al di là, dietro e tramite il gioco degli interessi, del potere e delle passioni umane, c'è l'azione di colui che, nella sua misericordia, realizza silenziosamente e con pazienza i suoi obiettivi. PR 251 4 Con parole di una bellezza e di una dolcezza incomparabile l'apostolo Paolo espose ai saggi di Atene l'obiettivo della creazione divina e la ripartizione delle razze e delle nazioni. Cfr. Atti 17:24-27. PR 251 5 Dio ha rivelato chiaramente che chiunque lo desidera può accettare il suo patto. Il progetto divino della creazione prevedeva che la terra fosse abitata da esseri la cui esistenza diventasse una benedizione per loro stessi e per gli altri, onorando il Creatore. Tutti coloro che lo desiderano possono partecipare a questo progetto. Il profeta Isaia afferma: "E questo popolo che ho plasmato per me celebrerà le mie lodi". Isaia 43:21. PR 251 6 Nella sua legge Dio ha reso noti i princìpi che sono alla base della vera prosperità, sia delle nazioni sia degli individui. A proposito delle leggi di Dio, Mosè disse agli israeliti: "Osservatele con impegno: mostreranno la vostra saggezza e la vostra intelligenza di fronte agli altri popoli". Deuteronomio 4:6. "Per voi, infatti, non sono parole vuote, ma sono la vostra stessa vita". Deuteronomio 32:47. Le benedizioni promesse a Israele sono trasmesse alle stesse condizioni e con la stessa intensità anche a ogni nazione e a ogni individuo. PR 252 1 Centinaia di anni prima che certe nazioni apparissero alla ribalta della storia, Dio nella sua onniscienza, esaminando il corso dei secoli, predisse il sorgere e il crollo dei regni universali. Dichiarò a Nabucodonosor che il suo regno sarebbe caduto e ne sarebbe sorto un altro che avrebbe avuto anch'esso un periodo di prova. Non avendo onorato il vero Dio, la sua gloria sarebbe tramontata e un terzo regno avrebbe occupato il suo posto. Anche questo sarebbe poi scomparso, seguito da un quarto, forte come il ferro, che avrebbe sottomesso tutte le nazioni del mondo. PR 252 2 Se i sovrani di Babilonia, il più potente di tutti gli imperi, avessero manifestato rispetto per l'Eterno, avrebbero ricevuto la sapienza e la potenza che avrebbero permesso loro di restare uniti a lui, conservando così la loro forza. Essi, invece, si rivolgevano a Dio soltanto quando erano tormentati e perplessi e quando non potevano essere aiutati dai loro saggi si affidavano a uomini come Daniele, uomini che onoravano il Dio vivente e godevano della sua fiducia. PR 252 3 Furono costretti a rivolgersi a questi uomini perché svelassero loro i misteri della volontà divina poiché, sebbene i sovrani dell'orgogliosa Babilonia fossero dotati di grande intelligenza, si erano talmente allontanati da Dio, a causa delle loro trasgressioni, da non essere più in grado di capire le rivelazioni e gli avvertimenti riguardanti il futuro. PR 252 4 Solo chi studia la Parola di Dio può vedere nella storia delle nazioni l'adempimento letterale della profezia divina. Babilonia vinta e distrutta tramontò perché, nella prosperità, i suoi governanti si allontanarono da Dio e attribuirono la gloria del loro regno ai successi umani. L'impero medo-persiano fu colpito dall'ira divina perché aveva calpestato la legge di Dio. La maggior parte del popolo non rispettava Dio. Ovunque dilagavano malvagità, bestemmia e corruzione. I regni che seguirono furono ancora più corrotti e piombarono sempre più in basso nel vizio. PR 252 5 Il potere esercitato dai sovrani è concesso loro da Dio e il successo dipende dall'uso che ne fanno. L'Eterno dice a ognuno: "...farò di te un re potente anche se tu non mi conosci". Isaia 45:5. L'avvertimento trasmesso un tempo a Nabucodonosor può servire loro come esempio: "Rinunzia ai tuoi peccati praticando la giustizia e alle tue iniquità con atti di misericordia verso i poveri; può darsi che tu possa vivere a lungo felice". Daniele 4:24. PR 252 6 Comprendere tutto ciò, comprendere che "La giustizia è la grandezza di un popolo..." e "solo la giustizia consolida il trono" (Proverbi 14:34; 16:12), riconoscere l'effetto di questi princìpi nella manifestazione della potenza di Dio che "rimuove e stabilisce i re" significa comprendere la filosofia della storia. PR 253 1 Soltanto la Parola di Dio afferma chiaramente questi princìpi. Essa ci indica che la forza delle nazioni, come quella degli individui, non è legata alla fortuna né al successo che sembrano renderle invincibili. Non dipende neanche dal potere di cui si gloriano. È in funzione della fedeltà con la quale queste nazioni e questi individui adempiono il piano di Dio. ------------------------Capitolo 41: La fornace ardente PR 254 1 Il sogno della grande statua, che aveva rivelato a Nabucodonosor eventi che si riferivano alla fine dei tempi, gli era stato inviato perché potesse comprendere il ruolo che doveva svolgere nella storia del mondo e i rapporti che dovevano intercorrere fra il suo regno e quello di Dio. Tramite l'interpretazione di questo sogno, il re aveva ricevuto tutti i dati relativi all'instaurazione del regno eterno di Dio. Cfr. Daniele 2:44, 45. PR 254 2 Il re aveva riconosciuto la potenza di Dio. Egli aveva detto a Daniele: "Il vostro Dio è davvero il più grande fra tutti gli dei, il signore di tutti i re e il rivelatore dei misteri...". Daniele 2:47. Per un certo periodo di tempo il re onorò Dio, ma non aveva completamente rinunciato alle ambizioni terrene e al desiderio di ricevere grandi onori. La prosperità che caratterizzava il suo regno lo rendeva orgoglioso. Così, con il passare del tempo, egli cessò di rispettare Dio e ritornò al culto degli idoli con uno zelo e un fanatismo ancora maggiori. PR 254 3 Le parole "La testa d'oro sei tu" avevano prodotto una profonda impressione nella mente del sovrano. I saggi del suo regno, approfittando delle circostanze e del suo ritorno all'idolatria, gli proposero di fare una statua simile a quella vista in sogno e di collocarla in un luogo in cui tutti potessero vedere la testa d'oro che secondo l'interpretazione rappresentava il suo regno. PR 254 4 Compiaciuto per il suggerimento, Nabucodonosor decise di attuarlo, anzi di andare oltre. Invece di riprodurre l'immagine così come l'aveva vista nel sogno, decise di superare l'originale. La sua statua non sarebbe stata composta di vari metalli di valore decrescente a partire dalla testa fino ai piedi, ma sarebbe stata tutta d'oro, simbolo perfetto di Babilonia, regno eterno, indistruttibile e onnipotente che avrebbe ridotto in pezzi tutti gli altri regni. PR 254 5 L'idea di stabilire un impero e una dinastia eterni colpiva l'immaginazione del potente sovrano: le nazioni della terra non avrebbero potuto resistere ai suoi eserciti. Con l'entusiasmo che scaturiva dalla sua ambizione illimitata e dal suo orgoglio convocò i saggi del suo regno affinché lo consigliassero sui metodi da seguire per raggiungere il suo obiettivo. Dimenticando le meravigliose rivelazioni del sogno, dimenticando che il Dio d'Israele, tramite Daniele, aveva rivelato il significato del sogno, dimenticando che questa interpretazione aveva salvato i dignitari del regno, dimenticando tutto eccetto il desiderio di stabilire la loro sovranità e il loro potere personale, il re e i suoi consiglieri decisero di fare il possibile affinché la supremazia fosse accordata a Babilonia, degna di un onore universale. PR 255 1 La statua simbolica, tramite la quale Dio aveva rivelato al re e al popolo il suo piano in favore delle nazioni, sarebbe servita a glorificare l'uomo. L'interpretazione di Daniele sarebbe stata rifiutata e dimenticata, la verità distorta e applicata in modo sbagliato. Questa statua simbolica, destinata a rivelare agli uomini gli importanti avvenimenti relativi al futuro, sarebbe stata un ostacolo allo sviluppo della conoscenza della verità che Dio voleva comunicare al mondo. Satana si serviva degli ambiziosi desideri degli uomini per impedire la realizzazione dei piani divini in favore dell'umanità. Il nemico degli uomini sapeva che la verità è una forza potente per la salvezza, ma quando questa verità è messa al servizio dell'orgoglio umano o della realizzazione dei suoi desideri, allora diventa una forza per il male. Dalle sue immense riserve auree Nabucodonosor attinse l'oro occorrente per fare una grande statua apparentemente simile a quella del sogno, salvo per il materiale che la componeva. Anche se abituati alle grandiose raffigurazioni delle loro divinità pagane, i caldei non avevano mai costruito una statua così imponente e maestosa, alta trenta metri e larga tre. PR 255 2 Non è sorprendente che in una nazione in cui regnava l'idolatria, la magnifica statua, posta nella pianura di Dura, rappresentasse la gloria, lo splendore e la potenza di Babilonia e diventasse un oggetto di culto. Venne decretato che il giorno della sua inaugurazione tutti dovessero manifestare la loro assoluta fedeltà al potere babilonese inchinandosi dinanzi alla statua. PR 255 3 Giunse il giorno stabilito e una gran folla proveniente da "ogni popolo, lingua e nazione" si riunì nella pianura di Dura. Per ordine del re, al suono degli strumenti musicali i presenti si sarebbero inchinati e avrebbero adorato la statua d'oro. Quel giorno le forze del male parvero riportare un vero trionfo: l'adorazione della statua sarebbe diventata una forma di idolatria riconosciuta dalla religione di stato di quella nazione. In questo modo Satana sperava di vanificare il progetto di Dio di rendere Israele, deportato in Babilonia, un mezzo di benedizione per tutte le nazioni pagane. PR 255 4 Dio, però, aveva deciso diversamente. Non tutti si inginocchiarono davanti al simbolo dell'idolatria. In mezzo alla folla prostrata tre uomini fermamente decisi a non disonorare il Dio del cielo non adorarono la statua. Il loro Dio era il Re dei re e Signore dei signori: essi non avrebbero onorato nessun altro. PR 256 1 Nabucodonosor, all'apice della sua gloria, fu informato che fra i suoi sudditi alcuni avevano osato disubbidire al suo ordine. Una parte dei suoi cortigiani, i saggi del suo regno, gelosi degli onori conferiti ai fedeli compagni di Daniele, furono felici di comunicare al re che gli ebrei avevano rifiutato di osservare le sue direttive. Cfr. Daniele 3:12. PR 256 2 Il re ordinò che quegli uomini fossero condotti immediatamente davanti a lui. "È vero che vi rifiutate di servire i miei dei e di adorare la statua d'oro che io ho fatto collocare?" Daniele 3:14. Egli cercò di intimorirli per indurli a unirsi alla folla. Poi, mostrando loro la fornace, ricordò loro quale castigo li aspettava se avessero continuato a non ubbidire alla sua volontà. PR 256 3 Ma i giovani ebrei dichiararono con fermezza che sarebbero rimasti fedeli al Dio del cielo e che credevano nella sua potenza liberatrice. L'atto di inchinarsi davanti alla statua era inteso da tutti come un atto di culto; tale omaggio essi potevano tributarlo solo a Dio. PR 256 4 Mentre i tre ebrei stavano davanti al re, egli si convinse che essi possedevano qualcosa che non avevano gli altri savi del suo regno. Essi erano stati fedeli nel compimento di ogni loro dovere; se avessero espresso la loro disponibilità a unirsi alla folla nel culto della statua, ogni problema si sarebbe risolto. E aggiunse: "...Se vi rifiutate vi farò subito gettare in una fornace ardente. Quale dio potrà sottrarvi al mio potere?" Daniele 3:15. PR 256 5 Ma le minacce del re furono inutili. Egli non riuscì a impedire che restassero fedeli al Sovrano dell'universo. Dalla storia dei loro padri essi avevano imparato che la disubbidienza a Dio aveva come risultato il disonore, il disastro e la morte, mentre il timore dell'Eterno è il principio della saggezza, la fonte di ogni vera prosperità. Con calma, guardando la fornace, dissero: "...Maestà, non abbiamo bisogno di giustificarci. Sappi comunque che il nostro Dio, quel Dio che noi serviamo è capace di salvarci...". Daniele 3:16, 17. La loro fede traeva forza dall'idea che Dio sarebbe stato glorificato mediante la loro liberazione e aggiunsero con sicurezza trionfante: "E anche se non lo facesse, sappi, maestà, che noi ci rifiutiamo di servire i tuoi dei e di adorare la statua d'oro che tu hai fatto collocare". Daniele 3:18. PR 256 6 L'ira del re si espresse in tutta la sua forza. "Nabucodonosor s'infuriò violentemente con Sadrach, Mesach e Abdenego", rappresentanti di una razza disprezzata e schiava. Egli ordinò allora che la fornace fosse riscaldata sette volte più del solito e che alcuni dei soldati più forti del suo esercito legassero i giovani adoratori del Dio d'Israele affinché venissero giustiziati immediatamente. PR 257 1 "E subito, così com'erano vestiti, con i mantelli, i calzari, le tuniche e i turbanti furono gettati nella fornace ardente. Secondo l'ordine severo del re, la fornace era stata accesa al massimo. Perciò, appena i soldati andarono per gettare nel fuoco Sadrach, Mesach e Abdenego, essi stessi morirono bruciati dalle fiamme". Daniele 3:21. PR 257 2 Il Signore, però, non dimenticò i suoi figli. Quando i tre giovani furono gettati nella fornace, il Salvatore si presentò direttamente in mezzo a loro e camminò con loro nel fuoco. In presenza del Signore, creatore del caldo e del freddo, le fiamme persero il loro potere distruttivo. Dal suo seggio reale il re guardava aspettandosi di vedere coloro che lo avevano sfidato ormai completamente bruciati. Ma il suo orgoglio improvvisamente crollò. I dignitari che gli stavano vicini videro il suo volto impallidire. Mentre guardava attentamente le fiamme che divampavano, girandosi verso i suoi consiglieri, chiese allarmato: "Non abbiamo gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?... Eppure io vedo quattro uomini, sciolti camminare in mezzo al fuoco. Non sono bruciati e il quarto poi somiglia a un essere divino". Daniele 3:24, 25. PR 257 3 Quel re pagano come poteva sapere com'era il Figlio di Dio? I deportati ebrei che in Babilonia occupavano posizioni di rilievo avevano rappresentato nella loro vita e nel loro carattere la verità. Quando erano stati interrogati circa le ragioni della loro fede, avevano risposto senza esitare. Con chiarezza e semplicità avevano illustrato i princìpi della giustizia insegnando così a quanti stavano intorno a loro chi era il Dio che adoravano. Avevano parlato di Cristo, il futuro Redentore, e fu così che nell'aspetto della quarta persona in mezzo alle fiamme il re riconobbe il Figlio di Dio. PR 257 4 Dimenticando la propria grandezza e la propria dignità, Nabucodonosor scese dal suo trono e avvicinandosi alla bocca della fornace gridò: "...servi del Dio Altissimo, uscite fuori!" Allora Sadrach, Mesach e Abdenego si presentarono alla grande folla completamente illesi. La presenza del loro Salvatore li aveva protetti; solo i loro ceppi erano stati bruciati. Cfr. Daniele 3:27. PR 257 5 Fu dimenticata la grande statua d'oro eretta con tanta pompa! In presenza del Dio vivente gli uomini furono presi dal panico. Il re umiliato fu costretto a riconoscere: "Lode al Dio di Sadrach, di Mesach e di Abdenego! Egli ha mandato il suo angelo a salvare i suoi servi che, confidando in lui, hanno trasgredito i miei ordini. Hanno preferito mettere in pericolo la loro vita piuttosto che servire e adorare altri dei". Daniele 3:28. PR 257 6 Gli avvenimenti di quel giorno spinsero Nabucodonosor a emanare un decreto: "Se qualcuno, a qualsiasi popolo, lingua o nazione appartenga, reca offesa al Dio di Sadrach, di Mesach e di Abdenego, sarà tagliato a pezzi e la sua casa trasformata in un letamaio". Come motivo di questo decreto disse: "Nessun altro Dio può compiere una simile liberazione". Daniele 3:29. PR 258 1 Con queste e altre parole il re di Babilonia tentava di esporre a tutti i popoli della terra la convinzione che il Dio degli ebrei fosse degno della suprema adorazione. Il Signore accolse con soddisfazione il desiderio del monarca di manifestargli il suo rispetto, divulgando la sua promessa di fedeltà fino agli estremi confini del suo regno. PR 258 2 Era giusto che il re facesse confessione pubblica e cercasse di esaltare Dio al di sopra di tutti gli altri dei, ma nel costringere i suoi sudditi ad aderire a questa confessione di fede e a manifestare il suo stesso rispetto, andava oltre i suoi diritti di sovrano terreno. Egli non aveva neppure il diritto civile o morale di minacciare di morte gli uomini che non avessero adorato Dio, come non lo aveva avuto nel proclamare il decreto in base al quale sarebbero stati dati alle fiamme tutti coloro che avessero rifiutato di adorare la statua d'oro. Il Signore non costringe mai nessuno a ubbidirgli, ma lascia tutti liberi di scegliere chi vogliono servire. PR 258 3 Liberando i suoi fedeli servitori Dio manifesta il suo interesse in favore degli oppressi. Egli castiga tutte le potenze di questo mondo in rivolta nei confronti della sua autorità. PR 258 4 I tre giovani ebrei fecero conoscere in tutto l'impero babilonese la fede in colui che adoravano. Essi avevano fiducia in Dio. Dovendo affrontare un momento così difficile essi si ricordarono di questa meravigliosa promessa: "Se tu attraverserai fiumi profondi, io sarò con te: le acque non ti sommergeranno. Se passerai attraverso il fuoco, tu non brucerai: le fiamme non ti consumeranno". Isaia 43:2. PR 258 5 La fede di questi giovani fu sottolineata agli occhi di tutti in modo meraviglioso. I rappresentanti di diversi paesi invitati da Nabucodonosor alla cerimonia d'inaugurazione della statua pubblicarono ovunque la notizia di questa magnifica liberazione. Dio fu glorificato in tutta la terra dalla fedeltà dei suoi figli. PR 258 6 Quanto sono importanti le lezioni che si possono trarre dall'esperienza dei tre giovani ebrei nella pianura di Dura! Ai nostri giorni molti servitori di Dio, pur essendo innocenti dovranno subire umiliazioni e maltrattamenti da parte di coloro che, ispirati da Satana, sono pieni di invidia o animati da fanatismo religioso. La loro collera si manifesterà in modo particolare nei confronti degli osservatori del quarto comandamento e alla fine sarà emanato un decreto che li denuncerà passibili di morte. PR 258 7 Il periodo di distretta che si va profilando davanti al popolo di Dio richiederà una fede incrollabile. I suoi figli dovranno dimostrare che adorano soltanto il Signore e che nessuna considerazione, neppure quella della stessa vita, può indurli alla minima concessione nei confronti di un falso culto. Per un uomo leale, gli ordini dati dai peccatori, la cui visione è limitata, non avranno nessun valore rispetto alla Parola di Dio. È necessario rimanere fedeli alla verità anche a costo della prigione, dell'esilio e della stessa morte. PR 259 1 Come ai giorni di Sadrach, Mesach e Abdenego, alla fine dei tempi il Signore agirà con potenza in favore di coloro che si schiereranno saldamente dalla parte della giustizia. Colui che camminò con i tre giovani nella fornace ardente sarà con i suoi fedeli ovunque essi siano. La sua presenza sarà per loro una fonte di conforto e di sostegno. Nella più terribile delle persecuzioni che si ricordino nella storia i suoi eletti rimarranno incrollabili. Satana, con tutti i suoi eserciti, non potrà distruggere neppure il più debole dei santi di Dio. Alcuni angeli potenti li proteggeranno e l'Eterno si manifesterà a loro come "il Dio degli dei" in grado di salvare tutti coloro che hanno fiducia in lui. ------------------------Capitolo 42: La vera grandezza PR 260 1 Nabucodonosor, giunto all'apice degli onori terreni e riconosciuto anche dalla parola ispirata come "il re dei re", in alcune situazioni della sua vita aveva attribuito al favore dell'Eterno la gloria del suo regno e il suo splendore. Questa convinzione lo sostenne anche dopo il sogno della grande statua. La sua mente era stata profondamente scossa da questa rivelazione chè gli annunciava come l'impero babilonese, per quanto "universale", alla fine sarebbe caduto e altri regni a loro volta sarebbero stati spazzati via fino a quando tutte le potenze terrene sarebbero state sostituite da un regno stabilito dal Dio del cielo, regno che non sarebbe mai stato distrutto. PR 260 2 Successivamente, però, il re di Babilonia perse di vista questa nobile intuizione del significato del piano di Dio per le nazioni. Ma quando il suo spirito orgoglioso venne umiliato di fronte alla folla riunita nella pianura di Dura, egli fu costretto a riconoscere ancora una volta che "...Questo Dio regnerà per sempre, il suo dominio non avrà mai fine". Daniele 4:3. PR 260 3 Idolatra per nascita e per formazione e a capo di un popolo idolatra, possedeva però un innato senso della giustizia e del diritto. Dio poteva quindi utilizzarlo per punire i ribelli e realizzare i suoi obiettivi. Nabucodonosor, re "dei più feroci popoli stranieri" (Ezechiele 28:7), dopo anni di preparazione paziente e costante, riuscì a conquistare Tiro. Anche l'Egitto divenne preda dei suoi eserciti vittoriosi; aggiungendo una nazione dopo l'altra all'impero babilonese egli acquistò la fama di essere il sovrano più potente della sua epoca. PR 260 4 Non ci si deve dunque stupire se un monarca così ambizioso e fiero sia stato tentato di abbandonare il sentiero dell'umiltà, l'unico che conduce alla vera grandezza. Negli intervalli delle guerre di conquista egli si occupò molto di rafforzare e di abbellire la sua capitale fino a quando Babilonia non diventò la gloria principale del suo regno, "la città d'oro", "lode di tutta la terra". La passione di costruttore, il fantastico successo nel fare di Babilonia una delle meraviglie del mondo contribuirono notevolmente ad alimentare il suo orgoglio a tal punto da correre il pericolo di compromettere la saggezza proverbiale di un monarca che Dio avrebbe potuto usare per l'attuazione dei suoi progetti. PR 261 1 Nella sua misericordia Dio diede al re un altro sogno per avvertirlo del pericolo e delle insidie che lo avrebbero portato alla rovina. Durante il sonno Nabucodonosor vide un grande albero che si innalzava in mezzo alla terra; la sua vetta giungeva al cielo e i suoi rami coprivano le estremità della terra. Le bestie dei campi si riparavano sotto la sua ombra e gli uccelli del cielo costruivano i loro nidi fra i suoi rami: "Le sue foglie erano magnifiche: aveva frutti così abbondanti da sfamare ogni creatura". Cfr. Daniele 4:7ss. PR 261 2 Mentre il re contemplava l'albero maestoso vide "un angelo santo" avvicinarsi e gridare con forza: "Abbattete quest'albero e tagliate i suoi rami, spogliatelo delle sue foglie e disperdetene i frutti! Le bestie fuggano via e gli uccelli lascino i suoi rami! Ma lasciate nella terra il ceppo con le radici, legatelo con una catena di ferro e di bronzo. Sarà bagnato dalla rugiada tra l'erba dei campi e si nutrirà d'erba, come gli animali: non avrà più l'intelligenza di un uomo, ma avrà l'istinto di un animale. Resterà in questa condizione per sette anni! Questa decisione viene comunicata dagli angeli santi a tutti gli esseri viventi, perché sappiano che il Dio Altissimo è il Signore di tutti i regni: egli stabilisce chi deve essere re e può innalzare anche il più povero degli uomini". Daniele 4:11-14. PR 261 3 Fortemente turbato dal sogno, che era evidentemente una predizione di avversità, il re lo riferì a tutti "...gli indovini, i maghi, gli incantatori e gli astrologi" ma nonostante il significato fosse molto esplicito, nessuno di questi saggi poté darne la spiegazione. Ancora una volta in questa nazione idolatra fu resa testimonianza del fatto che solo coloro che amano e temono Dio possono conoscere i misteri del regno dei cieli. Perplesso com'era, il re fece chiamare Daniele, uomo da lui stimato per l'integrità, la costanza e la sapienza senza pari. PR 261 4 Quando Daniele, rispondendo alla convocazione, si presentò dal re, Nabucodonosor gli disse: "Baltazzar, capo degli indovini, so bene che tu sei sostenuto dallo spirito degli dei santi e perciò nessun mistero ti è difficile. Spiegami il significato di quel che ho sognato". Dopo aver raccontato il sogno, il re dichiarò: "...tu, Baltazzar, dammene la spiegazione. Nessun saggio del mio regno ne è stato capace, ma tu lo puoi perché sei sostenuto dallo spirito degli dei santi". Daniele 4:15. Per Daniele il significato del sogno era chiaro e "...rimase per un po' di tempo profondamente turbato...". Quando il re vide Daniele disorientato ed esitante manifestò simpatia per il suo servitore: "...Baltazzar, non lasciarti turbare da questo sogno e dal suo significato!" PR 261 5 Daniele rispose: "...Maestà, come vorrei che questo sogno e il suo significato riguardassero i tuoi nemici!" Daniele 4:16. Il profeta si rendeva conto che Dio gli assegnava il solenne compito di rivelare a Nabucodonosor il giudizio che stava per abbattersi su di lui a causa del suo orgoglio e della sua arroganza. Daniele doveva interpretare il sogno in modo tale che il re lo potesse comprendere. Anche se il significato era terribile e lo aveva reso esitante e profondamente perplesso era necessario dire al re la verità, nonostante le possibili conseguenze. PR 262 1 Daniele perciò rese noto quello che per volontà dell'Onnipotente era il significato del sogno: "Tu hai visto un albero grande e robusto. I suoi rami più alti raggiungevano il cielo. Si poteva vedere fino all'estremità della terra. Le sue foglie erano magnifiche, aveva frutti così abbondanti da sfamare ogni creatura. Le bestie potevano ripararsi alla sua ombra e gli uccelli fare il nido tra i suoi rami. Ebbene, maestà, questo albero sei tu! Anche tu sei diventato grande e robusto; la tua grandezza ha raggiunto il cielo e il tuo dominio si è esteso fino all'estremità della terra. Poi tu hai visto un angelo santo scendere dal cielo e dare quest'ordine: "Abbattete l'albero e distruggetelo! Ma lasciate nella terra il ceppo con le radici e legatelo con una catena di ferro e di bronzo tra l'erba dei campi. Sarà bagnato dalla rugiada e dovrà condividere per sette anni la sorte degli animali". Maestà, ecco il significato ed ecco la decisione che il Dio Altissimo ha preso nei tuoi riguardi. Sarai cacciato di mezzo agli uomini! Vivrai tra gli animali selvaggi, ti nutrirai di erba come i buoi e sarai bagnato dalla rugiada! Resterai in questa condizione per sette anni, e alla fine dovrai riconoscere che il Dio Altissimo è il Signore di tutti i regni e stabilisce chi deve essere re. L'ordine di lasciare il ceppo dell'albero con le sue radici significa questo: potrai di nuovo regnare quando riconoscerai che il Dio del cielo domina su tutto". Daniele 4:17-23. PR 262 2 Dopo aver interpretato fedelmente il sogno, Daniele esortò il superbo monarca a pentirsi e a tornare a Dio in modo da evitare la minacciata calamità. Il profeta implorò: "Perciò, maestà, ascolta il mio consiglio: rinunzia ai tuoi peccati praticando la giustizia e alle tue iniquità con atti di misericordia verso i poveri; può darsi che tu possa vivere a lungo felice". Daniele 4:24. PR 262 3 Per un po' di tempo le parole del profeta produssero una profonda impressione sullo spirito del re, ma il suo cuore non era stato trasformato dalla grazia di Dio e presto dimenticò l'opera compiuta dallo Spirito di Dio. L'egoismo e l'ambizione non erano stati ancora sradicati dal suo cuore e successivamente riaffiorarono. Nonostante i consigli che gli erano stati dati e gli avvertimenti ricevuti in passato, il re continuò a provare invidia nei confronti dei regni che sarebbero succeduti al suo. Il suo regno, caratterizzato fino a quel momento da una giustizia e da una profonda misericordia, divenne tirannico. Diventando a poco a poco insensibile utilizzò i talenti ricevuti da Dio per glorificare se stesso elevandosi al di sopra di colui che gli aveva dato la vita e il potere. PR 263 1 Per mesi il Signore differì il suo giudizio. Ma invece di pentirsi il re continuò a coltivare il suo orgoglio. Arrivò al punto da non credere neanche più alla spiegazione del sogno che gli era stata data. Ironizzava volentieri pensando al timore che aveva fatto nascere in lui. PR 263 2 Un anno dopo aver ricevuto l'avvertimento Nabucodonosor passeggiava nel suo palazzo reale. Inebriato dalla sua potenza e dal suo successo come costruttore esclamò: "Ecco Babilonia, la grande città da me costruita come residenza reale. Essa mostra la mia grande potenza e il mio potere glorioso!" Daniele 4:27. PR 263 3 Mentre queste parole, che esprimevano tutto il suo orgoglio erano ancora sulle sue labbra, una voce dal cielo annunziò che era arrivato il tempo del giudizio stabilito da Dio. Alle sue orecchie giunse la sentenza dell'Eterno: "Re Nabucodonosor, ascolta questo messaggio: "Il potere regale ti è tolto! Sarai cacciato di mezzo agli uomini! Vivrai tra gli animali selvaggi, ti nutrirai di erba come i buoi! Resterai per sette anni in questa condizione e alla fine riconoscerai che il Dio Altissimo è il Signore dei regni e stabilisce chi deve essere re"". Daniele 4:28, 29. PR 263 4 In quell'istante il re perse la ragione. Svanì la sua capacità di giudizio che credeva perfetta, la sua saggezza di cui era fiero e il grande condottiero di un tempo cadde preda della pazzia. La sua mano non riusciva più a reggere lo scettro. Avendo rifiutato di ascoltare i messaggi d'avvertimento che gli erano stati inviati aveva perso il potere che il Creatore gli aveva concesso. Emarginato dagli uomini Nabucodonosor "...cominciò a mangiare l'erba come i buoi e il suo corpo fu bagnato dalla rugiada. I suoi capelli divennero lunghi come le penne delle aquile e le sue unghie come quelle degli uccelli rapaci". Daniele 4:30. PR 263 5 Per sette anni Nabucodonosor meravigliò tutti i suoi sudditi; per sette anni fu umiliato da tutte le altre nazioni. Poi recuperò la ragione e ricordandosi del Dio del cielo, riconobbe l'intervento di Dio nella prova che aveva vissuto. Egli confessò pubblicamente il suo peccato e rese gloria alla misericordia divina che lo aveva riabilitato. Egli disse: "Alla fine dei sette anni, io, Nabucodonosor alzai gli occhi verso il cielo e mi fu ridata la mia intelligenza di uomo. Ringraziai il Dio Altissimo che vive per sempre e cominciai a lodare e a proclamare la sua gloria: il suo dominio non ha fine, il suo regno dura per sempre. Tutti gli abitanti del mondo non sono niente in confronto a lui; egli dispone come gli piace sia degli esseri celesti sia di quelli terrestri. Nessuno può opporsi a lui e contestare quel che ha fatto". Daniele 4:31, 32; cfr. 4:33. PR 263 6 Il monarca, un tempo così fiero, era diventato un umile figlio di Dio; il sovrano tirannico e autoritario era diventato un re saggio e compassionevole. PR 263 7 Colui che aveva sfidato e bestemmiato il Dio del cielo ora riconosceva il potere dell'Altissimo e si impegnava a trasmettere il suo rispetto per l'Eterno nel cuore dei suoi sudditi. "Perciò ora io, Nabucodonosor, lodo, esalto, glorifico il Re del cielo! Ogni sua azione è regale, ogni sua impresa è giusta. Egli ha il potere di umiliare quelli che si comportano con superbia". Daniele 4:34. PR 264 1 Dio aveva voluto che il più grande regno del mondo esprimesse la sua lode. Il suo obiettivo si era realizzato. PR 264 2 La dichiarazione pubblica con la quale Nabucodonosor riconobbe la misericordia, la bontà e l'autorità di Dio fu l'ultimo atto della sua vita ricordato nella storia sacra. ------------------------Capitolo 43: Lo spettatore invisibile PR 265 1 Verso la fine della sua vita Daniele assistette ai grandi cambiamenti che si andavano verificando nel paese dove, sessant'anni prima, era stato deportato insieme ai suoi compagni ebrei. Nabucodonosor, re di uno "dei più feroci popoli stranieri" (Ezechiele 28:7), era morto, Babilonia, "lodata in tutto il mondo" (Geremia 51:41), era governata dai suoi incapaci successori ed era iniziato un processo di graduale ma sicura decadenza. PR 265 2 A causa della follia e della debolezza di Baldassar, nipote di Nabucodonosor, Babilonia sarebbe presto caduta. Chiamato ancora giovane a partecipare agli affari dello stato si gloriava della sua potenza e sfidava il Dio del cielo. Aveva avuto molte occasioni per conoscere la volontà divina e adeguarsi ad essa rendendosi conto delle proprie responsabilità. Era a conoscenza dell'amara esperienza vissuta da suo nonno che, per decreto divino, era stato allontanato per un certo periodo di tempo dalla società umana; conosceva la sua conversione e la sua miracolosa riabilitazione. Ma l'amore per il piacere e l'ambizione personale cancellarono quelle lezioni che non avrebbe mai dovuto dimenticare. Baldassar sprecò le opportunità che gli erano state offerte e trascurò di utilizzare i mezzi a sua disposizione per acquisire una maggiore conoscenza della verità. Quello che Nabucodonosor aveva imparato a costo di indicibili sofferenze e umiliazioni fu da lui ignorato con colpevole indifferenza. PR 265 3 Non passò molto tempo e cominciarono le sconfitte militari. Babilonia fu assediata da Ciro, nipote di Dario il Medo, comandante in capo degli eserciti uniti di Media e di Persia. Ma dentro la città -- fortezza apparentemente inespugnabile -- dalle larghe e solide mura, con le porte di rame, protetta dal fiume Eufrate, fornita di abbondanti riserve alimentari, questo re così mondano si sentiva al sicuro e trascorreva il tempo in feste e gozzoviglie. PR 265 4 Senza la minima preoccupazione il re Baldassar, orgoglioso e arrogante, "...invitò a un gran banchetto mille dei suoi più alti funzionari e si mise a bere vino insieme a loro". Daniele 5:1. Tutte le attrattive che la ricchezza e il potere potevano assicurare aggiungevano splendore alla scena. Fra gli ospiti vi erano donne belle e affascinanti, uomini di genio e di grande distinzione, prìncipi e dignitari. Bevevano vino in abbondanza e gozzovigliavano sotto il suo influsso inebriante. PR 266 1 Col cervello offuscato dalla vergognosa ubriachezza e dominato dagli istinti e dalle passioni più basse della natura umana, il re stesso assunse la direzione di quell'orgia. Nel bel mezzo della festa "...diede ordine di portare le coppe d'oro e d'argento che suo padre aveva preso dal tempio di Gerusalemme. Le voleva usare per bere assieme ai suoi alti funzionari, alle mogli e alle concubine". Daniele 5:2. Con questo gesto voleva dimostrare che non vi era nulla di troppo sacro che egli non potesse utilizzare. PR 266 2 "Gli furono perciò portate le coppe d'oro... Quando furono ancora più brilli cominciarono a cantare le lodi degli dei d'oro e d'argento, di bronzo e di ferro, di legno e di pietra". Daniele 5:4. PR 266 3 Baldassar neppure lontanamente pensava che ci fosse un testimone celeste alla sua orgia idolatra che si rendesse conto di questa profanazione, sentisse le espressioni della gioia sacrilega degli invitati e riconoscesse la loro idolatria. Ben presto, però, quell'ospite che non era stato invitato fece notare la sua presenza. Quando l'orgia era al culmine apparve una mano pallida che tracciò sul muro della sala con caratteri scintillanti come fuoco parole che, sebbene del tutto sconosciute ai presenti, erano un presagio di sventura per il re e i suoi ospiti. Seguì un silenzio assoluto mentre uomini e donne, presi da indicibile terrore, guardavano la mano che lentamente scriveva le parole misteriose. Passarono davanti a loro, come in una visione panoramica, le azioni delle loro vite malvagie; era come se si trovassero davanti al tribunale dell'Eterno di cui avevano sfidato il potere. Nel luogo in cui pochi istanti prima regnavano l'ilarità e l'ironia blasfema, si vedevano volti impalliditi e si udivano grida di terrore. Quando Dio provoca il terrore negli uomini essi sono incapaci di nascondere l'intensità della loro paura. PR 266 4 Baldassar era il più terrorizzato di tutti. Era lui il principale responsabile di quell'aperta ribellione nei confronti di Dio. Davanti a questo spettatore invisibile, rappresentando colui che aveva sfidato e bestemmiato il suo nome, il re fu paralizzato dal terrore. La sua coscienza si risvegliò: "...perse la sua sicurezza e le ginocchia cominciarono a tremargli". Baldassar si era opposto al Dio del cielo, aveva confidato nelle sue possibilità senza immaginare che qualcuno potesse dirgli un giorno: "Perché fai questo?" Ora però era consapevole di dover rendere conto di quanto gli era stato affidato e di non poter trovare nessuna scusa per le opportunità da lui sprecate e per il suo atteggiamento di sfida. PR 266 5 Invano cercò di leggere quelle lettere di fuoco; esse contenevano un segreto che non sapeva spiegare, esprimevano un potere che non poteva né comprendere né contestare. Nella sua disperazione si rivolse ai saggi del suo regno per essere aiutato: "Si mise a gridare e ordinò di convocare i saggi di Babilonia: maghi, incantatori e astrologi..." (Daniele 5:7) affinché gli leggessero l'iscrizione. Cfr. Daniele 5:7. Ma l'appello ai suoi consiglieri di fiducia, nonostante fosse accompagnato dalla promessa di ricche ricompense, non servì a nulla. La sapienza celeste, infatti, non si compera né si vende! "...nessuno di loro fu capace di leggere quella scrittura e di darne al re la spiegazione". Daniele 5:8. Essi somigliavano ai saggi della generazione precedente che non avevano saputo interpretare il sogno del re Nabucodonosor. PR 267 1 Allora la regina madre si ricordò di Daniele che, quasi mezzo secolo prima, aveva spiegato al re Nabucodonosor il sogno della grande statua e la sua interpretazione. PR 267 2 Ella disse: "Lunga vita a te, maestà! Non lasciarti atterrire dai tuoi pensieri e non impallidire. Nel tuo regno c'è un uomo animato dallo spirito degli dei santi. Abbiamo riscontrato in lui, quando era vivo tuo padre, una lucidità, un'intelligenza e una saggezza che soltanto gli dei hanno. Perciò tuo padre, il re Nabucodonosor, lo nominò capo degli indovini, dei maghi, degli incantatori e degli astrologi. Quest'uomo possiede un eccezionale spirito di discernimento e di intelligenza e la capacità di spiegare i sogni, di risolvere gli enigmi e di svelare i misteri. Fa' venire quest'uomo, chiamato Daniele... egli rivelerà il significato di questa scritta". Daniele 5:10-12. PR 267 3 Daniele fu quindi condotto davanti al re. Sforzandosi di ritrovare la calma, Baldassar disse al profeta: "Sei tu Daniele, quell'Ebreo che il re, mio padre, ha deportato dalla terra di Giuda? Ho sentito dire che sei animato dallo spirito degli dei e che possiedi lucidità, intelligenza e saggezza eccezionale. Poco fa hanno condotto da me i saggi e i maghi per leggermi la scrittura che vedi e per darmene la spiegazione, ma non ne sono stati capaci. Ho saputo che tu sai spiegare gli enigmi e svelare i misteri. Se riesci a leggere e a spiegarmi questa scrittura ti farò rivestire di abiti sontuosi, mettere una collana d'oro attorno al collo e diventare la terza autorità nel governo del regno". Daniele 5:13-16. PR 267 4 Davanti a quell'assemblea in preda al terrore, Daniele, per nulla impressionato dalle promesse del re, mantenne la calma dignità di un servitore dell'Altissimo, non per pronunciare parole di adulazione ma per interpretare un messaggio di condanna. Cfr. Daniele 5:17. PR 267 5 Il profeta cominciò col ricordare a Baldassar i fatti a lui ben noti ma che non gli avevano insegnato l'umiltà che lo avrebbe potuto salvare. Parlò del peccato e della caduta di Nabucodonosor, degli appelli che Dio gli aveva rivolto, del potere e della gloria che gli erano stati accordati, delle rivelazioni che avevano solleticato il suo orgoglio invece di fargli sperimentare l'umiltà, del suo successivo riconoscimento della potenza e della misericordia del Dio d'Israele. Quindi, con parole coraggiose e accorate, rimproverò Baldassar per la sua grande malvagità. Sottolineò il suo peccato e indicò le lezioni che avrebbe dovuto imparare ma che non aveva sperimentato. Baldassar non ricordava chiaramente la vita del nonno, non aveva preso in cosiderazione gli insegnamenti degli eventi predetti, ricchi di significato anche per lui. Aveva avuto la possibilità di conoscere il vero Dio e di ubbidirgli, ma non aveva accettato di immedesimarsi in questa esperienza, ora ne avrebbe subito le conseguenze. PR 268 1 Il profeta dichiarò: "Tu Baldassar che sei suo figlio, sapevi tutto questo, eppure non ti comporti con umiltà. Hai disprezzato il Dio del cielo facendo portare le coppe sacre del suo tempio e le hai usate per bere il vino tu, i tuoi alti funzionari, le tue spose e le tue concubine. Hai inoltre cantato le lodi degli dei d'argento e d'oro, di bronzo e di ferro, di legno e di pietra, di divinità che non vedono niente e non sanno niente; ma non hai reso gloria al Dio che tiene in mano la tua vita presente e il tuo destino futuro. Perciò Dio ha inviato una mano a scrivere queste parole". Daniele 5:22-24. PR 268 2 Guardando il messaggio divino scritto sulla parete lesse: MENE, MENE, TEKEL, PARSIN. La mano che aveva scritto quelle parole non era più visibile, ma le quattro parole splendevano ancora in modo terribilmente distinto. I presenti, col fiato sospeso, ascoltavano il vecchio profeta che continuò: "Questa è la spiegazione: "MENE significa 'contato'; Dio ha fatto i conti sul tuo regno e vi mette fine; TEKEL significa 'pesato': tu sei stato pesato sulla bilancia ma sei stato trovato insufficiente; PARSIN significa 'diviso': il tuo regno è stato diviso per essere dato ai Medi e ai Persiani"". Daniele 5:26-28. PR 268 3 In quell'ultima notte di follia, Baldassar e i suoi dignitari avevano superato ogni limite sia in quanto individui sia in quanto rappresentanti del regno caldeo. La mano che aveva ritardato il castigo divino non poteva più differirlo. Dio si era sforzato tramite ripetute benedizioni di insegnare ai babilonesi il rispetto della sua legge. Cfr. Geremia 51:9. L'estrema perversità del cuore umano aveva indotto Dio a emettere l'irrevocabile sentenza. Baldassar sarebbe caduto e il suo regno sarebbe passato in altre mani. PR 268 4 Quando il profeta ebbe finito di parlare, il re ordinò che gli fossero conferiti gli onori promessi: "...rivestire Daniele di abiti sontuosi e di mettergli una collana d'oro intorno al collo. Fece anche proclamare Daniele come terza autorità nel governo del regno". Daniele 5:29. Più di un secolo prima la parola ispirata aveva predetto che "...la notte di piacere", durante la quale il re e i suoi consiglieri avrebbero fatto a gara per bestemmiare Dio, si sarebbe improvvisamente mutata in una notte di paura e di distruzione. E ora, in rapida successione, importanti eventi si sarebbero verificati esattamente come erano stati descritti nei messaggi profetici molti anni prima che i principali attori del dramma fossero nati. PR 269 1 Mentre era ancora nel salone della festa, circondato da coloro il cui destino era ormai segnato, il re venne informato da un messaggero che la città era stata invasa dal nemico nonostante le strutture da lui ritenute così sicure: "Hanno occupato i guadi dei fiumi... I soldati sono presi dal panico!" Geremia 51:32. Mentre con i suoi dignitari beveva nei sacri vasi dell'Eterno, lodando i loro dei d'oro e d'argento, i Medi e i Persiani avevano fatto deviare le acque dell'Eufrate dal loro letto ed erano penetrati nel cuore della città ormai indifesa. L'esercito di Ciro era già sotto le mura del palazzo reale, la città era piena di soldati nemici "come uno sciame di cavallette" (Geremia 51:14) e le loro grida di trionfo potevano essere udite al di sopra delle grida disperate dei convitati terrorizzati. "In quella stessa notte, Baldassar, re di Babilonia, venne ucciso" e un monarca straniero lo sostituì sul trono. PR 269 2 I profeti ebrei avevano parlato chiaramente del modo in cui Babilonia sarebbe caduta! Cfr. Geremia 51:41; 50:23, 46; 51:8, 56, 57; 50:24, 25. "Così dice il Signore dell'universo: "Il popolo d'Israele e quello di Giuda sono oppressi dai loro nemici: questi li hanno deportati, li trattengono con la forza e non vogliono più lasciarli partire. Ma io sono forte e li libererò... Interverrò io stesso in loro difesa per rendere tranquilla la terra, e per sconvolgere la gente di Babilonia"". Geremia 50:33, 34. PR 269 3 Così "le imponenti mura di Babilonia" furono "rase al suolo e le sue alte porte incendiate". Geremia 51:58. In questo modo l'Eterno umiliò "...tutti i superbi, gli arroganti e i violenti". Isaia 13:11. "Babilonia la città più bella, l'orgoglio del suo popolo" diventò come Sodoma e Gomorra: un luogo maledetto per sempre. Il profeta aveva detto: "Mai più nessuno l'abiterà. Nessun nomade vi pianterà la sua tenda, nessun pastore si fermerà a pascolare i greggi. Lì si raduneranno gli animali del deserto e i gufi vi costruiranno i loro nidi. Sarà abitata dagli struzzi, e capre selvatiche si aggireranno tra le sue rovine. Ululati di iene e di sciacalli risuoneranno nelle torri e nei palazzi sontuosi...". Isaia 13:19-22. "Raderò al suolo Babilonia, la trasformerò in un posto per civette: la spazzerò via". Isaia 14:23. All'ultimo re di Babilonia, come era successo al primo, giunse la sentenza dello spettatore invisibile: "Il potere regale ti è tolto!" Daniele 4:28; cfr. Isaia 47:1-15. PR 269 4 A ogni nazione apparsa sulla scena della storia è stato permesso di occupare il suo posto sulla terra per dimostrare quanto fosse in grado di attuare gli obiettivi dell'Onnipotente. La profezia ha tracciato l'apparizione e l'ascesa dei grandi imperi mondiali: Babilonia, Medo-Persia, Grecia e Roma. Con ognuno di essi, come con le nazioni di minore importanza, la storia si è ripetuta. Ogni paese ha avuto il suo periodo di prova; tutti hanno fallito, la loro gloria si è spenta e la loro potenza è svanita. PR 270 1 Anche se le nazioni hanno rifiutato di seguire i princìpi divini provocando così la loro rovina, l'Onnipotente ha perseguito nel corso dei secoli l'obiettivo che si era prefisso. Fu quello che il profeta Ezechiele vide in una meravigliosa visione datagli durante il suo esilio nella terra dei caldei quando, con i suoi occhi attoniti, vide le immagini simboliche che rivelavano l'azione di una potenza che dirigeva la vita e le attività dei sovrani terreni. PR 270 2 Sulle rive del fiume Chebar, Ezechiele vide venire dal settentrione "un uragano... In una grande nube, tutta circondata da bagliori, lampeggiavano fulmini". Alcune ruote che si intersecavano fra loro erano mosse da quattro esseri viventi. Al di sopra di tutto questo "vidi qualcosa simile a un trono di zaffiro e su quello sedeva una figura dall'aspetto umano". "Vidi che i cherubini avevano sotto ogni ala qualcosa simile a una mano". Ezechiele 1:4, 26; 10:8. Le ruote erano sistemate in modo talmente complicato da dare l'impressione di una grande confusione, però si muovevano in perfetta armonia. Esseri celesti, sostenuti e guidati dalla mano che stava sotto le ali dei cherubini, spingevano le ruote. Sopra di loro, sul trono di zaffiro, vi era l'Eterno, e attorno al suo trono vi era un arcobaleno, emblema della misericordia divina. PR 270 3 Nello stesso modo in cui la complessità delle ruote era guidata dalla mano che stava sotto le ali dei cherubini, così il complicato gioco degli eventi umani è sotto il controllo divino. In mezzo alle contese e al tumulto delle nazioni colui che siede al di sopra dei cherubini guida tuttora le vicende di questo mondo. PR 270 4 La storia del mondo ci trasmette ancora oggi molti insegnamenti. Nel suo vasto piano, Dio ha attribuito un ruolo a ogni popolo e a ogni individuo. Oggi uomini e nazioni vengono messi alla prova e valutati con il metro di misura posto nella mano di colui che non si può sbagliare. Uomini e nazioni decidono la loro sorte in base alla loro scelta e Dio dirige tutto in vista dell'adempimento dei suoi progetti. PR 270 5 Le profezie che il grande "Io Sono" ha trasmesso tramite la sua Parola sono altrettanti anelli della catena degli eventi, dall'eternità del passato all'eternità del futuro. Esse ci rivelano dove ci troviamo oggi nella successione dei secoli e che cosa ci possiamo aspettare dal futuro. Tutto ciò che i profeti hanno predetto sarebbe avvenuto entro la nostra epoca è registrato nelle pagine della storia e possiamo essere certi che tutto ciò che deve ancora avvenire si realizzerà sicuramente al momento opportuno. PR 271 1 I segni dei tempi proclamano che siamo arrivati alla vigilia di avvenimenti grandi e solenni. Tutto sembra pronto. Le profezie del Salvatore relative a ciò che accadrà prima del suo ritorno si adempiranno sotto i nostri occhi. Cfr. Matteo 24:6, 7. PR 271 2 La nostra epoca riveste un profondo interesse per tutti noi. Sovrani, funzionari di stato, uomini e donne di ogni classe riflettono su quanto sta accadendo intorno a loro. Essi osservano i rapporti che intercorrono fra le nazioni, considerano il grado di intensità che va assumendo ogni elemento terreno e riconoscono che qualcosa di grande e decisivo sta per accadere: il mondo sta per affrontare una crisi senza precedenti. Solo la Bibbia ci offre una giusta chiave di lettura di queste cose. In essa sono descritte le scene finali della storia del mondo, vengono presentati gli eventi che proiettano già le loro ombre sinistre; la notizia del loro approssimarsi fa tremare la terra e gli uomini sono angosciati! PR 271 3 Parlando di questa nostra epoca il profeta Isaia così si esprime: "Il Signore spacca la terra e la fa tremare; ne sconvolge la superficie e ne disperde gli abitanti... essi non hanno osservato la legge del Signore e sono stati infedeli alla sua alleanza eterna. Per questo la terra è maledetta, quelli che l'abitano ne sono gravemente puniti...". Isaia 24:1-6; cfr. Gioele 1:15-18, 12; Geremia 4:19, 20. PR 271 4 "Veramente terribile sarà quel giorno, non ce n'é mai stato uno simile! Sarà un tempo di angoscia per i discendenti di Giacobbe, ma ne usciranno sani e salvi". Geremia 30:7; cfr. Salmi 91:9, 10. PR 271 5 "...il Signore vi strapperà dal potere dei vostri nemici. Ora molte nazioni si sono riunite per attaccarvi. Esse dicono: "La città sia profanata. Vogliamo vedere Gerusalemme distrutta". Ma esse non conoscono l'intenzione del Signore, non capiscono la sua decisione". Michea 4:10-12. Dio non abbandonerà la sua chiesa nell'ora del pericolo. Le ha promesso la liberazione: "Farò ritornare alle loro abitazioni i discendenti di Giacobbe e sarò generoso con le loro famiglie". Geremia 30:18. PR 271 6 In questo modo si realizzerà il piano di Dio e i princìpi del suo regno saranno rispettati da tutti su tutta la terra. ------------------------Capitolo 44: Nella fossa dei leoni PR 272 1 Quando Dario il Medo salì sul trono, fino allora occupato dai sovrani babilonesi, provvide immediatamente a riorganizzarne l'amministrazione. "Dario decise di nominare centoventi satrapi in tutto il regno... Stabilì pure tre sovrintendenti... Daniele era uno dei tre sovrintendenti, ma, per le sue qualità eccezionali, superava gli altri due e tutti i satrapi. Il re aveva perfino pensato di affidargli la responsabilità di tutto il regno". Daniele 6:2-4. PR 272 2 Gli onori tributati a Daniele suscitarono la gelosia dei capi e dei satrapi i quali cercarono un'occasione per poterlo accusare. Ma non ne trovarono alcuna "perché egli era integro nella sua onestà e non gli si poteva rimproverare nulla". Daniele 6:5. PR 272 3 La condotta irreprensibile di Daniele suscitò ancor più la gelosia dei suoi nemici, i quali furono costretti a riconoscere: "Non possiamo scoprire alcun motivo per accusare Daniele, se non il fatto che ubbidisce alla legge del suo Dio". Daniele 6:6. PR 272 4 Così i capi e i satrapi si consultarono ed escogitarono un piano mediante il quale speravano di riuscire a eliminare il profeta. Decisero di chiedere al re di emanare un decreto, redatto da loro stessi, che vietava a ogni suddito del regno di rivolgere richieste a Dio o a qualsiasi altro uomo, ma di rivolgerle soltanto al re Dario per lo spazio di trenta giorni. Chi avesse violato il decreto sarebbe stato gettato nella fossa dei leoni. PR 272 5 I capi e i satrapi prepararono il decreto e lo sottoposero al re perché lo firmasse. Facendo appello alla sua vanità cercarono di dimostragli che l'emanazione di questo decreto avrebbe accresciuto il suo prestigio e la sua autorità. Ignorando l'astuto obiettivo di quegli uomini, il re non si rese conto dell'odio che aveva ispirato il decreto e, cedendo alle loro lusinghe, lo firmò. PR 272 6 Allora i nemici di Daniele si ritirarono felici di aver teso un tranello al servitore dell'Eterno. In quel complotto Satana aveva avuto un ruolo importante. Il profeta occupava nel regno una posizione di prestigio e gli angeli malefici temevano che il suo influsso potesse indebolire il loro controllo sui governanti. Essi suscitarono quindi nei satrapi l'invidia e la gelosia; suggerirono loro l'elaborazione di questo decreto per sbarazzarsi di Daniele e i prìncipi, lasciandosi utilizzare come strumenti del male, realizzarono il loro obiettivo. PR 273 1 Per il successo del piano i nemici del profeta contavano sulla sua fedeltà ai princìpi e la loro valutazione si rivelò esatta. Considerando la formulazione del decreto Daniele capì quale fosse il loro obiettivo ma non mutò minimamente il suo comportamento. Perché avrebbe dovuto smettere di pregare ora che aveva più bisogno della preghiera? Avrebbe piuttosto rinunciato alla propria vita anziché alla speranza nell'aiuto di Dio. Con la calma abituale disbrigò i suoi impegni come capo dei satrapi e, giunta l'ora della preghiera, entrò in casa sua e con le finestre aperte verso Gerusalemme, come sempre, presentò le sue richieste al Dio del cielo. Daniele non cercò affatto di nascondere il suo atto di culto. Pur sapendo quali sarebbero state le conseguenze della sua fedeltà a Dio il suo spirito non vacillò. Egli non avrebbe mai permesso che coloro che complottavano per la sua rovina credessero che il suo rapporto con Dio si fosse interrotto. PR 273 2 In tutti i casi in cui il re aveva il diritto di impartire ordini Daniele ubbidiva, ma né Dario né il suo decreto potevano farlo deviare dalla fedeltà al Re dei re. Così il profeta dichiarò coraggiosamente ma umilmente e silenziosamente che nessun potere umano ha il diritto di interporsi fra l'uomo e Dio. Nell'ambiente idolatra in cui viveva rese una fedele testimonianza alla verità. La sua ferma adesione a giusti princìpi era una luce che risplendeva nell'oscurità morale della corte pagana. PR 273 3 Per un giorno intero i capi e i satrapi spiarono Daniele. Per tre volte lo videro andare in casa sua e per tre volte udirono la sua fervente preghiera. La mattina seguente si presentarono al re per denunciarlo. Daniele, il suo funzionario più onorato e fedele, aveva sfidato il decreto reale. Cfr. Daniele 6:13. Esultanti, informarono Dario della condotta del suo leale consigliere: "...maestà, quel Daniele, deportato dalla regione di Giuda, non ha rispettato né te né il tuo decreto: tre volte al giorno egli prega il suo Dio". Daniele 6:14. PR 273 4 Quando il monarca udì queste parole si rese subito conto del tranello che era stato teso al suo servitore. Si rese conto che la proposta di un decreto reale non era stata motivata dallo zelo per la gloria e l'onore del re ma dalla gelosia nei confronti di Daniele. "...il re... fu profondamente addolorato..." di aver avuto un ruolo in questo complotto. "Fino al tramonto egli cercò ogni mezzo per salvarlo". Daniele 6:15. PR 273 5 I satrapi, però, ritornarono precipitosamente dal re e dissero: "Maestà, tu sai bene che secondo la legge dei Medi e dei Persiani un decreto o una decisione firmata dal re è irrevocabile". Daniele 6:16. Il decreto, anche se emanato in modo avventato, era inalterabile e doveva essere attuato. "Allora, per ordine del re, Daniele fu preso e gettato nella fossa dei leoni. Il re gli disse: "Solo il tuo Dio che tu servi con tanto amore può salvarti!"". Una pietra fu posta sulla bocca della fossa. "Il re vi applicò il suo sigillo personale e quello dei suoi alti funzionari perché nessuno potesse cambiare la sorte di Daniele. Il re rientrò poi nel suo palazzo per trascorrere la notte. Respinse ogni cibo e, benché non riuscisse a dormire, rifiutò qualunque diversivo". Daniele 6:17-19. PR 274 1 Dio non impedì ai nemici di Daniele di gettarlo nella fossa dei leoni; egli permise ai demoni e a quegli uomini malvagi di attuare il loro piano per rendere più spettacolare la liberazione del suo servitore e più completa la sconfitta dei nemici della verità e della giustizia. Il salmista afferma: "Anche i più violenti ti daranno gloria". Salmi 76:11. Grazie al coraggio di Daniele, che scelse di restare fedele ai suoi princìpi a costo di perdere la stima del re, Satana fu sconfitto e il nome di Dio esaltato e onorato. PR 274 2 Il mattino successivo, all'alba, il re Dario si recò subito alla fossa e "...chiamò Daniele con voce triste: "Daniele, servo del Dio vivente, il tuo Dio che servi con amore ti ha liberato dagli artigli dei leoni?" Daniele gli rispose: "Lunga vita a te, maestà! Sì, il mio Dio ha mandato il suo angelo a chiudere le fauci dei leoni ed essi non mi hanno fatto alcun male. Infatti, agli occhi del mio Dio, sono innocente e anche nei tuoi riguardi non ho commesso alcuna colpa, maestà!" Pieno di gioia, il re diede ordine di tirare fuori Daniele dalla fossa. Appena fuori, si potè notare che egli non aveva nessuna ferita, perché aveva avuto fiducia nel suo Dio. Il re fece poi arrestare quegli uomini che avevano denunziato Daniele, ed essi furono gettati nella fossa dei leoni con le mogli e i figli. I leoni li afferrarono e ne stritolarono le ossa ancor prima che essi raggiungessero il fondo della fossa". Daniele 6:20-25. PR 274 3 Ancora una volta un sovrano pagano emanò un decreto per esaltare il Dio di Daniele come il vero Dio. "...il re Dario rivolse questo messaggio alla gente di ogni popolo, nazione e lingua che abita su tutta la terra: "Vi auguro una pace perfetta! Questo è il mio decreto: in tutto il mio regno ognuno deve avere un rispetto assoluto per il Dio di Daniele. Egli è il Dio vivente, regna per sempre. Il suo regno non verrà mai distrutto, il suo dominio dura per sempre. Egli libera e salva, compie prodigi e miracoli nel cielo e sulla terra. Egli ha liberato Daniele dagli artigli dei leoni". Daniele 6:26-28. PR 274 4 L'opposizione incontrata dal servitore di Dio era stata completamente infranta. "Daniele occupò in seguito un posto importante nel regno di Dario e poi in quello di Ciro, re dei Persiani". Daniele 6:28. PR 274 5 Questa liberazione di Daniele ci insegna che nei periodi di prova e di difficoltà i figli di Dio devono continuare a comportarsi come se potessero contare sulle prospettive migliori e tutto dovesse svolgersi come previsto. Daniele nella fossa dei leoni era lo stesso Daniele che aveva assunto per il re il ruolo di primo ministro ed era anche profeta dell'Altissimo. Un uomo fedele a Dio rimarrà tale sia nell'ora della prova sia nei momenti migliori quando la luce di Dio e l'approvazione degli uomini lo favoriranno. La fede afferra l'invisibile e si impadronisce delle realtà eterne. PR 275 1 Il cielo è molto vicino a coloro che soffrono per amore della giustizia. Cristo identifica i suoi interessi con quelli dei suoi fedeli, soffre insieme a loro, e chiunque fa loro del male è come se lo facesse a lui. La potenza che è pronta a liberare l'uomo dal pericolo fisico o dall'angoscia morale è pronta anche a salvaguardarlo da mali peggiori; egli permette ai servitori di Dio di salvaguardare la loro integrità in ogni circostanza e di trionfare tramite la grazia divina. PR 275 2 L'esperienza di Daniele come funzionario nei regni di Babilonia e Medo-Persia rivela il fatto che un uomo d'affari non è necessariamente un intrigante o un ambizioso ma che può essere un uomo che si lascia guidare e istruire da Dio costantemente. Daniele, primo ministro del più grande dei regni terreni, era nello stesso tempo un profeta dell'Altissimo e riceveva luce dall'ispirazione divina. Naturalmente non era perfetto; era un uomo simile a noi, ma la Parola di Dio lo descrive come irreprensibile. Anche i suoi peggiori nemici non potevano trovare nulla da ridire sul modo in cui adempiva il suo dovere. Il suo esempio dovrebbe mostrare agli uomini di Stato come comportarsi quando si è convertiti e consacrati al Signore. PR 275 3 Una scrupolosa ubbidienza alle esigenze divine è fonte di benedizioni temporali e spirituali. Daniele fu sempre fedele a Dio e non perse mai l'autocontrollo. Grazie alla sua nobile dignità e alla sua assoluta integrità, quando era ancora molto giovane, seppe conquistarsi il favore e l'affetto dell'ufficiale a cui era stato affidato. Le stesse caratteristiche distinsero la sua esperienza successiva per cui raggiunse rapidamente la posizione di primo ministro dell'impero babilonese. Durante il regno dei monarchi successivi, il crollo della nazione e la nascita di un altro impero mondiale, la sua saggezza, la sua competenza di governo, il suo tatto, la sua cortesia, la sua sincera bontà, la sua fedeltà ai princìpi furono tali che perfino i suoi nemici furono costretti a confessare che non riuscivano a trovare nessuna occasione per accusarlo perché "...era integro nella sua onestà e non gli si poteva rimproverare nulla". Daniele 6:5. Onorato come uomo politico, detentore di segreti di stato la cui portata rivestiva carattere universale, Daniele fu onorato da Dio come suo ambasciatore e gli furono trasmesse molte rivelazioni sui misteri del futuro. Queste straordinarie profezie, contenute nei capitoli da sette a dodici del libro che porta il suo nome, non furono completamente comprese da lui, ma prima di concludere la sua carriera ricevette la certezza che quando la storia del mondo si sarebbe conclusa avrebbe ricevuto la sua ricompensa. PR 276 1 Non fu in grado di comprendere tutto quello che Dio gli aveva rivelato. Riguardo ai suoi scritti profetici gli fu detto: "...conserva segreto questo messaggio, non svelare il contenuto di questo libro prima del tempo della fine". Daniele 12:4. L'angelo disse al fedele messaggero dell'Eterno: "Ora va', Daniele. Questo messaggio resterà accuratamente nascosto fino al momento della fine". Daniele 12:9. Quindi aggiunse: "E tu, Daniele, sii fedele sino alla fine. Allora ti riposerai e poi ti alzerai per ricevere alla fine del tempo la tua ricompensa". Daniele 12:13. PR 276 2 Nella misura in cui ci si avvicina alla fine della storia del mondo è necessario rivolgere un'attenzione speciale alle profezie di Daniele in quanto si riferiscono al tempo in cui viviamo. A esse sono collegati gli insegnamenti dell'ultimo libro del Nuovo Testamento. Satana ha indotto molti a credere, nel corso dei secoli, che le predizioni profetiche degli scritti di Daniele e di Giovanni siano incomprensibili. Invece fu detto a Daniele: "...i saggi comprenderanno quel che avviene", a proposito delle visioni che sarebbero state riscoperte negli ultimi giorni. Questa è la promessa relativa alla rivelazione che Cristo diede a Giovanni per la guida del popolo di Dio nel corso dei secoli: "...beato dunque chi legge e chi ascolta questo messaggio profetico, e fa tesoro di quanto qui è scritto". Apocalisse 1:3. PR 276 3 Dal sorgere delle nazioni e dal loro crollo, chiaramente descritti nei libri di Daniele e dell'Apocalisse, possiamo imparare quanto vana sia la gloria di questo mondo. Babilonia, in tutta la sua potenza e la sua magnificenza, mai uguagliata in seguito, sembrava dover durare in eterno, ma è scomparsa! Essa è svanita nel nulla "come un fiore di campo". Giacomo 1:10. Così crollarono i regni della Medo-Persia, della Grecia e di Roma. Così sarà distrutto tutto ciò che non ha Dio come suo fondamento. Può sussistere solo ciò che rientra nei suoi piani ed esprime il suo carattere. I suoi princìpi sono le sole cose sicure in questo mondo. PR 276 4 Un attento studio dell'adempimento del piano divino nella storia delle nazioni e delle profezie relative agli avvenimenti futuri ci aiuterà a valutare le cose visibili e invisibili e comprendere qual è il vero scopo della vita. Considerando dunque gli avvenimenti terreni alla luce dell'eternità possiamo, come Daniele e i suoi compagni, vivere per ciò che è vero, nobile e duraturo. Imparando in questa vita ad applicare i princìpi del regno del nostro Signore e Salvatore -- regno che deve durare in eterno -- saremo pronti, quando egli apparirà una seconda volta, a partecipare con lui alla sua gloria. ------------------------Capitolo 45: Il ritorno dall'esilio PR 277 1 L'arrivo dell'esercito di Ciro davanti alle mura di Babilonia fu per gli ebrei il segno che la loro liberazione era vicina. Più di un secolo prima della nascita di Ciro la profezia lo aveva citato per nome e aveva precisato l'opera che avrebbe compiuto conquistando la città di Babilonia e preparando così il ritorno degli israeliti dall'esilio. Il profeta Isaia si era espresso in questi termini: "Il Signore dice al re Ciro, che egli ha scelto: "Ti do tutto il mio appoggio per sottomettere le nazioni, per detronizzare i re e spalancare davanti a te le porte sbarrate della città. Ti precederò per prepararti il terreno ed eliminare davanti a te ogni ostacolo, per abbattere le porte di bronzo e rompere le spranghe di ferro. Ti farò scoprire tesori segreti, ricchezze ben nascoste. Così tu riconoscerai che io, il Signore, il Dio d'Israele ti ho affidato un incarico"". Isaia 45:1-3. PR 277 2 Quando gli eserciti del conquistatore persiano entrarono improvvisamente nella capitale babilonese sfruttando il letto del fiume, le cui acque erano state deviate, e Ciro entrò dalle porte interne rimaste incautamente aperte e prive di protezione, gli ebrei ebbero la prova evidente dell'adempimento letterale della profezia di Isaia relativa all'improvvisa sconfitta dei loro oppressori. Questo sarebbe dovuto essere un segno inconfutabile del fatto che Dio stava dirigendo gli avvenimenti in loro favore, in quanto alla profezia che indicava la caduta e la conquista di Babilonia venivano aggiunte le parole: "Al re Ciro ordino: Tu sei il capo che io ho scelto per realizzare i miei piani. Tu farai ricostruire Gerusalemme; farai riedificare il suo tempio". "...ho chiamato il re Ciro e gli ho spianato la via. Egli ricostruirà la mia città, Gerusalemme, e farà tornare a casa gli esiliati che mi appartengono, senza ricevere un soldo, senza un regalo. Così dice il Signore dell'universo!" Isaia 44:28; 45:13. PR 277 3 Questi non erano gli unici messaggi profetici su cui gli esuli basavano la loro speranza di una prossima liberazione. Gli scritti di Geremia erano a loro disposizione e in essi era indicato chiaramente il tempo che sarebbe trascorso prima del loro ritorno in patria. "Passati i settant'anni, punirò il re di Babilonia e il suo popolo per i loro peccati... Interverrò contro la loro terra e la trasformerò per sempre in un deserto desolato". Geremia 25:12. In risposta alle preghiere ferventi il rimanente di Giuda avrebbe goduto delle benedizioni di Dio. Cfr. Geremia 29:14. PR 278 1 Quante volte Daniele e i suoi compagni si erano soffermati su queste profezie e altre simili che indicavano le intenzioni di Dio nei confronti del suo popolo! E ora che il rapido susseguirsi degli avvenimenti dimostrava che il Signore interveniva nella storia delle nazioni, Daniele pensava alle promesse fatte a Israele. La sua fiducia nelle profezie lo induceva ad approfondire i messaggi degli autori sacri. Cfr. Geremia 29:10-13. PR 278 2 Poco tempo prima della caduta di Babilonia, quando Daniele stava riflettendo su queste profezie e supplicava Dio di illuminarlo, gli fu data una serie di visioni riguardanti il sorgere e il decadere degli imperi. La prima visione, riportata nel capitolo sette del libro di Daniele, gli venne spiegata ma non tutto era chiaro. Parlando della sua esperienza scrisse: "...fui completamente atterrito dai miei pensieri, impallidii e tenni tutto dentro di me". Daniele 7:28. Ma grazie a un'altra visione capì ciò che sarebbe successo. Alla fine di quest'ultima Daniele sentì "...un angelo santo che parlava e un altro che gli domandava: "Quanto tempo dureranno gli avvenimenti annunziati in questa visione?..."" Daniele 8:13. Gli venne data questa risposta: "Dovranno passare duemilatrecento sere e mattine. Poi il santuario verrà di nuovo consacrato" (Daniele 8:14) che lo lasciò perplesso. Cercò di approfondire il significato di questa visione ma non riusciva a comprendere quale relazione ci fosse tra la cattività di settant'anni, predetta tramite Geremia, e i duemilatrecento anni che dovevano passare prima della purificazione del santuario di Dio. L'angelo Gabriele gli fornì un'indicazione parziale e quando Daniele udì le sue parole svenne: "Questa visione... riguarda un'epoca ancora lontana!" Egli racconta così la sua esperienza: "...io, Daniele, rimasi sfinito e fui poi malato per qualche tempo. Appena mi ristabilii, ripresi le mie funzioni al servizio del re. Ma ero ancora tormentato da questa visione di cui non comprendevo tutto il significato". Daniele 8:26, 27. PR 278 3 Sempre più preoccupato per la sorte d'Israele Daniele studiò nuovamente le profezie di Geremia. Esse erano molto chiare, così chiare da fargli capire che "...il numero degli anni di cui l'Eterno aveva parlato al profeta Geremia e durante i quali Gerusalemme dovea essere in ruine, era di settant'anni". Daniele 9:2 (Luzzi). PR 278 4 Grazie alla sua profonda fede nella parola profetica Daniele implorò il Signore di adempiere queste promesse. Lo implorò perché fosse salvaguardato l'onore dell'Eterno. Nella sua preghiera si identificò interamente con coloro che non erano stati fedeli e confessò i loro peccati come fossero stati i suoi. Il profeta dichiarò: "Cominciai anche a digiunare e, vestito di sacco, con la testa coperta di cenere mi rivolsi al Signore Dio per pregarlo e supplicarlo". Daniele 9:3, 4. Nonostante fosse da molto tempo al servizio del Signore e avesse ricevuto da Dio il nome di "beneamato" si presentava al Signore come un vile peccatore. Ecco la sua preghiera che esprimeva semplicità e intenso fervore: PR 279 1 "Signore Dio, tu sei grande e tremendo, tu mantieni la tua alleanza con quelli che ubbidiscono ai tuoi comandamenti e sei fedele con quelli che ti amano. Noi non ti abbiamo ubbidito, abbiamo peccato e siamo colpevoli; ci siamo ribellati contro di te, ci siamo allontanati dai tuoi comandamenti e dalle tue leggi. Non abbiamo dato ascolto ai tuoi servi, i profeti, che hanno parlato da parte tua ai nostri re, ai nostri capi, ai nostri padri e al popolo tutto. Tu solo, Signore, sei giusto! Anche oggi dobbiamo solo vergognarci, noi abitanti di Gerusalemme, popolo di Giuda e tutti gli altri Israeliti, vicini o lontani, dispersi nelle nazioni dove tu ci hai cacciati a causa della nostra infedeltà verso di te... Ascolta, Signore, nostro Dio, la mia preghiera e la mia supplica. Per amor tuo, guarda con bontà il tuo santuario devastato. Mio Dio, ascoltami, e guarda attentamente: vedi la rovina della nostra città, di questa città a te consacrata. Ti presentiamo le nostre suppliche ma non contiamo sui nostri meriti bensì sul tuo amore infinito. Signore, ascoltaci! Signore, perdonaci! Signore, guardaci! Per amor tuo, Dio mio, intervieni presto in favore di questa città e di questo popolo a te consacrato". Daniele 9:4-9, 16-19. PR 279 2 Sembrava che tutto il cielo si fosse avvicinato alla terra per ascoltare la fervente preghiera del profeta. Prima ancora che egli avesse finito la sua invocazione di perdono e di restaurazione il potente angelo Gabriele gli apparve e richiamò la sua attenzione sulla visione che gli era stata data prima della caduta di Babilonia e della morte di Baldassar. Quindi l'angelo gli spiegò nei dettagli il periodo delle settanta settimane che sarebbe iniziato "...dal momento in cui è stato pronunziato il messaggio che riguarda il ritorno dall'esilio e la ricostruzione di Gerusalemme". Daniele 9:25. PR 279 3 Daniele aveva pronunciato la sua preghiera "il primo anno di Dario", re di Media. Ciro, il suo generale, aveva strappato a Babilonia lo scettro del dominio universale. Il regno di Dario fu onorato da Dio e gli fu inviato l'angelo Gabriele "per sostenerlo e difenderlo". Daniele 11:1 (Luzzi). Alla sua morte, circa due anni dopo la caduta di Babilonia, gli succedette al trono Ciro, e l'inizio del suo regno segnò la fine delle settanta settimane, iniziate da quando il primo gruppo di ebrei era stato deportato in Babilonia da Nabucodonosor. PR 279 4 Dio aveva liberato Daniele dalla fossa dei leoni per impressionare favorevolmente Ciro il Grande. Le grandi qualità dell'uomo di Dio, come statista lungimirante, indussero il sovrano persiano a rispettare e onorare la sua capacità di giudizio. E ora, nel momento stabilito dall'Onnipotente per la ricostruzione del tempio di Gerusalemme, Dio ispirò Ciro, "suo servitore", a comprendere le profezie che lo riguardavano, profezie ben note a Daniele, e gli suggerì di liberare gli ebrei. PR 280 1 Quando il re venne a sapere che era stato predetto, più di cento anni prima della sua nascita, il modo in cui Babilonia sarebbe stata presa, quando lesse il messaggio che gli era stato rivolto dal Sovrano dell'universo: "All'infuori di me non c'è altro Dio. Farò di te un re potente anche se tu non mi conosci. Così, dall'oriente all'occidente tutti sapranno che all'infuori di me non c'è nessuno. Il Signore sono io e nessun altro"; quando vide con i suoi occhi la dichiarazione dell'Eterno: "Per amore d'Israele, mio servo, di Giacobbe, popolo da me scelto, ti ho affidato un incarico. Ti ho concesso questo onore anche se tu non mi conoscevi"; quando venne a conoscenza dello scritto ispirato: "Io sono fedele, perciò ho chiamato il re Ciro e gli ho spianato la via. Egli ricostruirà la mia città, Gerusalemme, e farà tornare a casa gli esiliati che mi appartengono, senza ricevere un soldo, senza un regalo" (Isaia 45:5, 6, 4, 13), il suo cuore fu profondamente commosso e decise di adempiere la missione che gli era stata divinamente assegnata. Avrebbe liberato i giudei deportati e li avrebbe aiutati a riedificare il tempio dell'Eterno. In un decreto diffuso "...in tutto il suo regno" Ciro espresse il suo desiderio di aiutare gli ebrei a ritornare in patria e a ricostruire il loro tempio. In questo proclama il re riconobbe con gratitudine: "Il Signore, Dio del cielo, ha dato in mio potere tutti i regni della terra e mi ha incaricato di costruirgli un tempio a Gerusalemme, città della Giudea. Perciò mi rivolgo a tutti quelli che appartengono al suo popolo: tornate a Gerusalemme di Giuda per ricostruire il tempio del Signore... In ogni regione i superstiti che decidono di partire siano aiutati dagli abitanti del posto. Essi daranno loro argento, oro, beni e bestiame, e inoltre offerte volontarie per il tempio di Dio a Gerusalemme". Esdra 1:1-4. PR 280 2 Riguardo poi alla costruzione del tempio, fornì queste indicazioni: "L'edificio deve sorgere nel luogo dove si fanno i sacrifici, sulle sue precedenti fondamenta. Misurerà ventisette metri in altezza e altrettanti in larghezza. Le pareti saranno costruite alternando tre strati di blocchi di pietra con uno di legno. Le spese saranno a carico della tesoreria reale. Inoltre, gli oggetti d'oro e d'argento che Nabucodonosor fece togliere dal tempio di Gerusalemme e portare a Babilonia saranno restituiti al tempio di Gerusalemme e rimessi al loro posto nella casa di Dio". Esdra 6:3-5. PR 280 3 La notizia della promulgazione di questo decreto raggiunse le più remote province del regno di Ciro, e ovunque, tra i figli d'Israele dispersi, si diffuse la gioia. Molti, come Daniele, conoscevano le profezie e avevano supplicato Dio di intervenire secondo la sua promessa, in favore di Sion. Ora le loro preghiere venivano esaudite ed erano felici di condividere le parole del salmista: "Quando il Signore cambiò le sorti di Sion ci sembrava di sognare. La nostra bocca si riempiva di canti, la nostra lingua di grida di gioia". Salmi 126:1, 2, 3. PR 281 1 "Allora i capifamiglia delle tribù di Giuda e di Beniamino, i sacerdoti e i leviti accolsero l'invito. Erano tutti quelli a cui Dio aveva messo in cuore il desiderio di tornare a Gerusalemme per ricostruire il tempio del Signore". Esdra 1:5. Un buon numero dei giudei esiliati (quasi cinquemila persone) approfittarono della straordinaria opportunità che veniva loro offerta. I loro amici non li lasciarono partire a mani vuote. Cfr. Esdra 1:6-11. PR 281 2 A Zorobabele (cfr. Esdra 1:8; 5:14; 3:2; Aggeo 1:1), noto anche come Sesbassar, un discendente del re Davide, Ciro affidò l'incarico di governatore del gruppo di ebrei che rientravano in Giudea. Con lui vi era anche Giosuè, sommo sacerdote. Il lungo viaggio attraverso il deserto fu compiuto senza difficoltà, e i reduci, grati a Dio per le sue benedizioni, si misero subito al lavoro per ristabilire quanto era stato abbattuto e distrutto. Cfr. Esdra 2:64-70. PR 281 3 Il più rapidamente possibile fu innalzato un altare nello stesso luogo in cui prima sorgeva quello del cortile del tempio. Tutti si riunirono per la cerimonia di consacrazione e furono ripristinati i sacrifici interrotti da Nabucodonosor con la distruzione del tempio. Prima di rientrare nelle loro case, che stavano cercando di restaurare, "celebrarono la festa delle Capanne". Cfr. Esdra 3:1-6. PR 281 4 La costruzione dell'altare per gli olocausti quotidiani rallegrò i fedeli che intrapresero coraggiosamente la ricostruzione del tempio e le loro forze aumentavano mese dopo mese, nella misura in cui i lavori progredivano. Per molti anni non avevano goduto delle testimonianze visibili della presenza di Dio. Ora pervasi dai tristi ricordi dell'apostasia dei loro padri, desideravano ricevere una prova tangibile del perdono divino. Ciò che desideravano maggiormente non era riavere i loro beni e gli antichi privilegi ma l'approvazione di Dio. Egli aveva operato meravigliosamente nei loro confronti ed essi desideravano ricevere la certezza della sua presenza. Auspicando maggiori benedizioni essi attendevano con impazienza il momento in cui il tempio sarebbe stato ricostruito e avrebbero potuto contemplare lo splendore della gloria celeste nel santuario. PR 281 5 Gli operai impegnati nella preparazione del materiale per la costruzione trovarono fra le rovine alcune delle immense pietre trasportate sul luogo dove sorgeva il tempio all'epoca di Salomone: esse erano pronte per l'uso. Con il materiale nuovo il lavoro progredi a tal punto che si poté realizzare la posa della pietra angolare, alla presenza di migliaia di persone che si erano riunite per constatare i progressi dell'opera e per esprimere la gioia di potervi partecipare. Mentre veniva posta la pietra angolare, il popolo, accompagnato dalle trombe e dai cembali dei figli di Asaf, cantava e lodava l'Eterno perché "Il Signore è buono, eterno è il suo amore per Israele. Esdra 3:11. PR 282 1 La casa che si stava costruendo era stata oggetto di molte profezie relative alle benedizioni che il Signore desiderava trasmettere a Sion, e tutti coloro che erano presenti alla posa della pietra angolare avrebbero dovuto rallegrarsi per lo spirito che regnava in quell'occasione. Invece, fra la musica e le grida di lode che echeggiarono quel giorno, vi fu una nota discordante. "Molti sacerdoti, leviti e capifamiglia anziani si ricordavano del tempio precedente: vedendo le fondamenta del nuovo tempio, lì, davanti ai loro occhi, piangevano commossi". Esdra 3:12. PR 282 2 Era naturale che la tristezza riempisse i cuori di questi uomini, già in età avanzata, che pensavano agli effetti della disubbidienza. Se fossero stati fedeli, se avessero attuato il piano di Dio per Israele, il tempio di Salomone non sarebbe mai stato distrutto così come non sarebbe stato necessario l'esilio. PR 282 3 Ora le condizioni erano cambiate. Con tenera misericordia il Signore era nuovamente presente in mezzo al suo popolo e gli permetteva di ritornare nel suo paese. La tristezza per gli errori commessi in passato avrebbe dovuto lasciar spazio alla gioia. Dio aveva influito su Ciro affinché aiutasse gli israeliti nella ricostruzione del tempio, e ciò avrebbe dovuto far nascere in loro sentimenti di profonda gratitudine. Ma alcuni non riuscirono a riconoscere le benedizioni di Dio e, anziché rallegrarsi, coltivavano scontentezza e scoraggiamento. Avendo conosciuto lo splendore del tempio di Salomone si lamentavano perché l'edificio che stavano costruendo era meno bello. PR 282 4 I mormorii, le lamentele e i confronti ebbero un effetto negativo; molti si scoraggiarono, i costruttori persero forze ed entusiasmo e cominciarono a chiedersi se fosse il caso di continuare a erigere un edificio che, già dalle sue fondamenta, era oggetto di tante critiche e lamentele. Molti membri della comunità che possedevano una fede più profonda e una visione più ampia non si scoraggiarono per il fatto che questo monumento fosse inferiore al precedente: "Molti altri invece gridavano di gioia. Ed era impossibile distinguere tra grida di gioia e di pianto, perché il clamore della folla era tale che lo si poteva udire da lontano". Esdra 3:12, 13. PR 282 5 Se coloro che si lamentavano in occasione della posa delle fondamenta del tempio avessero previsto gli effetti della loro mancanza di fede ne sarebbero rimasti sconvolti. Essi non si rendevano conto del peso delle loro parole di disapprovazione e di disappunto; non sapevano quanto l'insoddisfazione da loro manifestata avrebbe ritardato il completamento dei lavori della casa di Dio. PR 283 1 La magnificenza del primo tempio, l'imponenza dei suoi riti religiosi erano state fonte di orgoglio per Israele prima della cattività; ma le loro cerimonie molto spesso non erano state caratterizzate da quelle qualità che Dio considera essenziali. La gloria del primo tempio e lo splendore dei suoi servizi non potevano giustificare il popolo nei confronti di Dio perché ciò che conta ai suoi occhi è un cuore pentito e umiliato che i giudei avevano dimenticato di presentargli. PR 283 2 Quando i veri princìpi del regno di Dio vengono dimenticati si moltiplicano le cerimonie fastose. Quando la formazione del carattere viene trascurata, quando non trapela la bellezza dell'animo, la semplicità della religione viene disprezzata, l'orgoglio e la vanità esigono magnifiche chiese, ricchi ornamenti e cerimonie imponenti. Ma Dio non viene onorato da simili manifestazioni. Egli non valuta la sua chiesa in funzione delle ricchezze esteriori ma per la sincera devozione che la distingue dal mondo. Egli la valuta in base alla crescita dei suoi membri nella conoscenza di Cristo e secondo i progressi della loro vita spirituale. Egli si aspetta di vedere realizzati i princìpi dell'amore e della bontà. Tutte le bellezze artistiche del mondo non reggono il confronto con la bellezza dell'anima e del carattere che deve manifestarsi in coloro che rappresentano Cristo. Una chiesa può essere la più povera della terra, priva di ogni attrattiva esteriore, ma se i suoi membri applicano i princìpi del carattere di Cristo, gli angeli saranno presenti e parteciperanno al loro culto. Le lodi e i ringraziamenti che scaturiranno dai loro cuori riconoscenti si eleveranno fino a Dio come la migliore delle offerte. Cfr. Salmi 107:1, 2; 105:2, 3; 107:9. ------------------------Capitolo 46: Il ruolo dei profeti di Dio PR 284 1 Vicino agli israeliti, che si erano assunti il compito di ricostruire il tempio, abitavano i samaritani: una razza mista frutto del matrimonio di pagani provenienti dalle province dell'Assiria col rimanente delle dieci tribù d'Israele che erano state lasciate in Samaria e in Galilea. In seguito, i samaritani pretesero di essere sempre adoratori del vero Dio ma rimasero idolatri sia interiormente sia nei riti religiosi. È vero che consideravano gli idoli come se dovessero ricordare loro il Dio vivente, il Signore dell'universo, ma adoravano immagini scolpite. PR 284 2 Durante il periodo della restaurazione i samaritani che erano noti come "i nemici della tribù di Giuda e di Beniamino vennero a sapere che i rimpatriati stavano ricostruendo il tempio del Signore, Dio d'Israele. Allora si presentarono a Zorobabele e ai capifamiglia e dissero: Lasciateci partecipare alla ricostruzione del tempio. Anche noi infatti onoriamo il vostro Dio e gli offriamo sacrifici fin da quando Assaraddon, re di Assiria, ci ha fatto immigrare in questa terra". Questo privilegio, però, non fu loro concesso. I dirigenti israeliti risposero: "La ricostruzione del tempio non vi riguarda. Tocca solo a noi costruirlo per il Signore, Dio d'Israele: così ci ha ordinato Ciro, re di Persia". Esdra 4:13. PR 284 3 Era un piccolo gruppo quello che aveva deciso di ritornare a Gerusalemme e ora, nell'intraprendere un lavoro superiore alle loro forze, ricevevano un'offerta di aiuto da parte dei loro vicini i quali, pretendendo di adorare il vero Dio, esprimevano il desiderio di partecipare al privilegio e alle benedizioni legate al servizio del tempio. Se i capi in Israele avessero accettato questa offerta avrebbero aperto una porta all'idolatria. Si resero conto dell'incoerenza dei samaritani. Capirono che l'aiuto che avrebbero potuto ottenere alleandosi con loro non aveva un valore paragonabile alle benedizioni che avrebbero ricevuto attenendosi con scrupolo agli ordini di Dio. PR 284 4 Il Signore aveva infatti dichiarato, tramite Mosè, a proposito dei rapporti che Israele doveva avere con i popoli circostanti: "...non farete alleanza con loro... Non dovrete imparentarvi con loro... Altrimenti farebbero allontanare i vostri figli dal seguire me, e i vostri figli adorerebbero altri dei. Il Signore andrebbe in collera contro di voi e vi distruggerebbe senza esitare... Voi, infatti, siete un popolo consacrato al servizio del Signore, vostro Dio; egli vi ha scelti per essere un popolo speciale la sua proprietà particolare fra tutti i popoli della terra". Deuteronomio 7:2-4, 6. PR 285 1 Le conseguenze di un'alleanza con le nazioni vicine erano state chiaramente predette a Israele. Cfr. Deuteronomio 28:64-67; 4:29. PR 285 2 Zorobabele e i suoi collaboratori conoscevano bene questa e altre rivelazioni e nella recente cattività avevano avuto prove evidenti del loro adempimento. Essendosi pentiti degli errori commessi, che avevano attirato su di loro e sui loro padri i giudizi preannunciati da Mosè, essendosi riavvicinati a Dio con tutto il cuore e avendo rinnovato il patto di alleanza con lui, era stato loro concesso di ritornare in Giudea per restaurare ciò che era stato distrutto. Come potevano dunque, all'inizio della loro missione, allearsi con gli idolatri? Dio aveva detto: "Non farete alleanza con loro"; perciò essendosi riconsacrati al Signore all'altare posto davanti alle rovine del tempio, si resero conto che la linea di demarcazione fra il popolo di Dio e il mondo circostante doveva essere sempre chiaramente e scrupolosamente rispettata. Perciò rifiutarono di allearsi con coloro che pur conoscendo i requisiti della legge di Dio non ne adempivano le disposizioni. PR 285 3 I princìpi stabiliti nel Deuteronomio per l'istruzione di Israele devono essere rispettati dal popolo di Dio sino alla fine dei tempi. La vera prosperità dipende dalla fedeltà all'alleanza stabilita con Dio. Non possiamo permetterci di allearci con coloro che non lo rispettano. PR 285 4 Per quanti professano il cristianesimo vi è il costante pericolo di pensare che per esercitare un influsso su coloro che ci circondano sia necessario in qualche modo conformarsi alla nostra società. Sebbene questo atteggiamento possa in apparenza offrire grandi vantaggi, si conclude sempre con un naufragio spirituale. I figli di Dio devono fare attenzione affinché questo influsso sottile non penetri nell'intimo tramite le sottili seduzioni dei nemici della verità. I cristiani sono pellegrini e stranieri in questo mondo e percorrono un sentiero irto di ostacoli. Essi non devono prestare attenzione agli abili sotterfugi e alle sollecitazioni lusinghiere che li potrebbero indurre alla disubbidienza. Non si devono temere soltanto i nemici dichiarati della causa di Dio. Coloro che, come gli avversari di Giuda e di Beniamino, si presentano con parole gentili e discorsi eloquenti con l'apparente intenzione di stabilire un rapporto amichevole con i figli di Dio dispongono di un maggiore potere di seduzione. Occorre essere cauti nei confronti di simili persone per non rischiare di essere presi alla sprovvista e cadere in una trappola tesa sapientemente. Dio chiede ai suoi figli di essere costantemente vigilanti, soprattutto nei tempi della fine. Nonostante il conflitto non conosca tregue, nessuno è solo nella lotta. Gli angeli proteggono e aiutano coloro che vivono umilmente in sintonia con la volontà di Dio. Il Signore non tradirà mai colui che ha fiducia in lui. Quando i suoi figli si rivolgono a lui per essere protetti dal male, con pietà e amore egli sventola davanti al nemico la sua bandiera e dice: "Non toccarli perché mi appartengono; essi sono scolpiti nelle palme delle mie mani". PR 286 1 Persistendo nella loro opposizione, i samaritani cercarono "...di scoraggiare e di intimorire il popolo della Giudea, per far interrompere la costruzione... così continuarono a corrompere con denaro i funzionari del re per mandare a monte il progetto degli Israeliti". Esdra 4:4, 5. Tramite falsi rapporti fecero nascere il sospetto nelle menti dubbiose, ma per molti anni le forze del male furono controllate e il popolo di Giuda poté continuare liberamente il suo lavoro. PR 286 2 Mentre Satana si impegnava ad esercitare un influsso nei confronti dei personaggi più importanti dell'impero medo-persiano e cercava di gettare il discredito sul popolo di Dio, gli angeli lavoravano in favore dei rimpatriati. Tutto il cielo era interessato a questo conflitto. Il profeta Daniele ci fa intravedere questa lotta gigantesca fra le forze del bene e quelle del male. Per tre settimane Gabriele lottò contro le forze del male; cercò di contrastare le pressioni che venivano esercitate su Ciro. Prima della fine di questa lotta Cristo stesso decise di aiutare Gabriele. Cfr. Daniele 10:13. Era stato compiuto tutto ciò che il cielo poteva fare in favore del popolo di Dio. La vittoria era stata conseguita; l'azione delle forze del male fu arginata durante il regno di Ciro e di suo figlio Cambise, che rimase sul trono per circa sette anni e mezzo. PR 286 3 Questo fu un periodo di straordinarie opportunità per gli ebrei. Gli agenti celesti agivano sul cuore dei re e il popolo di Dio poteva lavorare impegnandosi al massimo delle sue possibilità per attuare il decreto di Ciro. Gli ebrei non avrebbero dovuto risparmiare nessuno sforzo per restaurare il tempio, per ripristinare i suoi servizi e per sistemarsi nuovamente nelle proprie case. Purtroppo, però, in questo momento favorevole, molti dimostrarono scarsa disponibilità. L'opposizione dei nemici era forte e decisa e i costruttori gradualmente si scoraggiarono. Alcuni non riuscivano a dimenticare la cerimonia della posa della pietra angolare quando molti avevano manifestato la loro mancanza di fiducia nel successo dell'iniziativa. Così, quando i samaritani si fecero più baldanzosi, molti ebrei si chiesero se, tutto sommato, fosse davvero giunto il tempo di ricostruire. Questa preoccupazione si estese ben presto a tutto il popolo. Molti operai, scoraggiati e demoralizzati, ritornarono a casa per riprendere le attività quotidiane. PR 286 4 Durante il regno di Cambise la costruzione del tempio progredì lentamente. Sotto il regno del falso Smerdis (chiamato Artaserse in Esdra 4:7 i samaritani suggerirono a questo impostore privo di scrupoli di emanare un decreto che proibisse agli ebrei di ricostruire il loro tempio e la loro città. Per più di un anno i lavori furono interrotti e quasi totalmente abbandonati. Il popolo rimase a casa e cercò di raggiungere un certo benessere materiale, ma la loro situazione era deplorevole. Nonostante tutto il loro impegno non prosperavano. Gli stessi elementi naturali sembravano ostacolarli: la siccità distrusse i loro raccolti. L'Eterno aveva accordato loro frutti selvatici e coltivati, grano, vino e olio come prova del suo favore; ma avendo utilizzato egoisticamente questi doni, Dio ritirò le sue benedizioni. PR 287 1 Questa era la situazione all'inizio del regno di Dario Istaspe. Lo stato spirituale e materiale degli israeliti era pietoso. Essi avevano mormorato e dubitato così a lungo, avevano dato la priorità ai loro interessi personali, si erano talmente disinteressati delle rovine del tempio che molti avevano perso di vista il piano di Dio per farli ristabilire in Giudea e dicevano: "...non è ancora il momento di ricostruire il tempio del Signore". Aggeo 1:2. PR 287 2 Si trattava di un momento difficile, ma non privo di speranze, per coloro che avevano fiducia in Dio. I profeti Aggeo e Zaccaria vennero chiamati per aiutare il popolo ad affrontare questa crisi. Con vibranti testimonianze questi messaggeri di Dio rivelarono al popolo la causa delle sue difficoltà. La mancanza di prosperità era il risultato della loro negligenza: non avevano messo al primo posto gli interessi del cielo. Se avessero onorato Dio, se gli avessero dimostrato il dovuto riguardo e la dovuta riverenza, preoccupandosi innanzi tutto della costruzione della sua casa, si sarebbero assicurati la sua protezione e la sua benedizione. PR 287 3 A coloro che erano scoraggiati il profeta Aggeo chiedeva: "Vi sembra giusto abitare in case riccamente decorate mentre il mio tempio è in rovina? E ora io il Signore dell'universo vi invito a riflettere sulla vostra situazione". Aggeo 1:4, 5. Perché avete realizzato così poco per me? Perché vi preoccupate delle vostre case e vi disinteressate della casa di Dio? Dov'è lo zelo che avevate un tempo per ricostruire il tempio? Cosa avete guadagnato vivendo in funzione di voi stessi? Il vostro desiderio di sfuggire alla povertà vi ha portato a trascurare il tempio e questa negligenza ha concretizzato i vostri timori. Cfr. Aggeo 1:6. PR 287 4 Con parole chiare il Signore rivelò le motivazioni che stavano alla base della loro attuale situazione: "Avete sperato grandi raccolti, ma ecco il poco che avete ottenuto. Io ho disperso quel che avevate radunato a casa vostra. Io, il Signore dell'universo, vi domando: Perché questo? Perché la mia casa è in rovina mentre ciascuno di voi si preoccupa della propria? Per questo il cielo non vi manda la rugiada e la terra non dà frutto. Io ho provocato la siccità sulla terra, sui monti, sui campi di grano, sulle vigne, sugli uliveti e sulle altre coltivazioni, sugli uomini, sulle bestie e su ogni lavoro che voi fate". Aggeo 1:9-11. "Ora io, il Signore dell'universo, vi invito a riflettere sulla vostra situazione. Salite sul monte, tagliate il legno necessario e ricostruite il tempio. Questo mi farà piacere e mi renderà onore". Aggeo 1:7, 8. PR 288 1 Il messaggio (presentato dal profeta Aggeo), che conteneva consigli e rimproveri, colpì profondamente i capi d'Israele e il popolo. Essi capirono che Dio faceva sul serio e quindi non osarono ignorare le indicazioni che aveva inviato loro. Sapevano che la prosperità materiale e quella spirituale dipendevano dalla fedele ubbidienza ai comandamenti di Dio. Scossi dagli avvertimenti dati dal profeta, Zorobabele, Giosuè e tutto il popolo "...ascoltarono il messaggio del Signore, loro Dio, riferito dal profeta Aggeo". Aggeo 1:12. PR 288 2 Non appena Israele decise di ubbidire, le parole di rimprovero furono seguite da un messaggio di incoraggiamento: "Io il Signore sarò con voi, ve lo prometto. Allora il Signore risvegliò il desiderio di ricostruire il tempio in Zorobabele... e in Giosuè... e in quelli che erano ritornati dall'esilio. Tutti intrapresero i lavori per la ricostruzione del tempio del Signore dell'universo, loro Dio". Aggeo 1:13, 14. PR 288 3 Neanche dopo un mese dalla ripresa dei lavori nel tempio, i costruttori ricevettero un altro messaggio riconfortante: "Riprendi coraggio, Zorobabele! Riprendi coraggio, sommo sacerdote Giosuè... Coraggio, gente di tutto il paese! Mettetevi al lavoro, perché io sarò con voi". Aggeo 2:4. PR 288 4 Il Signore aveva dichiarato al popolo d'Israele quando era accampato ai piedi del Sinai: "Abiterò in mezzo agli Israeliti e sarò loro Dio". Esodo 29:45, 46. E ora nonostante si fossero ribellati e avessero amaraggiato Dio (cfr. Isaia 63:10), grazie ai messaggi dei suoi profeti, il Signore aveva teso la sua mano per aiutarli. Poiché collaboravano alla realizzazione dei suoi progetti Dio rinnovava il suo patto con loro; il suo Spirito era in mezzo a loro. Non avevano nulla da temere. PR 288 5 Oggi il Signore dichiara ai suoi figli: "Mettetevi al lavoro perché io sarò con voi!" Il cristiano trova sempre nel Signore un punto di riferimento. Come interverrà per aiutarci? Possiamo ignorarlo, ma sappiamo che egli non abbandonerà coloro che hanno fiducia in lui. Quante volte egli ci ha guidati affinché non si realizzassero i progetti del nemico! Se ne fossimo più coscienti proseguiremmo senza lamentarci. La nostra fede non vacillerebbe e nessuna prova avrebbe il potere di smuoverci. Riconosceremmo Dio come fonte della nostra sapienza e della nostra efficienza ed Egli, tramite noi, potrebbe realizzare la sua volontà. PR 288 6 Le esortazioni e gli incoraggiamenti del profeta Aggeo furono accentuate da Zaccaria che Dio chiamò affinché lo affiancasse nel sollecitare Israele a risollevarsi e a continuare l'opera di costruzione. Il primo messaggio di Zaccaria affermava che la Parola di Dio si adempie sempre e che delle benedizioni sono accordate a coloro che ascoltano i messaggi dei profeti. PR 289 1 Nonostante i campi fossero stati abbandonati, le provviste si stessero rapidamente esaurendo e fossero circondati da popoli ostili, gli israeliti continuarono ad andare avanti per fede; in risposta all'invito dei messaggeri di Dio si misero coraggiosamente al lavoro per restaurare il tempio. Si trattava di un'opera che esigeva una ferma fiducia nel Signore. Mentre si impegnavano per assolvere il loro compito e ricercavano un risveglio tramite la grazia di Dio molti messaggi furono rivolti loro da Aggeo e Zaccaria. Questi messaggi li rassicuravano che la loro fede sarebbe stata ricompensata e che la parola di Dio che si riferiva alla gloria futura del nuovo tempio si sarebbe adempiuta. In questo stesso tempio sarebbe apparso, al momento opportuno, il "Desiderato da tutte le genti", il Maestro e il Salvatore degli uomini. PR 289 2 I costruttori del tempio non sarebbero stati abbandonati a se stessi. Cfr. Esdra 5:2; Aggeo 2:4. Il loro vivo desiderio di pentirsi e di vivere per fede era accompagnato dalla promessa di una grande prosperità materiale. Cfr. Aggeo 2:19. PR 289 3 Zorobabele, il loro governatore, che dopo il ritorno da Babilonia era stato così duramente provato, ricevette un messaggio particolarmente prezioso. Si avvicinava il giorno in cui tutti i nemici del popolo eletto sarebbero stati sconfitti: "In quel giorno io ti prenderò, Zorobabele... servo mio, e ti custodirò come un anello prezioso, perché io ti ho scelto per rappresentarmi". Aggeo 2:23. Il governatore d'Israele capì che Dio lo aveva guidato nei momenti di scoraggiamento e di dubbio. In tutto ciò che era successo riconosceva il piano di Dio. PR 289 4 Le parole rivolte personalmente a Zorobabele sono state ricordate per incoraggiare i figli di Dio di tutte le epoche. Dio ha un obiettivo quando invia le prove ai suoi figli. Egli non li guida in modo diverso da quello che essi stessi sceglierebbero se potessero vedere la fine sin dal principio e comprendere l'importanza del progetto che stanno realizzando. Tutte le prove, tutte le avversità hanno lo scopo di fortificarli in vista di ciò che devono fare e sopportare per lui. PR 289 5 I messaggi trasmessi da Aggeo e Zaccaria spinsero il popolo a concentrare tutti i loro sforzi nella ricostruzione del tempio. Ma erano continuamente tormentati dai samaritani e da altri i quali li ostacolavano in ogni modo. Un giorno i funzionari dell'impero medo-persiano visitarono Gerusalemme e chiesero ai giudei chi li avesse autorizzati a ricostruire il loro tempio. Se in quell'occasione gli ebrei non avessero avuto fiducia nella guida del Signore ne sarebbero risultate conseguenze disastrose per loro. "Ma Dio proteggeva i capi dei rimpatriati: infatti quei funzionari persiani non fecero interrompere i lavori. Mandarono al re Dario un rapporto sulla vicenda, e decisero d'aspettare la sua risposta definitiva". Esdra 5:5. La risposta che avevano ricevuto i funzionari era stata così ragionevole che essi decisero di scrivere una lettera a Dario Istaspe, allora sovrano della Medo-Persia, per richiamare la sua attenzione sul decreto originale fatto da Ciro che ordinava la ricostruzione della casa di Dio a Gerusalemme e stabiliva che le spese per questi lavori fossero pagate con il denaro del tesoro del re. Dario cercò questo decreto, lo trovò e diede ordine a coloro che avevano condotto l'indagine di permettere il proseguimento dei lavori. Cfr. Esdra 6:7-10. Il re inoltre decretò che pene severe fossero comminate a coloro che avessero in qualche modo trasgredito il decreto e concluse con questa bellissima affermazione: "Il Dio che ha scelto Gerusalemme come luogo della sua presenza distrugga tutti i re e tutti i popoli che non mi ubbidiranno e cercheranno di abbattere il suo tempio. Io, Dario, ho fatto questo decreto: sia eseguito alla lettera". Esdra 6:12. In questo modo il Signore aveva agevolato il completamento dei lavori. PR 290 1 Per mesi, prima che questo decreto fosse emanato, gli israeliti avevano continuato a lavorare per fede, sostenuti dai profeti di Dio tramite i messaggi che ricordavano loro il piano di Dio per Israele. Due mesi dopo l'ultimo messaggio di Aggeo, Zaccaria ebbe una serie di visioni relative all'opera di Dio sulla terra. Questi messaggi, rivelati tramite parabole e immagini simboliche, giunsero in un periodo di grande incertezza e ansietà. Essi avevano un significato particolare per gli uomini che vivevano la loro vita nel nome del Dio d'Israele. I capi temevano che il permesso concesso loro per la ricostruzione stesse per essere revocato; il futuro appariva molto scuro. Ma Dio sapeva che il suo popolo aveva bisogno di essere sostenuto e incoraggiato da una rivelazione della sua infinita bontà e del suo amore. PR 290 2 In una visione Zaccaria udì l'angelo del Signore chiedere: "Signore dell'universo, eppure sono settant'anni che sei adirato con Gerusalemme e le altre città della regione di Giuda. Fino a quando non ne avrai pietà? Allora il Signore si rivolse all'angelo con parole di conforto. L'angelo, incaricato di parlarmi, mi ordinò di proclamare questo messaggio del Signore dell'universo: "Io amo tanto Gerusalemme la città di Sion, sono invece molto adirato con le nazioni troppo sicure di sé. Infatti, quando trattenevo la mia collera contro il mio popolo, esse hanno contribuito alla sua rovina. Quindi annunzio che io, il Signore dell'universo, sono ritornato a Gerusalemme per mostrarle la mia bontà. Il mio tempio sarà ricostruito ed anche la città"". Zaccaria 1:12-16. PR 291 1 Zaccaria quindi vide le potenze che avevano "...disperso gli abitanti del regno di Giuda, del regno di Israele e della città di Gerusalemme" simboleggiate da quattro corna. Immediatamente dopo vide quattro falegnami che rappresentavano gli agenti usati dal Signore per restaurare il suo popolo e il suo luogo di culto. Cfr. Zaccaria 2:1-4. PR 291 2 Zaccaria disse: "...vidi un uomo con in mano una corda per misurare. Gli domandai: -- Dove vai?. Mi rispose: -- Vado a misurare la lunghezza e la larghezza di Gerusalemme. L'angelo incaricato di parlarmi si diresse verso un altro angelo che gli veniva incontro. Gli disse: "Corri da quel giovane con la corda in mano. Digli che Gerusalemme non potrà avere mura capaci di contenere il gran numero dei suoi abitanti e degli animali. Il Signore ha promesso che egli stesso sarà un muro di fuoco tutto intorno alla città e manifesterà la sua gloriosa presenza in essa"". Zaccaria 2:5-9. PR 291 3 Dio aveva ordinato che Gerusalemme fosse ricostruita. La visione della misurazione della città era una garanzia che egli avrebbe confortato e rafforzato i suoi figli afflitti e realizzato per loro le promesse del suo patto eterno. PR 291 4 La sua protezione sarebbe stata come "...un muro di fuoco tutto intorno..." e grazie a loro la sua gloria sarebbe stata rivelata a tutti i figli degli uomini. Ciò che Dio realizzava per il suo popolo doveva essere noto in tutta la terra. Cfr. Isaia 12:6. ------------------------Capitolo 47: Giosuè e l'angelo PR 292 1 I rapidi progressi nella costruzione del tempio sconcertarono e allarmarono le forze del male. Satana decise allora di intensificare i suoi sforzi per indebolire e scoraggiare il popolo di Dio sottolineando i suoi difetti. Se coloro che avevano a lungo sofferto a causa delle loro trasgressioni fossero stati indotti a trasgredire nuovamente i comandamenti di Dio, sarebbero tornati a essere schiavi del peccato. PR 292 2 Gli israeliti, scelti per diffondere la conoscenza di Dio sulla terra, costituivano il bersaglio dell'odio di Satana, deciso più che mai a provocarne la distruzione. Nella misura in cui fossero rimasti fedeli il principe del male non poteva nuocere in alcun modo. Concentrò così tutte le sue forze e tutte le sue seduzioni per raggiungere i suoi obiettivi. Essendo finalmente riuscito a farli cadere il nemico trionfò. Il popolo di Dio trasgredì la legge divina e diventò una facile preda per i suoi nemici. PR 292 3 Però, sebbene deportati in Babilonia, Dio non li abbandonò e inviò i suoi profeti con messaggi di rimprovero e di avvertimento perché si rendessero conto della loro colpevolezza. Quando si umiliarono e ritornarono a lui sinceramente pentiti, Dio inviò loro dei messaggi di incoraggiamento, affermando che li avrebbe riscattati dalla schiavitù, garantito le sue benedizioni e ricondotti nella loro terra. Ora che quest'opera di restaurazione era iniziata e una parte del popolo d'Israele era ritornata in Giudea, Satana raddoppiò i suoi sforzi per sventare il piano di Dio. Per raggiungere questo obiettivo cercò di esercitare un influsso sulle nazioni pagane affinché annientassero Israele. PR 292 4 In questo momento difficile il Signore fortificò il suo popolo "con parole di conforto". Zaccaria 1:13. Tramite una straordinaria immagine, in cui metteva a confronto l'opera di Cristo con quella di Satana, egli mostrò la potenza di cui disponeva il Mediatore divino per sconfiggere l'accusatore dei suoi figli. PR 292 5 In visione il profeta vide: "...il sommo sacerdote Giosuè... aveva vesti sporche e stava in piedi davanti all'angelo" (Zaccaria 3:1, 3) mentre implorava la misericordia di Dio in favore del suo popolo afflitto. Invocando l'adempimento delle promesse di Dio, Satana si alzò con arroganza per accusarlo, sottolineò le trasgressioni d'Israele per impedirgli di ricevere il favore dell'Eterno. Lo reclamò addirittura come sua preda e chiese che gli fosse consegnato. PR 293 1 Il sommo sacerdote non poteva né difendersi né difendere Israele dalle accuse di Satana. Non poteva affermare che fosse esente da colpe. In abiti sporchi, simbolo dei peccati del popolo, che portava in quanto suo rappresentante, stava davanti all'Angelo confessando la colpa del popolo, ma affermandone nello stesso tempo il pentimento e l'umiliazione e confidando nella misericordia di un Salvatore che perdona. Con fede reclamava le promesse di Dio. PR 293 2 Allora l'Angelo, che rappresenta il Cristo, il Salvatore dei peccatori, ridusse al silenzio l'accusatore del suo popolo dicendo: "Il Signore ti riduca al silenzio, Satana, ti riduca al silenzio lui che ha scelto Gerusalemme. Giosuè è come un tizzone strappato dal fuoco". Zaccaria 3:2. Israele aveva provato una profonda afflizione per i suoi peccati. Era stato sul punto di essere annientato dalla fiamma accesa da Satana e dai suoi accoliti per eliminarlo, ma Dio stava per ristabilirlo. PR 293 3 Essendo stata accettata l'intercessione di Giosuè, fu dato l'ordine "...a quelli che lo accompagnavano di togliere a Giosuè quelle vesti sporche. Poi disse a Giosuè: "Ho tolto il tuo peccato e ti darò da indossare abiti da festa". Egli ordinò anche di mettergli sulla testa un turbante pulito. E gli misero un turbante e abiti puliti alla presenza dell'angelo". Zaccaria 3:4, 5. I suoi peccati e quelli del popolo erano stati perdonati. Israele fu rivestito di nuove vesti grazie alla giustizia di Cristo. Il turbante posto sulla testa di Giosuè somigliava alla tiara che portavano i sacerdoti e recava l'iscrizione: "Sacro al Signore" per significare che, nonostante le sue precedenti trasgressioni, ora era qualificato per adempiere le sue funzioni di sacerdote davanti a Dio nel suo santuario. PR 293 4 L'angelo disse a Giosuè: "...Se ti comporti come io desidero e se osservi le mie leggi, allora tu sarai responsabile del mio tempio e dei suoi cortili. Ti renderò degno di stare tra quelli che ora sono davanti a me". Zaccaria 3:7. Se Giosuè fosse stato fedele sarebbe stato onorato come giudice o capo del tempio e di tutti i suoi servizi. Egli avrebbe potuto contare sulla presenza degli angeli (anche quaggiù) e, alla fine, si sarebbe unito alla folla dei riscattati intorno al trono di Dio. PR 293 5 "Ascolta dunque, Giosuè, sommo sacerdote, e ascoltate anche voi, sacerdoti, suoi compagni, voi tutti che siete un segno della futura salvezza: io sto per mandare il mio servitore chiamato "Germoglio"". Zaccaria 3:8. In questi termini Zaccaria parla del liberatore che sarebbe venuto e in cui sperava Israele. Grazie alla fede nel Salvatore promesso Giosuè e il suo popolo avevano ricevuto il perdono e avevano ristabilito il loro rapporto con Dio. In virtù dei suoi meriti, se avessero osservato fedelmente i suoi comandamenti, sarebbero stati "dei segni" onorati e scelti dal cielo fra le nazioni della terra. Come Satana accusò Giosuè e il suo popolo, così in tutti i tempi accusa coloro che cercano la misericordia e godono dell'amore di Dio. Egli è: "...l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li incolpava giorno e notte dinanzi a Dio". Apocalisse 12:10. PR 294 1 Il conflitto si ripete nei confronti di ogni persona strappata dal potere del male, e il cui nome è registrato nel libro della vita dell'Agnello. Nessuno è mai accolto nella famiglia di Dio senza provocare la decisa resistenza del nemico. Ma colui che era la speranza d'Israele, il suo difensore, la sua giustizia, il suo redentore, anche oggi è la speranza della chiesa. PR 294 2 Le accuse di Satana rivolte a coloro che cercano il Signore non sono dettate dall'odio per i loro peccati. Al contrario egli esulta per i loro difetti di carattere in quanto sa che solo mediante la trasgressione della legge di Dio potrà affermare il suo potere su di loro. Le sue accuse sono ispirate unicamente dal suo odio per il Salvatore. Ma tramite il piano della salvezza Gesù elimina l'influsso di Satana sulla famiglia umana e la libera dalla sua potenza. Allora tutto l'odio e tutta la malizia del principe del male si inaspriscono in presenza della supremazia del Cristo. Egli mette in atto tutta la sua potenza e la sua astuzia per strappare al Signore gli uomini che hanno accettato la salvezza. Egli li spinge allo scetticismo inducendoli a perdere la fiducia in Dio e a separarsi dal suo amore. Egli li invita a infrangere la legge e poi li reclama come suoi prigionieri contestando il diritto di Cristo di sottrarli a lui. PR 294 3 Satana sa che tutti coloro che chiedono a Dio il perdono e la grazia saranno esauditi, ecco perché presenta loro i peccati commessi affinché si scoraggino. Egli crea continuamente occasioni in cui coloro che si impegnano a ubbidire al Signore sono portati a lamentarsi. Cerca anche di mettere sotto una cattiva luce le loro azioni migliori. Tramite numerosi espedienti, di una crudeltà e astuzia incredibili, cerca di provocare la loro condanna. PR 294 4 Con le sue forze l'uomo non può far fronte alle accuse del nemico. In piedi davanti a Dio, con gli abiti macchiati dal peccato, confessa le sue colpe. Ma Gesù, nostro Avvocato, presenta delle forti argomentazioni in favore di tutti coloro che pentiti e con fede si sono affidati a lui. Egli difende la loro causa e con le potenti argomentazioni del Calvario vince il loro accusatore. La sua perfetta ubbidienza alla legge di Dio gli ha dato ogni potere in cielo e sulla terra e quindi può chiedere al Padre suo misericordia e riconciliazione per l'uomo colpevole. All'accusatore del suo popolo egli dichiara: "Il Signore ti riduca al silenzio, Satana...". Questo popolo è stato riscattato dal mio sangue, è un tizzone strappato dal fuoco! A chi confida in lui, egli dà questa certezza: "...Ho tolto il tuo peccato e ti darò da indossare abiti da festa". Zaccaria 3:2, 4. PR 295 1 Tutti coloro che hanno indossato l'abito della giustizia di Cristo saranno considerati come i suoi eletti, i suoi fedeli e i suoi giusti. Satana non avrà nessun potere per strapparli dalle mani del Salvatore. Nessun uomo che reclama la sua protezione con fede soccomberà sotto la potenza del nemico. La parola di Dio ce ne dà la certezza. Cfr. Isaia 27:5. La promessa fatta a Giosuè è valida anche per noi: "...Se ti comporti come io desidero e se osservi le mie leggi... ti renderò degno di stare tra quelli che ora sono davanti a me". Zaccaria 3:7. Gli angeli di Dio saranno accanto a noi. PR 295 2 La visione di Giosuè e dell'angelo rivelata a Zaccaria si applica con un'intensità particolare all'esperienza del popolo di Dio e alle scene finali del gran giorno dell'espiazione. La chiesa degli ultimi tempi dovrà affrontare prove terribili e momenti di profonda angoscia. Coloro che osservano i comandamenti di Dio e hanno la fede di Gesù subiranno l'ira del dragone e delle sue schiere. Satana ritiene che il mondo sia nella sua sfera d'azione ed è riuscito ad avere il controllo perfino di molti di coloro che si dicono cristiani. C'è comunque un piccolo gruppo che resiste alla sua supremazia. Se riuscisse ad annientarlo il suo trionfo sarebbe completo. Così come ha incitato le nazioni pagane a distruggere Israele, in un prossimo futuro cercherà di mobilitare le forze del male per distruggere il popolo di Dio. Gli uomini saranno costretti a ubbidire ai decreti umani e a violare la legge divina. PR 295 3 Coloro che resteranno fedeli a Dio saranno minacciati, denunciati, esiliati. "...perfino i genitori, i fratelli, i parenti e gli amici vi tradiranno...". Luca 21:16. La misericordia divina sarà la loro unica speranza e la preghiera la loro unica difesa. Come Giosuè davanti all'angelo, la chiesa del rimanente, con cuore rotto e fede incrollabile, invocherà il perdono e la liberazione tramite Gesù, il suo avvocato. Pienamente consapevoli delle proprie colpe i figli di Dio si renderanno conto della loro debolezza e della loro indegnità e si scoraggeranno. Il tentatore sarà pronto ad accusarli come fece con Giosuè. Egli additerà i loro abiti sporchi: le loro imperfezioni di carattere. Indicherà le loro debolezze, le loro follie, la loro ingratitudine, la loro diversità dal Cristo, tutti peccati che hanno disonorato il loro Redentore. Egli cercherà di spaventarli facendo balenare nella loro mente l'idea che il loro sia un caso disperato e che i loro errori non potranno mai essere cancellati. In questo modo cercherà di distruggere la loro fede, di farli cadere nella tentazione spezzando il loro patto con Dio. PR 295 4 Satana conosce bene i peccati commessi dal popolo di Dio in seguito alle sue tentazioni. Egli opprime i peccatori con le sue accuse convincendoli che hanno perso la protezione divina e che quindi ha il diritto di annientarli. Egli afferma che come lui non godono del favore di Dio e dice: "Sono queste le persone che in cielo occuperanno il mio posto e quello dei miei angeli? Professano di ubbidire alla legge di Dio ma hanno veramente adempiuto ai suoi precetti? Non hanno forse amato se stessi più di Dio? Non hanno forse messo i loro interessi al di sopra di quelli divini? Non sono forse attaccati alle cose di questo mondo? Notate i peccati che caratterizzano la loro vita. Notate il loro egoismo, la loro malizia, il loro odio reciproco. Dopo aver bandito me e i miei angeli dalla sua presenza, Dio vorrà forse premiare coloro che si sono macchiati degli stessi peccati? Signore, nella tua giustizia non puoi fare una cosa simile! La giustizia esige che una sentenza sia pronunciata contro di loro". PR 296 1 Nonostante i discepoli di Cristo abbiano peccato, non sono abbandonati in balia delle forze del male. Si sono pentiti dei loro peccati e hanno ricercato il Signore con umiltà e contrizione e quindi l'Avvocato divino può perorare la loro causa. Colui che ha conosciuto le peggiori espressioni dell'ingratitudine degli uomini, ma che ha conosciuto anche i loro peccati e il loro sincero pentimento, dichiara: "Il Signore ti riduca al silenzio, Satana. Ho dato la mia vita per loro. Essi sono scolpiti nelle palme delle mie mani! Il loro carattere può essere imperfetto, possono aver fallito impegnandosi a raggiungere la santità, ma si sono pentiti e io li ho perdonati e accettati". PR 296 2 Le tentazioni del nemico sono forti, gli inganni sottili, ma il Signore è accanto ai suoi figli. Le loro sofferenze sono tante, sono sul punto di essere sopraffatti, ma Gesù li purificherà come l'oro è purificato dal fuoco. Li libererà dall'attaccamento alle realtà terrene affinché l'immagine del Salvatore risalti perfettamente. PR 296 3 A volte sembra che il Signore dimentichi i pericoli a cui è esposta la sua chiesa e gli attacchi dei suoi nemici. Ma Dio invece non dimentica. In questo mondo nulla gli è più caro della sua chiesa e quindi non permette che nessuno la disonori. Non lascia che il suo popolo sia sopraffatto dalle tentazioni di Satana. Non considererà innocente colui che è indegno, ma dimostrerà misericordia nei confronti di coloro che si pentono sinceramente. Egli aiuterà tutti coloro che si rivolgeranno a lui per ricevere la forza di sviluppare un carattere cristiano. PR 296 4 Alla fine dei tempi i figli di Dio sospireranno e piangeranno per la malvagità che esiste nel mondo. Imploreranno gli uomini di non disconoscere più la legge di Dio e pervasi da una profonda tristezza si umilieranno davanti al Signore in atto di pentimento. Ma gli empi rideranno del loro dolore e della solennità dei loro appelli. L'angoscia e l'umiliazione dei figli di Dio sono però la prova inconfondibile del fatto che stanno recuperando la forza e la nobiltà di carattere perdute in seguito al peccato. Avvicinandosi maggiormente a Cristo, considerando la sua perfetta purezza comprenderanno con chiarezza l'orrore del peccato. La dolcezza e l'umiltà sono le condizioni indispensabili per ottenere la vittoria. Una corona di gloria è stata preparata per coloro che si inginocchiano ai piedi della croce. PR 297 1 I cristiani fedeli che pregano costantemente sono protetti da Dio, pur ignorandone il modo. Sollecitati da Satana i responsabili di questo mondo cercano di annientarli; ma se essi potessero aprire gli occhi, come accadde al servitore del profeta Eliseo a Dotan, vedrebbero gli angeli accampati intorno a loro che controllano le forze del male. PR 297 2 Mentre il popolo di Dio si lamenta e lo implora per ottenere un cuore puro, ecco l'ordine che viene dal cielo: "...Levategli di dosso i vestiti sudici!...". Poi seguono parole confortanti: "...Guarda, io ti ho tolto di dosso la tua iniquità, e t'ho vestito di abiti magnifici". Zaccaria 3:4 (Luzzi). Coloro che fanno parte di questo "rimanente" disprezzato sono rivestiti di abiti gloriosi che non saranno mai più macchiati dalla sporcizia di questo mondo. I loro nomi saranno scritti nel libro della vita dell'Agnello accanto a quelli dei fedeli di tutti i tempi. Vittoriosi sulle tentazioni di Satana sono rimasti fedeli nonostante gli attacchi del dragone. Ora sono stati liberati per sempre dalla tentazione; i loro peccati sono stati trasferiti sull'autore del male. Una "tiara pura" è stata posta sul loro capo. PR 297 3 Mentre Satana moltiplicava le sue accuse, gli angeli, invisibili, andavano e venivano apponendo sui fedeli il sigillo del Dio vivente. Essi sono quelli che staranno sul monte di Sion con l'Agnello e che porteranno sulla loro fronte il nome di Dio. Essi canteranno un canto nuovo davanti al trono, un canto che nessuno può imparare se non i 144.000 che sono stati riscattati dalla terra. "...Essi seguono l'Agnello dovunque vada. Sono stati riscattati fra gli uomini, per essere primizia offerta a Dio e all'Agnello, e nel loro parlare non c'è mai stata menzogna: sono senza macchia". Apocalisse 14:4, 5. PR 297 4 Allora si adempiranno finalmente le parole dell'angelo: "Ascolta dunque Giosuè, Sommo sacerdote, e ascoltate anche voi, sacerdoti, suoi compagni, voi tutti che siete un segno della futura salvezza: io sto per mandare il mio servitore chiamato "Germoglio"". Zaccaria 3:8. Cristo si rivela come Redentore e Liberatore del suo popolo. Questi uomini appartenenti al "rimanente" saranno "un segno". Le lacrime e le umiliazioni che hanno caratterizzato il loro pellegrinaggio sono sostituite dalla gioia e dall'onore di essere in presenza di Dio e dell'Agnello. "Un giorno quel che il Signore farà germogliare sarà motivo di orgoglio e di fierezza per i superstiti d'Israele; quel che la terra produrrà darà loro prestigio e gloria. Chi sarà scelto da Dio in Gerusalemme avrà salva la vita e sarà chiamato santo". Isaia 4:2, 3. ------------------------Capitolo 48: "...non per la tua potenza e per la tua forza, ma grazie al mio Spirito" PR 298 1 Immediatamente dopo la visione di Zaccaria relativa a Giosuè e all'angelo, il profeta ricevette un messaggio riguardo a Zorobabele: "L'angelo incaricato di parlarmi venne a scuotermi come si fa con uno che dorme. Mi domandò: -- Che cosa vedi? Io risposi: -- Vedo un candelabro d'oro, con in cima un recipiente per l'olio. Il candelabro ha sette lucerne e sette beccucci per dare olio a ogni lucerna. Vicino al recipiente ci sono due ulivi, uno a destra e l'altro a sinistra. E domandai all'angelo: -- Che cosa significa tutto questo, mio signore? L'angelo mi ordinò di riferire a Zorobabele queste parole del Signore dell'universo: "Tu riuscirai nel tuo sforzo non per la tua potenza e per la tua forza, ma grazie al mio spirito". E io domandai ancora: -- Che cosa rappresentano i due ulivi, uno a destra e l'altro a sinistra del candelabro? Inoltre che cosa sono i due rami d'ulivo accanto ai due tubi d'oro da dove esce l'olio?... Allora mi spiegò: -- Essi rappresentano i due uomini consacrati con olio per servire il Signore di tutta la terra". Zaccaria 4:1-14. PR 298 2 In questa visione i due ulivi che stanno davanti a Dio versano il loro olio nel vaso del candelabro attraverso i tubi d'oro. In questo modo vengono alimentate le lampade del santuario affinché diano una luce brillante e continua. PR 298 3 Così la pienezza della luce, dell'amore e della potenza dell'Eterno è trasmessa al suo popolo affinché possa comunicare ad altri gioia e refrigerio. Essendo stati arricchiti, essi devono arricchire altri con l'inestimabile tesoro dell'amore di Dio. PR 298 4 Nel ricostruire la casa dell'Eterno, Zorobabele aveva avuto molte difficoltà. Fin dall'inizio gli avversari avevano cercato "...di scoraggiare e di intimorire il popolo della Giudea, per far interrompere la costruzione" e avevano costretto "...con la forza delle armi i rimpatriati a interrompere i lavori". Esdra 4:4, 23. Ma Dio intervenne in favore dei costruttori e, tramite il suo profeta, si rivolse a Zorobabele in questi termini: "E tu, montagna così grande, sarai spianata da Zorobabele. Egli ne estrarrà la pietra che sarà messa in cima al tempio. Allora tutti grideranno: "Quanto è bella. È davvero magnifica!"" Esdra 4:7. PR 299 1 Nel corso della storia del popolo di Dio grandi difficoltà, apparentemente insormontabili, hanno ostacolato coloro che cercavano di attuare il piano divino. Questi contrasti sono permessi dal Signore per provare la nostra fede. Quando siamo in difficoltà, è proprio allora che dobbiamo confidare in Dio e nella potenza del suo Spirito. Una fede vivente implica uno sviluppo della nostra dimensione spirituale e una fiducia irremovibile nel Signore. In questo modo l'animo si apre verso nuove conquiste. Gli ostacoli che Satana pone sul cammino dei credenti svaniranno prima ancora che venga formulata la preghiera del giusto perché le potenze del cielo verranno in suo aiuto. "...Niente sarà impossibile per voi". Matteo 17:20. PR 299 2 I non credenti intraprendono abitualmente le loro attività con ostentazione e presunzione. Il metodo di Dio, al contrario, trasforma i modesti inizi in gloriosi trionfi della verità e della giustizia. Talvolta permette che i suoi figli provino delusioni e apparenti insuccessi perché imparino così ad affrontare le difficoltà e a superarle. PR 299 3 Spesso gli uomini vacillano di fronte alle perplessità e agli ostacoli che incontrano, ma se conservano ferma e inalterata fino alla fine la loro fiducia, Dio appianerà la loro strada. Il loro successo sarà in funzione delle loro lotte contro le difficoltà. Davanti alla fermezza e alla fede incrollabile di Zorobabele anche le peggiori difficoltà si appianeranno e colui che aveva posto le fondamenta del tempio "...estrarrà la pietra che sarà messa in cima al tempio. Allora tutti grideranno: "Quanto è bella. È davvero magnifica!"" Zaccaria 4:7. PR 299 4 Nessun potere umano potrebbe edificare la chiesa di Dio e neanche distruggerla. La chiesa non è stata fondata sulla roccia della potenza umana ma su Cristo, la rocca dei secoli, per cui "...nemmeno la potenza della morte potrà distruggerla". Matteo 16:18. La presenza di Dio assicurerà stabilità alla sua chiesa. "Non contate su gente influente; sono uomini, non possono salvarvi...". Salmi 146:3. "Nella calma e nella fiducia starà la vostra forza!" Isaia 30:15 (Luzzi). La gloriosa opera di Dio, fondata sui princìpi eterni di giustizia, non potrà mai essere annientata. Essa proseguirà con sempre maggior vigore, "...non per la tua potenza e per la tua forza, ma grazie al mio spirito" dice l'Eterno degli eserciti. Zaccaria 4:6. PR 299 5 La promessa: "Zorobabele ha posto le fondamenta del tempio e ne completerà la costruzione" (Zaccaria 4:9) fu adempiuta alla lettera. "In tal modo i capi dei rimpatriati poterono proseguire con successo l'opera di ricostruzione, sostenuti dalla parola del profeta Aggeo e da Zaccaria figlio di Iddo. Finalmente, il ventitre del mese di Adar del sesto anno del regno di Dario, la ricostruzione del tempio fu condotta a termine , secondo la volontà del Dio d'Israele, e gli ordini dei re persiani Ciro, Dario e Artaserse". Esdra 6:14, 15. Poco dopo, il tempio restaurato fu consacrato: "Tutti gli Israeliti che erano ritornati dall'esilio -- gente del popolo, sacerdoti e leviti -- celebrarono con gioia la dedicazione del tempio... I rimpatriati celebrarono la Pasqua il quattordici del primo mese dell'anno". Esdra 6:16, 19. PR 300 1 Il secondo tempio non raggiunse lo splendore del primo, né fu santificato da segni visibili della presenza di Dio come il primo. Nessuna manifestazione di potenza sovrannaturale ne caratterizzò la consacrazione, nessuna nube di gloria riempì il nuovo santuario, nessun fuoco scese dal cielo per consumare il sacrificio posto sull'altare. La "Scekinah" non apparve più tra i cherubini nel luogo santissimo; non c'erano né l'arca, né il propiziatorio, né le tavole della testimonianza. Nessun segno dal cielo fece conoscere al sacerdote officiante la volontà dell'Eterno. PR 300 2 Eppure questa era la casa della quale il Signore aveva detto per mezzo del profeta Aggeo: "...lo splendore del nuovo tempio sarà più grande di quello del primo... Farò tremare tutte le nazioni. I loro tesori affluiranno qui, e io ridarò al mio tempio il suo splendore. Lo affermo io, il Signore dell'universo". Aggeo 2:9, 7. PR 300 3 Per secoli i teologi si sono impegnati a comprendere in che modo si fosse adempiuta la promessa divina fatta ad Aggeo. Nonostante la venuta di Gesù di Nazareth, il "Desiderato da tutte le genti" (Aggeo 2:7, Ricciotti) che santificò con la sua presenza il cortile del tempio, molti fra loro hanno rifiutato con ostinazione di attribuire a questa profezia un significato particolare. Relativamente alle parole pronunciate dal profeta, l'orgoglio e l'incredulità hanno accecato il loro spirito. PR 300 4 Il secondo tempio non fu onorato dalla nube della gloria di Dio, ma dalla presenza stessa di colui nel quale "...abita corporalmente tutta la pienezza della Deità" (Colossesi 2:9, Luzzi), da "Dio stesso manifestato nella carne". 1 Timoteo 3:16 (Luzzi). Grazie al fatto che fu onorato dalla presenza fisica di Cristo durante il suo ministero terreno, il secondo tempio superò in gloria il primo. "Il Desiderato da tutte le genti" entrò effettivamente nel suo tempio quando Gesù di Nazaret insegnò e guarì nei cortili sacri. ------------------------Capitolo 49: L'epoca della regina Ester PR 301 1 Quando Ciro permise agli ebrei di ritornare nel loro paese, circa cinquantamila persone ne approfittarono. Essi però, rispetto alle centinaia di migliaia di esuli sparsi nelle varie province della Medo-Persia, non erano che un piccolo gruppo. La maggior parte degli ebrei aveva scelto di rimanere in esilio piuttosto che affrontare le difficoltà del viaggio di ritorno e della nuova sistemazione nelle loro città e nelle case devastate. PR 301 2 Trascorsero una ventina di anni e un secondo decreto, favorevole come il primo, fu emanato da Dario Istaspe, il sovrano sul trono a quell'epoca. Così Dio, nella sua misericordia, offrì agli ebrei un'altra opportunità per ritornare nella terra dei loro padri. Il Signore aveva previsto i momenti difficili che avrebbero dovuto affrontare durante il regno di Serse, l'Assuero del libro di Ester, e non solo influì su coloro che occupavano posti autorevoli, ma ispirò Zaccaria affinché esortasse gli esuli a rientrare in patria. PR 301 3 "...ora fuggi, lascia Babilonia, la regione del nord!" proclamava il profeta alle tribù disperse d'Israele che si erano stabilite in regioni lontane dal loro luogo di origine. "Ti ho disperso in ogni direzione... Gente di Gerusalemme, esiliata a Babilonia, scappa via! Il Signore dell'universo mi ha dato una missione importante a proposito delle nazioni che ti hanno saccheggiato. Egli dichiara: "Chiunque ti tocca, popolo mio, tocca quel che ho di più prezioso. Io agirò contro le nazioni: saranno saccheggiate da quelli stessi che prima erano loro schiavi". Quando questo accadrà, allora tu riconoscerai che il Signore dell'universo mi ha mandato". Zaccaria 2:10-13. PR 301 4 Il piano di Dio non era cambiato: considerando il comportamento del popolo di Dio gli uomini avrebbero lodato e glorificato il suo nome. Nel corso dei lunghi anni dell'esilio aveva offerto loro molte occasioni per rinnovare il loro patto con lui. Alcuni israeliti avevano ascoltato i suoi avvertimenti e ne avevano tratto vantaggio. Altri erano stati protetti in momenti difficili. Essi rappresentavano la maggior parte di coloro che formavano quel piccolo gruppo che era ritornato in Giudea. La Parola ispirata li paragona a "un ramoscello dalla cima del cedro" piantato "sopra una montagna molto alta, su un monte alto in Israele". Ezechiele 17:22. PR 302 1 Questi israeliti "...erano tutti quelli a cui Dio aveva messo in cuore il desiderio di tornare...". Esdra 1:5. Dio, però, non smise di esortare quelli che erano rimasti nella terra dell'esilio e in vari modi cercò di rendere possibile anche il loro ritorno. Purtroppo la maggior parte di coloro che non avevano risposto al decreto di Ciro rimasero indifferenti alle successive sollecitazioni e perfino quando Zaccaria li esortò ad abbandonare subito Babilonia, essi non presero in considerazione il suo invito. PR 302 2 Nel frattempo la situazione nel regno medo-persiano andava evolvendosi rapidamente. Dopo Dario Istaspe, così favorevole ai giudei, salì al trono Serse il Grande. Fu durante il suo regno che gli ebrei, rimasti insensibili all'invito di Zaccaria, furono costretti a confrontarsi con una terribile prova. Non avendo approfittato della nuova occasione che Dio offriva loro per ritornare in Palestina, ora si trovavano a dover affrontare la morte. PR 302 3 Satana agì per opporsi ai piani di Dio tramite Aman, uomo senza scrupoli, che occupava in Medo-Persia una posizione molto importante. Aman nutriva un odio esasperato nei confronti di un ebreo: Mardocheo. Egli non aveva fatto niente di male, aveva semplicemente rifiutato di prostrarsi in atto di venerazione davanti a lui: "...Aman non si accontentò più di volere la morte di lui solo, ma progettò di sterminare tutti gli Ebrei dell'impero insieme con lui". Ester 3:6. PR 302 4 Ingannato dalle false affermazioni di Aman, Serse si lasciò indurre a emanare un decreto che ordinava il massacro di tutti i giudei dispersi "...tra gli altri popoli in ogni provincia..." della Medo-Persia. Ester 3:8. Venne fissato un giorno nel quale gli ebrei dovevano essere messi a morte e i loro beni confiscati. Il re non si rese conto delle ripercussioni di questo decreto se fosse stato applicato alla lettera. Satana, l'istigatore del progetto, cercava di eliminare coloro che conoscevano il vero Dio. Ester 4:3. Un decreto dei medi e dei persiani non poteva essere revocato e apparentemente non c'erano speranze: tutti gli israeliti erano condannati a essere sterminati. Il piano del nemico, però, fu sventato da colui che regna tra i figli degli uomini. Secondo il piano di Dio, Ester, una giovane ebrea fedele all'Altissimo, era stata scelta come regina dell'impero medo-persiano. Mardocheo era un suo parente stretto. Disperati essi decisero di rivolgersi a Serse perché intervenisse in favore del loro popolo. Ester doveva assumere il rischio di presentarsi dal re per intercedere. Mardocheo le disse: "...Chissà! Forse tu sei diventata regina proprio per un momento come questo". Ester 4:14. PR 302 5 La situazione che Ester doveva affrontare esigeva un'azione rapida e decisa, però tanto lei che Mardocheo si rendevano conto che se Dio non avesse agito potentemente in loro favore tutti i loro sforzi sarebbero stati inutili. Ester, perciò, trascorse molto tempo in comunione con Dio, fonte della sua forza. "D'accordo, raduna tutti gli Ebrei che si trovano a Susa e falli digiunare per me; state senza mangiare né bere per tre giorni e tre notti. Digiunerò anch'io con le mie serve, poi, anche se è proibito, andrò dal re e, se dovrò morire, morirò". Ester 4:16. PR 303 1 Gli eventi che seguirono in rapida successione -- Ester che si presenta davanti al re, la reazione favorevole del sovrano, il banchetto offerto da Ester al re e ad Aman come unico ospite, l'insonnia di Assuero, gli onori pubblici tributati a Mardocheo, l'umiliazione e la caduta di Aman in seguito alla scoperta della sua trappola -- fanno tutti parte di una storia a noi familiare. Dio operò in maniera meravigliosa in favore del suo popolo pentito e un altro decreto emanato dal re, che permetteva agli ebrei di aver salva la vita, fu rapidamente diffuso in ogni parte del regno per mezzo di corrieri a cavallo che "partirono subito al galoppo" (Ester 8:14) perché l'ordine era urgente. Il giorno fissato per il loro sterminio "...gli Ebrei si radunarono nei quartieri loro riservati e organizzarono l'attacco contro i nemici. Nessuno riuscì ad opporsi perché dappertutto la gente aveva paura degli Ebrei". Ester 9:2. PR 303 2 A Mardocheo fu affidato l'incarico precedentemente ricoperto da Amar. "Mardocheo esercitava, dopo il re, il massimo potere... Fu amato e stimato da tutti i suoi fratelli ebrei". Ester 10:3. In questo modo Dio intervenne ancora una volta affinché il suo popolo ottenesse il favore della corte medo-persiana rendendo così possibile l'adempimento del suo piano: ristabilire gli ebrei nel paese della promessa. Fu soltanto dopo alcuni anni, il settimo anno di Artaserse I, successore di Serse il Grande, che un considerevole numero di ebrei ritornò a Gerusalemme guidato da Esdra. PR 303 3 Le difficoltà che il popolo di Dio fu costretto ad affrontare all'epoca di Ester on sono rimaste limitate a quel periodo. Il profeta contemplando il corso dei secoli sino alla fine dei tempi, ha dichiarato: "Infuriato con la donna, il drago andò a far guerra contro gli altri figli di lei: quelli che mettono in pratica i comandamenti di Dio, e rimangono fedeli a ciò che Gesù ha annunziato". Apocalisse 12:17. Lo stesso spirito che un tempo spinse gli uomini a perseguitare la vera chiesa li condurrà a utilizzare gli stessi metodi nei confronti di coloro che rimangono fedeli al Signore. Oggi si fanno già dei preparativi in vista del conflitto finale in cui si affronteranno i figli di Dio e le forze del male. PR 303 4 Il decreto che alla fine sarà emanato contro il popolo di Dio sarà molto simile a quello promulgato da Assuero contro gli ebrei. Oggi i nemici della vera chiesa considerano il piccolo gruppo che osserva il sabato come un Mardocheo alla porta del re. Il rispetto del popolo di Dio per la sua legge è un costante rimprovero per coloro che non temono l'Eterno e non riconoscono la santità del sabato. PR 304 1 Satana scatenerà l'indignazione nei confronti della minoranza che rifiuta di accettare le usanze e le tradizioni sociali. Uomini influenti e rispettabili si uniranno agli scettici e a individui senza scrupoli per complottare contro il popolo di Dio. Ricchezza, genio, e cultura si associeranno per disprezzarli. Funzionari, pastori e membri di chiesa cospireranno contro di loro. Con discorsi, scritti, accuse, minacce e scherno cercheranno di distruggerne la fede. Le peggiori reazioni della gente verrano suscitate da false affermazioni. Non disponendo di un "così dicono le Scritture" da contrapporre ai sostenitori del sabato biblico, ricorreranno a misure coercitive per ovviare a questa mancanza. PR 304 2 Per assicurarsi la popolarità e l'appoggio delle masse, i legislatori voteranno delle leggi per sostenere l'osservanza della domenica, ma coloro che temono Dio non possono accettare una norma che violi un precetto del Decalogo. Su questo terreno si combatterà l'ultimo grande conflitto fra la verità e l'errore. Noi però conosciamo l'esito di questo confronto. Oggi, come ai tempi della regina Ester e di Mardocheo, il Signore farà giustizia in favore della verità e del suo popolo. ------------------------Capitolo 50: Esdra: sacerdote e scriba PR 305 1 Artaserse Longimano salì sul trono della Medo-Persia circa settant'anni dopo il ritorno del primo gruppo di esuli guidati da Zorobabele e Giosuè. Nella storia sacra il nome di questo re è legato a tutta una serie di provvedimenti in favore del popolo ebraico. Fu durante il suo regno che vissero e operarono Esdra e Neemia. È proprio questo re che nel 457 a.C. emanò il terzo e ultimo decreto che ordinava la restaurazione di Gerusalemme. In questo stesso periodo si verificò il ritorno di un gruppo di giudei guidati da Esdra, il completamento delle mura di Gerusalemme da parte di Neemia e dei suoi associati, la riorganizzazione delle funzioni del tempio e le grandi riforme religiose promosse da Esdra e Neemia. Artaserse, durante il suo lungo regno, favorì il popolo di Dio e riconobbe in Esdra e Neemia, a cui era particolarmente legato e che godevano della sua fiducia, uomini scelti da Dio e chiamati a svolgere un'opera particolare. PR 305 2 Il comportamento di Esdra, mentre viveva tra gli ebrei rimasti a Babilonia, era così fuori dal comune che attirò l'attenzione del re Artaserse con il quale parlava liberamente della potenza del Dio del cielo e del piano divino per ricondurre gli ebrei in Palestina. PR 305 3 Discendente di Aronne, Esdra aveva ricevuto un'educazione sacerdotale, ma aveva acquisito familiarità anche con gli scritti dei magi, degli astrologi e dei savi del regno medo-persiano. Egli però non era soddisfatto della propria condizione spirituale: desiderava intensamente essere in piena armonia con il Signore e ricevere la sapienza per poter adempiere la sua volontà. Così "...aveva studiato con grande passione la legge del Signore". Esdra 7:10. Questo lo aveva spinto ad approfondire seriamente. la storia del popolo di Dio contenuta negli scritti dei profeti e dei re. Aveva esaminato i libri storici e poetici della Bibbia per capire perché il Signore avesse permesso la distruzione di Gerusalemme e la cattività degli ebrei in terra pagana. PR 305 4 Esdra approfondì in modo particolare la storia d'Israele partendo dall'epoca in cui Abramo ricevette una promessa da parte di Dio. Egli studiò le istruzioni date al monte Sinai e quelle che il popolo ebraico aveva ricevuto durante le sue peregrinazioni nel deserto. Era commosso nella misura in cui comprendeva meglio i grandi interventi di Dio nei confronti del suo popolo e la santità del Decalogo. Passò attraverso un autentico processo di conversione e decise di approfondire la storia sacra per poter trasmettere le sue scoperte al popolo. PR 306 1 Esdra si sforzò di prepararsi per l'opera che credeva di dover compiere. Cercò Dio con fervore per poter essere un saggio maestro in Israele. Imparando a sottoporre la sua mente e la sua volontà al controllo divino, i princìpi della vera santificazione penetrarono nella sua vita, princìpi che nel corso degli anni seguenti esercitarono un influsso positivo non solo sui giovani che richiedevano i suoi consigli ma anche su tutti coloro che entravano in contatto con lui. PR 306 2 Dio scelse Esdra affinché fosse una fonte di benedizione per Israele e per ridare al sacerdozio la gloria che aveva perso durante la cattività. Esdra divenne un uomo dotato nella conoscenza, un "...esperto nella legge di Mosè". Esdra 7:6. Queste qualità fecero di lui un personaggio importante nell'impero medo-persiano. PR 306 3 Fu interprete di Dio, presentò a tutti coloro che lo avvicinavano i princìpi divini. Fino alla fine dei suoi giorni il suo compito principale fu quello d'insegnare, sia alla corte medo-persiana sia a Gerusalemme. Le sue capacità aumentavano nella misura in cui trasmetteva ad altri delle verità di cui era a conoscenza. Diventò un uomo pio e fervente. Testimone di Dio dimostrava al mondo la potenza delle verità bibliche che arricchivano la vita quotidiana. PR 306 4 Egli si impegnò costantemente per far rinascere un interesse per lo studio delle Scritture. Per tutta la vita lavorò per conservare e diffondere gli scritti sacri. Raccolse tutte le copie della legge che riuscì a trovare, le fece trascrivere e distribuire. Diffondendo la verità e mettendola così a disposizione di molti assicurò loro una conoscenza che risultò di grande valore. PR 306 5 Esdra credeva che Dio avrebbe compiuto una grande opera in favore del suo popolo, ecco perché comunicò ad Artaserse il suo desiderio di ritornare a Gerusalemme per far rivivere l'interesse per lo studio della Parola di Dio e per aiutare i suoi fratelli nella restaurazione della città santa. Quando Esdra espresse la sua completa fiducia nel Dio d'Israele che poteva proteggere il suo popolo e averne cura, il re rimase profondamente impressionato e comprese molto bene che gli israeliti dovevano ritornare a Gerusalemme per poter servire l'Eterno. La sua fiducia nell'integrità di Esdra era tale che aderì alla sua richiesta e gli diede ricchi doni per il servizio del tempio. Lo nominò rappresentante speciale del regno medo-persiano e gli conferì ampi poteri per l'attuazione dei suoi progetti. PR 306 6 Il decreto di Artaserse Longimano per la restaurazione e la ricostruzione di Gerusalemme, il terzo emanato dopo la fine dei settant'anni di cattività, è molto interessante per le espressioni relative al Dio del cielo, per il riconoscimento delle conoscenze di Esdra e per la generosità delle concessioni fatte al rimanente del popolo di Dio. Artaserse definì Esdra "...sacerdote, maestro della legge ed esperto nei comandamenti e nei precetti che il Signore aveva dato agli Israeliti". Esdra 7:11. Il re si unì ai suoi consiglieri nell'offrire liberamente "...al Dio d'Israele, che si adora a Gerusalemme" ricchi doni. Inoltre provvide a sostenere le spese ordinando che fossero pagate "dalla tesoreria reale". Esdra 7:20. Artaserse disse a Esdra: "Io e i miei sette consiglieri ti incarichiamo di verificare come viene osservata in Gerusalemme e in Giudea la legge del tuo Dio, di cui sei esperto". Quindi aggiunse: "Eseguite diligentemente tutte le prescrizioni del Dio del cielo per il suo tempio, altrimenti la sua ira potrebbe scatenarsi contro il regno, il re e i suoi figli". Esdra 7:14, 23. PR 307 1 Concedendo agli israeliti di ritornare nel loro paese, Artaserse permise che venisse riorganizzato il ministero sacerdotale con i suoi antichi riti e privilegi. Cfr. Esdra 7:24-26. PR 307 2 Così Esdra "perché Dio lo proteggeva", convinse il re a provvedere in modo adeguato al viaggio di ritorno di tutto il popolo d'Israele, dei sacerdoti e dei leviti che si trovavano nell'impero medo-persiano e che desideravano "tornare a Gerusalemme". Esdra 7:9, 13. Gli esiliati avevano così una nuova occasione per rientrare in quel paese il cui possesso era legato alle promesse fatte alla casa d'Israele. Il decreto del re rallegrò tutti coloro che insieme a Esdra si erano interessati ai piani di Dio nei confronti del suo popolo. Cfr. Esdra 7:27, 28. PR 307 3 Nell'emanazione del decreto di Artaserse fu possibile riconoscere l'intervento di Dio. Alcuni se ne resero conto e con gioia approfittarono del privilegio di rimpatriare in circostanze così favorevoli. Fu indicato un luogo di riunione e, al momento stabilito, coloro che erano desiderosi di rientrare a Gerusalemme si ritrovarono per affrontare insieme il lungo viaggio. Esdra scrive: "Ho radunato tutti questi uomini presso il fiume che scorre verso la località di Aava, e siamo rimasti accampati là per tre giorni...". Esdra 8:15. PR 307 4 Esdra aveva sperato che molti israeliti sarebbero ritornati a Gerusalemme, ma il numero di coloro che risposero all'invito risultò minimo. Molti avevano acquistato case e terreni e non erano disposti ad abbandonarli. Godevano delle loro comodità ed erano intenzionati a rimanere. Il loro esempio influì negativamente su altri che avrebbero voluto condividere la sorte di coloro che andavano avanti per fede. PR 307 5 Quando Esdra guardò il gruppo riunito fu sorpreso di non trovare nessuno dei figli di Levi. Dove erano i membri della tribù che era stata consacrata al sacro servizio del tempio? All'appello: "Chi è dalla parte del Signore?" i leviti avrebbero dovuto essere i primi a rispondere. Durante la cattività essi avevano goduto di molti privilegi e di piena libertà per provvedere ai bisogni spirituali dei loro fratelli in esilio. Erano state costruite sinagoghe nelle quali potevano celebrare i riti e istruire il popolo. L'osservanza del sabato e la celebrazione delle cerimonie speciali della religione ebraica erano state liberamente seguite dagli esuli. PR 308 1 Col passare degli anni, dopo la fine dell'esilio, le condizioni erano cambiate e molte nuove responsabilità ricadevano sui capi in Israele. Il tempio di Gerusalemme era stato ricostruito e consacrato e occorreva un maggior numero di sacerdoti per i suoi servizi. Erano necessari molti uomini di Dio per istruire il popolo. Inoltre gli ebrei rimasti in Babilonia correvano il pericolo di vedere minacciata la loro libertà. Per mezzo del profeta Zaccaria e in seguito all'esperienza vissuta recentemente durante i tempi difficili di Ester e di Mardocheo, gli ebrei in Medo-Persia erano stati avvertiti di ritornare nella loro terra. Era giunto il momento in cui sarebbe stato pericoloso per loro restare più a lungo sotto l'influsso pagano. In seguito ai cambiamenti che si erano verificati i sacerdoti che si trovavano ancora a Babilonia avrebbero dovuto riconoscere nel decreto di Artaserse un appello speciale a rientrare a Gerusalemme. PR 308 2 Il re e i prìncipi avevano fatto tutto il possibile per agevolarne il viaggio. Avevano fornito mezzi in abbondanza, ma dove erano gli uomini? I figli di Levi si erano tirati indietro proprio quando il loro esempio, nell'accompagnare i fratelli, avrebbe spinto altri a fare altrettanto. La loro strana indifferenza è una triste rivelazione dell'atteggiamento degli israeliti in Babilonia in risposta al piano di Dio per il suo popolo. PR 308 3 Esdra ancora una volta si rivolse ai leviti, inviò loro un pressante invito a unirsi al suo gruppo. Per sottolineare l'importanza di una rapida decisione, inviò il suo messaggio tramite i "capi" e i "prìncipi più influenti". Esdra 7:28; 8:16. Mentre gli ebrei radunati aspettavano con Esdra il ritorno di questi messaggeri fidati, portatori della richiesta di mandare "...alcuni uomini per il servizio del tempio del nostro Dio" (Esdra 8:17), l'invito veniva accolto e alcuni che ancora esitavano decisero di rimpatriare. Quaranta sacerdoti e duecentoventi Netinei -- uomini sui quali Esdra poteva contare come saggi ministri, buoni istruttori e collaboratori -- raggiunsero il campo. PR 308 4 Tutti ora erano pronti. Li aspettava un viaggio che sarebbe durato alcuni mesi. Gli uomini presero con loro mogli e figli, i loro beni e un considerevole tesoro per il tempio e i suoi servizi. Esdra sapeva che lungo la strada avrebbero trovato dei nemici in agguato per depredarli e ucciderli, ma non chiese al re nessuna scorta armata per la protezione. Spiegò: "...mi vergognavo di chiedere al re una scorta armata di cavalieri per difenderci dai nemici durante il viaggio. Anzi, avevo detto al re: "Il nostro Dio protegge quelli che lo servono, mentre colpisce con la sua potenza e la sua collera quelli che si allontanano da lui". Ecco perché abbiamo digiunato e invocato il nostro Dio: ed egli ha ascoltato la nostra preghiera". Esdra 8:22. PR 309 1 In questa vicenda Esdra e i suoi compagni videro un'occasione meravigliosa per lodare il nome di Dio davanti ai pagani. La loro fede nella potenza del Dio vivente si sarebbe rafforzata se gli stessi israeliti avessero dimostrato di avere una completa fiducia nella guida divina. Ecco perché decisero di fidarsi totalmente di lui. Rinunciarono all'aiuto dei soldati per non dare ai pagani l'occasione di attribuire alla forza dell'uomo la gloria che spettava soltanto a Dio. Non volevano far nascere il dubbio nello spirito dei loro amici pagani sulla sincerità della loro fiducia in Dio. La loro forza non dipendeva né dalla ricchezza, né dalla potenza o dall'influsso di uomini idolatri, ma dal favore di Dio. Solo osservando la sua legge sarebbero stati protetti. PR 309 2 Coscienti delle condizioni necessarie per godere della protezione di Dio, prima di partire celebrarono con maggiore solennità la cerimonia di consacrazione presieduta da Esdra e dai suoi fedeli amici. Parlando della sua esperienza Esdra scrisse: "Poi, presso il fiume Aava, ho proclamato un digiuno. Volevamo sottometterci al nostro Dio, per chiedergli un viaggio felice per noi, i nostri bambini e tutti i nostri beni. Ecco perché abbiamo digiunato e invocato il nostro Dio: ed egli ha ascoltato la nostra preghiera". Esdra 8:21-23. PR 309 3 La benedizione di Dio, però, non escludeva la possibilità di esercitare la prudenza e per salvaguardare il tesoro Esdra scelse "dodici tra i capi dei sacerdoti", uomini di fiducia, e pesò "...davanti a loro l'argento, l'oro e gli oggetti che il re, con i suoi consiglieri e funzionari, e gli Israeliti residenti in Babilonia avevano offerto per il tempio del nostro Dio". Esdra 8:24. Questi uomini ricevettero il solenne incarico di vegliare sul tesoro. Cfr. Esdra 8:25, 28, 29. PR 309 4 La cura con cui Esdra provvide al trasporto e alla sicurezza del tesoro del Signore ci presenta una lezione su cui meditare attentamente. Vennero scelti solo uomini di cui ci si poteva fidare e furono date loro precise istruzioni relative alle loro responsabilità. Designando sacerdoti fedeli che si sarebbero occupati del tesoro Esdra riconobbe la necessità e il valore dell'ordine e dell'organizzazione nell'opera di Dio. PR 309 5 Durante i pochi giorni che gli israeliti trascorsero presso il fiume, fu completato ogni rifornimento per il lungo viaggio. Esdra scrive: "Il dodici del primo mese siamo partiti dal fiume Aava verso Gerusalemme. Il nostro Dio continuava a proteggerci lungo il cammino e ci ha liberati dagli attacchi dei nemici e dei briganti". Esdra 8:31. PR 310 1 Il viaggio durò circa quattro mesi. Il gruppo che accompagnava Esdra, alcune migliaia di persone in tutto compresi donne e bambini, aveva bisogno di un'andatura regolare. Tutto andò bene e i loro nemici non ebbero la possibilità di far loro del male. Il viaggio perciò si svolse felicemente e il primo giorno del quinto mese, nel settimo anno del re Artaserse, giunsero a Gerusalemme. ------------------------Capitolo 51: Risveglio spirituale PR 311 1 L'arrivo di Esdra a Gerusalemme fu provvidenziale. La sua presenza risultò quasi indispensabile per infondere coraggio e speranza a coloro che avevano lavorato in mezzo a difficoltà insormontabili. Dall'epoca dell'arrivo del primo gruppo di esiliati condotti da Zorobabele e Giosuè, settant'anni prima, erano state realizzate grandi opere. I lavori nel tempio erano finiti e le mura della città erano state in parte ricostruite, ma rimaneva ancora molto da fare. PR 311 2 Fra coloro che negli anni precedenti erano ritornati a Gerusalemme molti erano rimasti fedeli a Dio per tutta la loro vita, ma la maggior parte dei loro figli e nipoti avevano perso di vista il carattere sacro della legge divina. Anche alcuni capi vivevano nella trasgressione. Il loro comportamento neutralizzava gli sforzi fatti dagli altri per far progredire l'opera di Dio; nella misura in cui le flagranti violazioni della legge rimanevano impunite, il popolo non avrebbe potuto godere delle benedizioni divine. PR 311 3 Grazie all'intervento di Dio coloro che erano tornati con Esdra avevano vissuto esperienze particolari che li avevano riavvicinati al Signore. Il viaggio da Babilonia a Gerusalemme, senza alcuna scorta, aveva insegnato, loro ricche lezioni spirituali. Molti avevano rafforzato la loro fede, inoltre mescolandosi agli scoraggiati e agli indifferenti di Gerusalemme contribuirono con il loro influsso ad affrettare la riforma che si sarebbe ben presto realizzata. Il quarto giorno dopo l'arrivo i tesori d'argento e d'oro e i vasi per il servizio del santuario furono consegnati nelle mani dei responsabili del tempio, alla presenza di alcuni testimoni: "Essi hanno fatto un controllo accurato di tutto e hanno registrato subito il numero e il peso degli oggetti". Esdra 8:34. PR 311 4 "Allora, quelli che erano rimpatriati dall'esilio hanno offerto sacrifici al Dio d'Israele..." come offerta per il peccato e come pegno della loro gratitudine e del loro ringraziamento per la protezione da parte dei santi angeli durante il viaggio. "Poi abbiamo consegnato la lettera con le disposizioni del re ai funzionari reali e ai governatori della regione occidentale. Da allora, questi ultimi hanno dato grandi aiuti al popolo e al tempio". Esdra 8:35, 36. PR 312 1 Poco tempo dopo alcuni uomini influenti d'Israele andarono da Esdra a lamentarsi perché "Tutto il popolo, compresi i sacerdoti e i leviti..." avevano trascurato gli ordini divini contraendo matrimoni con i popoli circostanti. "Essi e i loro figli hanno sposato donne straniere. Così, il popolo di Dio si è compromesso con gli altri popoli. I primi a commettere questa profanazione sono stati proprio i responsabili e i capi". Esdra 9:1, 2. PR 312 2 Riflettendo sulle cause della cattività babilonese Esdra aveva scoperto che l'apostasia d'Israele era stata provocata in gran parte dai suoi rapporti con le nazioni pagane. Si era reso conto che se avessero ubbidito ai comandamenti di Dio che proibivano loro di unirsi a nazioni idolatre, si sarebbero risparmiati molte tristezze e umiliazioni. Quando venne a sapere che, nonostante le esperienze del passato, uomini influenti avevano osato trasgredire le leggi che dovevano salvaguardarli dall'apostasia, si sentì stringere il cuore. Pensò alla bontà di Dio che aveva permesso al suo popolo di ritornare nella terra natia, e provò una legittima indignazione e un grande dolore per la loro ingratitudine. "Quando ho sentito queste cose, sono rimasto sconvolto: mi sono strappato la veste e il mantello, i capelli e la barba e mi sono seduto a terra addolorato. Allora tutti quelli che temevano il giudizio del Dio d'Israele sull'infedeltà dei rimpatriati si sono radunati intorno a me. Io sono rimasto là, abbattuto, fino al sacrificio della sera". Esdra 9:3, 4. PR 312 3 Al momento del sacrificio della sera, Esdra si alzò e strappandosi di nuovo la veste e il mantello cadde in ginocchio e sfogando il suo dolore rivolse a Dio una preghiera. Alzò le mani verso il cielo e pregò: "Mio Dio! Mi vergogno troppo per alzare la faccia verso di te, perché i nostri peccati sono cresciuti fin sopra la nostra testa e la nostra colpa giunge fino al cielo. Dal tempo dei nostri padri fino ad oggi non abbiamo mai smesso di peccare. Per questo, noi, i nostri re, i nostri sacerdoti siamo stati messi nelle mani di re stranieri, costretti a subire la morte, l'esilio, la rapina e il disonore: la stessa cosa accade anche oggi. Ma ora, Signore nostro Dio, ci hai concesso un momento di grazia: hai fatto tornare una parte di noi dall'esilio e ci hai dato un rifugio nel tuo luogo santo, luce ai nostri occhi e sollievo alla nostra schiavitù. È vero, noi siamo schiavi. Ma tu non ci hai abbandonati nella nostra condizione. Ci hai procurato il favore del re di Persia, ci hai incoraggiati a restaurare le rovine del tuo tempio e a ricostruirlo, e ci hai concesso rifugio in Gerusalemme e in Giudea. A questo punto, che cosa potremmo dire, o nostro Dio? Abbiamo di nuovo disubbidito ai comandamenti che ci avevi dati per mezzo dei profeti, tuoi servi... Ora potremmo calpestare di nuovo i tuoi comandamenti, imparentandoci con questi popoli infedeli? Certamente tu rivolgeresti contro di noi la tua ira fino a distruggerci, senza lasciare nessun superstite. Signore Dio d'Israele, tu sei fedele alla tua promessa e questo gruppo che rimane in vita ne è la prova. Eccoci davanti a te con tutte le nostre colpe, anche se, in queste condizioni, nessuno potrebbe stare in tua presenza". Esdra 9:6-15. PR 313 1 Il dolore di Esdra e dei suoi collaboratori per il male che si era insinuato nel cuore dell'opera di Dio li condusse al pentimento. Molti di coloro che avevano peccato furono profondamente scossi: "...una gran folla d'Israeliti si radunò attorno a lui... tutti piangevano". Esdra 10:1. Coloro che erano stati infedeli iniziarono a odiare il peccato e a comprendere l'avversione che provava il Signore. Si resero conto della santità della legge promulgata sul Sinai e molti tremarono pensando alle loro trasgressioni. PR 313 2 Uno dei presenti, Secania, riconobbe che tutto ciò che aveva detto Esdra era vero e confessò: "Siamo stati infedeli verso il nostro Dio, perché abbiamo sposato donne di altri popoli. Tuttavia, c'è ancora speranza per Israele". Secania propose che tutti coloro che si erano resi colpevoli facessero un patto con Dio, abbandonando i loro peccati, e fossero giudicati secondo la legge. "Alzati, -- disse a Esdra -- perché sei tu che devi decidere. Noi ti appoggeremo. Fatti coraggio e agisci. Allora Esdra si alzò in piedi e fece giurare i capi dei sacerdoti leviti e tutto Israele di agire così". Esdra 10:2-5. PR 313 3 Fu questo l'inizio di una meravigliosa riforma. Con infinita pazienza, con molto tatto, e un'attenta considerazione per i diritti e il bene di ognuno, Esdra e i suoi collaboratori si impegnarono a ricondurre i pentiti sulla via giusta. In quanto dottore della legge, dedicò un'attenzione particolare all'esame di ogni caso e cercò di imprimere nella mente del popolo il concetto della santità della legge e delle benedizioni derivanti dall'ubbidienza e ovunque agisse nasceva un nuovo interesse per lo studio delle Sacre Scritture. Furono nominati degli istruttori per il popolo e la legge di Dio venne esaltata e onorata. I libri dei profeti vennero studiati e quei passi che annunciavano la venuta del Messia suscitarono la speranza e confortarono molti fedeli stanchi e oppressi. PR 313 4 Sono trascorsi più di duemila anni da quando Esdra "...aveva studiato con grande passione la legge del Signore; la metteva in pratica..." (Esdra 7:10), però questo lungo periodo di tempo non ha minimamente indebolito l'influsso di un'autentica devozione. Nel corso dei secoli la sua esperienza di totale consacrazione ha fatto nascere in molti il desiderio di studiare la legge del Signore e di metterla in pratica. PR 313 5 Le motivazioni che animarono Esdra erano nobili e sante. In tutto quello che faceva manifestava un profondo amore per gli uomini. La compassione e la tenerezza che dimostrò nei confronti di coloro che avevano peccato, volontariamente o inconsciamente, dovrebbero rappresentare un esempio per tutti coloro che cercano di realizzare delle riforme. I collaboratori di Dio devono essere saldi come una roccia quando si tratta di princìpi importanti, ma dimostrare comunque simpatia e comprensione. Come Esdra, devono insegnare ai peccatori la via della vita eterna, presentando loro i princìpi fondamentali del bene. PR 314 1 Oggi, mentre Satana sta cercando in tutti i modi, di rendere insensibili gli uomini e le donne alle esigenze della legge di Dio, è necessario che i collaboratori di Dio sappiano sensibilizzare molti a provare un profondo rispetto "...dinanzi ai comandamenti del nostro Dio". Esdra 10:3 (Luzzi). Sono necessari dei veri riformatori che sappiano indicare ai trasgressori il grande Legislatore e insegnar loro che "La legge del Signore è perfetta: ridà la vita. La legge del Signore è sicura: dona saggezza. Salmi 19:8. Sono necessari uomini che conoscano bene le Scritture, uomini la cui parola e la cui azione contribuiscano a esaltare i comandamenti dell'Eterno, uomini che cerchino di rafforzare la fede. Occorrono molti insegnanti che sappiano infondere negli uomini rispetto e amore per le Scritture. PR 314 2 Nella nostra epoca si sta diffondendo la malvagità provocata in gran parte dalla trascuratezza nello studio della Parola di Dio e dal disprezzo dei suoi insegnamenti. PR 314 3 In realtà quando la Bibbia viene accantonata si verifica un allontanamento dai princìpi della legge di Dio. La filosofia secondo la quale gli uomini sono dispensati dall'ubbidienza ai precetti divini ha indebolito il senso del dovere morale e spalancato la porta all'ondata di malvagità che si è abbattuta sul mondo. Illegalità, dissipazione, corruzione dilagano come una marea devastatrice. Ovunque si nota invidia, sospetto, ipocrisia, ostilità, rivalità, guerra, infedeltà ai doveri sacri, indulgenza nei confronti dei piaceri. Tutto il sistema dei princìpi e delle dottrine della religione, che dovrebbe essere la base e l'ossatura della vita sociale, appare come una struttura vacillante pronta a crollare. PR 314 4 Negli ultimi giorni della storia di questo mondo la voce che parlò al Sinai ripete: "Non avere altro Dio oltre a me". Esodo 20:3. L'uomo si è opposto a Dio, ma non può far tacere la voce dei suoi comandamenti. La mente umana non può sottrarsi ai suoi obblighi nei confronti di un'autorità superiore. Teorie e speculazioni possono abbondare; gli uomini possono cercare di mettere la scienza in opposizione con la rivelazione per abolire così la legge divina, ma l'ordine rimane perentorio: "Adora il Signore, tuo Dio; a lui solo rivolgi la tua preghiera". Matteo 4:10. PR 314 5 Non è possibile indebolire o rafforzare la legge di Dio. Così come è stata nel passato così sarà anche oggi. Essa è sempre stata e sarà sempre santa, giusta, buona, perfetta in se stessa. Non può essere abrogata o cambiata. Onorarla o disonorarla sono solo espressioni del linguaggio umano. PR 315 1 L'ultimo grande conflitto fra l'errore e la verità si verificherà fra le leggi degli uomini e i precetti dell'Eterno. Siamo già impegnati in questa battaglia, che non si combatte fra chiese rivali che si contendono la supremazia, ma tra la religione della Bibbia e le religioni delle favole e delle tradizioni. I nemici che si sono coalizzati contro la verità agiscono con potenza. La Parola di Dio, che ci è stata trasmessa a costo di grandi sofferenze e spargimenti di sangue, viene disprezzata. Sono pochi coloro che l'accettano realmente come norma di vita. L'incredulità prevale in misura allarmante, non solo nella società ma anche nella chiesa. Molti vogliono negare le dottrine che sono i fondamenti stessi della fede. I grandi fatti della creazione presentati dagli autori ispirati, la caduta dell'uomo, l'espiazione, la costante validità della legge, sono tutte dottrine rifiutate dalla maggior parte dei cosiddetti cristiani. Migliaia di persone, che si vantano della loro cultura, considerano come una debolezza credere implicitamente nella Bibbia e prova di maturità cavillare sulle Scritture e rendere astratte le sue verità più importanti. PR 315 2 I cristiani dovrebbero prepararsi per ciò che ben presto si verificherà nel mondo e che potrebbe coglierli alla sprovvista. È necessario uno studio approfondito della Parola di Dio e una vita conforme ai suoi precetti. Le grandi realtà legate all'eternità richiedono qualcosa di più di una religione immaginaria, fatta di parole e di forme, in cui la verità è assente. Dio ci invita a un risveglio e a una riforma. Dal pulpito si dovrebbe sentire la Bibbia e solo la Bibbia. Questa però è stata privata del suo potere e ne è risultato un cedimento nella vita spirituale. Oggi, in molti sermoni, manca quella manifestazione della potenza divina che risveglia la coscienza e dà vita all'anima. Gli uditori non possono dire: "Noi sentivamo come un fuoco nel cuore, quando egli lungo la via ci parlava e ci spiegava la Bibbia!" Luca 24:32. Sono molti coloro che gridano al Dio vivente, desiderosi della sua presenza. È necessario che la Parola di Dio parli al cuore, che coloro che hanno udito solo tradizioni, teorie e massime umane odano la voce di colui che può ridare all'uomo la vita eterna. PR 315 3 Un grande messaggio scaturisce dall'esperienza di vita dei patriarchi e dei profeti. Da Sion, la città di Dio, si odono parole meravigliose. Il Signore desidera che questa testimonianza sia trasmessa anche da coloro che oggi collaborano con lui. Se gli uomini del Vecchio Testamento hanno offerto una testimonianza così straordinaria perché coloro che possono utilizzare le conoscenze acquisite nel corso dei secoli non testimoniano in modo ancora più convincente della potenza della verità? La gloria dei profeti proietta la sua luce nella nostra vita. Con la morte del Figlio di Dio il tipo ha incontrato l'antitipo. Il Cristo è risuscitato proclamando nei confronti della morte: "Io sono la resurrezione e la vita". Giovanni 11:25. Egli ha inviato il suo Spirito nel mondo per ricordarci tutto ciò che ha detto. Grazie a un miracolo di straordinaria potenza ha ispirato nel corso dei secoli la sua parola scritta. PR 316 1 I riformatori, le cui proteste avevano valso loro il nome di protestanti, ritenevano che Dio li avesse chiamati a diffondere nel mondo il messaggio del Vangelo. Con questa intenzione erano pronti a sacrificare beni, libertà, vita. Nonostante la persecuzione e la morte il Vangelo fu predicato vicino e lontano. La Parola di Dio fu annunciata a tutti, a tutte le classi sociali, ricchi e poveri, piccoli e grandi, dotti e ignoranti e studiata con interesse. In questa ultima fase del gran conflitto saremo fedeli al nostro dovere come i riformatori lo furono al loro? Cfr. Gioele 2:15-17, 12-14. ------------------------Capitolo 52: L'uomo chiave PR 317 1 Neemia, esule ebreo in Persia, occupava una posizione influente alla corte persiana. In qualità di coppiere del re poteva incontrare liberamente il sovrano. Per il suo incarico, e grazie alla sua capacità e fedeltà, era diventato amico e consigliere del monarca. Però, pur godendo del suo favore ed essendo circondato dalla pompa e dallo splendore di quella reggia, non poteva dimenticare né il suo Dio né il suo popolo. Era profondamente interessato al destino di Gerusalemme e le sue speranze e le sue gioie erano legate alla prosperità di quella città. Grazie all'intermediazione di quest'uomo, che si era preparato per l'opera alla quale era stato chiamato mentre risiedeva alla corte persiana, Dio desiderava accordare al suo popolo ricche benedizioni nella terra dei suoi padri. PR 317 2 Dai messaggeri che provenivano dalla Giudea questo patriota ebreo seppe che Gerusalemme, la città eletta, attraversava momenti difficili. Gli esuli che erano rientrati dovevano affrontare la miseria e l'ostilità. Il tempio e una parte della città erano stati ricostruiti, ma l'opera di restaurazione era interrotta, i servizi del tempio venivano disturbati e la popolazione era continuamente in allarme perché le mura della città erano in rovina. PR 317 3 Sopraffatto dal dolore Neemia non riusciva più né a mangiare né a bere. "Passai alcuni giorni in grande tristezza: non prendevo cibo e pregavo il Dio del Cielo". Neemia 1:4. Nella sua tristezza si rivolse al Signore e confessò fedelmente i suoi peccati e quelli del popolo. Lo supplicò di sostenere Israele, di dare a questo popolo coraggio e forza e di aiutarlo a ricostruire le rovine di Giuda. PR 317 4 Neemia pregando sentì crescere in lui la fede e il coraggio. Parole sante scaturivano spontaneamente dalle sue labbra. Si rendeva conto del disonore che sarebbe ricaduto sull'Eterno se il suo popolo, ora che aveva rinnovato il suo patto con lui, fosse stato abbandonato a se stesso e alle sue debolezze. Egli supplicò il Signore di adempiere le sue promesse. Cfr. Neemia 1:9. PR 317 5 "Ma di là vorrete tornare al Signore, vostro Dio, e vi avvicinerete a lui se lo invocherete con tutto il cuore e con tutta l'anima. Quando vi saranno accadute tutte queste cose, nella sofferenza tornerete alla fine al Signore, vostro Dio, e gli darete ascolto: egli è un Dio pieno di misericordia, non vi abbandonerà e non vi distruggerà; egli non dimenticherà mai l'alleanza che ha fatto con i vostri padri". Deuteronomio 4:29-31. Questa promessa era stata fatta a Israele, da Mosè, nel nome del Signore, prima che si stabilisse in Canaan e attendeva da secoli il suo adempimento. Ora il popolo di Dio, mosso dal pentimento e dalla fede, era tornato all'Eterno; la promessa divina si sarebbe certamente adempiuta. PR 318 1 Neemia aveva spesso pregato Dio in favore del suo popolo, ma ora, mentre pregava, un progetto si affacciava alla sua mente. Se avesse ottenuto il consenso del re e l'aiuto per procurarsi tutto il materiale necessario, avrebbe assunto egli stesso il compito di ricostruire le mura di Gerusalemme e di ripristinare il prestigio nazionale d'Israele. Chiese perciò a Dio di aiutarlo affinché il re avesse fiducia in lui e questo suo piano potesse essere attuato. Neemia pregò: "...Fa' che riescano i miei piani, fa' che il re mi accolga benevolmente". Neemia 1:10. PR 318 2 Neemia aspettò per quattro mesi il momento opportuno per presentare la sua richiesta al re. Sebbene in questo periodo il suo cuore fosse colmo di tristezza, si sforzò di avere un aspetto sereno in presenza del sovrano. Nelle sale sontuose e imponenti del palazzo tutti dovevano avere l'aria felice. Sul viso di questi servitori del re non doveva trapelare nulla. Ma quando rimaneva solo, lontano da sguardi indiscreti, Neemia si sentiva protetto da Dio e dai suoi angeli che ascoltavano le sue preghiere, le sue confessioni e le sue lacrime. PR 318 3 Alla fine, però, la tristezza che opprimeva il suo cuore non poteva rimanere nascosta più a lungo. Le notti insonni e i giorni pieni di preoccupazione lasciarono le loro tracce sul suo volto. Il re, sempre preoccupato per la sua incolumità personale, era abituato a leggere i volti e a indovinare i sentimenti. Perciò si rese conto che il suo coppiere era tormentato da qualche cosa che lo turbava. "Perché sei triste? -- gli domandò. Non sembri malato; che cosa ti preoccupa?" PR 318 4 La sua domanda preoccupò Neemia. Il re si sarebbe irritato venendo a sapere che i pensieri del suo coppiere, mentre lavorava al suo servizio, erano rivolti al suo popolo afflitto? La sua vita poteva essere in pericolo! Il suo piano per Gerusalemme stava forse per fallire? Neemia scrive: "Con molto timore risposi al re: -- Maestà possa tu avere lunga vita! Come potrei non essere triste mentre la città dove sono sepolti i miei antenati è in rovina e le sue porte incendiate?" Neemia 2:2, 3. PR 318 5 Il racconto delle condizioni in cui versava Gerusalemme suscitò la simpatia del monarca senza risvegliarne i pregiudizi. Un'altra domanda del re offrì a Neemia l'occasione tanto attesa: "Hai qualche richiesta da farmi?" Ma l'uomo di Dio non si avventurò a rispondere prima di aver chiesto il parere di colui che era più potente di Artaserse. Neemia aveva una missione da compiere e perché potesse avere successo, l'intervento del re era indispensabile. Si rendeva conto che tutto dipendeva dal modo in cui avrebbe presentato la sua richiesta. Avrebbe così ottenuto non solo l'approvazione del sovrano ma anche la promessa del suo aiuto. "Dentro di me rivolsi una preghiera al Dio del Cielo" (Neemia 2:4) scrive Neemia e in questa corta preghiera ottenne dal Re dei re quella forza che poteva conquistare i cuori. PR 319 1 Pregare come pregò Neemia nel momento del bisogno è una possibilità offerta al cristiano in ogni circostanza. Voi che siete impegnati nelle intense attività della vita, che siete sommersi dalle difficoltà, rivolgete le vostre richieste al Signore per essere guidati da lui! Voi, che per terra e per mare, siete minacciati da tante incognite, affidatevi a colui che può offrirvi la sua protezione. Nei momenti difficili o di pericolo improvviso fate udire il vostro grido a colui che si è impegnato a venire in aiuto dei suoi fedeli in ogni circostanza della vita. Ovunque voi siate, in qualsiasi condizione, afflitti per la tristezza e le preoccupazioni, assaliti dalla tentazione, troverete la certezza, il sostegno e il conforto nel grande amore e nella potenza di un Dio che è fedele alle sue promesse. PR 319 2 Nella sua corta preghiera rivolta al Re dei re, Neemia trovò il coraggio di esporre al re Artaserse il suo desiderio di essere esonerato, per un po' di tempo, dai suoi incarichi a corte e chiese che gli fosse concesso il permesso di recarsi a Gerusalemme per ricostruirne le rovine e farne di nuovo una città forte e ben difesa. Da questa richiesta sarebbero scaturiti nuovi sviluppi della situazione. Il re accettò e Neemia scrisse: "...Il re mi concesse ogni cosa, perché la mano di Dio mi proteggeva". Neemia 2:8. PR 319 3 Essendosi assicurato l'aiuto di cui aveva bisogno, Neemia si organizzò per assicurarsi il successo della sua impresa e prese tutte le precauzioni necessarie per realizzare il suo progetto. Non rivelò il suo proposito neppure ai suoi connazionali perché, pur sapendo che molti si sarebbero rallegrati del suo successo, temeva che alcune indiscrezioni potessero provocare la gelosia dei loro nemici e forse far fallire i suoi piani. PR 319 4 La richiesta fatta al re era stata accolta così favorevolmente che Neemia fu incoraggiato a chiedere un ulteriore contributo. Per dare autorevolezza e dignità alla sua missione, come anche per assicurarsi protezione durante il viaggio, chiese e ottenne una scorta armata. Gli furono concesse anche alcune lettere del re per i governatori delle province oltre l'Eufrate, territorio che doveva attraversare per raggiungere la Giudea. Ottenne anche una lettera per il custode delle foreste del re affinché gli fornisse tutto il legname necessario. PR 319 5 L'uomo di Dio volle definire con chiarezza i privilegi che gli venivano accordati affinché non venisse accusato di andare al di là dei suoi diritti. PR 320 1 Questo esempio di saggezza e di fermezza dovrebbe rappresentare uno stimolo per tutti i cristiani. Non basta pregare con fede, bisogna anche agire con prudenza e diligenza. Nei momenti difficili capita spesso che l'opera di Dio non progredisca perché si pensa che la prudenza e l'amore per il lavoro non abbiano nessun legame con la religione. Neemia non considerò compiuto il suo dovere dopo aver pianto e pregato davanti al Signore! Egli unì alle sue richieste un santo zelo. Si impegnò sinceramente e perseverò in vista del successo dell'iniziativa in cui si era lanciato. PR 320 2 Oggi per portare avanti programmi altrettanto importanti della ricostruzione delle mura di Gerusalemme sono indispensabili prudenza e piani ben elaborati. PR 320 3 Neemia non lasciò nulla di intentato, non lasciò nulla al caso. Chiese i mezzi che gli occorrevano a coloro che erano in grado di darglieli. Dio è sempre disposto a operare nel cuore di coloro che sono in possesso dei suoi beni perché li mettano a disposizione della sua opera. Coloro che lavorano per lui devono approfittare dell'aiuto offerto dagli uomini ispirati da Dio. I loro doni possono permettere al messaggio della verità di raggiungere molti paesi in cui non è ancora conosciuto. I donatori possono non avere fede in Cristo e non conoscere la sua Parola, ma le loro offerte non devono essere rifiutate per questo. ------------------------Capitolo 53: Il restauratore di brecce PR 321 1 Il viaggio di Neemia a Gerusalemme si svolse senza problemi. Le lettere del re ai governatori delle province situate sul percorso gli assicurarono una buona accoglienza e una premurosa assistenza. Nessuno osò opporsi a un funzionario protetto del re di Persia e trattato con grande rispetto dai governatori delle province. PR 321 2 Il suo arrivo a Gerusalemme con una scorta militare indicava che era venuto per un'importante missione e suscitò la gelosia delle tribù pagane che abitavano vicino alla città. Esse avevano spesso manifestato ostilità per i giudei insultandoli apertamente; si distinsero in quest'opera malvagia certi capi tribù: Sanballat il coronita, Tobia l'ammonita e Ghesem l'arabo. Fin dall'inizio essi considerarono con diffidenza le iniziative di Neemia e cercarono con ogni mezzo di far fallire i suoi piani e di ostacolare la sua opera. PR 321 3 Neemia però continuò a mantenere lo stesso atteggiamento prudente e riservato che aveva caratterizzato la sua condotta fino a quel momento. Sapendo che i suoi mortali nemici erano pronti a opporsi a lui, tenne loro nascosta la natura della sua missione fino a quando, esaminando la situazione, non fu in grado di elaborare i suoi piani. In questo modo sperava di assicurarsi la collaborazione del popolo e di metterlo al lavoro prima che si manifestasse l'opposizione dei suoi antagonisti. PR 321 4 Scegliendo alcuni uomini che riteneva degni di fiducia, Neemia parlò loro delle circostanze che lo avevano condotto a Gerusalemme, dell'obiettivo che desiderava raggiungere e dei piani che si proponeva di seguire. Suscitò così il loro interesse per l'iniziativa e si assicurò il loro aiuto. PR 321 5 La terza notte dopo il suo arrivo, Neemia si alzò a mezzanotte e con pochi uomini fidati uscì per esaminare personalmente lo stato di desolazione in cui si trovava Gerusalemme. Salito sul suo mulo, attraversò la città ispezionando le mura diroccate e le porte della città dei suoi padri. Il suo spirito era pervaso da tristi riflessioni. Mentre guardava le rovine della sua amata Gerusalemme, con il cuore spezzato, i ricordi della grandezza di Israele si affacciavano alla sua mente in stridente contrasto con quelle testimonianze dell'attuale desolazione. PR 322 1 In segreto e in silenzio Neemia completò il giro delle mura. Cfr. Neemia 2:16. Trascorse il resto della notte in preghiera perché sapeva che la mattina seguente avrebbe avuto bisogno di molta forza per incoraggiare e riunire i suoi compatrioti demoralizzati e divisi. PR 322 2 Neemia era in possesso di un mandato reale che richiedeva agli abitanti di collaborare con lui nella ricostruzione delle mura della città. Egli però non ricorse all'esercizio di tale autorità. Cercò piuttosto di guadagnarsi la fiducia e la simpatia del popolo sapendo quanto fosse necessaria sia l'intesa degli animi sia quella delle energie da impiegare nella grande opera che li attendeva. Quando la mattina convocò i suoi uomini, presentò loro le argomentazioni necessarie a risvegliare le loro potenziali capacità e a ritrovare la loro unione. PR 322 3 Gli interlocutori di Neemia non sapevano nulla della sua ispezione notturna ed egli stesso non la rivelò loro. Il fatto di aver visitato la città contribuì ampiamente al suo successo perché egli era in grado di parlare della situazione con una precisione e un'abbondanza di dettagli che stupirono i suoi uditori. L'impressione provata dalla visione delle rovine di Gerusalemme dava forza e potenza alle sue parole. Rimproverò ai suoi patrioti la loro condotta fra i pagani: la religione disonorata, il loro Dio bestemmiato. Spiegò che nel paese in cui abitava aveva sentito parlare della loro disperazione. Disse che aveva pregato per loro e deciso, durante la preghiera, di chiedere al re il permesso di aiutarli. Aveva supplicato Dio di permettergli di ottenere dal re non soltanto questo permesso ma anche l'autorità e i mezzi necessari per adempiere il suo compito. La sua preghiera era stata esaudita e aveva capito che i suoi piani erano in armonia con quelli del Signore. PR 322 4 Dopo aver terminato il suo racconto e dimostrato di essere sostenuto dall'autorità del Dio d'Israele e dal re persiano, Neemia interpellò i presenti per sapere se intendevano approfittare di questa opportunità per impegnarsi a ricostruire le mura. L'appello di Neemia toccò i loro cuori. Dopo aver compreso come Dio li avesse benedetti, vergognandosi dei loro timori e con rinnovato coraggio esclamarono tutti insieme: "... "Al lavoro! ricostruiamo la città!" E si misero all'opera con impegno". Neemia 2:18. PR 322 5 Neemia si era dato anima e corpo al compito che aveva intrapreso. La sua speranza, la sua energia, il suo entusiasmo, la sua determinazione erano contagiosi e ispiravano negli altri il suo stesso coraggio e il suo nobile proposito. Ogni uomo divenne un altro Neemia e si impegnò a incoraggiate il suo prossimo. Quando i nemici di Israele udirono quello che gli ebrei speravano di realizzare, risero di loro disprezzandoli e dissero: "Che cosa pensate di fare? Volete mettervi contro il re?" Neemia rispose: "Voi non avete niente a che fare con Gerusalemme; nessun diritto, nessuna proprietà, nessun ricordo. Noi ci mettiamo a ricostruire perché siamo sicuri che il Dio del Cielo ci aiuterà fino alla fine. Siamo i suoi servi". Neemia 2:19, 20. PR 323 1 I primi che si lasciarono conquistare dallo zelo e dal fervore di Neemia furono i sacerdoti. Considerata la loro posizione influente, essi potevano contribuire a far progredire o ad ostacolare l'opera e quindi la loro collaborazione fu determinante, fin dall'inizio, per il suo successo. La maggior parte dei prìncipi e dei capi d'Israele si impegnarono attivamente nel lavoro. Questi fedeli collaboratori sono citati nel libro di Dio. Ma alcuni fra loro, i nobili della tribù dei Tekoiti "...non piegarono i loro colli a lavorare all'opera del Signore". Il ricordo di questi collaboratori infingardi è marchiato di vergogna ed è stato tramandato come avvertimento a tutte le generazioni successive. PR 323 2 In ogni movimento religioso vi sono di quelli che, pur non potendo negare che l'opera è di Dio, mantengono le distanze rifiutando di collaborare. Dovrebbero ricordarsi del registro tenuto in cielo, quel libro nel quale non vengono fatte né omissioni né errori e in base al quale saranno giudicati. In esso viene registrata ogni occasione trascurata ma anche ogni atto di fede e di amore il cui ricordo diventa immortale. PR 323 3 L'esempio offerto dai nobili della tribù dei Tekoiti aveva scarsa importanza rispetto al crescente influsso di Neemia. Il popolo in generale manifestava il suo zelo e il suo patriottismo. Uomini capaci e influenti organizzarono le varie classi di cittadini in gruppi. Il capo di ogni gruppo si assumeva la responsabilità di erigere una parte delle mura. È scritto che costruirono "ciascuno vicino a casa sua". PR 323 4 Ora che l'opera era iniziata, il coraggio di Neemia si rafforzava. Instancabilmente sorvegliava la costruzione, guidava gli operai, considerava le difficoltà e provvedeva a soddisfare le varie necessità. Lungo tutte queste mura di cinque chilometri era presente ovunque per esercitare il suo influsso. Sapeva incoraggiare i timidi, scuotere i tentennanti, gratificare coloro che si impegnavano. Inoltre non dimenticava mai di sorvegliare i movimenti dei nemici che, tenendosi a distanza, discutevano come se tramassero un complotto e a volte si avvicinavano agli operai per cercare di distrarli dalle loro occupazioni. PR 323 5 Nonostante i vari impegni Neemia non dimenticava la fonte da cui attingeva la sua forza. Il suo cuore si elevava costantemente verso colui che veglia su tutti. Egli affermava: "Il Dio dei cieli ci darà il successo". Queste parole riecheggiavano facendo sussultare i cuori degli operai. PR 323 6 La ricostruzione delle mura di Gerusalemme non continuò senza ostacoli. Satana infatti stava lavorando per suscitare l'opposizione e provocare lo scoraggiamento. Sanballat, Tobia e Ghesem, suoi principali istigatori in questo movimento, decisero di intervenire per bloccare i lavori. Si sforzarono di provocare la divisione fra gli operai mettendo in ridicolo gli sforzi dei costruttori, dicendo che la loro impresa era destinata al fallimento. PR 324 1 I costruttori incontrarono ben presto un'opposizione ancora più forte. Furono costretti a vigilare costantemente per difendersi dai complotti dei loro avversari che, spacciandosi per amici, cercavano con ogni mezzo di provocare confusione e perplessità e suscitare la sfiducia. Fecero tutto il possibile per scoraggiare gli ebrei cercando di attirare Neemia nella loro trappola. Addirittura ci furono degli israeliti sleali disposti a collaborare con loro in questa campagna disfattista. Si cercò di far credere che Neemia stesse complottando contro il re persiano con l'intenzione di diventare re d'Israele e quindi tutti coloro che lo sostenevano sarebbero stati dei traditori. PR 324 2 Neemia però continuò a ricercare in Dio il soccorso e la guida, e "la gente lavorava con slancio". In questo modo il programma di ricostruzione continuò a procedere, le brecce furono riparate e la cinta di mura ricostruita fino alla metà dell'altezza prevista. PR 324 3 Quando i nemici di Israele videro l'inutilità dei loro sforzi si arrabbiarono moltissimo. Fino a quel momento non avevano osato utilizzare la violenza perché sapevano che Neemia e i suoi compagni agivano per mandato del re e temevano che un'aperta opposizione potesse provocare il malcontento del monarca. Ora, però, spinti dalla collera commisero il crimine di cui avevano accusato Neemia: "...si misero d'accordo per venire ad assalire Gerusalemme e crearvi confusione". Neemia 4:2. PR 324 4 Mentre i samaritani cospiravano contro Neemia e la sua opera alcuni capi giudei iniziarono a lamentarsi e cercarono di scoraggiare l'uomo di Dio esagerando le difficoltà che sarebbero sorte in un'impresa simile. Cfr. Neemia 4:4. PR 324 5 Lo scoraggiamento aveva anche un'altra motivazione. Quegli ebrei che non avevano preso parte al lavoro raccolsero le affermazioni e i rapporti dei loro nemici e li utilizzarono per scoraggiare i fratelli e suscitare il malcontento. PR 324 6 Ma scherno e ridicolo, opposizione e minacce sembravano rafforzare le convinzioni di Neemia e spingerlo a una maggiore vigilanza. Egli era cosciente dei pericoli di questa lotta contro i suoi nemici, ma il suo coraggio era indomito. "Noi pregammo il Signore di aiutarci -- egli dichiara -- e stabilimmo turni di guardia di giorno e di notte per difenderci da quella gente... Incaricai i vari gruppi familiari di organizzarsi per la difesa con spade, lance e archi e di mettersi sotto le mura, dietro qualche riparo, là dove c'erano spazi indifesi. Considerai la situazione, poi mi rivolsi alle autorità, ai capi e al popolo: "Non spaventatevi -- dissi -- per questi nemici. Non dimenticate che nessuno può resistere alla grandezza del Signore. Combattete per le vostre case, i vostri fratelli, le vostre mogli, i vostri figli e le vostre figlie!" I nostri nemici si resero conto che noi avevamo scoperto i loro piani. Così Dio mandò all'aria i loro progetti e noi potemmo tornare tutti ai nostri lavori sulle mura. Ma, da quel momento, solo metà delle persone lavorava per la ricostruzione; l'altra metà faceva la guardia, protetta da corazze e armata di lance, di scudi e di archi. I capi sorvegliavano tutto il popolo. Anche quelli che lavoravano sulle mura o trasportavano il materiale tenevano gli attrezzi per il lavoro in una mano, e un'arma nell'altra...". Neemia 4:3-11. PR 325 1 Accanto a Neemia c'era un uomo che avrebbe dovuto suonare la tromba in caso di pericolo e sulle mura c'erano dei sacerdoti con le loro trombe sacre. Il popolo era sparso in tutto il cantiere, ma all'avvicinarsi del pericolo l'allarme veniva dato in qualsiasi punto e tutti accorrevano immediatamente. Neemia dice: "Così continuammo a lavorare, dalle prime luci dell'alba fino a notte, e metà degli uomini si teneva pronta con la spada in mano". Neemia 4:15. PR 325 2 A coloro che abitavano in cittadine e villaggi lontano da Gerusalemme fu richiesto di alloggiare dentro le mura, sia per sorvegliare il lavoro sia per essere pronti a riprendere l'attività il mattino seguente. In questo modo si evitavano inutili ritardi e si fronteggiavano gli attacchi dei nemici che sarebbero stati favoriti dagli spostamenti dei lavoratori. Neemia e i suoi compagni affrontarono la fatica e le privazioni. Di giorno come di notte, nel breve tempo che si concedevano per dormire, rimanevano vestiti e armati di tutto punto. PR 325 3 L'opposizione e lo scoraggiamento che i costruttori affrontarono al tempo di Neemia a causa dei nemici e dei falsi amici sono simili alle difficoltà incontrate anche oggi da quanti lavorano per il Signore. I cristiani sono provati, non solo dall'ira, dal disprezzo e dalla crudeltà dei loro nemici, ma anche dall'indolenza, dall'incoerenza, dalla tiepidezza e dal tradimento di quanti si dicono amici e collaboratori. Vengono criticati, coperti di ridicolo. Questi avversari, che arrivano a disprezzare i credenti, sono ricorsi a volte a misure crudeli e anche violente. PR 325 4 Satana sfrutta ogni metodo per realizzare i suoi obiettivi. Fra coloro che si presentano come sostenitori dell'opera di Dio ve ne sono alcuni che si uniscono ai suoi nemici e la espongono agli assalti dei suoi più acerrimi avversari. Capita anche che coloro che desiderano veder realizzato il regno di Dio scoraggino i suoi servitori ripetendo le calunnie e le minacce dei nemici del Signore. Satana ottiene così un vero successo e tutti coloro che subiscono il suo influsso sono soggetti a una potenza seduttrice che annulla anche la saggezza dell'uomo più prudente. Ma, come Neemia, il popolo di Dio non deve né temere né disprezzare i suoi nemici. È necessario che confidi in Dio, prosegua coraggiosamente compiendo la sua opera con disinteresse e lasciando al Signore il compito di difendere la causa per cui lotta. PR 326 1 In mezzo a innumerevoli difficoltà Neemia ripose la sua fiducia in Dio che rappresenta il suo sicuro punto di riferimento. Colui che sostenne il suo servitore è stato in ogni tempo un aiuto costante per il suo popolo che, in ogni difficoltà, può affermare con fiducia: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?" Romani 8:31. Per quanto insidiose possano essere le macchinazioni di Satana e dei suoi seguaci, il Signore può smascherare i suoi nemici e svelare i loro piani. La risposta degli uomini di fede oggi sarà come quella di Neemia: "Il nostro Dio combatterà per noi". Il Signore opera potentemente e nessuno può opporsi al successo della sua opera. ------------------------Capitolo 54: La condanna delle estorsioni PR 327 1 Le mura di Gerusalemme non erano state ancora completate quando l'attenzione di Neemia fu richiamata dalla triste condizione delle classi più povere della popolazione. Nello stato di instabilità in cui si trovava il paese l'agricoltura era stata prevalentemente trascurata. Inoltre alcuni esiliati ritornati a Gerusalemme si comportavano egoisticamente e il Signore non benediva più la loro terra e il grano scarseggiava. PR 327 2 Per procurarsi il cibo per le loro famiglie i poveri erano costretti a comprare a credito e a prezzi esorbitanti. Dovevano anche procurarsi il denaro con prestiti a interesse per pagare le pesanti tasse imposte loro dal re di Persia. E, come se ciò non bastasse, certi ebrei ricchi approfittavano della loro miseria per arricchirsi. PR 327 3 Dio aveva ordinato, tramite Mosè, che ogni tre anni venisse raccolta una decima a beneficio dei poveri. Essi godevano anche del vantaggio che scaturiva dalla sospensione dei lavori agricoli ogni sette anni. La terra rimaneva incolta e i suoi prodotti erano a disposizione dei poveri. PR 327 4 La fedeltà testimoniata tramite queste offerte, destinate ai poveri e ad altre iniziative di beneficenza, doveva contribuire a ricordare al popolo che Dio è il padrone di tutto e permette che i suoi figli siano fonte di benedizioni. Il piano di Dio nei confronti degli israeliti mirava a sradicare dal loro cuore l'egoismo e sviluppare la nobiltà del loro carattere. PR 327 5 Dio aveva anche detto tramite Mosè: "Se presti denaro a qualcuno del mio popolo, al povero che vive con te, non devi fare l'usuraio: non puoi imporgli interesse". Esodo 22:24. "Quando fate un prestito a un vostro connazionale -- in denaro, cibo o qualsiasi altra cosa -- non esigerete da lui interessi". Inoltre aveva detto: "Se in una città della terra che il Signore, vostro Dio, vi dà, ci sarà tra voi qualche Israelita povero, non sarete di cuore duro e non chiuderete la mano davanti al fratello povero. Anzi, sarete generosi con lui e gli presterete ciò di cui ha bisogno nel suo stato di necessità... Ci saranno sempre poveri nella vostra terra: perciò vi ordino di essere generosi con i vostri connazionali poveri e bisognosi. Deuteronomio 15:7, 8, 11. PR 328 1 Dopo il ritorno degli esuli da Babilonia, gli ebrei ricchi avevano agito in modo del tutto contrario a questi ordini. Quando i poveri erano stati costretti a chiedere denaro in prestito per pagare il tributo al re, i ricchi avevano prestato la somma richiesta ma con un interesse molto alto. Ponendo ipoteche sulle terre dei poveri avevano progressivamente ridotto gli sfortunati debitori alla più nera miseria. Molti erano stati addirittura costretti a vendere i loro figli e le loro figlie come schiavi. Sembrava non ci fosse nessuna speranza di migliorare la sorte dei poveri, nessun metodo per riscattare i loro figli e le loro terre, nessuna prospettiva, se non una miseria sempre maggiore e una schiavitù costante. Eppure erano cittadini della stessa nazione, partecipavano allo stesso patto dei loro fratelli più favoriti. PR 328 2 Alla fine il popolo espose a Neemia la sua situazione: "...noi abbiamo dovuto consegnarli come schiavi: alcune delle nostre figlie sono già state date in schiavitù. Non possiamo fare diversamente perché campi e vigne sono già in mano ai nostri creditori". Neemia 5:5. Udite queste parole, Neemia si indignò. Si rese conto che per riuscire a risolvere questa situazione, doveva assumere una ferma posizione in favore della giustizia. Con l'energia e la decisione che lo caratterizzavano si mise subito all'opera per migliorare la sorte dei suoi fratelli. PR 328 3 Il fatto che gli estorsori fossero uomini facoltosi, il cui sostegno economico era particolarmente necessario per l'opera di ricostruzione della città, non condizionò neppure per un momento Neemia. Egli rimproverò aspramente i nobili e i magistrati e avendo convocato una vasta assemblea espose gli ordini divini relativi alla situazione esistente. Attirò l'attenzione del popolo sugli avvenimenti che si erano svolti durante il regno di Achaz. Ricordò loro il messaggio che il Signore aveva rivolto a Israele per reprimere la sua crudeltà e la sua oppressione. I figli di Giuda erano stati abbandonati, a causa della loro idolatria, fra le mani dei loro fratelli ancora più idolatri, cioè il popolo d'Israele. Quest'ultimo, nel suo furore, era giunto fino al punto di uccidere, nel corso di una battaglia, migliaia di uomini di Giuda e catturare donne e bambini per renderli schiavi, o per venderli ai pagani. PR 328 4 A causa dei peccati di Giuda, Dio non intervenne per impedire questa tragedia. Ma il profeta Oded condannò severamente il crudele sfruttamento dell'esercito vincitore. Cfr. 2 Cronache 28:10. Oded dichiarò al popolo d'Israele che la sua ingiustizia e la sua oppressione gli avrebbero attirato i giudizi del cielo e che la collera divina si sarebbe riversata su di lui. PR 328 5 Dopo aver sentito queste parole i guerrieri liberarono gli schiavi e portarono il loro bottino davanti ai capi e a tutta l'assemblea. Allora alcuni capi della tribù di Efraim "...presero dal bottino vestiti e calzature e li diedero a quelli che ne avevano bisogno; portarono a tutti da mangiare e da bere e medicarono i feriti. Caricarono su asini quelli che non erano in grado di camminare; poi condussero tutti nel regno di Giuda a Gerico, la città delle Palme. E tornarono a Samaria". 2 Cronache 28:15. PR 329 1 Neemia, insieme ad altri, aveva riscattato alcuni giudei che erano stati venduti ai pagani. L'uomo di Dio paragonò questa scelta con quella dei ricchi che per sete di guadagno, avevano reso schiavi i loro fratelli. Disse loro: "Quello che fate è intollerabile. Voi non avete timor di Dio: così gli stranieri nostri nemici avranno buoni motivi per non avere rispetto di noi". Neemia 5:9. PR 329 2 Neemia dimostrò loro che egli stesso, pur essendo stato rivestito di una certa autorità dal re persiano, e potendo per questo esigere lauti compensi a suo beneficio, non aveva preso neppure quanto gli sarebbe spettato legittimamente; non solo, ma aveva offerto con generosità allo scopo di alleviare i poveri nelle loro necessità. Invitò quei funzionari che si erano macchiati di estorsione a rinunciare a simili metodi. Li invitò a restituire le terre ai poveri e l'interesse del denaro che avevano prestato loro, esortandoli a concedere queste somme senza pegni o usura. PR 329 3 Queste parole furono pronunciate davanti a tutta l'assemblea. Se i capi avessero voluto giustificarsi avrebbero potuto farlo: ma non accamparono scuse. "Restituiremo i beni ai loro proprietari -- dissero -- e cancelleremo i debiti". "Allora -- disse Neemia -- chiamai i sacerdoti e feci giurare ai creditori di mantenere la promessa... Tutta l'assemblea approvò gridando: -- Amen! -- e lodò il Signore". Neemia 5:12, 13. E il popolo mantenne la promessa. PR 329 4 Questo racconto insegna un'importante lezione. "...L'amore dei soldi è la radice di tutti i mali..." (1 Timoteo 6:10) ha detto l'apostolo Paolo. Oggi il denaro è diventato una passione divorante e la ricchezza è spesso acquisita tramite l'estorsione. Intere folle vivono nella povertà; esse sono costrette a impegnarsi in un duro lavoro per un salario bassissimo che non permette loro di assicurarsi gli elementi essenziali indispensabili alla loro esistenza. PR 329 5 Un lavoro pesante, delle privazioni senza la speranza di una sorte migliore rendono più difficile la loro situazione. Disperati e oppressi non sanno a chi rivolgersi per trovare sollievo e tutto questo si verifica perché i ricchi possano accumulare denaro. PR 329 6 L'amore del denaro e dello sfarzo ha fatto di questo mondo una specie di spelonca di ladroni e di rapinatori. Le Scritture descrivono l'avidità e l'oppressione che prevarranno prima della seconda venuta di Cristo. Giacomo scrive: "E ora a voi, ricchi!... voi avete accumulato ricchezze. Voi non avete pagato gli operai che mietono nei vostri campi: questa paga rubata ora grida al cielo, e le proteste dei vostri contadini sono arrivate fino agli orecchi di Dio, il Signore Onnipotente. Voi avete vissuto quaggiù sulla terra in mezzo al lusso e ai piaceri sfrenati: vi siete ingrassati come bestie per il giorno del macello. Avete condannato e ucciso persone innocenti che non hanno la forza di difendersi". Giacomo 5:1-6. PR 330 1 Anche fra quelli che dicono di camminare nel timore di Dio ve ne sono alcuni che si comportano come i nobili in Israele. Siccome le leggi li autorizzano a farlo, essi esigono più di quanto è giusto diventando così degli oppressori. PR 330 2 Dato che avarizia e slealtà si riscontrano nella vita di coloro che portano il nome di Cristo e siccome la chiesa conserva nei suoi registri i nomi di coloro che si sono arricchiti con l'ingiustizia, la religione di Cristo viene disprezzata. La dissipazione, la frode, l'estorsione corrompono la fede di molti credenti e minano la spiritualità. La chiesa è in gran parte responsabile dei peccati commessi dai suoi membri. Se non condannerà il peccato a voce alta, lo favorirà. PR 330 3 I metodi del mondo non devono diventare una regola per il cristiano. Egli non deve imitarne le abitudini discutibili, gli imbrogli, le estorsioni. Ogni atto ingiusto nei confronti dei nostri simili è una violazione della regola d'oro. Ogni male provocato ai figli di Dio investe Cristo stesso nella persona dei suoi santi. Ogni tentativo di approfittare dell'ignoranza, della debolezza o della sfortuna altrui è registrato come una frode nei libri del cielo. Chi veramente teme Dio lavorerà giorno e notte, preferirà rimanere povero, piuttosto che cedere alla sete di guadagno od opprimere la vedova e l'orfano e privare lo straniero dei suoi diritti. PR 330 4 Anche discostandosi marginalmente dai giusti princìpi ci si predispone a commettere le peggiori ingiustizie. Quando un uomo si arricchisce a scapito di un altro il suo animo diventa insensibile all'influsso dello Spirito di Dio. I guadagni ottenuti in simili condizioni rappresentano in realtà una perdita. PR 330 5 Eravamo tutti debitori nei confronti della giustizia divina, ma non avevamo nulla per poter pagare il debito. Allora il Figlio di Dio ha avuto pietà di noi e ha pagato il prezzo della nostra redenzione. Egli è diventato povero affinché tramite questa sua povertà noi potessimo diventare ricchi. Gli atti di generosità nei confronti dei poveri possono dimostrare la nostra gratitudine per la misericordia che ci è stata concessa. L'apostolo Paolo esorta: "Così dunque, finché ne abbiamo l'occasione, facciamo del bene a tutti, ma soprattutto ai nostri fratelli nella fede". Galati 6:10. Le sue parole sono in armonia con quelle del Salvatore: "I poveri, infatti, li avete sempre con voi e potete aiutarli quando volete". Marco 14:7. "Fate anche agli altri tutto quel che volete che essi facciano a voi: così comanda la legge di Mosè e così hanno insegnato i profeti". Matteo 7:12. ------------------------Capitolo 55: Complotti dei pagani PR 332 1 Sanballat e i suoi complici non osavano contrastare apertamente gli ebrei, ma con crescente astuzia continuavano di nascosto a fare il possibile per scoraggiarli, sconcertarli e danneggiarli. Le mura di Gerusalemme stavano per essere completate. Una volta terminate e poi sistemate le porte, i nemici d'Israele non avrebbero più potuto sperare di penetrare nella città; ecco perché volevano a tutti i costi fermare al più presto i lavori. Alla fine escogitarono un piano grazie al quale speravano di destituire Neemia e quando sarebbe stato nelle loro mani lo avrebbero ucciso o imprigionato. PR 332 2 Col pretesto di trovare un'intesa fra i contendenti chiesero un incontro con Neemia in un villaggio della pianura di Ono. Ma, avvertito dallo Spirito Santo delle loro vere intenzioni, egli rifiutò. "Io mandai loro questa risposta -- scrive Neemia: "Sono ancora troppo impegnato e non posso muovermi. Non intendo abbandonare i lavori e farli interrompere solo per incontrarvi". Per quattro volte mi invitarono e io diedi sempre la stessa risposta". Neemia 6:3. PR 332 3 Visto che questo piano era fallito, essi ricorsero a uno stratagemma più audace. Sanballat mandò a Neemia un messaggero con una lettera aperta che diceva: "Tra le popolazioni non israelite gira una voce che mi ha riferito Ghesem: si dice che tu e i tuoi connazionali state preparando una rivolta e proprio per questo avete ricostruito le mura. Inoltre si dice che tu vuoi diventare re della Giudea e hai già convinto alcuni profeti: sono pronti a dare l'annuncio a Gerusalemme che tu sei il re della Giudea. La notizia arriverà certamente al re. È meglio che noi ci incontriamo per parlare di tutto questo". Neemia 6:6, 7. PR 332 4 Se le voci menzionate dal nemico fossero state fatte effettivamente circolare, Neemia avrebbe avuto dei motivi per preoccuparsi perché ben presto sarebbero giunte al re e il minimo sospetto da parte sua avrebbe provocato le più severe misure. Ma Neemia era convinto che la lettera fosse del tutto falsa, scritta per intimidirlo e attirarlo in una trappola. Questa idea scaturiva dal fatto che la lettera era stata inviata aperta, affinché potesse essere letta al popolo che a sua volta sarebbe stato spaventato e intimidito dal suo contenuto. PR 333 1 Egli inviò subito la risposta: "Non c'è niente di vero in quello che scrivi. È tutta una tua invenzione". Neemia 6:8. Non ignorava gli inganni di Satana; sapeva che il nemico faceva degli sforzi disperati per scoraggiare coloro che erano impegnati nei lavori e per far cessare l'opera di restaurazione. PR 333 2 Satana era stato ripetutamente sconfitto e, con maggiore malignità e astuzia, tese un'insidia ancora più pericolosa al servitore di Dio. Sanballat e i suoi accoliti pagarono degli uomini che si sarebbero spacciati per amici di Neemia affinché gli dessero dei cattivi consigli definiti messaggi del Signore. L'ideatore di questa iniziativa era Semaia, un uomo che Neemia aveva molto stimato in passato. Egli si chiuse in una stanza vicino al santuario come se temesse per la sua vita. Il tempio, allora, era protetto da mura e da porte mentre quelle della città non erano state ancora sistemate. Manifestando grande preoccupazione per la sicurezza di Neemia, Semaia gli consigliò di rifugiarsi nel tempio. Propose: "Nascondiamoci insieme nel tempio, dentro la sala centrale. Chiudiamo bene le porte: i nemici vogliono ucciderti, certamente di notte verranno". Neemia 6:10. PR 333 3 Se Neemia avesse seguito questo falso consiglio avrebbe sacrificato la sua fede in Dio e sarebbe apparso, agli occhi del popolo, codardo e spregevole. Per adempiere l'importante opera che aveva intrapreso e per testimoniare la sua fiducia nella potenza divina, non poteva essere incoerente e nascondersi per paura. L'allarme si sarebbe propagato fra il popolo e ognuno avrebbe cercato di mettersi in salvo. La città, lasciata senza protezione, sarebbe diventata facile preda dei suoi nemici. Una simile decisione da parte di Neemia avrebbe significato la perdita di valore di tutto ciò che era stato realizzato fino a quel momento. PR 333 4 Neemia non tardò a rendersi conto del vero carattere e dello scopo del suo consigliere: "Ripensandoci, capii che questo consiglio non veniva da Dio: Sanballat e Tobia l'avevano pagato per questo. Volevano che io, per paura, compissi quel gesto proibito. Così mi avrebbero disonorato e rovinato". Neemia 6:12. PR 333 5 Il cattivo consiglio dato da Semaia era appoggiato da alcuni uomini molto influenti che, pur dichiarandosi amici di Neemia, si erano accordati segretamente con i suoi nemici. Però fu inutile tendere questo laccio all'uomo di Dio. La coraggiosa risposta di Neemia fu: "Un uomo come me non corre a nascondersi. Potrei forse entrare nel santuario e aver salva la vita? Non lo farò mai!" Neemia 6:11. PR 333 6 Nonostante i complotti del nemico, tramati in, segreto o apertamente, il lavoro di costruzione proseguì speditamente e, dopo circa due mesi dall'arrivo di Neemia a Gerusalemme, la città fu nuovamente circondata dalle sue mura di difesa e i costruttori poterono camminare su di esse e guardare dall'alto i loro nemici sconfitti e attoniti. Cfr. Neemia 6:16. PR 334 1 Nonostante la chiara manifestazione del fatto che Dio fosse all'opera non si riuscì a reprimere il malcontento, la ribellione e il tradimento fra gli israeliti. "Ma anche in quei giorni ci fu un fitto scambio di lettere fra Tobia e i nostri capi. Molti di loro erano imparentati con lui e stavano dalla sua parte. Tobia era il genero di Secania...". Neemia 6:17, 18. Ecco le disastrose conseguenze dei matrimoni misti. Una famiglia di Giuda si era imparentata coi nemici del popolo di Dio e da lì era nato il complotto contro Neemia. Vi furono diversi altri casi analoghi. Questa gente, come tutti coloro che avevano contratto matrimoni simili e che erano usciti dall'Egitto con Israele, fu fonte di costanti difficoltà. Essi non servirono il Signore con tutto il loro cuore e quando la sua opera esigeva un sacrificio erano pronti a violare il patto che avevano solennemente accettato. PR 334 2 Alcuni di coloro che erano stati fra i primi a tramare il male nei confronti degli ebrei ora manifestavano il desiderio di diventare loro amici. I nobili di Giuda che erano anch'essi coinvolti nei matrimoni misti e che avevano avuto una corrispondenza sleale con Tobia, fino a giurare di servirlo, ora lo indicavano come un uomo capace e lungimirante per cui un'alleanza con lui sarebbe stata molto vantaggiosa per gli ebrei. Nello stesso tempo lo tenevano al corrente dei piani e dei movimenti di Neemia. In questo modo l'opera di Dio era esposta agli attacchi dei nemici ed era così possibile fraintendere le parole e le azioni di Neemia per ostacolarne l'opera. PR 334 3 Quando i poveri e gli oppressi si erano rivolti a Neemia perché facesse loro giustizia egli aveva preso coraggiosamente le loro difese ed era riuscito a cancellare il disonore che li opprimeva. Ma l'autorità di cui si era servito per aiutare i suoi concittadini non l'aveva utilizzata in suo favore. I suoi nobili gesti erano stati ripagati con l'ingratitudine e il tradimento, ma egli non esercitò il suo potere per punire gli altri. Con calma e disinteresse continuò a lavorare per il suo popolo senza mai trascurare il suo impegno. PR 334 4 Gli attacchi di Satana sono stati sempre diretti contro coloro che cercano di far progredire l'opera di Dio e il suo regno. Sebbene spesso frustrato, il nostro nemico non ha smesso di rinnovare i suoi attacchi con sempre nuovo vigore, usando mezzi fino ad allora sconosciuti. Ciò che bisogna temere maggiormente è il lavoro che compie segretamente tramite coloro che si dichiarano sostenitori dell'opera di Dio. L'aperta opposizione, anche se è aspra e crudele, è meno pericolosa per l'opera del Maestro dell'odio dissimulato di chi dichiara di servirlo, e che è in realtà un seguace di Satana. Essi favoriscono l'opera di coloro che utilizzano le loro conoscenze per ostacolare l'opera di Dio. PR 335 1 Il principe del male può escogitare tutti gli stratagemmi possibili per spingere i collaboratori di Dio ad allearsi con i suoi agenti. Tramite sollecitazioni continue cercherà di distoglierli dal loro dovere, ma come Neemia essi dovrebbero rispondere con decisione: "Sono ancora troppo impegnato e non posso muovermi". PR 335 2 I collaboratori del Signore devono continuare a svolgere il loro compito senza preoccuparsi d'altro, impegnandosi a confutare le menzogne del nemico che tenta di ostacolarli. Come i riparatori delle mura di Gerusalemme, non devono lasciarsi distrarre nella loro opera da minacce, inganni o falsi rapporti e neanche lasciarsi andare un solo istante perché i nemici sono in agguato. Preghino il Signore e mettano "...contro di loro delle sentinelle giorno e notte" per difendersi dai loro attacchi. Neemia 4:9 (Luzzi). PR 335 3 Nella misura in cui si avvicina il tempo della fine le tentazioni di Satana saranno dirette soprattutto contro i collaboratori di Dio. Egli ricorrerà ad agenti umani per schernire e insultare coloro che "riparano le brecce". Ma se i costruttori scendessero per affrontare gli attacchi del nemico, il lavoro subirebbe un ritardo. Essi quindi devono sforzarsi di smascherare i complotti degli avversari senza per questo lasciarsi distrarre dal loro lavoro. La verità è più forte dell'errore e la giustizia trionferà sulla malvagità. PR 335 4 I collaboratori di Dio non permetteranno che i loro nemici conquistino la loro amicizia e la loro simpatia tanto da essere distolti dal loro dovere. Colui che, tramite qualche imprudenza, espone l'opera di Dio al biasimo o indebolisce l'efficacia dei suoi collaboratori, si macchia di un errore non facilmente riparabile e mette in discussione la possibilità di essere utile alla sua opera in futuro. PR 335 5 "Chi trascura la Legge loda il malvagio; chi osserva la legge lo combatte". Proverbi 28:4. Come fece Neemia bisogna diffidare ed evitare quegli uomini che perseguono le stesse finalità della società corrotta pur invocando una grande purezza d'intenti nell'unirsi a coloro che hanno sempre combattuto la verità. Tutto ciò è ispirato dal nemico del bene. Oggi come un tempo dobbiamo insorgere contro le tesi degli opportunisti. Tutti coloro che mirano a scuotere la fede del popolo di Dio siano energicamente ostacolati. PR 335 6 Neemia non cadde preda del nemico grazie alla sua costante dedizione per l'opera di Dio e alla sua salda fiducia in lui. La persona indolente è facile preda della tentazione, ma colui che persegue un nobile scopo, un grande ideale, non si lascerà sconfiggere dal male. La fede di colui che progredisce costantemente non si indebolisce perché ovunque distingue l'amore infinito che fa convergere tutte le cose verso la realizzazione del piano divino. I veri collaboratori di Dio agiscono con una convinzione che non conosce tentennamenti perché i loro sguardi sono sempre rivolti al trono della grazia. PR 336 1 Dio promette la sua assistenza ogni volta che le risorse umane si indeboliscono. Egli offre il suo Santo Spirito per aiutarci in ogni difficoltà, per rafforzare la nostra speranza e la nostra sicurezza, per illuminare le nostre menti e purificare i nostri cuori. Egli suscita nuove opportunità e nuovi sbocchi ai suoi servitori per il compimento del loro dovere. Se il suo popolo seguisse le sue indicazioni e fosse pronto a collaborare con lui otterrebbe grandi risultati. ------------------------Capitolo 56: Lettura solenne della legge di Dio PR 337 1 Era il periodo della festa delle Trombe e molti membri del popolo erano riuniti a Gerusalemme. Lo scenario era desolante. Le mura della città erano state ricostruite, le porte ripristinate, ma gran parte della città era ancora in rovina. PR 337 2 Su una pedana di legno eretta in una delle vie più larghe e circondata dalle vestigia della passata gloria di Giuda, c'era Esdra, ormai in età avanzata. Accanto a lui vi erano i leviti. Da questo palco si poteva scorgere una grande folla. Gli israeliti erano accorsi dall'intero paese circostante. "Esdra lodò il Signore, il grande Dio, e tutti alzarono le mani e risposero: "Amen, Amen!" Si inchinarono fino a terra per adorare il Signore". Neemia 8:6. PR 337 3 Eppure anche in quella folla si potevano constatare le prove del peccato d'Israele. In seguito ai matrimoni contratti con cittadini di altre nazioni la lingua ebraica risultava alterata ed era quindi necessario spiegare la legge nella lingua del popolo in modo che tutti la potessero capire. Cfr. Neemia 8:8. "La gente sentì quel che la legge richiedeva..." (Neemia 8:9), tutti ascoltavano con rispetto le parole dell'Altissimo. Durante la lettura essi si convinsero della loro colpa e piansero per le loro trasgressoni. Ma quel giorno era un giorno di festa, una santa convocazione alla quale partecipare con gioia e letizia; per questo furono invitati a frenare la loro tristezza e a rallegrarsi per la grande misericordia di Dio nei loro confronti. Neemia disse: "Questo è un giorno santo, è il giorno del Signore vostro Dio, non dovete essere tristi e piangere". Neemia 8:9. Esdra aggiunse: "Dovete far festa, preparare un pranzo con buone carni e buon vino e mandate una porzione a chi non ne ha. Oggi è un giorno consacrato al Signore. Non dovete essere tristi, perché la gioia che viene dal Signore vi darà forza". Neemia 8:10. PR 337 4 La prima parte della giornata fu consacrata ai servizi religiosi e il popolo trascorse il resto del tempo a esprimere la propria gratitudine per le benedizioni ricevute e a goderne i frutti condividendoli con i poveri che non avevano potuto preparare nulla. Erano tutti felici perché le parole della legge erano state lette e comprese. PR 337 5 Il giorno seguente trascorse nello stesso modo e al momento stabilito, il decimo giorno del settimo mese, furono celebrati solennemente i riti del giorno delle Espiazioni, secondo le indicazioni date da Dio. Fra il quinto e il ventiduesimo giorno di questo mese, il popolo e i capi giudei celebrarono la festa delle Capanne. Neemia 8:15-18. PR 338 1 Ascoltando, ogni giorno, la lettura della legge, il popolo si convinse delle sue trasgressioni e di quelle delle generazioni precedenti. Essi capirono che allontanandosi da Dio i discendenti di Abramo avevano rinunciato alla sua protezione ed erano stati dispersi in terre lontane; decisero quindi di fare appello alla sua misericordia e impegnarsi a osservare i suoi comandamenti. Prima di celebrare questo rito solenne, il secondo giorno dopo la festa delle Capanne, presero la decisione di separarsi dai pagani che si trovavano fra loro. PR 338 2 Quando s'inchinarono davanti al Signore, confessando i propri peccati e invocando il perdono, i capi li incoraggiarono a credere in Dio che, secondo la sua promessa, esaudisce le preghiere. Essi non dovevano solo addolorarsi, piangere e pentirsi ma anche credere che Dio li perdonava. Dovevano esprimere la loro fede raccontando le benedizioni di cui erano stati l'oggetto e lodandolo per la sua grande bontà. Cfr. Neemia 8:5, 6ss. PR 338 3 Cessato il canto di lode, i capi raccontarono la storia d'Israele: quanto grande era stata la bontà di Dio nei loro confronti e quanto grande l'ingratitudine del popolo. Allora tutto il popolo si impegnò a osservare i comandamenti di Dio. Essi erano stati puniti per i loro peccati e ora riconoscevano la giustizia del comportamento di Dio nei loro confronti e si impegnavano a ubbidire alla sua legge. Affinché questo patto restasse valido nel tempo e venisse conservato come ricordo dell'impegno preso, fu scritto e firmato dai sacerdoti, dai leviti e dai prìncipi. Esso doveva rappresentare un ricordo e una barriera contro la tentazione. Il popolo fece "...questo giuramento sotto pena di maledizione: "Seguiremo la legge che Dio ci ha dato per mezzo di Mosè suo servitore, la rispetteremo e metteremo in pratica tutti i comandamenti, le leggi e le prescrizioni del Signore nostro Dio"". Neemia 10:30. Inoltre gli israeliti promisero di non contrarre matrimoni con gli abitanti del paese. PR 338 4 Prima della conclusione di questa giornata di digiuno l'assemblea manifestò il desiderio di ritrovare la comunione con il Signore e si impegnò a non profanare più il sabato. Neemia in quella circostanza non intervenne, come fece più tardi, per impedire ai commercianti stranieri di entrare a Gerusalemme; ma per evitare al popolo la tentazione, fece promettere loro con un impegno solenne di non acquistare nulla da questi venditori durante il sabato. Sperava che questo avrebbe scoraggiato i mercanti e posto fine al loro traffico. PR 339 1 Si pensò anche a come sostenere il culto pubblico. Oltre alla decima, l'assemblea si impegnò a contribuire annualmente con una determinata somma di denaro al servizio del santuario. "Ogni anno offriremo al tempio i primi prodotti dei campi e i primi frutti delle piante. Presenteremo ai sacerdoti, che prestano servizio nel tempio del nostro Dio, i nostri primogeniti e anche i primi nati del nostro bestiame, delle nostre vacche e delle nostre pecore, come prescrive la legge". Neemia 10:36, 37. PR 339 2 Israele aveva ristabilito il suo legame con Dio manifestando una profonda tristezza per il fatto di essersi allontanato da lui. Aveva confessato piangendo i suoi peccati. Aveva riconosciuto la giustizia del comportamento dell'Eterno e aveva promesso di ubbidire alla sua legge. Ora doveva manifestare la sua fede nelle promesse divine. Dio aveva accettato il suo pentimento, ora poteva rallegrarsi nella certezza del perdono dei suoi peccati e per il fatto che si era ristabilito il suo legame con Dio. PR 339 3 I tentativi fatti da Neemia per ripristinare il culto del vero Dio erano stati coronati da successo. Nella misura in cui il popolo sarebbe rimasto fedele e avesse ubbidito alla Parola di Dio, il Signore avrebbe mantenuto la sua promessa di colmarlo delle sue ricche benedizioni. PR 339 4 Gli insegnamenti che si possono trarre da questo racconto dovrebbero servire a tutti coloro che sono convinti dei propri errori e sono oppressi da un senso di indegnità. La Bibbia presenta fedelmente le conseguenze dell'apostasia di Israele, però descrive anche la profonda umiliazione e il pentimento, la sincera devozione e il generoso sacrificio che manifestò quando ristabilì il suo legame con il Signore. PR 339 5 Ogni vero pentimento provoca nella vita una gioia duratura. Quando un peccatore risponde positivamente all'influsso dello Spirito Santo, si rende conto quanto la propria colpa e la propria malvagità siano in contrasto con la santità di colui che parla al cuore degli uomini. Sa di essere condannato come trasgressore, ma non deve per questo cedere alla disperazione perché il perdono gli è stato garantito e può rallegrarsi dell'amore di un Padre celeste che è disposto a perdonare. Per Dio è un privilegio circondare con le tenere attenzioni del suo amore gli esseri umani pentiti dei loro errori, fasciare le loro ferite, lavare le loro piaghe e rivestirli con gli abiti della salvezza. ------------------------Capitolo 57: Un'opera di riforma PR 340 1 Il popolo di Giuda si era solennemente e pubblicamente impegnato a ubbidire alla legge di Dio. Però, quando per un certo tempo Esdra e Neemia non esercitarono più il loro influsso, molti si allontanarono dal Signore. Neemia era ritornato in Persia. Durante la sua assenza si erano verificati dei fatti che avevano creato i presupposti per una nuova ondata di corruzione dilagante nella nazione. Gli idolatri non solo si erano stabiliti a Gerusalemme ma con la loro presenza avevano contaminato gli stessi recinti del tempio. Avendo sposato una straniera, il sommo sacerdote Eliasib era diventato parente di Tobia, che era il più accanito nemico di Israele. In seguito a questa unione Eliasib aveva permesso a Tobia di occupare un appartamento confinante col tempio che fino ad allora era stato usato come magazzino per le decime e le offerte del popolo. PR 340 2 Tramite Mosè, Dio aveva dichiarato agli ammoniti e ai moabiti che si erano rivelati crudeli e perfidi nei confronti d'Israele: "...non saranno ammessi nell'assemblea dei fedeli". Deuteronomio 23:4. Sfidando questo divieto, il sommo sacerdote aveva tolto le offerte depositate nella stanza della casa di Dio per far posto a questo rappresentante di una razza condannata dal Signore. Nel concedere tanto onore a questo nemico di Dio e della verità non si poteva manifestare maggior disprezzo nei confronti dell'Eterno. PR 340 3 Quando ritornò dalla Persia, Neemia venne a sapere di questa audace profanazione e provvide subito a cacciare l'intruso. Egli dichiara: "Disapprovai questo fatto e fui così contrariato che feci buttar fuori da quella stanza tutta la roba di Tobia e purificare il locale. Vi depositai di nuovo gli oggetti sacri del tempio, le offerte e l'incenso". Neemia 13:7, 8. PR 340 4 Non solo era stato profanato il tempio ma le offerte erano state utilizzate male. Questo episodio aveva contribuito a scoraggiare la generosità del popolo che aveva perduto zelo, fervore ed era riluttante a restituire le decime. Le entrate del tesoro della casa dell'Eterno scarseggiavano e molti cantori e altri impiegati nei servizi del tempio, non ricevendo sostentamento, avevano lasciato l'opera di Dio per lavorare altrove. Neemia si mise subito all'opera per eliminare questi abusi. Riunì quelli che avevano abbandonato il servizio del tempio e "li rimisi nelle loro funzioni". Questo ispirò fiducia e così tutto Giuda ricominciò"... a portare nei magazzini del tempio la decima parte dei raccolti di grano, vino nuovo e olio". Uomini "ritenuti persone oneste" furono nominati sorveglianti dei magazzini. Furono incaricati "...di distribuire le offerte agli altri leviti e sacerdoti". Neemia 13:12. PR 341 1 Un altro risultato del rapporto con gli idolatri fu l'inosservanza del sabato, il segno che distingueva gli israeliti dalle altre nazioni come adoratori del vero Dio. Neemia si accorse che i mercanti e i trafficanti provenienti dalle nazioni circostanti venivano a Gerusalemme e costringevano gli israeliti a commerciare di sabato. Alcuni rimasero fedeli ai loro princìpi, ma altri li trascurarono e si unirono ai pagani che cercavano di vincere gli scrupoli dei più coscienziosi. Molti di loro profanarono apertamente il sabato. Cfr. Neemia 13:15. PR 341 2 Questa situazione avrebbe potuto essere evitata se i capi avessero esercitato la loro autorità, ma il desiderio di curare i propri interessi li aveva portati a favorire gli idolatri. Neemia li rimproverò coraggiosamente per avere trascurato il proprio dovere. "Vi rendete conto del male che fate? Voi non rispettate il carattere sacro del sabato. Anche i vostri padri hanno agito così, ma Dio ha fatto venire su di noi e la nostra città tutti i mali che ben ricordate. Se non rispettate il sabato voi attirate castighi sugli Israeliti". Quindi diede ordine "di chiudere le porte di Gerusalemme al tramonto prima del sabato e di non riaprirle fino alla sera successiva". Neemia 13:17-19. E siccome Neemia aveva più fiducia nei suoi collaboratori che in coloro che erano stati scelti dai capi del popolo, li mise vicino alle porte per assicurarsi che i suoi ordini venissero rispettati. PR 341 3 Non essendo disposti a rinunciare ai loro affari "Per uno o due sabati alcuni mercanti, con le loro merci di ogni genere, passarono la notte fuori della città" (Neemia 13:20) sperando di avere l'opportunità di commerciare o con gli abitanti della città o con la gente dei dintorni. Neemia li avvertì che sarebbero stati puniti se avessero continuato a farlo. "Se passate ancora la notte sotto le mura della città, vi farò arrestare. Da allora, di sabato, non vennero più mercanti". Neemia 13:21. Egli inoltre incaricò i leviti di sorvegliare le porte; sapeva infatti che essi incutevano maggior rispetto della gente comune perché per la responsabilità che avevano nel gestire i servizi del santuario si pensava sarebbero stati più zelanti nell'imporre l'ubbidienza alla legge di Dio. PR 341 4 Poi Neemia si preoccupò del problema relativo ai matrimoni e ai legami con i pagani che era diffuso in tutta la nazione. Egli scrive: "In quel periodo venni anche a sapere che alcuni avevano sposato donne ammonite, moabite e della città di Asdod. Metà dei loro figli parlava la lingua di Asdod, altri usavano lingue di popoli diversi, ma nessuno sapeva la nostra". Neemia 13:23. Queste unioni illegittime avevano provocato un certo disagio in Israele poiché alcuni di coloro che le avevano contratte occupavano posizioni di rilievo. Erano capi che il popolo considerava consiglieri ed esempi. Prevedendo le conseguenze che ne sarebbero risultate per la nazione, Neemia rimproverò con forza coloro che avevano sbagliato. Ricordò loro il caso di Salomone, che non era stato uguagliato da nessun altro re in quanto a gloria, aveva ricevuto da Dio una grande saggezza, ma le mogli pagane lo avevano allontanato dall'Eterno e il suo esempio aveva portato Israele alla corruzione. Cfr. Neemia 13:25, 27. PR 342 1 Facendo loro conoscere gli ordini e gli avvertimenti di Dio e i castighi che in passato avevano colpito Israele, le loro coscienze furono risvegliate ed ebbe così inizio un'opera di riforma che placò l'ira di Dio suscitando invece la sua approvazione e la sua benedizione. PR 342 2 Alcuni che esercitavano funzioni sacre intercedettero in favore delle loro mogli pagane, non volendosi separare da loro. Ma non venne fatta nessuna distinzione: non si tenne conto né del rango né della posizione. Chiunque, fra i sacerdoti o i capi, non volle rinunciare ai suoi legami con gli idolatri fu immediatamente escluso dal servizio del Signore. Un nipote del sommo sacerdote, che aveva sposato una figlia del noto Sanballat, non solo fu rimosso dal suo incarico ma anche prontamente bandito da Israele. PR 342 3 Com'era angosciato il fedele servitore di Dio quando fu costretto ad agire con tanta severità! Solo il giorno del giudizio lo rivelerà. Fu costretto a combattere costantemente contro i suoi avversari e fu solo grazie al digiuno, all'umiliazione e alla preghiera che l'opera del Signore progredì. PR 342 4 Molte persone sposate con degli idolatri scelsero di seguirli nell'esilio e insieme a coloro che erano stati espulsi dal popolo si unirono ai Samaritani che, ansiosi di rafforzare questa alleanza, promisero di adottare pienamente la fede e le usanze degli ebrei. Gli apostati, a loro volta, per competere con i loro ex-fratelli, costruirono un tempio sul monte Gherizim, opponendolo al santuario di Gerusalemme. La loro religione continuò a essere un misto di giudaesimo e di paganesimo. La loro pretesa di essere il popolo di Dio fu fonte di scisma e di inimicizia fra le due nazioni per varie generazioni. PR 342 5 Oggi per attuare un'opera di riforma sono necessari uomini che, come Esdra e Neemia, non considerino il peccato con leggerezza né lo scusino, uomini che non abbiano paura di vendicare l'onore che spetta a Dio. Coloro che si assumeranno questa responsabilità non scuseranno il male, né cercheranno di ricoprirlo con un amore apparente. Sapranno che Dio non fa distinzioni fra le persone e che la severità testimoniata nei confronti di qualcuno è la prova della misericordia per molti. Sapranno anche che lo Spirito di Dio si manifesterà sempre in coloro che denunciano il peccato. PR 343 1 Nel compiere la loro opera Esdra e Neemia si umiliarono davanti a Dio confessando i loro peccati e quelli del popolo, invocando il perdono come se i responsabili fossero stati loro stessi. Lavorarono, pregarono, soffrirono pazientemente. Il maggiore ostacolo non fu l'aperta ostilità dei pagani, ma la segreta opposizione dei cosiddetti fratelli che mettendosi al servizio del male, rendevano dieci volte più pesante il compito dei collaboratori di Dio. Questi traditori fornivano ai nemici dell'opera di Dio gli spunti che essi poi sfruttavano nella loro lotta contro il popolo eletto. PR 343 2 Il successo che coronò gli sforzi di Neemia dimostra quanto siano importanti la preghiera, la fede e la capacità di agire con saggezza e con forza. Neemia non era né un sacerdote né un profeta; non pretese mai nessun titolo. Egli era un riformatore chiamato da Dio in quel momento così delicato. Il suo scopo era quello di condurre il popolo all'ubbidienza della volontà divina. Ispirato da questo ideale così elevato si impegnò con tutto se stesso per la sua realizzazione. PR 343 3 Quando si trovò a dover affrontare il male e le opposizioni, assunse un atteggiamento così deciso che il popolo fu spinto a impegnarsi con rinnovato zelo e con coraggio. Gli israeliti non poterono fare a meno di riconoscerne la lealtà, il patriottismo e il profondo amore per Dio. Il suo atteggiamento suscitò nel popolo il desiderio di seguirlo nella via che indicava loro. PR 343 4 L'entusiasmo nel servizio di Dio è una parte importante della vera religione. Bisognerebbe cogliere le circostanze favorevoli per operare secondo la volontà del Signore. La rapidità e la decisione, al momento opportuno, assicurano il successo mentre l'indugio e la negligenza portano al fallimento e disonorano Dio. Se coloro che sono responsabili dell'opera di Dio non manifestano nessuno zelo, se si mostrano indifferenti e indecisi, la chiesa sarà fredda, addormentata e amante dei piaceri, ma se i suoi responsabili sono motivati dal desiderio di servire il Signore e lui soltanto, allora i fedeli saranno uniti, pieni di speranze e di entusiasmo. PR 343 5 La Parola di Dio è ricca di stridenti ed eloquenti contrasti. Il peccato e la santità sono affiancati affinché considerandoli possiamo evitare il primo e ricercare l'altra. Le pagine che descrivono l'odio, la falsità e il tradimento di Sanballat e di Tobia descrivono anche la nobiltà, la devozione e l'abnegazione di Esdra e di Neemia. Dipende da noi la scelta di imitare liberamente i primi o i secondi. I terribili risultati della trasgressione dei comandamenti di Dio sono messi in contrasto con le benedizioni derivanti dall'ubbidienza. Sta a noi decidere se vogliamo soffrire o essere benedetti. L'opera di restaurazione e di riforma intrapresa dagli esiliati ritornati in Israele, guidati da Zorobabele, Esdra e Neemia, ci offre il quadro del risveglio spirituale che si verifì cherà alla fine dei tempi. Il piccolo gruppo era debole e rappresentava una preda per i suoi nemici, ma Dio se ne servì affinché la terra continuasse a essere in contatto con il cielo. Era il custode del vero culto, il depositario degli oracoli sacri. Quante vicissitudini ha dovuto affrontare durante la ricostruzione del tempio e delle mura di Gerusalemme! Quali pesanti fardelli hanno dovuto portare gli organizzatori di questi lavori! Ma questi uomini continuavano a impegnarsi con una fiducia incrollabile, umiliandosi e appoggiandosi con sicurezza al Signore, persuasi che la verità avrebbe trionfato. Come il re Ezechia, Neemia "fu sempre fedele al Signore, non si allontanò da lui e mise in pratica i comandamenti...". 2 Re 18:6. PR 344 1 Il rinnovamento spirituale realizzato ai giorni di Neemia è un esempio sottolineato dalle parole del profeta Isaia: "Ricostruiranno le antiche rovine, rialzeranno le case abbattute, riedificheranno le città rimaste devastate per tanto tempo". Isaia 61:4. "Allora rialzerai le vecchie rovine, le ricostruirai sulle fondamenta abbandonate da tanto tempo. Sarai conosciuto come "Il popolo che ripara le spaccature delle mura e ricostruisce la città per riabilitarla"". Isaia 58:12. PR 344 2 Il profeta parla di un popolo che, in un'epoca di totale abbandono della verità e della giustizia, si impegnerà per restaurare i princìpi che sono alla base del regno di Dio. Essi sono i riparatori di una breccia aperta nella legge di Dio, quel muro che egli ha posto intorno ai suoi eletti per proteggerli. L'ubbidienza a questi princìpi di giustizia, di verità e di purezza deve costituire la loro continua salvaguardia. Con parole estremamente chiare il profeta indica l'opera specifica del popolo di Dio negli ultimi tempi: "Se rinunzi a lavorare di sabato, il mio santo giorno; se lo consideri come un giorno di gioia da rispettare perché è consacrato a me; se l'onori rinunziando a metterti in cammino e a fare contratti, allora troverai la tua gioia in me, il Signore. Ti porterò in trionfo ovunque, anche sui monti. Ti godrai la terra che io ho dato in possesso a Giacobbe, il tuo antenato. Io, il Signore, lo prometto". Isaia 58:13, 14. PR 344 3 Nei tempi della fine ogni istituzione divina deve essere restaurata. La breccia nella legge, provocata dal cambiamento da parte dell'uomo nell'osservanza del sabato, deve essere riparata. Il popolo di Dio degli ultimi tempi, presentandosi al mondo come un riformatore, mostrerà che la legge di Dio è il fondamento di ogni riforma duratura e che il sabato del quarto comandamento può essere presentato come memoriale della creazione e come punto di riferimento costante per sottolineare la potenza di Dio. In termini chiari e precisi, esso deve presentare la necessità di ubbidire a tutti i precetti del Decalogo. Costretti dall'amore di Cristo, i credenti sono chiamati a collaborare con lui nel riedificare le antiche rovine. Essi devono essere i riparatori delle brecce, coloro che ricostruiscono la città per renderla abitabile. ------------------------Capitolo 58: La venuta di un liberatore PR 346 1 Nel corso dei lunghi secoli di "terrore e oscurità terrificante" e di "angoscia" (Isaia 8:22) che hanno caratterizzato la storia dell'umanità dal giorno in cui i nostri progenitori furono cacciati dal giardino dell'Eden fino al tempo in cui il Figlio di Dio apparve per salvare i peccatori, la speranza dell'umanità decaduta si è concentrata sulla venuta di un liberatore. Egli avrebbe liberato uomini e donne dalla schiavitù del peccato e della morte. PR 346 2 Il primo annuncio di questa speranza fu dato ad Adamo ed Eva nella sentenza pronunciata contro il serpente in Eden quando il Signore dichiarò a Satana: "Metterò inimicizia fra te e la donna, fra la tua e la sua discendenza. Questa discendenza ti colpirà al capo e tu la colpirai al calcagno". Genesi 3:15. PR 346 3 Quando i due colpevoli udirono queste parole, un barlume di speranza si accese in loro perché nella profezia relativa alla distruzione del potere di Satana vedevano una promessa di liberazione. Essi potevano sfuggire alla rovina provocata dalla loro trasgressione. Nonostante avessero dovuto soffrire a causa del potere del nemico di cui avevano subito l'influsso e avessero violato il comandamento di Dio, Adamo ed Eva non dovevano cadere in preda alla disperazione. Il Figlio di Dio avrebbe offerto il suo sangue per sottrarli alle conseguenze della loro colpa. Venne loro concesso un periodo di prova durante il quale sarebbero potuti diventare nuovamente figli di Dio mediante la fede nella potenza salvifica di Cristo. PR 346 4 Grazie al successo conseguito, dopo aver allontanato l'uomo dalla via dell'ubbidienza, Satana diventò "il dio di questo mondo". 2 Corinzi 4:4. Il dominio che aveva detenuto Adamo passò all'usurpatore. Il Figlio di Dio sarebbe dovuto venire su questa terra per riscattare l'uomo dal peccato e quindi non solo per redimerlo, ma anche per recuperare il dominio perduto. PR 346 5 Questa speranza della redenzione mediante la venuta del Figlio di Dio come Salvatore e Re non si è mai spenta nel cuore degli uomini. Fin dalle origini del mondo alcuni hanno dimostrato una fede che superando le ombre del presente ha raggiunto le realtà del futuro. Tramite Adamo, Set, Enoc, Matusalemme, Noè, Sem, Abramo, Isacco e Giacobbe, e altri suoi fedeli seguaci, il Signore ha trasmesso le preziose rivelazioni della sua volontà. Nello stesso modo il Signore fece conoscere ai figli d'Israele il popolo eletto tramite il quale doveva essere trasmessa al mondo la promessa del Messia, le esigenze della sua legge e la certezza della salvezza che si sarebbe realizzata mediante il sacrificio espiatorio di suo Figlio. PR 347 1 La speranza d'Israele si era concretizzata nella promessa fatta in occasione della chiamata di Abramo e quindi ripetutamente rinnovata alla sua progenie: "...Per mezzo tuo io benedirò tutti i popoli della terra". Genesi 12:3. Quando il piano di Dio relativo alla redenzione dell'uomo fu rivelato ad Abramo, il Sole di giustizia brillò nel suo cuore. Quando infine il Salvatore stesso venne e parlò ai figli degli uomini, diede agli ebrei la testimonianza della meravigliosa speranza di liberazione ottenuta tramite la venuta del Redentore: "Abramo, vostro padre, si rallegrò nella speranza di vedere il mio giorno" dichiarò Cristo. Giovanni 8:56. PR 347 2 Questa stessa beata speranza fu enunciata nella benedizione pronunciata dal patriarca Giacobbe in punto di morte su suo figlio Giuda: "Giuda: i tuoi fratelli canteranno le tue lodi! Obbligherai i tuoi nemici a piegar la schiena. Anche i tuoi fratelli si inchineranno dinanzi a te... Lo scettro rimarrà nella casa di Giuda, il bastone di comando non le sarà mai tolto finché verrà colui al quale appartiene: a lui saranno sottoposti tutti i popoli". Genesi 49:8-10. PR 347 3 La venuta del Redentore fu nuovamente predetta all'ingresso della terra promessa, nella profezia pronunciata da Balaam: "Vedo quel che accadrà, ma non in questi giorni; scorgo un avvenimento, ma avverrà più tardi: ecco, compare un astro tra i discendenti di Giacobbe, sorge un sovrano in mezzo al popolo d'Israele: con lo scettro colpisce alla tempia i Moabiti, spacca il cranio a tutti i discendenti di Set". Numeri 24:17. PR 347 4 Il piano di Dio di inviare suo Figlio come Redentore dell'umanità decaduta fu riproposto a Israele tramite Mosè. In una certa occasione, poco prima della sua morte, Mosè dichiarò: "Il Signore, vostro Dio, farà sorgere un profeta come me, e sarà uno del vostro popolo. A lui dovrete dare ascolto". Deuteronomio 18:15. Egli aveva ricevuto delle precise istruzioni per il popolo d'Israele a proposito dell'opera che avrebbe dovuto compiere il Messia promesso. Cfr. Deuteronomio 18:16-18. PR 347 5 All'epoca dei patriarchi i sacrifici di espiazione erano destinati a ricordare costantemente la venuta di un Salvatore. La stessa cosa si era verificata con il rituale dei servizi del santuario nel corso della storia di Israele. Tramite il tabernacolo prima e il tempio dopo, venivano insegnate al popolo ogni giorno, per mezzo di tipi e di ombre, le grandi verità relative all'avvento di Cristo come Redentore, Sacerdote e Re. Una volta all'anno venivano ricordati agli israeliti gli eventi conclusivi del grande conflitto fra Cristo e Satana, la purificazione finale dell'universo liberato finalmente dalla presenza del peccato e dei peccatori. PR 348 1 I sacrifici e le offerte del rituale mosaico si riferivano a un servizio migliore, quello celeste. Il santuario terrestre era "una figura per il tempo presente" nel quale venivano offerti doni e sacrifici. Il luogo santo e quello santissimo erano una raffigurazione del santuario del cielo, perché Cristo, il nostro grande Sommo Sacerdote, è oggi "...entrato in una tenda più grande e perfetta non costruita dagli uomini e non di questo mondo". Ebrei 9:11. PR 348 2 Fin dal giorno in cui il Signore, in Eden, disse al serpente: "Metterò inimicizia fra te e la donna, fra la tua e la sua discendenza", Satana ha saputo che non avrebbe mai potuto esercitare un dominio assoluto sugli abitanti di questo mondo. Quando Adamo e i suoi figli cominciarono a offrire i sacrifici cerimoniali ordinati da Dio, come tipi del futuro Redentore, Satana vide in essi un simbolo della comunione fra il cielo e la terra. Durante i lunghi secoli che seguirono ha cercato costantemente di interrompere questa comunione. Si è accanito continuamente per mettere Dio sotto una falsa luce e per alterare il valore dei riti che annunciavano la venuta del Salvatore e ha trionfato sulla maggior parte dei membri della famiglia umana. PR 348 3 Mentre il Signore insegnava agli uomini che grazie al suo amore possiamo essere riconciliati con lui, il grande nemico dell'umanità ha cercato di presentare Dio come un essere che si compiace della distruzione degli esseri umani. Così il significato dei sacrifici e delle disposizioni destinati a rivelare l'amore divino è stato falsato. Erano diventati dei sistemi tramite i quali si cercava semplicemente di placare l'ira di un Dio offeso. PR 348 4 Satana ha anche cercato di risvegliare e moltiplicare le passioni degli uomini affinché, mediante ripetute trasgressioni, intere folle fossero trascinate sempre più lontano da Dio e trattenute senza speranza nei ceppi del peccato. PR 348 5 Quando la volontà di Dio fu rivelata tramite i profeti, Satana studiò accuratamente i messaggi che parlavano del Messia. Con cura notò le parole che sottolineavano con inconfondibile chiarezza l'opera di Cristo fra gli uomini come vittima espiatoria e come re trionfante. Nei rotoli dell'Antico Testamento, vide che il Messia sarebbe apparso come "un agnello condotto al macello", il suo viso "era sfigurato e il suo volto non aveva più nulla di umano". Il Salvatore dell'umanità sarebbe stato "...rifiutato e disprezzato; come un uomo pieno di sofferenze e di dolore..." come se "...Dio lo avesse castigato, percosso e umiliato". Isaia 53:7; 52:14; 53:2-4. Eppure questo Salvatore doveva esercitare il suo potere per difendere i diritti dei poveri, salvare i bisognosi e schiacciare i violenti. Cfr. Salmi 72:4. Queste profezie intimorirono Satana e lo fecero tremare, però egli non rinunciò al suo proposito di ostacolare e, se possibile, di impedire i piani di Dio per la redenzione dell'umanità perduta. Decise di offuscare la mente degli uomini sul vero significato delle profezie messianiche per prepararli a rifiutare Cristo quando sarebbe venuto. PR 349 1 Nel corso dei secoli che precedettero immediatamente il diluvio, Satana era riuscito a far regnare sulla terra uno spirito di ribellione nei confronti di Dio. Le terribili lezioni del diluvio non erano rimaste impresse a lungo nel ricordo degli uomini. Tramite abili insinuazioni Satana li aveva spinti a poco a poco verso una vera e propria ribellione. Sembrava stesse per trionfare, ma il piano di Dio in favore dei peccatori non fu abbandonato. Tramite la progenie del fedele Abramo e la discendenza di Sem, la conoscenza dei piani dell'Eterno doveva essere conservata in vista delle generazioni future. Di tanto in tanto Dio scelse dei messaggeri della verità per richiamare l'attenzione degli uomini sul significato delle cerimonie propiziatorie e, in modo particolare, sulle promesse dell'Eterno relative all'avvento di colui che rappresentava il fulcro di tutte le cerimonie mosaiche. Il mondo fu così preservato da un'apostasia universale. PR 349 2 Il piano di Dio fu adempiuto suscitando però una forte opposizione. Il nemico della verità e della giustizia fece tutto il possibile per far dimenticare ai discendenti di Abramo la nobile e sacra missione che dovevano adempiere e si sforzò di trascinarli verso il culto di falsi dei. I tentativi dell'avversario furono coronati dal successo. Nei secoli che precedettero il primo avvento di Cristo, le tenebre coprirono la terra. Satana gettava la sua ombra infernale sulla vita degli uomini per impedire loro di giungere alla conoscenza di Dio e dell'eternità. Folle intere erano in attesa della morte. Solo se Dio fosse stato finalmente rivelato avrebbero potuto avere ancora una speranza. PR 349 3 In una visione profetica Davide, l'unto di Dio, aveva predetto che la venuta di Cristo sarebbe stata "...come il sole che spunta al mattino, brilla nel cielo senza nubi". 2 Samuele 23:4. Il profeta Osea aveva dichiarato: "...la sua venuta è certa come l'aurora...". Osea 6:3. Essa appare silenziosamente e lentamente; dissipa le tenebre e risveglia l'universo alla vita. Il Sole di giustizia si alzerà nello stesso modo e "...la guarigione sarà nelle sue ali". Malachia 4:2 (Luzzi). La folla che viveva nelle "...tenebre ha visto una gran luce...". Isaia 9:2. PR 349 4 Il profeta Isaia, contemplando rapito questa gloriosa liberazione, esclamò: "È nato un bambino per noi! Ci è stato dato un figlio! Gli è stato messo sulle spalle il segno del potere regale. Sarà chiamato: "Consigliere sapiente, Dio forte, Padre per sempre, Principe della pace". Diventerà sempre più potente, e assicurerà una pace continua. Governerà come successore di Davide. Il suo potere si fonderà sul diritto e sulla giustizia per sempre. Così ha deciso il Signore dell'universo nel suo ardente amore, e così sarà". Isaia 9:5, 6. PR 350 1 Negli ultimi secoli della storia d'Israele, prima della venuta di Cristo, questa profezia annunciava chiaramente la venuta del Messia. Cfr. Isaia 49:6; 40:5. È di questa luce degli uomini che Giovanni Battista testimoniò coraggiosamente quando dichiarò: "...Io sono la voce di uno che grida nel deserto: spianate la strada per il Signore. Così ha detto il profeta Isaia". Giovanni 1:22. PR 350 2 Riguardo a Cristo fu fatta questa promessa profetica: "...ti ho formato e protetto, perché per mezzo tuo voglio fare un'alleanza con tutti i popoli...". Isaia 49:8; cfr. 49:9, 10. PR 350 3 Coloro che nel popolo ebraico erano rimasti fedeli rafforzarono la loro fede. Discendenti di quella stirpe che aveva preservato la conoscenza di Dio, si appoggiavano a questi passi delle Scritture e ad altri simili. Con quale gioia leggevano le parole che indicavano come il Signore avrebbe unto colui che doveva portare "...una buona novella agli umili... fasciare quelli che hanno lo spirito contrito... proclamare la libertà a quelli che sono in cattività... proclamare l'anno di grazia dell'Eterno...". Isaia 61:1, 2. PR 350 4 Però i loro cuori erano colmi di tristezza pensando alle sofferenze che il Messia avrebbe dovuto sopportare per adempiere il piano divino. Umiliati, essi si soffermavano sulle parole del profeta: "Chi di noi ha creduto alla notizia che abbiamo ricevuto? Chi di noi vi ha visto la mano di Dio? Davanti al Signore infatti il suo servo è cresciuto come una pianticella, come una radice in terra arida. Non aveva né dignità né bellezza, per attirare gli sguardi. Non aveva prestanza, per richiamare l'attenzione. Noi l'abbiamo rifiutato e disprezzato; come un uomo pieno di sofferenze e di dolore. Come uno che fa ribrezzo a guardarlo, che non vale niente, e non lo abbiamo tenuto in considerazione. Eppure egli ha preso su di sé le nostre malattie, si è caricato delle nostre sofferenze, e noi pensavamo che Dio lo avesse castigato, percosso e umiliato. Invece egli è stato ferito per le nostre colpe, è stato schiacciato per i nostri peccati. Egli è stato punito, e noi siamo stati salvati. Egli è stato percosso, e noi siamo guariti. Noi tutti eravamo come pecore smarrite, ognuno seguiva la sua strada. Ma il Signore ha fatto pesare su di lui le colpe di tutti noi. Egli si è lasciato maltrattare, senza opporsi e senza aprir bocca, docile come un agnello condotto al macello, muto come una pecora davanti ai tosatori... È stato sepolto con i criminali, si è trovato con i ricchi nella tomba. Eppure non aveva commesso alcun delitto, non aveva ingannato nessuno". Isaia 53:1-9. PR 351 1 Tramite il profeta Zaccaria, parlando delle sofferenze del Salvatore, Dio dichiarò: "Spada colpisci il pastore, mio compagno!...". Zaccaria 13:7. PR 351 2 Il Cristo doveva subire la giustizia divina, prendere il posto del peccatore e riscattarlo. Era necessario che comprendesse il significato della giustizia celeste e ciò che significa per l'uomo comparire davanti a Dio senza intercessore. PR 351 3 Per mezzo del salmista il Redentore aveva profetizzato di se stesso: "L'oltraggio mi ha spezzato il cuore e mi sento venir meno. Attendevo conforto, ma invano, un po' di pietà, e non l'ho trovata. Nel mio cibo hanno messo veleno, avevo sete, mi hanno offerto aceto". Salmi 69:21, 22. E del trattamento che avrebbe ricevuto, profetizzò: "Una banda di malvagi mi circonda, mi accerchiano come un branco di cani, mi hanno legato mani e piedi. Sono ridotto a pelle e ossa: mi stanno a guardare soddisfatti. Già si dividono i miei vestiti e la mia tunica tirano a sorte". Salmi 22:17-19. PR 351 4 Queste descrizioni dell'amara sofferenza del Messia e della sua morte crudele, per quanto tristi, erano ricche di promesse. Il Signore "...ha voluto castigarlo e lo ha fatto soffrire. Lui, suo servo, ha dato la vita, come un sacrificio per gli altri... Dopo tante sofferenze, egli, il mio servo, vedrà la luce e sarà soddisfatto di quel che ha compiuto. Infatti renderà giusti davanti a me un gran numero di uomini, perché si è addossato i loro peccati. Perciò lo pongo tra i grandi, e parteciperà alla gloria dei potenti. Perché si è consegnato alla morte e si è lasciato mettere tra i malfattori. Ha preso su di sé le colpe di tutti gli altri ed è intervenuto a favore dei peccatori". Isaia 53:10, 12. PR 351 5 Fu il suo amore per i trasgressori a indurre Cristo a pagare il prezzo della redenzione. Cfr. Isaia 59:16; 42:1. PR 351 6 Nella sua vita non vi era posto per l'arroganza. L'omaggio che il mondo tributa alla posizione, alla ricchezza e al talento lasciava indifferente il Figlio di Dio. Egli non avrebbe impiegato nessun mezzo umano per rimanere fedele o per imporsi. La sua totale rinuncia è stata così predetta: "Egli non griderà né alzerà la voce, non farà grandi discorsi nelle piazze. Se una canna è incrinata, non la spezzerà, se una fiamma è debole, non la spegnerà". Isaia 42:2, 3. PR 351 7 La condotta del Salvatore fra gli uomini fu in netto contrasto con quella dei maestri del suo tempo. Nella sua vita non vi furono mai accese contestazioni, ostentazione negli atti di culto, gesti che miravano a ottenere onori terreni. Il Messia era "nascosto in Dio" e Dio si rivelò nel carattere di suo Figlio. Senza la conoscenza di Dio l'umanità si sarebbe persa per sempre. Senza l'aiuto divino, uomini e donne sarebbero sprofondati sempre più in basso. La vita e la forza sono trasmesse da colui che ha fatto il mondo. In nessun altro modo possono essere soddisfatte le necessità degli uomini. PR 352 1 La parola profetica afferma ancora: "Non perderà né la speranza né il coraggio, finché non avrà stabilito la mia legge sulla terra...". Isaia 42:4; cfr. 42:21. Egli non era venuto per sminuire l'importanza di questa legge ma per esaltarla. Il Salvatore avrebbe anche liberato i comandamenti divini da quei pesanti obblighi imposti dagli uomini, obblighi che avevano condotto molti credenti a scoraggiarsi mentre si sforzavano di offrire al Signore un servizio accettabile. PR 352 2 Riferendosi alla missione del Salvatore, la parola dell'Eterno affermava: "Io, il Signore, ti ho chiamato e ti ho dato il potere di portare giustizia sulla terra. Io ti ho formato e per mezzo tuo farò un'alleanza con tutti i popoli e porterò la luce alle nazioni. Aprirai gli occhi ai ciechi, metterai in libertà i prigionieri, e tutti quelli che si trovano in un'oscura prigione. Sono il Signore, questo è il mio nome. Non cederò ad altri la mia gloria, né agli idoli l'onore che mi è dovuto. Quel che avevo predetto è già accaduto; ora annunzio cose nuove. Prima che accadano ve le faccio conoscere". Isaia 42:6-9. PR 352 3 Tramite la posterità promessa il Dio d'Israele avrebbe liberato Sion: "Spunterà un nuovo germoglio: nascerà nella famiglia di lesse, dalle sue radici, germoglierà dal suo tronco". "Ebbene il Signore vi darà lui stesso un segno. Avverrà che la giovane incinta darà alla luce un figlio e lo chiamerà Emmanuele (Dio con noi). Egli si nutrirà di panna e di miele finché non sarà in grado di distinguere il bene dal male". Isaia 11:1; 7:14, 15; cfr. 11:2-5, 10. "...L'uomo chiamato "Germoglio" fiorirà dove si trova e ricostruirà il tempio del Signore. Lo ricostruirà, e per questo avrà gloria e onore. Dal suo trono governerà il popolo". Zaccaria 6:12, 13. PR 352 4 Una fonte doveva essere aperta "...per eliminare i peccati e ogni idolatria" (Zaccaria 13:1) e gli uomini avrebbero udito il meraviglioso invito: "Chiunque ha sete, venga a bere! Anche chi è senza soldi, venga a mangiare. Tutto è gratuito: c'è vino e latte e non si paga. Perché spendere i soldi per un cibo che non sazia? Perché date tutto quel che avete per qualcosa che non soddisfa? Datemi retta e mangerete bene, vi sazierete di cibi deliziosi. Datemi retta e venite a me! Ascoltatemi e vivrete. Mi impegno per sempre a garantirvi tutti i benefici che ho promesso a Davide". Isaia 55:1-3. PR 352 5 A Israele fu fatta la promessa: "Io l'ho fatto diventare re, signore tra i popoli e testimone della mia potenza. E ora anche tu, Israele, chiamerai popoli a te sconosciuti, e verranno a te popolazioni che non ti conoscevano...". Isaia 55:4, 5. PR 353 1 Nel corso del suo ministero il Messia, con la parola e con l'azione, doveva rivelare all'umanità la gloria di Dio Padre. Ognuno dei suoi atti, delle sue parole, dei suoi miracoli dovevano far conoscere all'umanità perduta l'amore infinito di Dio. Cfr. Isaia 40:9, 11; 29:18, 19, 24. PR 353 2 Così, per mezzo dei patriarchi e dei profeti come pure mediante tipi e simboli, Dio parlò al mondo della venuta di un Liberatore. Una lunga serie di profezie ispirate segnalavano la venuta del "Desiderato di tutte le genti". Aggeo 2:7 (Ricciotti). Perfino il luogo della sua nascita e il momento della sua venuta furono specificati molto accuratamente. PR 353 3 Il figlio di Davide nascerà nella città di Davide. Da Betlemme, disse il profeta, "...uscirà colui che deve guidare il popolo d'Israele a nome mio. Le sue origini risalgono ai tempi più antichi". Michea 5:1; cfr. Matteo 2:6. PR 353 4 Il tempo della prima venuta e di alcuni fra i principali eventi relativi all'opera svolta dal Salvatore furono resi noti dall'angelo Gabriele a Daniele. L'angelo disse al profeta: "Per il tuo popolo e per la città santa è stato fissato un tempo di settanta periodi di sette anni. Questo tempo è necessario perché termini la disubbidienza, cessino le colpe e i peccati siano perdonati, la giustizia eterna si manifesti, le visioni e le profezie si realizzino e il Luogo Santissimo sia di nuovo consacrato". Daniele 9:24. Nella profezia, un giorno sta per un anno. Cfr. Numeri 14:34; Ezechiele 4:6. Le settanta settimane o 490 giorni, rappresentano 490 anni. Riguardo al punto di partenza di questo periodo sta scritto: "...dal momento in cui è stato pronunziato il messaggio che riguarda il ritorno dall'esilio e la ricostruzione di Gerusalemme fino all'apparizione di un condottiero consacrato devono passare sette periodi di sette anni e sessantadue periodi di sette anni" (Daniele 9:25), quindi sessantanove settimane pari a 483 anni. L'ordine di riedificare Gerusalemme, completato dal decreto di Artaserse Longimano (cfr. Esdra 6:14; 7:1, 6) divenne operante nell'autunno del 457 a.C. Partendo da questa data, i 483 anni ci portano all'autunno del 27 d.C. Secondo la profezia, in questo periodo si sarebbe presentato l'Unto. Infatti, nell'anno 27, Gesù, al suo battesimo, ricevette l'unzione dello Spirito Santo e poco dopo iniziò il suo ministero. Allora fu proclamato il messaggio: "Il tempo della salvezza è venuto". Marco 1:15. PR 353 5 L'angelo disse ancora a Daniele: "Durante l'ultimo periodo questo condottiero confermerà un patto per un gran numero di persone". Per sette anni, a partire dall'inizio del ministero del Salvatore, l'evangelo doveva essere predicato principalmente agli ebrei; per tre anni e mezzo dallo stesso Cristo e dopo dagli apostoli. "E a metà della settimana, farà cessare anche i sacrifici e le offerte". Daniele 9:26. Nella primavera dell'anno 31 della nostra era, Cristo, il vero sacrificio, venne offerto sul Calvario. In quella circostanza la cortina del tempio si squarciò in due da cima a fondo, in questo modo la santità e il significato del servizio propiziatorio umano avevano perso la loro importanza, ormai i sacrifici terreni e le relative offerte cessavano di essere presentati. PR 354 1 L'ultima settimana -- sette anni -- finì nel 34. Con la lapidazione di Stefano gli ebrei suggellarono il loro rifiuto del messaggio del Vangelo. I discepoli, sparpagliati in seguito alla persecuzione, "...si dispersero nelle regioni della Giudea e della Samaria". Atti 8:4. Poco dopo Saulo il persecutore fu convertito e diventò Paolo, l'apostolo dei gentili. PR 354 2 Le numerose profezie relative alla prima venuta del Salvatore avevano spinto gli ebrei a vivere in un clima di costante attesa. "Nella fede morirono tutti questi uomini, senza ricevere i beni che Dio aveva promesso: li avevano visti e salutati solo da lontano. Essi hanno dichiarato di essere su questa terra come stranieri, in esilio". Ebrei 11:13. Fin dai giorni di Enoc le promesse ripetute dai patriarchi e dai profeti hanno mantenuto viva la speranza dell'apparizione del Salvatore promesso. PR 354 3 Inizialmente Dio non aveva rivelato il momento esatto del primo avvento, e anche quando fu reso noto dalla profezia di Daniele, non tutti seppero dare al suo messaggio la giusta interpretazione. Trascorsero vari secoli e alla fine le voci dei profeti si spensero. La mano dell'oppressore gravava su Israele. Nella misura in cui gli ebrei si allontanavano da Dio, la fede diminuiva e la speranza cessava di illuminare il futuro. Le parole del profeta erano incomprensibili a molti e chi continuava ad avere una fede profonda era giunto a esclamare: "Passano i giorni e non si avvera nessuna visione". Ezechiele 12:22. Però nel consiglio celeste l'ora della venuta di Cristo era stata stabilita e così "Dio quando fu giunto il tempo stabilito mandò suo Figlio... per liberare quelli che erano sotto la legge e farci diventare figli di Dio". Galati 4:4, 5. PR 354 4 Dobbiamo trasmettere all'umanità dei messaggi in un linguaggio umano. Il messaggero del patto parlerà: la sua voce si sentirà nel suo tempio. L'autore della verità separerà la verità dalle parole ingannatrici dell'uomo che l'hanno privata della sua efficacia. I princìpi del governo divino e il piano della salvezza devono essere definiti chiaramente. È necessario che gli uomini conoscano bene le lezioni dell'Antico Testamento. PR 354 5 Quando alla fine il Salvatore apparve, "diventò come un servo" (Filippesi 2:7) e cominciò il suo ministero: Satana gli poté solo ferire il calcagno, mentre l'umiliazione e le sofferenze di Cristo gli schiacciavano la testa. L'angoscia provocata dal peccato opprimeva colui che era senza peccato. Mentre subiva l'opposizione dei peccatori, Cristo pagava il debito per l'uomo e spezzava i legami del peccato che vincolavano l'umanità. Ogni tormento, ogni insulto, tutto ha contribuito alla liberazione degli uomini. PR 355 1 Se Satana fosse riuscito a indurre Cristo a cedere anche a una sola tentazione, se avesse potuto spingerlo a compiere un atto o ad avere un pensiero che potesse contaminare la sua perfetta purezza, il principe delle tenebre avrebbe trionfato sul Garante dell'uomo e sarebbe riuscito a dominare l'intera umanità. Mentre Satana fu in grado di scoraggiarlo non ebbe però successo nel tentativo di corromperlo; riuscì a provocarne l'agonia ma non la corruzione. Egli rese la vita di Cristo un lungo percorso di lotte e di prove. Tuttavia in ognuno di questi attacchi perdeva il suo potere sull'umanità. PR 355 2 Nel deserto della tentazione, nel giardino del Getsemani e sulla croce il nostro Salvatore affrontò il principe delle tenebre. Le sue ferite divennero il trofeo della sua vittoria in favore del genere umano. Quando agonizzava sulla croce e i demoni esultavano, Gesù fu effettivamente ferito al calcagno da Satana, ma in quello stesso istante schiacciò il capo del serpente. Cristo con la sua morte "...ha potuto distruggere il demonio, che ha il potere della morte". Ebrei 2:14. Questo atto decise il destino del ribelle e assicurò per sempre il successo del piano della salvezza. Gesù tramite la sua morte riportò la vittoria; risuscitando spalancò le porte della tomba a tutti i suoi seguaci. In quell'ultimo grande conflitto fu adempiuta la profezia: "Questa discendenza ti colpirà al capo e tu la colpirai al calcagno". Genesi 3:15. PR 355 3 "Miei cari, ora siamo figli di Dio; quel che saremo ancora non si vede. Ma quando Gesù ritornerà, saremo simili a lui, perché lo vedremo come è realmente". 1 Giovanni 3:2. Il nostro Redentore ha permesso anche al peggiore essere umano, al più miserabile, al più oppresso e disprezzato di accedere al Padre. PR 355 4 "Signore, tu sei il mio Dio, voglio lodarti ed esaltarti. Fedele ai progetti che avevi pensato da tempo, tu hai fatto cose meravigliose". Isaia 25:1. ------------------------Capitolo 59: "La casa d'Israele" PR 356 1 Nel proclamare le verità del Vangelo eterno a ogni nazione, tribù, lingua e popolo, la chiesa di Dio oggi adempie l'antica profezia: "In futuro il popolo d'Israele, metterà radici, fiorirà e germoglierà come un albero. Con i suoi frutti riempirà tutta la terra". Isaia 27:6. PR 356 2 I discepoli di Gesù, in collaborazione con gli esseri celesti, stanno rapidamente raggiungendo anche le regioni più desolate della terra e come risultato dei loro sforzi ci saranno tantissime conversioni. Oggi, come mai prima, la proclamazione delle verità bibliche da parte di una chiesa fedele assicura ai figli degli uomini le benedizioni promesse secoli fa ad Abramo e alla sua discendenza. Il Signore aveva dichiarato al patriarca: "...Ti benedirò. Sarai fonte di benedizione". Genesi 12:2. PR 356 3 Questa promessa divina doveva realizzarsi pienamente nel corso dei secoli successivi al ritorno degli ebrei in Palestina. Il piano di Dio prevedeva che tutta la terra fosse pronta per la prima venuta del Cristo, così come oggi dovrebbe essere pronta per la sua seconda venuta. PR 356 4 Alla fine dell'umiliante esilio, Dio rassicurò il popolo tramite Zaccaria, con queste parole: "...tornerò a Gerusalemme, ed essa sarà chiamata "Città fedele"; abiterò di nuovo a Sion, e il monte del Signore dell'universo sarà chiamato "Montagna santa"". Del suo popolo Dio disse: "...io sarò il suo Dio, con fedeltà e giustizia". Zaccaria 8:3, 8. PR 356 5 Queste promesse erano condizionate dall'ubbidienza. I peccati che avevano caratterizzato gli israeliti prima della cattività non dovevano ripetersi. Cfr. Zaccaria 7:9, 10; 8:16. PR 356 6 Ricche ricompense temporali e spirituali erano promesse a coloro che avrebbero messo in pratica questi princìpi di giustizia. Il Signore, infatti, aveva detto: "Diffonderò la pace, nelle vigne crescerà l'uva, la terra darà i suoi frutti, il cielo regalerà la pioggia. Darò tutto questo ai sopravvissuti del mio popolo. Gente di Giuda e d'Israele, le nazioni ti hanno considerata un popolo maledetto. Ma ora io ti salvo e sarai un popolo benedetto...". Zaccaria 8:12, 13. PR 356 7 La deportazione babilonese aveva fatto sparire fra gli israeliti il culto degli idoli. Dopo il ritorno essi attribuirono molta importanza allo studio della legge e dei profeti. La restaurazione del tempio li mise in grado di svolgere pienamente i servizi rituali del santuario. Sotto la guida di Zorobabele, di Esdra e di Neemia promisero ripetutamente di osservare tutti i comandamenti e gli ordini dell'Eterno. I successivi periodi di prosperità dimostrarono pienamente che Dio aveva accettato e perdonato i suoi figli; ma nella loro miopia si allontanarono ripetutamente dal loro glorioso destino e si appropriarono egoisticamente di quei benefici che avrebbero garantito guarigione e benessere spirituale a tanti altri popoli. PR 357 1 Il fatto che gli israeliti non avessero adempiuto il piano divino apparve chiaramente al tempo di Malachia. I messaggeri del Signore rimproveravano con severità i peccati che privavano Israele della prosperità temporale e della potenza spirituale. Censurando i trasgressori il profeta non risparmiò né i sacerdoti né il popolo; la "Parola del Signore" rivolta a Israele per mezzo di Malachia affermava che le lezioni del passato non dovevano essere dimenticate e che il patto fatto da Dio con la casa d'Israele doveva essere mantenuto con fedeltà. Solo mediante un sincero pentimento potevano realizzarsi le benedizioni di Dio. Il profeta raccomandò: "Ed ora provate a supplicare me, il vostro Dio, perché abbia pietà di voi!" Malachia 1:9. PR 357 2 Il piano di Dio riguardante la redenzione dell'umanità non avrebbe potuto essere annullato a causa dell'infedeltà d'Israele. Coloro a cui si rivolgeva il profeta potevano anche non ascoltare il suo messaggio ma l'adempimento del piano divino non ne sarebbe stato in alcun modo turbato. PR 357 3 Il Signore proponeva di rinnovare il patto di "vita e pace" che Dio aveva concluso con i figli di Levi, patto che se fosse stato osservato avrebbe assicurato grandi benedizioni a coloro che un tempo erano stati i capi spirituali ma che, in seguito alla trasgressione, erano diventati "spregevoli ed erano stati umiliati davanti a tutto il popolo". Malachia 2:5, 9. PR 357 4 I trasgressori furono avvertiti solennemente del giorno del giudizio e dell'intenzione dell'Eterno di punire ogni peccatore. Nessuno, però, fu lasciato senza speranza. Le profezie di Malachia relative al giudizio furono accompagnate dall'invito di riconciliarsi con Dio che li sollecitava: "Ritornate a me e io ritornerò a voi". Malachia 3:7. PR 357 5 Oguno dovrebbe rispondere a tale invito. Il Dio del cielo esorta quei figli che si sono allontanati a ritornare a lui, a collaborare con lui per sviluppare la sua opera sulla terra. Egli tende la mano per afferrare quella d'Israele e aiutarlo a seguire lo stretto sentiero della rinuncia e del sacrificio per condividere con lui l'eredità dei figli di Dio. PR 357 6 Come è triste la storia che risale ai tempi di Malachia che ci presenta gli israeliti vittime del loro orgoglio e che non sanno più dimostrare una tenera ubbidienza e una sincera collaborazione. Cercano di difendersi rispondendo: "Come possiamo ritornare a te?" PR 358 1 Il Signore rivela allora al suo popolo uno dei suoi peccati e chiede: "È giusto frodare Iddio? Eppure voi mi frodate!" Ma non convinti dei loro peccati i trasgressori domandano: in che cosa ti abbiamo frodato? La risposta del Signore è esplicita: "Nel versamento della decima parte dei vostri beni e nelle vostre offerte. Siete stati colpiti da una grande maledizione perché voi, tutto il popolo, mi frodate. Se portate invece tutta la decima parte dei vostri beni al mio tempio, perché ci sia sempre del cibo di riserva, certamente aprirò le porte del cielo e riverserò su di voi abbondanti benedizioni. Ve lo prometto io, il Signore dell'universo. Mettetemi pure alla prova in questo. Io non permetterò agli insetti di distruggere i vostri raccolti e di rendere improduttive le vostre vigne. Ve lo prometto. Tutte le nazioni straniere riconosceranno che siete felici, perché si vivrà bene nella vostra terra". Malachia 3:7-12. PR 358 2 Dio benedice il lavoro degli uomini ma desidera che essi gli restituiscano ciò che gli spetta. Egli dà loro il sole e la pioggia, la salute e la possibilità di procurarsi il necessario per il loro sostentamento. Ogni benedizione scaturisce dalla sua generosità ed egli desidera che uomini e donne manifestino la loro gratitudine restituendogli decime e offerte: offerte di ringraziamento, offerte volontarie, offerte per il peccato. PR 358 3 Essi devono mettere le loro risorse al suo servizio affinché la sua opera progredisca. È necessario che si chiedano ciò che Gesù farebbe al loro posto e gli sottopongano tutte le loro difficoltà. Dimostreranno così la loro generosità nel partecipare allo sviluppo dell'opera di Dio che si realizza su tutta la terra. PR 358 4 Tramite messaggi come quello di Malachia -- l'ultimo dei profeti dell'Antico Testamento -- e anche a causa dell'oppressione dei nemici pagani, gli israeliti finirono con l'imparare che la vera prosperità dipende dall'ubbidienza alla legge di Dio. Però l'ubbidienza di molti non era motivata dalla fede e dall'amore ma da un'ambizione egoistica: il conseguimento della supremazia nazionale. Il popolo eletto, invece di diventare la luce del mondo, si rinchiuse in se stesso, separandosi dal resto dell'umanità per evitare le seduzioni dell'idolatria. Le restrizioni imposte da Dio riguardo ai matrimoni o a qualsiasi rapporto con i pagani furono esasperate a tal punto che si venne a creare un muro di separazione fra gli israeliti e le altre nazioni. In questo modo non trasmisero ad altri le grandi benedizioni che Israele, su incarico di Dio, avrebbe dovuto trasmettere al mondo. PR 358 5 Gli ebrei si stavano separando da Dio anche a causa dei loro peccati. Erano incapaci di comprendere il profondo significato spirituale dei loro rituali simbolici. Nella loro presunzione confidavano nelle loro opere, nei sacrifici, nelle leggi invece di appoggiarsi sui meriti di colui che prefiguravano tutte queste cerimonie. Così "...cercando di stabilir la loro propria... giustizia" (Romani 10:3, Luzzi) essi si chiusero in un presuntuoso formalismo. Privi dello Spirito e della grazia di Dio essi cercarono di compensare la loro miseria spirituale tramite una rigorosa osservanza del cerimoniale e dei riti religiosi. Non soddisfatti delle leggi che il Signore aveva stabilito, appesantirono i comandamenti con una lunga serie di cavilli inventati da loro. Più si allontanavano da Dio, più si mostravano rigorosi nell'osservanza di queste forme. PR 359 1 A causa di tutte queste minuziose e pesanti imposizioni il popolo era praticamente incapace di osservare la legge. I grandi princìpi di giustizia espressi dal Decalogo e le gloriose verità del servizio simbolico furono oscurate e sepolte da un gran numero di tradizioni umane. Coloro che desideravano realmente servire il Signore e si sforzavano di osservare tutta la legge, così come veniva intesa dai sacerdoti e dai capi, erano oppressi da un pesante fardello. PR 359 2 In quanto nazione, il popolo d'Israele, pur desiderando la venuta del Messia, era talmente lontano da Dio sia col cuore sia con la mente, da non poter avere una chiara visione del carattere o della missione del Redentore promesso. Anziché aspirare alla santità e abbandonare il peccato, gli israeliti pensavano soltanto a liberarsi dai loro nemici e a riconquistare la loro autonomia. Essi aspettavano un Messia conquistatore che avrebbe spezzato ogni giogo e innalzato Israele fino a fargli avere il dominio su tutte le nazioni. In questo modo Satana era riuscito a predisporre i cuori del popolo a respingere il Salvatore quando sarebbe apparso. L'orgoglio degli israeliti e il loro concetto falsato del carattere e della missione del Cristo impediva loro di riconoscere le evidenti caratteristiche della sua messianicità. PR 359 3 Il popolo ebraico aveva atteso per più di mille anni la venuta del Salvatore promesso. Le sue più grandi speranze si erano concentrate su questi avvenimenti. Per più di mille anni aveva esaltato il nome del Messia nel canto e nella profezia, nei riti del tempio e nella preghiera di famiglia; eppure quando venne, non lo riconobbero come il Messia lungamente atteso. "È venuto nel mondo che è suo ma i suoi non lo hanno accolto". Giovanni 1:11. Per i loro cuori legati al mondo l'Amato del Cielo fu "come una radice in terra arida". Agli occhi loro "Non aveva dignità né bellezza, per attirare gli sguardi. Non aveva prestanza per richiamare l'attenzione". Isaia 53:2. Tutta la vita di Gesù di Nazaret in seno al popolo ebraico rappresentò un rimprovero al suo egoismo che gli impediva di riconoscere le legittime esigenze del padrone della vigna nella quale egli lo aveva posto come vignaiolo. Gli ebrei odiarono il suo esempio di coerenza e di santità e quando finalmente giunse la prova che implicava ubbidienza in vista della vita eterna o disubbidienza per la morte eterna, essi rigettarono il Santo d'Israele e si resero responsabili della sua morte sulla croce del Calvario. PR 360 1 Nella parabola della vigna, Cristo, verso la fine del suo ministero terreno, richiamò l'attenzione degli anziani e dei sacerdoti d'Israele sulle ricche benedizioni riversate su Israele e sul legittimo diritto di Dio alla loro ubbidienza. Espose chiaramente il glorioso piano divino che avrebbero potuto realizzare se fossero stati fedeli. Sollevando il velo che nasconde il futuro, il Salvatore mostrò loro che se questo piano fosse fallito tutta la nazione avrebbe perso le benedizioni divine provocando la sua rovina. PR 360 2 Cristo disse: "C'era un proprietario che piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio dell'uva e costruì una torretta di guardia; poi affittò la vigna ad alcuni contadini e andò lontano". Matteo 21:33. Il Salvatore si riferiva alla "vigna dell'Eterno degli Eserciti" che, secoli prima, il profeta Isaia aveva dichiarato essere "Israele". Isaia 5:7. "Quando fu vicino il tempo della vendemmia Cristo continuò -- mandò dai contadini i suoi servi per ritirare il suo raccolto. Ma quei contadini presero i suoi servi e, uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo colpirono con le pietre. Il padrone mandò di nuovo altri servi più numerosi dei primi, ma quei contadini li trattarono allo stesso modo. Alla fine mandò suo figlio, pensando: Avranno rispetto di mio figlio. Ma i contadini, vedendo il figlio, dissero tra loro: "Ecco, costui sarà un giorno il padrone della vigna. Coraggio, uccidiamolo e l'eredità l'avremo noi!" Così lo presero, lo gettarono fuori della vigna e lo uccisero". Matteo 21:34-39. PR 360 3 Dopo aver così descritto davanti ai sacerdoti l'atto supremo della loro malvagità Cristo rivolse loro la domanda: "Quando verrà il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?" I sacerdoti avevano seguito il racconto con molto interesse senza accorgersi della relazione fra questo racconto e la loro situazione. Si unirono alla folla per rispondere: "Ucciderà senza pietà quegli uomini malvagi e darà in affitto la vigna ad altri contadini che, alla stagione giusta, gli consegneranno i frutti". Matteo 21:40, 41. PR 360 4 Inconsapevolmente avevano pronunciato la loro condanna. Gesù li osservò e il suo sguardo acuto leggeva i segreti dei loro cuori. La sua divinità si rivelò davanti a loro con inconfondibile potenza. Essi videro nei vignaioli un quadro di loro stessi e involontariamente esclamarono: "Dio non voglia!" Con tono solenne, velato di rimpianto, Cristo domandò: "Non avete mai letto quel che dice la Bibbia? La pietra che i costruttori hanno rifiutato è diventata la pietra più importante. Questo è opera del Signore ed è una meraviglia per i nostri occhi. Per questo vi assicuro che il regno di Dio sarà tolto a voi e sarà dato a gente che farà crescere i suoi frutti. E se qualcuno cadrà su questa pietra si sfracellerà, e colui sul quale essa cadrà sarà schiacciato". Matteo 21:42-44. PR 361 1 Se gli israeliti avessero accolto il Signore, egli avrebbe risparmiato loro il castigo. Ma l'invidia e la gelosia li resero implacabili e decisero di non accettare Gesù di Nazaret come Messia. Essi avevano rifiutato la luce del mondo e quindi erano circondati dalle tenebre, più spesse di quelle della notte. Il castigo predetto si abbatté su di loro. Le loro passioni violente e sfrenate li portarono alla rovina. Nel suo cieco furore il popolo giunse all'autodistruzione. PR 361 2 Il loro orgoglio inflessibile e ribelle attirò su di loro l'ira dei conquistatori romani. Gerusalemme fu distrutta, il tempio raso al suolo e il luogo dove sorgeva arato come un campo. I figli di Giuda subirono morti orribili. Milioni di ebrei furono venduti come schiavi nelle terre dei pagani. PR 361 3 Quello che Dio si proponeva di fare per il mondo tramite Israele, la nazione eletta, lo compirà tramite la sua chiesa. Darà la sua vigna ad altri vignaioli, a coloro che rispetteranno il suo patto e che presenteranno il prodotto della vigna in occasione del raccolto. Il Signore non è mai stato senza rappresentanti che abbiano curato i suoi interessi su questa terra. Questi testimoni di Dio fanno parte dell'Israele spirituale e grazie a loro si adempiranno tutte le promesse del patto concluso fra il Signore e il suo popolo. PR 361 4 Oggi la chiesa di Dio può liberamente adempiere il piano divino per la salvezza di un mondo perduto. Per molti secoli il popolo di Dio ha subito restrizioni alla sua libertà. La predicazione del messaggio del Vangelo nella sua purezza era proibita; le pene più severe colpivano coloro che osavano contravvenire alle leggi degli uomini. Per questo motivo la vigna del Signore fu quasi completamente abbandonata. I figli di Dio erano stati privati della luce del messaggio del Vangelo, l'errore e la superstizione minacciavano di cancellare la conoscenza della vera religione. Durante questo lungo periodo di persecuzioni la chiesa fu esiliata come i figli di Israele in Babilonia. PR 361 5 Grazie a Dio però la sua chiesa non è più nella schiavitù. All'Israele spirituale sono stati restituiti i privilegi accordati al popolo di Dio all'epoca della sua liberazione da Babilonia. In ogni parte del mondo, uomini e donne rispondono al messaggio inviato dal Signore, quel messaggio che deve essere proclamato prima della seconda venuta del Salvatore, come annunciava il libro dell'Apocalisse: "Temete Dio e dategli gloria poiché l'ora del suo giudizio è venuta...". Apocalisse 14:7 (Luzzi). PR 361 6 Satana e i suoi angeli non possono più tener prigioniera la chiesa perché: "È caduta la grande Babilonia, quella che aveva fatto bere a tutti i popoli il vino inebriante della sua prostituzione". All'Israele spirituale è inviato il messaggio: "Uscite da Babilonia, popolo mio, per non diventare complici dei suoi peccati; fuggite, per non subire insieme con lei il castigo che la colpisce". Apocalisse 14:8; 18:4. Come gli esuli in cattività udirono il messaggio: "Fuggite lontano da Babilonia" (Geremia 51:6) e fu loro restituita la terra promessa, così coloro che oggi temono Dio prestano ascolto al messaggio che li invita ad allontanarsi dalla Babilonia spirituale. Presto si presenteranno come trofei della grazia divina nella nuova terra, la Canaan celeste. PR 362 1 Con quale solennità il profeta Malachia rispose alla domanda ironica dei malvagi: "Dov'è il Dio che giudica con giustizia?... Chi potrà sopravvivere al giorno in cui egli arriverà? Chi potrà restare in piedi, quando apparirà? Egli sarà come il fuoco che raffina i metalli, come il sapone che lava i vestiti". Malachia 2:17; 3:2, 3. PR 362 2 Ecco il messaggio che proclamava il precursore prima della sua apparizione: "Cambiate vita" pubblicani, peccatori, saduccei e farisei "perché il regno di Dio è ormai vicino". Matteo 3:2. PR 362 3 Oggi i collaboratori di Dio animati dallo spirito e dalla potenza di Elia e di Giovanni Battista attirano l'attenzione di un mondo destinato al giudizio divino sui solenni avvenimenti che si verificheranno ben presto, avvenimenti che precederanno le ultime ore della prova suprema e dell'apparizione di Gesù Cristo il Re dei re e il Signore dei signori. Ben presto ognuno di noi sarà giudicato secondo le sue opere. L'ora del giudizio è vicina ed è compito dei membri della chiesa di Dio avvertire gli uomini che rischiano di perdere la vita eterna. Deve essere chiaramente annunciato a ogni uomo che ci sono dei princìpi in gioco nel gran conflitto che si combatte fra Cristo e Satana, princìpi da cui dipende il destino dell'umanità. PR 362 4 In queste ore finali del tempo di grazia in cui la sorte di ogni essere umano sta per essere decisa per l'eternità, il Signore si aspetta che la sua chiesa si risvegli per impegnarsi al massimo delle sue possibilità. PR 362 5 Coloro che sono stati liberati in Cristo tramite la conoscenza della verità sono considerati dal Signore come suoi eletti, favoriti fra tutti gli altri popoli della terra ed egli conta su di loro per proclamare le lodi di colui che li ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce. Le benedizioni che sono state accordate loro così generosamente devono essere comunicate agli altri. La buona notizia della salvezza deve essere proclamata a ogni nazione, tribù, lingua e popolo. Nelle visioni degli antichi profeti Dio è rappresentato in atto di riversare una luce speciale sulla sua chiesa nei giorni precedenti la sua seconda venuta, caratterizzati dall'oscurità e dall'incredulità. Come Sole di giustizia egli si leverà sulla sua chiesa "...e i suoi raggi porteranno la guarigione". Malachia 4:2. Da ogni sincero discepolo si sprigionerà un influsso vivificante che infonderà coraggio, impegno e benessere. PR 363 1 La venuta di Cristo avverrà nel periodo più oscuro della storia della terra. I giorni di Noè e di Lot si ripeteranno prima del ritorno del Figlio dell'uomo. Le Scritture, riferendosi a quel tempo, dichiarano che Satana opererà con tutta la sua potenza e "Userà ogni genere di inganno maligno...". 2 Tessalonicesi 2:9, 10. La sua azione si manifesta chiaramente nell'ignoranza crescente, negli errori, nelle menzogne e nelle eresie di questi ultimi tempi. Satana non solo cerca di impadronirsi del mondo ma i suoi sofismi attecchiscono nelle chiese che dicono di essere di Gesù Cristo. Si verificherà una tale apostasia paragonabile alle fitte tenebre della mezzanotte. Per il popolo di Dio sarà una notte di prova, pianto e persecuzione per amore della verità. Ma in quella notte di profonda oscurità risplenderà la luce di Dio. PR 363 2 Il Signore fa splendere la luce nelle tenebre. Cfr. 2 Corinzi 4:6. Quando "Il mondo era vuoto e deserto, le tenebre coprivano gli abissi e un vento impetuoso soffiava su tutte le acque. Dio disse: "Vi sia la luce!" E apparve la luce". Così avviene per la notte spirituale: la Parola di Dio ordina che ci sia la luce. Il Signore dice al suo popolo: "Alzati, Gerusalemme, brilla di luce: perché la gloria del Signore risplende su di te e ti illumina. Isaia 60:1. E il profeta continua dicendo: "Le tenebre coprono la terra, l'oscurità avvolge i popoli. Ma su di te risplende la presenza del Signore che ti riempie di luce". Isaia 60:2. Cristo, lo splendore della gloria del Padre, venne nel mondo per esserne la luce. Venne per presentare Dio agli uomini e di lui è scritto: "...che Dio ha consacrato con lo Spirito Santo e con la sua potenza. Egli poi è passato dovunque facendo del bene...". Atti 10:38. Nella sinagoga di Nazaret, Gesù disse: "Il Signore ha mandato il suo Spirito su di me. Egli mi ha scelto per portare il lieto messaggio ai poveri. Mi ha mandato per proclamare la liberazione ai prigionieri e il dono della vista ai ciechi, per liberare gli oppressi, per annunziare il tempo nel quale il Signore sarà favorevole". Luca 4:18, 19. Questa è l'opera che affidò ai discepoli. Cfr. Matteo 5:14, 16; Isaia 58:7, 8. PR 363 3 Così nella notte delle tenebre spirituali la gloria di Dio risplenderà tramite la sua chiesa per rialzare chi è oppresso e dare conforto a coloro che piangono. Attorno a noi si odono i gemiti di dolore del mondo. Ovunque vi sono persone bisognose e disperate. Spetta a noi aiutarle a risollevarsi e a rendere più sopportabili le avversità e le miserie della vita. Solo l'amore di Cristo può rispondere ai bisogni dello spirito. Se egli è in noi, i nostri cuori saranno ricolmi della tenerezza di Dio e zelanti sotto l'impulso di un amore simile a quello di Cristo. Molti oggi non sperano più. Offriamo loro un po' di gioia e di luce! Molti sono scoraggiati. Offriamo loro parole di conforto. Preghiamo per loro. Alcuni hanno bisogno del pane della vita. Leggiamo loro la Parola di Dio. Altri sono malati spiritualmente e nessuna medicina può guarirli. Avviciniamo queste persone a Gesù. PR 364 1 La luce è una benedizione universale che viene diffusa su un mondo ingrato, malvagio e senza ideali. La stessa cosa si verifica per il Sole di giustizia. La terra è immersa nelle tenebre del peccato, della tristezza e della sofferenza; essa deve essere illuminata dalla conoscenza dell'amore di Dio. La luce che scaturisce dal trono celeste non potrebbe escludere nessun gruppo, nessun ceto, nessuna classe. PR 364 2 Il messaggio di speranza e di misericordia deve essere proclamato fino alle estremità della terra. Tutti coloro che desiderano possono godere delle benedizioni della potenza celeste e riconciliarsi con Dio. I pagani non devono più essere vittime dell'ignoranza; l'oscurità sparirà davanti ai raggi splendenti del Sole di giustizia. PR 364 3 Cristo ha fatto il possibile affinché la sua chiesa fosse un corpo trasformato, illuminato dalla luce celeste e rivestito della gloria dell'Emanuele. Egli desidera che ogni cristiano viva in un'atmosfera spirituale di luce e di pace. Egli desidera che le nostre vite rivelino la sua gioia. PR 364 4 Il profeta Isaia afferma: "Alzati, Gerusalemme, brilla di luce: perché la gloria del Signore risplende su di te e ti illuminerà". Isaia 60:1. Cristo sta per venire con potenza e gran gloria. Verrà con la propria gloria e con quella del Padre, accompagnato da un corteo di santi angeli. Mentre tutto il mondo è immerso nelle tenebre, la luce brilla nelle case dei santi. Essi percepiranno i primi bagliori della sua seconda venuta. Una luce eclatante diffonderà la gloria celeste e il Cristo, il Redentore, riempirà di ammirazione tutti coloro che avranno collaborato con lui. Mentre i malvagi fuggiranno, i discepoli del Salvatore manifesteranno la loro gioia. PR 364 5 I redenti riceveranno allora l'eredità promessa. Il piano di Dio per Israele si adempirà letteralmente. L'uomo non può annullare i progetti divini. Nonostante l'opera di Satana, i piani di Dio si realizzeranno sicuramente. Tutto ciò è accaduto per la casa d'Israele durante le alterne vicende della monarchia e si verificherà anche per l'Israele spirituale. PR 364 6 Il veggente di Patmos, percorrendo con lo sguardo il corso dei secoli, vide la restaurazione d'Israele nella nuova terra: "Dopo vidi ancora una grande folla di persone di ogni nazione, popolo, tribù e lingua, che nessuno riusciva a contare. Stavano di fronte al trono e all'Agnello, vestite di tuniche bianche, e tenendo rami di palma in mano gridavano a gran voce: "La salvezza appartiene al nostro Dio, a lui che siede sul trono, e all'Agnello"...". "Udii allora una voce simile a quella di una folla numerosa, al rombo dell'oceano e allo scoppio del tuono. Diceva: "Alleluia! Il Signore, il nostro Dio, dominatore dell'universo, ha stabilito il suo regno. Rallegriamoci ed esultiamo, diamogli onore e lode..."". "...egli è Signore sopra tutti i signori e Re sopra tutti i re. Quelli che lo accompagnano nella vittoria sono stati chiamati e prescelti e gli sono fedeli". Apocalisse 7:9-12; 19:6, 7; 17:14. ------------------------Capitolo 60: Visioni della gloria futura PR 366 1 Nei momenti più difficili della sua lunga lotta contro il male, la chiesa aveva ricevuto le rivelazioni relative al piano eterno dell'Altissimo. Fra le prove che avrebbe dovuto affrontare su questa terra, poteva intravedere i trionfi futuri, quando alla fine di questa lotta i redenti sarebbero entrati in possesso della terra promessa. La scena della gloria futura, dipinta dalla mano di Dio, oggi dovrebbe essere particolarmente cara alla chiesa perché si sta rapidamente concludendo questo grande conflitto e le benedizioni dell'Altissimo stanno per realizzarsi. PR 366 2 Sono stati tanti i messaggi di conforto rivolti alla chiesa dai profeti del Vecchio Testamento. Il mandato che Dio aveva affidato a Isaia è ben espresso in questi termini: "Confortate, confortate il mio popolo!" Isaia 40:1. Queste parole erano accompagnate da visioni meravigliose che sono state per i credenti motivo di speranza e di gioia nel corso dei secoli successivi. Disprezzati dagli uomini, perseguitati, abbandonati, i figliuoli di Dio in ogni epoca sono stati però sostenuti dalle sue sicure promesse. Hanno visto per fede il momento in cui il Signore avrebbe adempiuto la promessa fatta alla sua chiesa: "...ti renderò bella per sempre, sarai l'orgoglio e la gioia delle generazioni future". Isaia 60:15. PR 366 3 La chiesa militante è spesso chiamata ad affrontare prove e afflizioni perché solo attraverso un duro conflitto otterrà la vittoria. "Pane di angoscia" e "acqua d'oppressione" sono il comune retaggio di tutti i credenti, ma coloro che riporrano la propria fiducia nell'Onnipotente non saranno sopraffatti. "Discendenti di Giacobbe, popolo d'Israele, il Signore ti ha creato con saggezza e ora ti assicura: "Non temere, io ti ho chiamato per nome e ti ho liberato: tu sei mio! Se tu attraverserai fiumi profondi, io sarò con te: le acque non ti sommergeranno. Se passerai attraverso il fuoco, tu non brucerai: le fiamme non ti consumeranno. Io sono il Signore, il tuo Dio, il Santo d'Israele che ti salva. Darò l'Egitto in cambio della tua libertà, l'Etiopia e Seba al posto tuo. Per me sei molto prezioso, io ti stimo e ti amo, darò uomini e popoli in cambio della tua vita"". Isaia 43:1-4. PR 366 4 Dio perdona, Dio accetta pienamente e liberamente tramite i meriti di Gesù, il nostro Salvatore crocifisso e risorto. Isaia sente il Signore dichiarare ai suoi eletti: "Io invece cancellerò le tue colpe, perché così voglio, e non mi ricorderò più dei tuoi peccati. Andiamo in giudizio. Accusami pure! Porta le tue ragioni per giustificarti!" Isaia 43:25, 26; cfr. 60:16; 25:8; 62:12; 61:3; 52:1, 2; 54:11-17. PR 367 1 Rivestita dell'armatura della giustizia di Cristo, la chiesa si prepara ad affrontare il conflitto finale. "Bella come la luna, splendente come il sole, affascinante come un miraggio" (Cantico dei Cantici 6:10), essa si presenta al mondo intero da conquistatrice e per conquistare. PR 367 2 Il momento più difficile nella lotta della chiesa contro le potenze del male è quello che precede immediatamente il giorno della sua liberazione finale. Ma tutti coloro che confidano in Dio non avranno nulla da temere perché "...la violenza dei tiranni è come una tempesta invernale", Dio sarà per la sua chiesa "un riparo contro la tempesta". Isaia 25:4. PR 367 3 In quel giorno soltanto i giusti otterrano la liberazione promessa. Cfr. Isaia 33:14-16. PR 367 4 A tutti coloro che resteranno fedeli il Signore rivolgerà queste parole: "Entra in casa popolo mio, e chiudi la porta dietro di te. Per un po' di tempo rimani nascosto. Nasconditi fino a quando l'ira di Dio si calmerà. Il Signore scende dalla sua dimora celeste per punire i peccati degli abitanti della terra. I delitti commessi di nascosto saranno svelati e la terra non coprirà più gli uomini massacrati". Isaia 26:20, 21. PR 367 5 I figli di Dio avranno, in visione, un quadro dell'angoscia che proveranno gli uomini che non sono preparati a incontrare il Signore. Cfr. Isaia 24:1-8; Gioele 1:15-18, 12; Geremia 4:19, 20; Isaia 2:17-21; Geremia 4:23-26; 30:7. PR 367 6 Il giorno del giudizio per i nemici di Dio coinciderà con il giorno della liberazione della chiesa. Il profeta dichiara: "Ridate forza alle braccia stanche e alle ginocchia che vacillano. Dite agli scoraggiati: "Siate forti, non abbiate timore! Il vostro Dio viene a liberarvi, viene a punire i vostri nemici"". "Il Signore eliminerà la morte per sempre! Asciugherà le lacrime dal volto di ognuno e libererà il suo popolo dalle umiliazioni che ha sofferto in tutto il mondo. Il Signore ha parlato!" Isaia 35:3, 4; 25:8. PR 367 7 Quando il profeta vede il Signore della gloria scendere dal cielo con tutti i suoi angeli per accogliere la chiesa del rimanente fra le nazioni della terra, sente coloro che sono in attesa unirsi nel grido di esultanza: "Egli è il nostro Dio! Abbiamo riposto in lui la nostra fiducia, ci ha liberati! Egli è il Signore. Abbiamo riposto in lui la nostra fiducia, ora siamo felici e gioiosi perché ci ha salvati!" Isaia 25:9. PR 367 8 Allora si sente la voce del Figlio di Dio che richiama in vita i santi che dormono nella tomba. Quando il profeta li vede uscire dal carcere della morte esclama: "Popolo mio, tutti i tuoi morti vivranno di nuovo! I loro corpi ritorneranno a vivere. Quelli che dormono nelle tombe si sveglieranno e canteranno di gioia. Infatti tu, o Signore, al mattino mandi la rugiada che vivifica la terra; essa darà vita a quelli che sono morti da tempo". "Allora i ciechi riacquisteranno la vista e i sordi udranno di nuovo. Allora lo zoppo salterà come un cervo, e il muto griderà di gioia". Isaia 26:19; 35:5, 6. PR 368 1 Nelle visioni del profeta coloro che hanno riportato la vittoria sul peccato e sulla morte sono felici. Sono in presenza del loro Creatore e parlano liberamente con lui come l'uomo all'inizio parlava direttamente con Dio. Il Signore dirà loro: "Gioite ed esultate per quel che creerò: una Gerusalemme entusiasta e un popolo pieno di gioia. Mi rallegrerò per Gerusalemme e gioirò per il mio popolo. Non si sentiranno più in essa pianti o grida di dolore". Isaia 65:18, 19; cfr. 33:24; 35:6, 7; 55:13; 35:8; 40:2. PR 368 2 Mentre il profeta vede i redenti nella città di Dio, liberati dal peccato e da tutti gli effetti della maledizione, esclama: "Gioite con Gerusalemme, voi che l'amate. Esultate per lei. Voi che avete partecipato al suo lutto ora vivrete con lei tutta la sua felicità". Isaia 66:10; cfr. 60:18-21. PR 368 3 Nella nuova terra i redenti si impegneranno nelle attività e proveranno le gioie che all'inizio resero felici Adamo ed Eva. Si vivrà come nell'Eden, una vita in sintonia con la natura. "La mia gente costruirà case e le abiterà, pianterà vigne e ne mangerà l'uva. Non costruiranno più case perché un altro vi abiti, non pianteranno più vigne perché un altro ne mangi l'uva. Il mio popolo vivrà a lungo come un albero secolare. I miei fedeli si godranno il frutto del loro lavoro". Isaia 65:21, 22. PR 368 4 Sarà possibile sviluppare ogni facoltà, accrescere ogni capacità. Si potranno realizzare le più grandi imprese, soddisfare le aspirazioni più sublimi, attuare le maggiori ambizioni. E vi saranno sempre nuovi traguardi da raggiungere, nuove meraviglie da contemplare, nuove verità da comprendere, nuovi soggetti di studio che interesseranno tutte le facoltà del corpo, della mente e dello spirito. PR 368 5 I profeti ai quali furono rivelate queste scene grandiose avrebbero desiderato comprenderne tutto il significato. "Quando gli antichi profeti parlavano del dono che Dio preparava per voi, essi parlavano di questa salvezza e cercavano di conoscerla e capirla sempre più... Dio rivelò ai profeti che quel messaggio non era per loro stessi, ma per voi...". 1 Pietro 1:10, 12. PR 368 6 Per noi che viviamo proprio alla vigilia del loro adempimento, queste rivelazioni rivestono una profonda importanza e suscitano un vivo interesse! Sono quegli eventi che i figli di Dio hanno impazientemente atteso e per i quali hanno ardentemente pregato da quando i nostri progenitori lasciarono l'Eden! Pellegrini su questa terra, viviamo ancora nelle tenebre e nell'angoscia delle realtà terrene, ma presto apparirà il nostro Salvatore che ci darà liberazione e riposo. Contempliamo per fede la vita eterna, così come è stata dipinta dalla mano di Dio. Colui che morì per i peccati del mondo sta spalancando le porte del cielo a tutti coloro che credono in lui. Presto la battaglia si concluderà con la vittoria. Presto vedremo colui che è stato l'oggetto delle nostre speranze di vita eterna. Alla sua presenza le prove e le sofferenze di questa vita ci sembreranno insignificanti. PR 369 1 "Io sto per creare un nuovo cielo e una nuova terra. Non si ricorderà più il passato, non ci si penserà più". Isaia 65:17. "Dunque non perdete il vostro coraggio: esso vi procura una grande ricompensa. Avete solo bisogno di fermezza: così potrete fare la volontà di Dio e ottenere ciò che egli promette... Ancora un po' di tempo, appena un poco, e colui che deve venire verrà; non tarderà...". Ebrei 10:35-37. "Il popolo d'Israele, invece, ha ricevuto dal Signore una salvezza perenne. Non ci sarà mai per lui né vergogna né disonore". Isaia 45:17. PR 369 2 Guardate in alto! Alzate gli occhi! La vostra fede cresca costantemente! Essa vi guidi lungo lo stretto sentiero che conduce alle porte della città celeste, alla gloria infinita riservata ai redenti. Cfr. Giacomo 5:7, 8. PR 369 3 I salvati conosceranno soltanto la legge del cielo. Tutti formeranno una famiglia felice, unita e saranno rivestiti dal manto della lode e del ringraziamento. Echeggeranno le melodie cantate dalle stelle del mattino e i figli di Dio esulteranno di gioia mentre Dio e Cristo proclameranno insieme: "Non ci sarà più il peccato né vi sarà più la morte!" PR 369 4 "A ogni festa di luna nuova e ad ogni sabato tutti verranno ad inchinarsi davanti a me". Isaia 66:23. "Allora il Signore manifesterà la sua presenza gloriosa e tutti potranno vederla". Isaia 40:5. "Come la terra fa nascere i germogli... così Dio, il Signore, farà sbocciare la giustizia e la lode davanti a tutte le nazioni". Isaia 61:11; cfr. 28:5; 51:3; 35:2; 62:4, 5.